Era da tanto che sognavo quella situazione, quel momento, quella persona, quel sentimento da parte sua verso di me, e quando l’ ho ottenuto vi ho rinunciato per salvare tutto: ,e, lui, lei, il mondo, sarebbe stato troppo complicato, strano, no, non si poteva fare, non si può e non si potrà mai. Il mio cuore e la mia mente sono divisi a metà; il primo si è spezzato, provo a curarlo, ma è una ferita che sarà difficile curare, rimarrà sempre quella cicatrice che ha segnato l’ anno più bello della mia vita, passato con la persona che mi ha ridato un motivo per sorridere. No, non me l’ha spezzato lui, è la conseguenza di quella cosa mancata che l’ ha fatto diventare così. La mia testa invece ha due parti che si scontrano tra loro, con le loro buone ragioni, provo a far prevalere quella che mi dice che ho fatto ciò che era giusto, ma non ci riesco, perché so che in parte ha torto.
Tutto è cominciato circa cinque anni fa, quando ho sentito la sua voce per la prima volta, quella pura melodia, capace di rapirmi dal mondo per trasportarmi in una specie di paradiso parallelo, dalla quale anche l’ uccello dal canto più melodioso al mondo viene zittito, per ascoltare, capire, emozionarsi. Ancora oggi come allora ogni volta che lo ascolto l’ emozione è la stessa, un senso di leggerezza, una sorta di mano che mi si tende per aiutarmi a rialzarmi dopo ogni caduta causata dagli ostacoli della vita, così delicata pronta a riaiutarmi la prossima volta che toccherò ancora il suolo con le ginocchia, stanca, rassegnata, convinta che non mi rialzerò più, arriverà sempre, nonostante il male che mi ha fatto continuerà a farmi stare bene. Come può una voce, una sola, semplice, meravigliosa voce a fare ciò? Non ne ho idea, non lo sa nemmeno lui come fa eppure la vita di milioni di persone è stata cambiata, migliorata, rinnovata, ha ripreso un senso grazie ad essa. Un giorno si spegnerà e quel giorno forse non potrò più rialzarmi, io come tutte quelle persone di cui ho appena parlato, e chissà se lì ci sarà un’ altra mano a infonderci coraggio.
Quella voce, quella musica, quel testo, tutto in quella canzone era assolutamente perfetto. Perfetto è un aggettivo che si usa raramente, che forse non si dovrebbe nemmeno usare. E’ una specie di parola che indica un qualcosa di puro, e di puro al mondo d’ oggi c’ è poco e niente, ma quella canzone lo era, lo è davvero.
Un turbinio di sentimenti nuovi, si fece spazio nel mio cuore per non lasciarlo mai più chiesi il nome di chi la cantava, di chi avesse l’ onore di possedere quella voce, chi fosse il padrone della purezza. Non poteva essere altri che la perfezione fatta persona: Justin Bieber.
Quel giorno la mia vita prese una svolta inaspettata, comparsa dal nulla sulla sua via, una svolta che credeva l’ avrebbe riportata alla felicità, l’ avrebbe avvicinata il più possibile alla purezza di quella voce. Uscita di scuola corsi a prendere il CD per sentire di nuovo quella voce. Per due settimane niente e nessuno poteva separarmi dallo stereo e dalle cuffie, piuttosto ero disposta a morire. Dentro di me un nuovo seme stava germogliando, in un fiore che dava nuova speranza di rinascere a quella terra arida che era il mio cuore allora, quella terra arida che sento dentro non appena mi muovo, accompagnata da un senso di vuoto incolmabile. L’ altra parte della testa forse a più motivi per dire che ho fatto la scelta sbagliata per entrambi.