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Autore: _Rockstar_    29/12/2012    0 recensioni
Che cosa sarebbe successo se i 76esimi Hunger Games fossero stati istituiti veramente? Cosa sarebbe successo se la ghiandaia imitatrice non avesse ucciso la Coin e il loro malvagio progetto fosse andato a buon fine? Cosa sarebbe successo se ventiquattro ragazzi di Capitol City fossero stati gettati in una nuova arena soltanto per vendetta da parte degli altri distretti? Attenzione: Spoiler de "Il canto della rivolta".
Genere: Azione | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Altri
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo XI – Bianco 


Ero davvero combattuta sul da farsi. Una metà di me, la metà razionale, mi diceva di correre lontano più forte che potessi mentre la parte più emotiva e probabilmente anche quella più sciocca, come una vocina nella mia testa, non faceva altro che ripetermi di recuperare la spilla, anche se questo voleva dire ritrovarsi faccia a faccia con la morte. Poggiai un piede avanti come se volessi precipitarmi verso il nemico e cadere nelle sue braccia ma allo stesso tempo girai la testa indietro, verso l’interminabile foresta che svaniva all’orizzonte. Continuando a restare nascosta tra i fitti cespugli, scrutai il volto di ognuno di loro e ancora non riuscivo a comprendere il motivo per cui lui l’avesse fatto. Che ingenua che ero stata, avrei dovuto saperlo, stupida ragazzina. Stavo impiegando metà delle mie forze per non iniziare a frignare come una bambina e nel frattempo dovevo anche decidere della mia vita. Guardai Nita avvicinarsi pericolosamente a me ma non guardò oltre, si fermò alla riva del fiume. Declan, quel maledetto traditore che soltanto un giorno prima ero sicura di amare, vide la mia spilla luccicare alla luce del sole. Lui la conosceva, sapeva chi la indossava e di conseguenza era informato del fatto che fossi stata lì e che non ero lontana. La sollevò cautamente e se la rigirò tra le mani poi incominciò a guardarsi intorno. Quando incrociò gli occhi con i miei, mi mancò il respiro. Il mondo si fece gelido soltanto per un secondo e quelle iridi sembravano avere il potere di sgretolare la fragile statua di ghiaccio che ero diventata. Ma era forse un piccolo sorriso quello che ora mi sembrava di scorgere sul suo volto?
– Lei è stata qui. – affermò convinto con voce molto roca. Sia Nita che Fallon si voltarono entusiasti
– Come fai a saperlo? – chiese lui ancora non convinto della fiducia che avrebbe dovuto riporre in Declan. Gli mostrò la spilla ma lui non osò toccarla.
– Dammi qua! – Nita strappò prepotentemente la ghiandaia dalle mani del traditore e la guardò ammirata.
Forse aveva compreso quanto tenessi a quel piccolo oggetto e forse immaginava che sarei tornata a recuperarla. Come se sapesse che stessi guardando se l’appuntò al petto. In quel momento, quel gesto, mi sembrò un tradimento peggiore di quello di Declan, una profanazione di un mito. Stavo per correrle incontro e ucciderla quando Abby mosse troppo rumorosamente qualche ramo quanto bastasse per attirare l’attenzione di tutti. Eravamo spacciate.
– E’ la rossa! – urlò Fallon prima di impugnare ancora più saldamente la sua spada e correre verso di noi.
Avevano visto Abigail ma io sarei stata la loro vera sorpresa. Incoccai una freccia ed entrambe cominciammo a scappare.
– Se c’è lei, Roseleen non sarà lontana – affermò Declan. Era da molto tempo che non mi chiamava così.
Corremmo giù lungo un pendio e non furono poche le volte in cui perdemmo del tempo soltanto per rialzarci in piedi. Il terreno sembrava più scivoloso del solito e la paura di certo non ci aiutava a non cadere.
– Eccola! – urlò Nita prima di lanciarmi contro uno dei suoi interminabili pugnali che mi ferirono soltanto di striscio.
Mi fermai soltanto per scagliare la prima freccia che per pochi centimetri non colpì la mia nemica. Senza farci troppo caso ripresi a correre. Non c’era motivo per far rischiare la vita ad Abby, volevano me e non lei, per ora.
–Dobbiamo dividerci. – le sussurrai in un momento in cui ci ritrovammo a correre fianco a fianco. Lei si voltò con la paura in volto
- No, non ti lascerò sola! – mi rispose alzando di poco la voce, probabilmente stava per mettersi a piangere.
La bloccai e ci nascondemmo dietro ad un albero dal grande fusto
– Ritorna al luogo in cui ci siamo incontrate. Non ti seguiranno, vogliono me. Tornerò, te lo prometto. – le dissi abbracciandola.
– Ti ricordi la mia spilla? La ghiandaia imitatrice? – lei annuì
– Sai come funzionano. Intoniamo quelle quattro note ed entrambe sapremo che l’altra sta bene e che sta per tornare. Va bene? – le chiesi parlando molto velocemente.
Non avevamo molto tempo, ci avrebbe trovato tra pochi secondi, potevo già sentire i loro cauti passi avvicinarsi. Abby corse dalla parte opposta e come avevo predetto, non incontrò ostacoli.
– So che sei qui, piccola Rose – mi canzonò cantilenando Nita
– Vieni fuori o sei codarda? – continuò
– Tu parlai di codardia? Tre contro uno. Siete davvero dei temerari! – le risposi io prima di schivare il suo secondo pugnale.
Incoccai la seconda freccia e non aspettai altro tempo per scagliarla.
– Hai visto che cos’ho qui? Non è per caso la tua spilletta? – riprese con la sua voce così irritante.
Lanciai un’altra freccia ma ormai tiravo nel vuoto, doveva essere nascosta da qualche parte, non la vedevo più. Nita non rispose così ricominciai a correre ma era soltanto una trappola. Non avevo nemmeno percorso cinque metri che mi ritrovai davanti agli occhi Declan, al fianco destro Fallon e lei alle mie spalle. Mi avevano accerchiata. Mi fermai rassegnata incoccando la mia ultima freccia, l’ultima che avrei tirato.

– Perché l’hai fatto? – chiesi a fior di labbra a Declan prima di chiudere gli occhi.
Perché si era unito a loro? Aveva pensato che con il loro aiuto le sue possibilità di vittoria sarebbero aumentate, perché non era così. L’avevano accettato soltanto perché era l’unico che sarebbe riuscito a condurli da me, poi ci avrebbero ucciso, insieme. Lui non mi rispose ma abbassò lo sguardo. Gli avevo appena dato l’ultima occasione di riscattare la mia fiducia e lui l’aveva sprecata. Sarei morta senza averlo perdonato e non sapevo se questo avrebbe fatto più male a me o a lui. La spada di Fallon si era pericolosamente avvicinata al mio collo quando l’attenzione di tutti tornò su Declan o almeno sul punto che stava indicando. Mi girai velocemente e feci appena in tempo a vedere di sfuggita Abigail su di un albero intenta a gettare a terra un nido di vespe. Non impiegai molte forze per schivare il colpo di spada poiché la sua concentrazione si era focalizzata su tutt’altra azione. Non sapevo bene cosa fare, ma la metà razionale di me mi diceva di correre lontano. Vidi il nido di aghi inseguitori, perché era di quello che si trattava, abbattersi a terra e Abby saltare agilmente giù dai rami. Proprio un attimo prima che uno sciame di vespe si scagliasse contro di noi, Declan mi afferrò strettamente per il braccio e mi trascinò via. Corremmo abbastanza a lungo da cavarcela senza particolari problemi. La mia mente era affollata da così tanti pensieri che non feci nemmeno opposizione alla sua forza, mi lascia trasportare via da lui, così come il vento fa muovere freneticamente le foglie dei rami più deboli.

– Scusa, ma ho dovuto farlo – si giustificò lui nel primo attimo in cui ci fermammo ma la sua voce mi sembrava così lontana e sbiadita.
La testa mi era cominciata a girare da qualche minuto e la vista era annebbiata. Il mondo ora sembrava così irreale, il sopra era diventato il sotto e viceversa. Lui non mi aveva tradito, mi aveva aiutato.
– Rose? – sentii chiamare il mio nome proprio prima di svenire.

Mi svegliai inginocchiata su un tappeto di petali di rose rosse, non diverse da quelle del mio abito durante la parata. Allungai la mia pallida mano verso uno di quelli e delicatamente lo raccolsi. Non feci in tempo ad odorarne il profumo che il fiore bruciò tra le fiamme più ardenti e in pochi secondi scomparì nel nulla. Guardai attorno a me e vidi nuovamente quel dannato colore bianco che non ho mai sopportato. Ogni cosa è un colore, così come ogni emozione ha una sua propria sfumatura. Il silenzio è bianco, non ha confini. Passare la notte in bianco, alzare bandiera bianca, lasciare un foglio in bianco, avere un capello bianco. Non è nemmeno un colore a dirla tutta. E’ il nulla, come il silenzio. Davanti a me cominciai a vedere i contorni di un’ombra, una figura. Mi alzai e corsi da lei. Appoggiai una mano sulla sua spalla ma lei non si girò, rimase ferma a fissare il bianco. La costrinsi a voltarsi verso di me ma l’unica cosa che potevo vedere in lei erano i miei occhi, i miei capelli, il mio volto. Io. 
– Rose? – sussurrai e lei annuì.
Non mi ero mai soffermata a guardarmi nello specchio ma quella non sembravo io, quella figura aveva un’anima, era viva, non ero io. Provai a sfiorarle il volto ma Rose si ritrasse. Appena ritratta la mia mano il suo volto cominciò a bruciare, non diversamente dal petalo rosso. Le fiamme la circondarono e in pochi secondi la eliminarono. A terra, 
proprio ai miei piedi, di quella figura rimase soltanto una rosa, bianca questa volta. Legato allo stelo trovai una piccola pergamena. Una frase era incisa con una perfetta calligrafia.

“Le fiamme ardono e il fuoco brucerà ogni petalo della rosa. Sarà allora che essa dovrà decidere chi essere”.

Poi aprii di nuovo gli occhi. Ero quasi riuscita a far credere a me stessa che tutto ciò che avevo vissuto fino a quel momento fosse soltanto un terrificante incubo da cui ero riuscita a svegliarmi, ma mi ritrovai di nuovo all’interno dell’Arena. Ero stesa a terra e Declan mi sorreggeva il busto. Dovevo essere svenuta forse poco tempo prima
– Rose, eccoti qui – esordì lui con un sorriso in volto. Mi allontanai velocemente da lui e me ne andai gattonando a sedere da un’altra parte.
– Scusa per quello che ho fatto. Ho soltanto provato a depistarli ma… - non lo lasciai finire, non mi importavano le sue scuse
– Dimentichiamo soltanto ciò che è accaduto, va bene? – conclusi.
– Ti hanno punta, una sola volta. Sei svenuta per circa un’ora – mi informò dopo qualche momento di silenzio.
Annuì ripensando al sogno. Stavo per appoggiarmi al tronco dell’albero alle mie spalle quando mi ricordai ciò che avevo dimenticato.
– Dov’è Abby? – gli chiesi. Lui ferrò la mascella

– E’ andata a cercare qualcosa da mangiare. Oggi staremo a digiuno – mi rispose sarcasticamente ma non gli davo torto.
– La mia spilla! Ho dimenticato la mia spilla! – urlai quasi.
Mi alzai e cominciai a correre riprendendo i miei passi. Declan provò a fermarmi ma recuperare la mia ghiandaia era il mio unico pensiero. Tornai nell’esatto luogo in cui tutto era andato male e  l’unica immagine che mi rimase di quei frenetici momenti fu il corpo di Nita coperto di punture, stesa aggraziatamente a terra come una tigre bianca che dorme adagiata su un manto di neve. Mi avvicinai al suo corpo e allungai la mano verso la sua giacca prendendo ciò che mi apparteneva
– Non sei mai stata degna di indossarla – le sussurrai senza che nessuno mi sentisse.  
Recuperai tutte le frecce che riuscii a trovare e ritornai da Declan. Eravamo rimasti in cinque.

“Attenzione, tributi, attenzione!” annunciò un voce proveniente dal nulla.
“A partire dall’alba di domani ci sarà un festino alla cornucopia. Non è di certo un evento da sottovalutare perché abbiamo qualcosa di cui tutti voi avete bisogno. Accorrete numerosi” e calò di nuovo il silenzio.
Di che cosa avevamo bisogno? Declan stava bene, io pure. Non avevamo cibo ma questo era un problema di piccolo conto. A quanto pare c’era soltanto una risposta giusta. Avevano fretta di concludere.


Risponde l'autore:  
Scusate, scusate, scusate, scusate. Non ho aggiornato per molto tempo, lo so. Mi dispiace. Tra la fine della scuola, le feste e il blocco dello scrittore sono riuscita a scrivere soltanto in questi giorno. Siamo finalmente arrivati al penultimo capitolo e devo dire che non vedo l'ora di svelarvi il finale e quindi vi chiederò soltanto di immaginare cosa potrà succedere. Non siete obbligati a dirmelo tanto non vi svelerò nulla ;D 

  
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