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Autore: Colli58    30/12/2012    9 recensioni
Era stata una giornata divertente. Si era lasciata convincere a partecipare ai suoi giochi, e tra una sfida e l’altra erano finiti più di una volta a rotolare sul divano o sul tappeto. Era stato molto più piacevole di quanto avesse mai immaginato.
Genere: Azione, Fluff | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Quasi tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nel futuro
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La porta si richiuse con un tonfo sordo e delle chiavi vennero posate su una superficie metallica facendo risuonare un tintinnio per tutta la stanza.
Martha fece alcuni passi avanti e si chinò a guardare il figlio sdraiato sotto il tavolino del soggiorno. “Oh, kiddo, ne deduco che Alexis sia a casa…” L’uomo strabuzzò gli occhi e non fece a tempo a mimare alla donna di fare silenzio quando uno sfarfallio di luci blu e un suono elettronico scaturirono dalla pettorina laser tag che indossava. Dal lato della cucina era sbucata una donna illuminata da luci rosse, scivolando in modo silente sul pavimento con i calzini che indossava ai piedi.
“Hai parlato troppo e troppo presto, grande imperatore…” disse la donna dopo aver riposto la pistola laser che aveva in mano nella fondina al suo fianco, con aria soddisfatta.
“Madre!!” esclamò Castle scivolando da sotto il tavolo in modo plastico. Martha rimase stupita di vedersi di fronte Kate Beckett, con i capelli arruffati, vestita solo di una maglietta troppo larga, evidentemente non sua, ed un paio di short neri. 
Sorrise e salutò la detective con un abbraccio. “Buongiorno, vi divertite?”
Kate annuì, ricambiando la stretta della donna. Si alzò i capelli dal viso e sorrise di rimando, imbarazzata.
“Mi hai fatto perdere l’incontro, eravamo 9 a 8, potevo ancora pareggiare…” sbottò Castle continuando a starsene seduto sul pavimento con aria afflitta.
“Nei tuoi sogni… sono stata buona, non ho infierito.” Replicò la donna restando ferma in una posizione da vera dura, così sexy che Castle non riuscì a non sentirsi eccitato.
“Sto nettamente migliorando, stavolta non mi hai stracciato” replicò lui squadrandola da capo a piedi. “Forse perché ti ho lasciato qualche chances di farcela.”
Martha si avviò alla cucina sorridendo. “Scusa cara ma pensavo… beh speravo che tu, forse, potevi aiutarlo nella crescita, non pensavo che l’immaturità di mio figlio fosse contagiosa” disse infine, con una posticcia aria affranta e cercando del vino da versarsi.
Beckett rise di gusto. Sapeva che la battuta sagace della donna non era una vera critica. “Aveva bisogno di ridimensionare il suo ego dopo l’ultima sfida a Guitar Hero.” Replicò Kate allungando una mano e aiutando Castle ad alzarsi.
“Beh, in quello ti ho stracciato io…25 a 7” rispose l’uomo con aria compiaciuta. La donna estrasse di nuovo la pistola dalla fondina. La puntò verso il torace dell’uomo e disse: “per ora, tu hai solo il vantaggio di averci giocato per anni.” Lui abbassò l’arma e l’acchiappò per la vita sorprendendola. Kate provò imbarazzo nel vedersi avvinghiata al corpo del suo uomo proprio davanti agli occhi attenti di sua madre. “E tu hai avuto una vita per allenarti con quella vera” replicò Castle togliendole l’arma dalla mano e appoggiando le labbra sul collo sudato di lei.
Un suono elettronico fece illuminare la pettorina di Kate di luci rosse lampeggianti e Castle rise di gusto. “10 a 9?”
“Così non vale!” Sbottò lei allontanandolo per togliersi dall’imbarazzo, anche se a malincuore.
“Oh si che vale, vale ogni cosa…” replicò ridendo l’uomo, riconsegnando l’arma a Kate.
Martha si bevve un sorso di vino ambrato e poi esclamò divertita: “Che ne dite di cenare?”
Castle guardò l’orologio. Erano già la 19 e 30, stavano giocando così da almeno 2 ore.
“Wow, il tempo vola quando ci si diverte. Asporto o cuciniamo qualcosa?” Rispose Castle rivolto alla madre.
“Cuciniamo…” interloquì Kate sorridendo.
“Oh cara, ti lascio campo libero, io vado a cambiarmi, farmi una doccia…” rispose la donna allegra. Raccolse il suo bicchiere di vino dal bancone e se ne andò in sua compagnia verso la propria stanza.
“Grazie madre…” aggiunse Castle sarcastico. Kate sorrise e si avvicinò all’uomo. Lui tornò a tirarla a se. “Tu vai pure a farti una doccia, io comincio a preparare.”
“Farò in un lampo. Visto che è colpa mia è il minimo che io ti dia una mano.” Rispose lei lasciandogli un bacio veloce ed una carezza sul viso.
“Ma non è finita qui detective” replicò lui trattenendola ancora per un altro bacio, prima di lasciarla scivolare via.
L’osservò entrare nel suo studio e togliersi pettorina e spalline del gioco. Provava piacere nel vederla muoversi così semplicemente: vederla entrate tranquillamente nella sua stanza, ormai la loro stanza, come amava pensare Castle, come se fosse la cosa più naturale di questo mondo. Perso in quelle elucubrazioni si tolse anche lui l’armatura e la posò sul tavolo prima di dirigersi in cucina.
“Che cosa cuciniamo? Pasta all’arrabbiata? Hamburger con patate aromatizzate?” si disse tutto da solo, mentre apriva gli armadi e cominciava ad estrarne le padelle necessarie.
“Stasera cena da Rick” aggiunse tamburellando sul fondo di una pentola prima di riempirla d’acqua ed accendere le piastre.
 
Di nuovo la porta venne aperta con un'altra chiave e la testa rossa di Alexis fece capolino con fare misterioso.
“E’ sempre casa tua tesoro, perché hai quell’aria furtiva?” Chiese Castle, avvicinandosi di soppiatto alla figlia, dopo aver notato i suoi movimenti.
“Oh, papà, ciao. Sei in casa oggi…” Alexis si mosse lentamente sorpresa e mandò un sorriso un po’ forzato al padre.
“Kate era di riposo. ” Replicò l’uomo perplesso. “Preferivi che non fossi in casa?”
La ragazza negò con il capo. “No, sono solo passata a pendere una cosa…”
“Saccheggiare il frigorifero?” aggiunse Castle per stemperare la tensione. Lei rise e accennò un sì imbarazzato con la testa. Facendosi strada tra il padre e la cucina, Alexis notò l’attrezzatura da laser tag posata sul tavolo.
“Hai una nuova compagna di battaglie?” Chiese titubante. Sapeva benissimo che poteva solo trattarsi di Beckett.  Lo chiese comunque nascondendo il viso al padre e buttandosi direttamente nel frigorifero.
“Oh, sì, mi sono fatto un regalo, ho comprato un kit per Beckett e lei ogni tanto mi concede qualche ora di follia…” replicò l’uomo. Aveva la sgradevole sensazione che Alexis non gradisse quanto aveva appena visto. Non riusciva comunque a capire anche il cambiamento radicale della sua bambina, negli ultimi incontri gli era sembrata così fredda, così distaccata.
“Non vuoi restare per cena? Sto preparando una fantastica pasta all’arrabbiata, ma posso cucinare altro se preferisci.” Aggiunse, infine, cercando di convincerla. Sospettava che non avrebbe voluto rimanere. Non era la prima volta.
“Non resto, grazie lo stesso papà…” rispose Alexis, voltandosi e cercando un sacchetto per infilare le vettovaglie che aveva appena estratto dal frigorifero.
“Tesoro c’è qualcosa che non va?” chiese Castle cercando di intercettare i suoi movimenti bruschi. Quella situazione stava diventando insostenibile per lui.
“E’ tutto ok, mi serve solo qualcosa da mettere sotto i denti, e ho tante cose da fare…” replicò Alexis con un sorriso forzato. “Ora scappo… Ah, hai per caso del detersivo per bucato?” aggiunse infilando nella sua busta anche il filoncino di pane fresco che il padre aveva lasciato sul bancone. Castle annuì e gli indicò la lavanderia, tornando a verificare quanto era rimasto nel frigorifero dopo il passaggio della figlia.
Dopo qualche secondo la ragazza tornò e infilò il grosso flacone nella borsa già piuttosto piena. “Grazie papà”, aggiunse lasciandogli un abbraccio veloce e allontanandosi verso la porta. “Ti accompagno all’ascensore.” Aggiunse Castle serio.
“Non c’è n’è bisogno, non pesa così tanto.”
“Ne ho bisogno io…” replicò l’uomo prendendole la borsa e accompagnandola oltre la porta.
“Alexis davvero, che ti succede?” chiese sul pianerottolo prima di pigiare il tasto di chiamata.
La ragazza alzò le spalle. “Nulla papà, non succede nulla.” Fu lei a raggiungere la pulsantiera per premere il tasto di chiamata e probabilmente togliersi da quell’imbarazzo.
“Sto solo vivendo la mia nuova vita, sai è piena di impegni” aggiunse con aria frizzante, ma qualcosa sembrava la turbasse.
“E’ per il laser tag? Lo sai, lei non ti sostituirà mai tesoro…” le disse avvicinandosi.
“No, te l’ho già detto che sono felice se lo sei con lei. Ho solo…”
“Bisogno di soldi? Come mai svaligi il nostro frigorifero? Usi la lavanderia di casa? C’è qualcosa che non va?” intercalò lui nervoso.
Alexis trasse un profondo respiro. “Sto solo cercando di organizzarmi ok? Vedrai che dopo non avrò bisogno di svaligiare il frigorifero.” Cercò di rincuorarlo.
L’ascensore arrivò e la ragazza vi si infilò velocemente.
“Sei qui in taxi?” Castle bloccò il sensore della porta con la gamba. Lo sguardo stavolta serio e preoccupato. Alexis scosse il capo e Rick estrasse dalla tasca posteriore dei jeans che indossava alcune banconote. “Torna al campus in taxi, per favore…” le disse allungandole un centinaio di dollari. “E’ tardi ed è buio… Niente sotterranea.”
“Non c’è n’è bisogno!” replicò Alexis quasi stizzita. Vide gli occhi preoccupati del padre e annuì con il capo. “Se vuoi parlare sai che io e tua nonna siamo sempre qui, vero?”.
“Ok papà, ma non c’è nulla di cui parlare. Sto bene è solo una nuova vita…” Si lasciò baciare in testa dal padre come quando era piccola e lui le permise di andare.
 
Beckett si fece una doccia veloce e utilizzò l’accappatoio di Castle per asciugarsi. Adorava farlo, aveva il suo odore intenso. Era stata una giornata divertente. Si era lasciata convincere a partecipare ai suoi giochi, e tra una sfida e l’altra erano finiti più di una volta a rotolare sul divano o sul tappeto. Era stato molto più piacevole di quanto avesse mai immaginato. Sarebbe stato molto imbarazzante se Martha fosse entrata in casa giusto poche ore prima, quando lei e Castle stavano discutendo animatamente della loro ultima sfida a Guitar hero senza vestiti, sul divano del suo studio, selvaggiamente uniti l’una all’altro. Chi si sarebbe accorto del suo ingresso, presi com’erano. Non aveva staccato le labbra dalle sue per tutto il tempo, tranne forse quando… Arrossì ricordando l’esclamazione che gli era uscita roca dalla gola mentre il piacere le scorreva in tutte le cellule del corpo a causa sua. L’amore con Castle era così inebriante che l’effetto adrenalinico della loro ultima fatica non era ancora svanito del tutto.
Sorvolò sulle provocazioni che si erano scambiati l’un l’altra durante la battaglia a laser tag, se non fosse arrivata Martha, la serata sarebbe sfociata in un altro round? Immaginò di sì, vista la stretta che lui gli aveva dato proprio davanti alla madre. Il suo stomaco si mise a brontolare.
Forse si sarebbero dedicati comunque alla cucina, oppure a un indiano d’asporto, prima o dopo aver dato vita ad una sfida più carnale.
Si rivestì velocemente e raccolse i capelli in una coda alta. Doveva raggiungerlo e aiutarlo in cucina. Se lo meritava, era stato davvero bravo.
Usci velocemente, per poi soffermarsi a sfiorare con una mano la pettorina che aveva lasciato sul tavolo di Castle. Con lui ogni gioco aveva un risvolto eccitante, sapeva rendere ogni cosa un’impresa entusiasmante. Bambino sì, ma che uomo si nascondeva dietro quella sua postura.
Era molto divertita e compiaciuta della giornata.
Lo raggiunse in cucina e ci mise poco per capire che qualcosa non andava. Castle mescolava distrattamente il sugo che aveva sul fuoco. In mano teneva il vasetto del peperoncino, ma se ne stava lì senza fare altro.
“Hai dei dubbi su quanto metterne?” esclamò lei facendolo trasalire. “Eh, no…” disse posando l’oggetto sul bancone e girandosi verso di lei.
Il suo viso la mise in ansia. “E’ successo qualcosa in mia assenza?”
“Alexis è stata qui.” Kate si guardò attorno.
“E dov’è ora?” disse poi rivolta all’uomo.
“Se n’è già andata, gli servivano solo generi di sussistenza…” replicò Castle mogio.
Kate sorrise dolcemente e si avvicinò a Castle.
“Burrasche di inizio college?” Disse cercando le parole per parlargli. Immaginava che Castle fosse in ansia per la figlia. I cambiamenti durante quel periodo erano stati considerevoli anche per lei, per prima cosa acquisire l’indipendenza. Sua madre era stata molto lungimirante, suo padre lo era stato un po’ meno, ma aveva ricevuto la fiducia necessaria.
“Spero sia così, non l’ho mai vista così fredda” replicò l’uomo. Castle si dedicò in silenzio al sugo, mentre Kate controllò l’acqua e aggiunse sale.
Lo guardò e gli passò una mano sul viso. Lui si distrasse dai suoi pensieri.
“E’ un momento di grandi cambiamenti per lei, un periodo in cui hai davanti un’incredibile quantità di strade da poter percorrere. E’ diventata una donna, e gli occorre il suo spazio per fare esperienza e scegliere il suo futuro.” Lo rincuorò cercando di usare le parole più adatte e non allarmarlo.
“Che tipo di esperienza?” Lo sguardo di Castle era serio. “Un po’ di tutti i tipi. Tu cosa hai fatto al college?” Chiese, senza aspettarsi una vera risposta. L’uomo aprì la bocca e ne uscì un sospiro. “Di tutto…” rispose spalancando gli occhi, spaventato dalle sue stesse parole.
Lei rise sonoramente. Visto il suo passato, si immaginava Castle alle prese con il mondo delle trasgressioni nei party studenteschi, le iniziazioni delle casate universitarie, l’alcol che scorreva a fiumi e lui doveva essere stato un vivace animatore di questi eventi. Del resto lei non era stata da meno. Al college la vita poteva offrire davvero molto se ci si voleva divertire. Quest’aspetto così libertino era perfetto per il suo uomo, ma dall’espressione vacua di lui, non pensava fosse il caso di dipingerlo a chiare lettere, visto che riguardava sua figlia. Libertino o meno, un padre non poteva gradire la trasposizione di tali immagini su sua figlia.
“Andiamo Beckett, io sono io, ma lei non è mai stata niente del genere, dici che lei possa cambiare così radicalmente? Diventare una…”
“No, Castle non trascendere. Fare esperienze, e tu lo sai bene, non fa di te necessariamente una brutta persona, non ti porta per forza su strade sbagliate. Io sono qui e non mi sembra che tu ti stia lamentando.”  Replicò abbassando il fuoco alla pentola con l’acqua e buttandoci la pasta che Castle aveva già preparato su un piatto.
“Lo so, ma tu sei… di fuoco, lei non è così!”
“Tu sei suo padre, non lo puoi sapere. E non pensare solo a quello!”
“A quante altre cose devo pensare? Sono già terrorizzato solo per quello!” replicò con voce acuta. “Castle stai avendo una crisi di nervi?” disse lei voltandosi e prendendolo per le spalle.
“Coraggio, è il college. Lo abbiamo superato tutti e siamo diventati quello che volevamo diventare. Fa parte della vita.” Disse ridendo. Lo baciò e lui sorrise sulle sue labbra.
“Mi sarebbe piaciuto conoscerti al college. Noi due…”
“Avremmo fatto molto sesso, ed ora saremmo solo un vago ricordo.” Terminò lei allegra. L’alchimia esistente tra loro era innegabile, la vivace giornata che avevano trascorso insieme ne era un chiaro segnale. In età adolescenziale loro due sarebbero potuti diventare due calamite pazzesche. Kate ne era certa.
Castle scosse il capo. “Probabilmente è così, ma non saresti un vago ricordo. Piuttosto un ricordo nitidissimo.”
“Preferisco che le cose siano andate diversamente, non credi?” Lui la guardò negli occhi. “Già. Non desidero solo un ricordo, ti voglio in carne ed ossa” replicò lui baciandola.
“Immagino che io sia di troppo, mi avvisate quando la cena è pronta?” aggiunse Martha posando il bicchiere sul tavolo e facendo un elegante cenno con la mano.
“Resta pure Martha” rispose Kate allontanandosi dall’uomo e chinando la testa sulla padella, pur di nascondere il nuovo imbarazzo che la presenza della donna gli aveva procurato.
“Caro, potresti prendere del vino, questo è finito…” aggiunse Martha indicando la bottiglia vuota al figlio il quale, svogliatamente, si allontanò da Kate per cercare nell’armadio dei vini. “Per te questo ed altro madre!” Esclamò riprendendo il sorriso. Kate aveva ragione, forse lui stava solo ingigantendo le cose, doveva solo accettare che la sua bambina non era più una bambina. Come lo accettavano tutti i padri del mondo. Forse.
Martha si avvicinò a Kate. “Tesoro, puoi baciarlo quante volte desideri in mia presenza. Ho visto ben altro nella mia vita.” Intercalò a mezza voce. Kate tossì. “Mi piace che lui sia così con te: è sé stesso e sta bene. Cosa potrei chiedere di più per mio figlio.” Aggiunse la donna con tranquillità. “Anche se non capisco come riesce a coinvolgerti in tutto questo!” disse infine indicando la pistola laser di Castle appoggiata al tavolo.
“Potere Jedi madre…” replicò Castle mostrando l’etichetta del vino alla donna che annuì con il capo, in segno di approvazione per la scelta.
“Ora apparecchio la tavola.” Kate si allontanò senza sapere che dire. Non aveva mai affrontato l’argomento con Martha, da che lei e Castle erano diventati una coppia, non credeva di essere ancora pronta, o che non ce ne fosse realmente bisogno.
In quel momento valutò che la famiglia Rodgers - Castle stava vivendo una staffetta generazionale, e lei ne stava facendo parte. Era strana la vita, in fondo lei non aveva più una vera famiglia dalla morte di sua madre, lei e suo padre si vedevano così poco. In quella casa sapeva che ne aveva trovata un’altra, da ben quattro anni a questa parte.
Martha li osservò muoversi in cucina, seduta sul divano sorseggiando un altro bicchiere si vino. Stavano davvero bene insieme quei due. Osservò la loro danza, il loro sfiorarsi e sorrise compiaciuta. Suo figlio aveva per la prima volta tra le mani una donna vera e forse stava davvero crescendo. Lo aveva visto con molte donne al braccio, aveva potuto notare che si comportava diversamente con lei. E poi Kate lo aveva fatto suo probabilmente dal primo sguardo che si erano scambiati, qualcosa doveva pur dire. Il colpo di fulmine esisteva, lei lo sapeva con assoluta certezza. Si sorprese a considerarsi fortunata perché aveva un figlio splendido e perché viveva ancora in quella casa con lui, nonostante fosse evidente ai suoi occhi che Richard aveva finalmente trovato la donna con cui spiccare quel volo che aveva già tentato due volte. Ma stavolta con successo, in quel momento ne era proprio sicura, mentre li osservava in quella situazione che sapeva di quotidianità.
 
La cena a tre fu stranamente più gradevole di quanto Castle si fosse immaginato. Sua madre si era comportata bene e non aveva ecceduto con i racconti imbarazzanti su di lui, svelando a Kate aneddoti, più o meno veri, del suo sordido passato. Sordido era la definizione che sua madre amava utilizzare e che lui non approvava. Vivace, scatenato, eccentrico passato, ma non sordido. E poi sua madre non poteva certo essere colei che scagliava la prima pietra.
Dopo una lunga digressione sui suoi errori di gioventù, Martha si era unita a Kate nel rincuorarlo in merito al comportamento della sua terza piccola donna, che non aveva voluto restare per cena. “Che fantastico triumvirato” si sorprese a pensare Castle. La sua mente vagò libera immaginando luoghi e tempi in cui lui, signore di un reame fantastico, regnava su una galassia improbabile con le tre donne al proprio fianco, una delle quali poco vestita e meravigliosamente padrona dei suoi sensi. Oh, quante cose avrebbe potuto fare.
Fu riportato alla realtà da una mano di Kate sul suo braccio. “Ci sei?” le disse. “Credo di no” aggiunse Martha versandosi un altro bicchiere di vino. Mancava solo Alexis e la serata sarebbe stata davvero perfetta. Come si poteva vivere senza donne? Durante un’intervista, alcuni anni prima, un giornalista gli aveva mosso alcune critiche sostenendo che Castle era nettamente succube del mondo femminile. Il giornalista evidenziava questa sua caratteristica facendo riferimento a stralci dei suoi romanzi. Allora aveva liquidato le critiche con una battuta sagace. Aveva replicato che il giornalista era certamente intimorito da donne di carattere. Guardando due delle sue tre donne al tavolo discorrere amabilmente pensò che non ci fosse nulla di male a lasciare che fossero proprio loro a guidare. Perché no? Lui non ci vedeva nulla di denigratorio.
Il telefono di Kate squillò facendo vibrare il tavolino del soggiorno.
Kate si alzò posando il tovagliolo sul tavolo. La cena doveva essere finita purtroppo.
“Beckett” rispose secca. “Dove?” disse infine annuendo col capo. “Ok Lanie, saremo lì tra 20 minuti.” Disse chiudendo la conversazione. Castle si era già alzato ed era già scomparso in camera da letto. “Mi dispiace Martha…” disse Kate con le mani sui fianchi e un sorriso mesto. “Speravo che almeno fino a domani mi avrebbero lasciata in pace.”
Martha si era intanto alzata e aveva cominciato a sgomberare il tavolo da pranzo.  “Non ti preoccupare cara, lo so che gli assassini non pensano al bene di nessuno…” disse con aria svagata portandola a sorridere. Kate raggiunse lo studio di Castle e aprì l’armadietto nella libreria in cui era nascosta la piccola cassaforte. L’aprì e ne estrasse la sua arma ed il suo distintivo. Castle riemerse dalla sua camera da letto dopo poco più di 10 minuti. Si era velocemente rinfrescato e si era cambiato. La barba era un po’ lunga ma non c’era il tempo di tagliarla. Era il risultato di una giornata così eccitante che i suoi ormoni avevano dato il meglio di loro. Lei sorrise mentre lui le porgeva la giacca di pelle. “Sei pronto?” disse.
Lui la baciò all’improvviso. “Ora sì.” Disse staccandosi. Non avrebbe potuto farlo per molte ore. Lei gli lanciò un’occhiata provocante e si avviò alla porta raccogliendo le chiavi della macchina.
“State attenti!” Li salutò Martha, presa a sistemare la cucina.

  
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