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Autore: Ashtart    30/12/2012    2 recensioni
William ci rifletteva a volte, mentre la mattina, camminando per andare al lavoro, un gruppetto di foglie secche gli volteggiava intorno ai piedi. O mentre i vapori del suo caffè bollente disegnavano volute nell’aria, accarezzandogli il volto, e concludeva che la manciata di errori che aveva commesso nella sua lunga e quasi immacolata vita poteva riassumersi con il nome di Grell Sutcliffe.
[Grelliam]
Genere: Fluff, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai, Yaoi | Personaggi: Grell Sutcliff, William T. Spears
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie 'Grelliam love.'
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One step closer

 


 


 
Il primo errore della sua vita, William l’aveva commesso tanto tempo addietro, e fortunatamente nessuno ne era a conoscenza. Quasi nessuno.
Era stata una svista, un attimo di distrazione, dovuto all’inesperienza e alla troppa sicurezza in se stesso. Era la sua prima raccolta, dopotutto, avrebbe dovuto mettere in conto un incidente di qualche sorta.
E invece no, perché lui era William T. Spears. Lui non faceva errori.
Si era clamorosamente sbagliato, e Grell Sutcliffe ne era stato testimone. Quel che era peggio, era stato il rosso a rimediare, salvando l’esito dell’esame di entrambi, e la sua vita.
Si ripeteva che non contava, che non era poi così importante, se nessuno – quasi nessuno – ne era a conoscenza. Tuttavia, ogni sera, quando si spogliava per cambiarsi per la notte, le rivedeva – le sottili cicatrici laddove i cinematic record gli avevano inciso la carne, affilati come lame di bisturi. Si stagliavano sulla sua pelle pallida, ancora vivide a distanza di decenni, a rammentargli che l’attaccamento degli esseri umani alla vita era tale da poter perfino ferire un dio. Distoglieva lo sguardo, allora, infilandosi velocemente il pigiama, perché quei segni gli ricordavano che, per quanto potesse sforzarsi, non era infallibile. Né era capace di controllare tutto, come aveva scoperto quando aveva conosciuto Grell.
 
I primi tempi, aveva avuto una specie di fissa per lo shinigami scarlatto. Non in senso romantico o affettivo, ovvio; a William non importava di nessuno. Solo, Sutcliffe era l’unico elemento della sua vita perfettamente organizzata che il moro non poteva controllare. I suoi superiori già prendevano in considerazione una sua promozione e tutti gli altri suoi colleghi si erano arresi di fronte alla sua freddezza e autoritarietà, e avevano smesso da tempo di tentare d’attaccar bottone con lui. Non Grell.
Come un implacabile uragano scarlatto, il rosso continuava a piombargli davanti mentre stava lavorando, cercando di attirare la sua attenzione flirtando con lui. Il fatto che niente – né il mutismo ostinato, né l’aver ribadito più e più volte, e in vari modi, che quelle attenzioni non erano gradite – avesse scalfito l’entusiasmo del collega lo faceva imbestialire, e l’essere nervoso lo mandava letteralmente in tilt. Era abituato alla pressione, certo, a quella sottile ansia che lo accompagnava quando qualcosa non era ancora al suo posto – un modulo, una raccolta, qualcosa – ma il fatto era che Grell Sutcliffe non era mai al suo posto. Mai. E la cosa gli faceva venir voglia di malmenarlo, e di urlargli di avere un po’ di decenza, per l’amor del cielo, e di rispetto per le regole. Non lo faceva, perché in fondo si sentiva ancora in debito con lui dal giorno dell’esame.
Non allontanarlo, non trattarlo talmente male da ferirlo, spezzarlo, perché frenato dal senso di colpa che ne sarebbe conseguito: questo era stato il suo secondo errore.
 
Del suo terzo errore non s’era subito reso conto. Forse perché non era stato qualcosa di ben definibile nel tempo, non una scelta, un qualcosa di drastico. Era successo gradualmente, giorno dopo giorno, caffè caldo ogni mattina e baci soffiati nella propria direzione ogni sera. Era successo talmente lentamente e impercettibilmente che non avrebbe saputo dire quando aveva iniziato, ma fatto sta che era accaduto. Si era abituato.
Col tempo, le moine del rosso erano diventate parte integrante della sua routine, qualcosa senza la quale si sentiva scomodo. Era confortante avere dei punti fermi nelle proprie certezze, e Grell Sutcliffe era una di queste. La sua prevedibile imprevedibilità era uno dei tanti elementi che riempivano le giornate lavorative del moro. E andava bene così. Probabilmente non si sarebbe più sentito a proprio agio senza qualcuno che – almeno una volta al giorno – si sedeva con nonchalance sulla sua scrivania accavallando con fare sensuale le gambe, impedendogli di lavorare almeno finché non si fosse deciso a scaraventarlo giù da essa.
Lentamente, con stessa velocità con cui i capelli del rosso stavano crescendo, il moro aveva abbassato la guardia.
 
Nel quarto errore della sua quasi immacolata esistenza non v’era stata traccia di rosso. Sarebbe stato ipocrita e da immaturi prendersela con Grell per una sua debolezza, anche se era lui la causa di tutto – non volontariamente, certo. Una manciata di ore prima si era detto che un goccio di whisky non l’avrebbe certo ucciso, ed ora sentiva il mal di testa battergli violentemente contro le tempie e la nausea premergli alla bocca dello stomaco, mentre smaltiva la sbornia in un non preciso angolo di Londra.
Si era detto che era semplicemente stanco e aveva bisogno di distrarsi, che non aveva mai commesso una sciocchezza, quindi poteva permetterselo. Non c’entrava il fatto che Sutcliffe non si fosse visto in giro per mesi, e che quando finalmente era rispuntato fuori l’aveva colto nell’atto di riservare a quella lurida feccia le attenzioni che un tempo indirizzava a lui e a lui soltanto. Certo che no. Tuttavia, quando una figura scarlatta si avvicinò a lui e si fece passare un suo braccio intorno alle spalle, sostenendolo, non poté fare a meno di provare un moto di gratitudine.
“Sto bene.” Si difese, cercando di suonare autoritario, e ottenendo l’effetto contrario.
“No che non stai bene, Will caro.” Replicò l’altro mietitore, con una certa dose di buonsenso. William pensò che era bello, sotto la luce giallastra dei lampioni. O forse era l’alcol a pensarlo, non gli era dato saperlo. Tant’era che i capelli dell’altro, illuminati a quel modo, sembravano una cascata di sangue, e di fuoco allo stesso tempo. Il fatto che poi avessero un così buon odore, in contrasto con il fetore del vicolo, non era di grande aiuto per la sua lucidità.
Avrebbe dovuto essere arrabbiato con lui, avrebbe dovuto essere arrabbiato con se stesso, ma non riusciva a fare nient’altro che chiedersi  perché trovasse così maledettamente gradevole la sensazione di avere un braccio di Grell intorno ai fianchi.
“Sei un idiota.” Lo apostrofò l’altro. William sapeva che aveva ragione.
“Sta zitto.” Un ondata di nausea gli bloccò le parole in gola. E poi lo disse. “Sta zitto, Grell.”
Non l’aveva mai chiamato per nome. Mai. Quel nome fu un ammissione di colpa, per qualcosa che si ostinava a negare da tempo. Quel nome, scivolatogli tra le labbra, in un soffio leggero ma inafferrabile, equivaleva ed era più prezioso di una dichiarazione. Un passo avanti verso l’ignoto.
Quel nome fu il suo quinto errore.
 
Ci rifletteva a volte, mentre la mattina, camminando per andare al lavoro, un gruppetto di foglie secche gli volteggiava intorno ai piedi. O mentre i vapori del suo caffè bollente disegnavano volute nell’aria, accarezzandogli il volto, e concludeva che la manciata di errori che aveva commesso nella sua lunga e quasi immacolata vita poteva riassumersi con il nome di Grell Sutcliffe. Allora pensava che forse, e solo forse, il sesto errore della sua vita fosse stato catalogare a questa maniera tutti i precedenti. Non aveva molta importanza, ad ogni modo, perché forse non era tanto male aver fatto un errore o due. Specialmente se il risultato di questi ti sorrideva in quel modo… adorabile quando tornavi a casa la sera.














Angolo fossa oscura dell'autrice:
Ed eccoci qua. Dev'essere stata l'euforia da ommioddiotraunasettimanacosplayerowilliamperlaprimavolta a ispirarmi questa Shot. Quella, e l'affermazione "Io non commetto errori." fatta da Will in una... fanfiction, mi sembra? O era un roleplayer di Will, non ricordo... fatto sta che la bozza di questa roba era li sul mio pc da almeno un paio di mesi e non ci avevo ancora messo mano. Ma non vi interessa.
William post sbornia non mi convince tanto. In realtà non mi convince tanto William ubriaco, in generale. Non è il tipo, credo. O forse si. Quando si parla di Grell, William sbarella, in ogni senso possibile, quindi forse. XD
Alla prossima ^.-
  
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