Storie originali > Romantico
Ricorda la storia  |      
Autore: giovanesognatrice    30/12/2012    2 recensioni
quando lessi per la prima volta una poesia di Leopardi, me lo ricordo bene, provai pietà per lui e per la sua tristezza, per la tristezza di tutti gli uomini, compresa la mia. e con la tristezza venne anche la ribellione. non potevo sopportare che le sue poesie finissero male, cosi' provai a raccontare la sua vita con il mio punto di vista: in punto di morte il poeta cambia improvvisamente modo di vedere le cose e si immerge nei pensieri che puo' aver provato Teresa in punto di morte, vedendo il suo viso, scoprendo che l'amore e' molto piu' potente della morte. su questa convinzione scrive la sua ultima poesia.
Genere: Drammatico, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Storico
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Sentì stringersi il cuore quando si accorse che la morte era vicina. La natura malvagia aveva vinto lasciandolo con il nulla della sua vita umana, fragile e precaria. Ma poche ore prima della sua morte un bisogno si impossessò del suo cuore e lo risvegliò bruscamente dal coma in cui era tristemente caduto. Voleva vedere quella collina dove aveva trascorso la giovinezza, voleva sentire le foglie sbattere e frusciare, voleva suggestionarsi vedendo l’erba che si piegava come un immenso domino verde al passare di ogni filo di vento e immaginare ancora il suo futuro. Cercò di tirarsi su, per vederlo, pur sapendo che non l’avrebbe trovato fuori dalla finestra. Ma il forte mal di schiena non glielo permise. Ripiombò sul materasso, inerte, guardando tristemente l’oscurità che avvolgeva la stanza al tramonto. Se solo avesse potuto affacciarsi di nuovo alla finestra avrebbe visto l’oro delle pietre lucenti sulla strada, il blu del mare, il rosso del cielo dietro le montagne e avrebbe udito un canto … no non avrebbe udito nessun canto a parte quel triste cinguettio di uccelli che ritornano ai nidi. Sentì una fitta dolorosa al cuore. Una fitta che non aveva nulla a che fare con la malattia. E, così, il grande poeta immagino e ricordò per l’ultima volta.
Era un giorno assolato fuori dalla finestra della biblioteca del grande palazzo che si ergeva in quella via, dentro al quale la luce filtrava da due sole strette fessure. Seduto alla scrivania c’era un ragazzo di sedici anni dai lucenti capelli neri, leggermente ricurvo per tutti gli anni passati a studiare e con indosso due spessi occhiali da vista , che usava per leggere. Si chiamava Giacomo e aspettava. Aspettava il mezzogiorno, quando per la strada risuonava, dolce e melodioso, il canto di Teresa. Tutto era cominciato bene quel giorno: aveva studiato tutta la mattina latino e adesso aveva una gran fame. Quando sentì risuonare il familiare canto della fanciulla corse sul balcone. Ma quel giorno c’era qualcosa di strano in quel canto. Teresa pareva debole e durante la sua “esibizione” tossì spesso. Giacomo fu molto perplesso a quell’improvviso cambiamento e cercò in tutti i modi di vedere l’amica, ma quando si presentò davanti all’uscio di casa sua, il padre della ragazza gli diede la notizia che avrebbe sconvolto la sua vita. Teresa, la sua migliore amica, il suo unico e primo amore, era malata di tubercolosi. L’uomo fu categorico: era troppo pericoloso vederla, ci sarebbe stato il rischio di contagio. Nei giorni che seguirono quella orribile rivelazione, Giacomo non osò nemmeno aprire uno dei suoi libri. Passava tutto il tempo al balcone, dove poteva osservare Teresa rigirarsi nel letto e diventare sempre più pallida e smunta. Poi un giorno gli giunse la notizia: Teresa era in fin di vita e li avrebbe lasciati fra poche ore. Nessun blocco e nessuna raccomandazione o preghiera poté fermare la sua disperazione. Fece irruzione nella stanza del suo grande amore e si inginocchiò vicino al letto. La ragazza sorrise debolmente. “Teresa! Come stai? Come ti senti? che e’ successo?” la bombardò di domande sperando che prima o poi avrebbe avuto una smentita. Lei non poteva morire. Cosa ne sarebbe stato di lui? Cosa ne sarebbe stato delle loro dolci speranze? “niente, Giacomo. Sto per morire. Era prevedibile, d’altronde” disse lei tranquilla. Giacomo si domandò come poteva essere così calma. “ma come? Solo? Hai solo sedici anni! Stai morendo” così dicendo cominciò a piangere. Lei gli posò una mano sulla guancia. Lui rabbrividì a quel tocco gelato.”non vivrai mai il tuo primo amore, non chiacchiererai più con le tue amiche, non realizzerai i tuoi sogni, le tue speranze saranno distrutte …” avrebbe voluto dirgli tante cose ma i singhiozzi avevano cominciato a scuotergli il petto e lui piegò la testa. Anche lei avrebbe voluto dirgli delle cose. “Giacomo!” stava per urlargli “sei cieco? Io il mio primo amore ce l’ho già. Sapessi quante volte ti ho cercato oltre a quella tua stupida finestra. Sapessi quante volte ho parlato della tua smisurata intelligenza alle mie amiche. Io l’ho già realizzato il mio sogno. Le mie speranze ce le ho davanti. E tu piangi perché non potrò avere ciò che desidero e sei il primo che non mi accontenti”. Ma non ebbe il tempo di urlarlo. Proprio quando si preparava ad aprire la bocca e a rivelargli il suo sguardo innamorato, la morte si impossessò del suo cuore, gli rubò il suo amore e la giovinezza. Ma soprattutto, e nell’aria aleggia ancora il rancore di Teresa, gli portò via lui. Quando Giacomo finalmente alzò lo sguardo, vide i suoi occhi chiusi, il viso pallido e la pelle gelida. Chiamò più volte il suo nome: non voleva arrendersi al destino tragico che era toccato all’amica. Quando ogni ultima sua speranza fu infranta, prese una decisione: mai più avrebbe sognato per essere poi deluso dalla vita, che era sicuro gli riservasse una fine precoce che era toccata all’amata. Così, tremando, uscì dalla stanza.
Anche in quel momento stava tremando. Ma non per la delusione e nemmeno per la sua malattia. Tremava per l’amore che impregnava da anni il tessuto della sua pelle. Tremava per l’improvvisa comprensione: lei i suoi sogni li aveva realizzati un attimo prima della sua morte. Il suo sogno era lui. Toccò il punto in cui lei lo aveva accarezzato. Che stupido era stato! Era vero: lui doveva fare la fine di Teresa. Lui doveva realizzare i suoi sogni proprio come l’aveva fatto lei. E invece era andato contro il destino. Ma non era più il caso di dire che il destino esisteva. Guardò la luna e, per la prima volta, vide solo un sasso gigantesco soggetto alla legge della gravitazione universale. Per una volta vide nell’erba solo un ammasso di clorofilla. E lui non era figlio di quella natura. Lui era qualcosa di più. Gli era sempre sembrato facile dire che era la natura a non mantenere le promesse e che lui non poteva fare nulla. Ma, si accorse mentre il respiro si faceva più affannato, gli sarebbe bastato credere un po’ di più nelle sue speranze e ce l’avrebbe fatta, impegnandosi. Come ce l’aveva fatta lei. Per l’ultima volta prese un pezzo di carta, una penna e scrisse l’ultima poesia:
Mi vergogno di non aver alzato la testa di fronte al tuo sguardo, di non aver ascoltato il tuo messaggio muto, di essermi arreso come tu non hai fatto nemmeno sul punto di morte. Che si vergognino il sole, la luna, le stelle, il prato, i fiori, il monte, il mare, l’alba, il tramonto e l’infinito del cielo, l’immensità’ del tempo, la sacra vita e la potentissima morte per non aver abbassato lo sguardo di fronte al nostro amore e di fronte a te e di fronte alla speranza che indietro ci riporta ai confini dei luoghi e dei tempi.
La poesia cadde dalle mani del poeta: la morte aveva ascoltato il suo richiamo e adesso chinava la testa di fronte all’amore, come un boia con la pistola puntata alla testa dalla sua stessa vittima.
  
Leggi le 2 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Romantico / Vai alla pagina dell'autore: giovanesognatrice