Nota al lettore: ti
stai per avventurare su un troncone di binario che termina su uno
strapiombo, perché questa storia è incompleta e
non vedrà mai la fine dei lavori. La capah cantiere (sarei
io) ne è però troppo affezionata per avere il
cuore di cancellarla dal sito, pur conscia di tutti i suoi difetti
strutturali e di contenuto.
They slowly break us down from the inside
And force a way of life we don't recognize
And free will has died
Black Parade ~ Globus
Io odio i maya e il Grande Puffo.|
Lydia sbuffò, dopo aver
letto per la centesima volta l'unica frase che si stagliava prepotente
contro lo sfondo dell'editor di testo. La lineetta intermittente non si
muoveva da almeno dieci minuti, ad indicare che stavolta aveva
così tanti crucci per la testa che i pensieri parevano
intraducibili in frasi di senso compiuto.
Non era abituata a rimanere a corto
di parole e ciò, insieme a una carenza cronica di sonno e
una cena a base di aria, nervosismo e maledizioni al vento, la
irritava. Tradurre il punto di vista altrui in una nuova lingua le
riusciva facile, se non automatico, dopo alcuni anni di esperienza nel
settore; tradurre il proprio pensiero in quel momento le sembrava
invece un'impresa destinata a finire con quelle otto parole nell'intero
foglio e la mascella dolorante per il troppo digrignare dei denti.
Rimase a contemplare il monitor
ancora per qualche tempo in attesa di un'illuminazione divina, gli
occhi febbrili che vagavano in punti imprecisati del foglio, le mani
intorno al viso e i gomiti ben piantati sul tavolo. Poi, dopo una pausa
che parve interminabile, ritrovato finalmente un barlume di
razionalità quando oramai stava per darsi per vinto e
spegnere tutto, riprese a battere i tasti le cui lettere erano ormai
scolorite dall'uso.
Sono incazzata nera e non ho parole
per descrivere ciò che provo.|
Un rapido sguardo all'orario nella
parte bassa dello schermo le segnalava in quel momento le 5:52 del
mattino. Premette invio e andò a capo, continuando a
scrivere, seguendo quella nuova e confusa pista mentale che prometteva
una buona resa scritta.
Tu non sei né un dio
né un re, sei un fottuto dittatore.
Cominciava già ad andare
meglio. Tempo pochi minuti e avrebbe finalmente riversato su quel
foglio elettronico la frustrazione accumulata in una notte insonne e in
una giornata di lavoro da dimenticare: l'ennesimo stream of
conciousness dettato dalla necessità di mettere ordine ai
troppi pensieri della mente.
Stava per rimettersi di nuovo a
scrivere quando le arrivò all'orecchio il rumore lontano di
ringhi soffocati e il frastuono di vetro infranto. Buttò un
rapido sguardo verso la finestra del soggiorno, immaginando, da dietro
le persiane serrate, una scena di degrado che conosceva fin troppo
bene, dopodiché si morse il labbro e si costrinse a
riportare gli occhi sullo schermo.
Iniziò a battere i tasti
con ferocia, sbagliando e cancellando e correggendo ogni lettera
digitata male, il rumore della pressione dei tasti ora sovrastato da
latrati collerici. Si limitò a scrivere nonostante la
tentazione di andare a sbirciare fra le fessure delle persiane. Ogni
nuova lettera che compariva sullo schermo serviva da carburante e allo
stesso tempo da deterrente, perché con immensa gioia avrebbe
aperto la finestra e lanciato un oggetto contundente verso i
disturbatori notturni.
E quella marmaglia che ti porti
appresso non è altro che un'orda di alcolizzati, attaccati
al collo della bottiglia quanto un infante è attaccato al
petto della madre.
Si fermò, tendendo
l'orecchio. Gli schiamazzi erano cessati improvvisamente. Passarono
pochi secondi, durante i quali l'unico rumore fu quello della ventola
di raffreddamento del vecchio laptop e la lancetta dell'orologio in
cucina. Lydia si alzò lentamente, facendo una smorfia quando
sentì la sedia cigolare, quasi che avesse paura di essere
assalita da un momento all'altro. Nel silenzio assoluto della casa il
lieve scricchiolio del legno era un rumore ben distinto. Raggiunse la
porta d'ingresso, dove scostò le tendine e tentò
di spiare l'esterno attraverso le aperture delle persiane.
I pochi lampioni ancora funzionanti
illuminavano la strada quel che bastava per vedere una sagoma riversata
a terra vicino al ciglio del marciapiede e un'altra sagoma in piedi
alla sua destra. Bottiglie di liquore giacevano sparse qua e
là, alcune già esaurite del loro contenuto e
altre, pensò Lydia con disprezzo, che sarebbero state presto
svuotate. L'asfalto era bagnato, la fioca luce artificiale riflessa in
quel liquido dal colore non identificabile. Di cosa fosse bagnato non
voleva saperlo.
Tornò davanti al
computer ancora più disgustata e furiosa di com'era fino a
un attimo prima. Sarebbe toccato a lei pulire quella sozzeria poche ore
dopo, siccome la sua proprietà confinava con quel tratto di
marciapiede e ogni suddito – bastava quella parola a farle
ribollire il sangue di rabbia - doveva provvedere alla cura del proprio
ambiente.
Già, non tocca ai
maledetti chitauri. Le parti peggiori di obbedire, lavorare e tacere
sono riservate ai soli sette miliardi di insignificanti esseri umani.
Obbedire, Lavorare e Tacere. In una sola parola, OLT: i principi
cardine di questa neo società, illuminati giorno e notte su
cartelli stradali, cartine della metropolitana, targhette degli uffici
pubblici, libri di storia e scatole delle merendine. Verbi entrati e
fatti entrare a forza nella mente delle persone, in nome di una
società all'apparenza all'insegna della convivenza, della
libertà e della prosperità, ma in
realtà votata a una misera e rapida fine. Per gli
insignificanti esseri umani. Non certo per chi là fuori
banchetta a champagne e alcolici, e non certo per l'usurpatore bastardo
che occupa i piani alti della Stark Tower dal 21 aprile di quest'anno.
I maya, mi dispiace dirlo, hanno
sgarrato alla grande con i loro calcoli astronomici. Non vedo come
disgrazia più grande possa capitare fra un paio di mesi, il
21 dicembre 2012, di quella che è avvenuta la primavera
scorsa.
I Vendicatori sconfitti,
organizzazioni come lo S.H.I.E.L.D. e la NATO smantellate, il
presidente degli Stati Uniti minacciato e sfrattato dalla sua
residenza, capi di Stato spodestati del proprio titolo, interi Paesi in
anarchia totale, rivolte scoppiate come fuochi d'artiglieria e spente
come candeline. La città di New York - e nel giro di pochi
giorni, il mondo - in ginocchio. Letteralmente e metaforicamente in ginocchio.
Tutto ciò grazie alle
manie di grandezza e di protagonismo di un ridicolo visionario,
così a corto d'attenzioni da schiavizzare un intero pianeta,
da pretendere d'essere chiamato 'dio', da riempire le reti televisive
di menzogne su una presunta libertà; un essere esecrabile
che in pochi mesi è riuscito a distruggere quello che
l'umanità è riuscita ad ottenere attraverso
secoli di sacrifici e di guerre civili.
Infine questo. L'ennesimo torto ai
diritti umani. Il divieto di viaggiare fuori del proprio Paese di
residenza. Tutti i trasgressori puniti di conseguenza. Questo era
ciò che diceva il foglietto che ho trovato poche ore fa
appeso al cancello di casa, e che ho poi provveduto ad usare come carta
da ardere nel camino. Motivo delle nuove disposizioni statali? Non
citato. Scadenza del divieto? Non citata. Viva la trasparenza.
Che motivo dovrebbe esserci, se non
quello di continuare il regime d'oppressione perpetuato negli ultimi
mesi, se non quello di un crudo piacere di un bambino che, sotto il
sole estivo, si diverte a punzecchiare delle innocenti formiche con una
lente d'ingrandimento? E se questo bambino sadico che gioca a fare Dio
fosse immortale, come spesso dichiara di essere, che scadenza dovrebbe
esserci se non quella del giorno in cui non una sola formica ma solo
ruderi e sporcizia regneranno nel formicaio?
Loki, mi fai schifo.
Si passò con lentezza
una mano fra i capelli. Il suo respiro si era fatto involontariamente
ansante e cercò di calmarsi respirando a pieni polmoni,
chiudendo gli occhi. Non si era mai fatta trasportare così
tanto dal flusso di pensieri, e si sorprese quando notò di
aver superato la pagina dove prima non riusciva a superare la riga.
Voltò la testa verso
l'ingresso, dove dei timidi raggi di sole facevano ora capolino dalle
fessure delle persiane. Da giorni sole e pioggia si contendevano la
volta del cielo senza che nessuno dei due prendesse il sopravvento, ma
una luce così calda dava ad intendere che quella sarebbe
stata la prima giornata senza nubi dopo parecchio tempo. Era da
considerarsi un buon segno o l'ennesima presa in giro? Si
alzò, accese il lampadario del soggiorno e raggiunse la
cucina. Prese dal frigo una bottiglia e versò parte del
contenuto in un bicchiere raccattato dalla lavastoviglie ancora da
avviare. Fu allora, mentre stava a bere acqua con la schiena appoggiata
al tavolo, che il suo sguardo assonnato vagò per la stanza e
cadde sull'orologio a muro. Segnava le sette e mezza.
Il sorso le andò di
traverso. Tornò in soggiorno tossendo come un'appestata e si
mise ad insultare mentalmente l'editor di testo, che continuava ad
aprire nuove finestre quando lei tentò di chiudere la
sessione di lavoro. La collera aveva ceduto il posto a una cieca
frenesia. Doveva essere al lavoro in meno di un quarto d'ora.
***
Venti minuti dopo era vestita
decentemente, pettinata, lavata e già a un passo dal
cancello di casa. Era così immersa a ricontrollare
l'inventario della giornata con le classiche domande 'Telefono?
Portachiavi? Portafoglio? Testa?' e le classiche risposte 'Ce l'ho; ce
l'ho; ce l'ho; è attaccata al collo' che ignorò
del tutto i due alieni bitorzoluti sdraiati per terra, in una pozza
d'alcol il cui odore si sentiva già stando in giardino. Non
diede nemmeno peso al fatto che rischiò di rovinare
sull'asfalto quando una scarpa ruzzolò sopra una delle
bottiglie vuote. Non aveva tempo per quelle sciocchezze.
Arrivò a destinazione
col fiato corto, una sauna nel cappotto e parecchi minuti di ritardo.
Dovette mostrare la scheda d'appello varie volte al chitauro
controllore, il quale doveva soffire di un qualche disturbo alla vista
poiché faticava a riconoscerla nella piccola fototessera.
Quando finalmente l'alieno la lasciò passare con un
grugnito, permettendole di raggiungere l'ascensore del grattacielo,
aveva accumulato così tanto ritardo che difficilmente
avrebbe potuto immaginare qualche giorno di ferie per il prossimo
decennio. Ancora più difficilmente, però, avrebbe
potuto immaginare la scena che le si stagliò davanti non
appena varcò la porta d'ingresso dell'agenzia.
"Ma che è successo qui?"
Il parapiglia del mercato all'ora
di punta. Pile di pacchetti, scatoloni e borse di plastica rendevano
difficoltoso il passaggio da un ufficio all'altro. Cumuli di
oggettistica varia, da guide turistiche a saldi annuali, da penne a
sfera a portafoto e altre cianfrusaglie occupavano buona parte dello
spazio sulle scrivanie. Qualcuno urlava, qualcuno imprecava, qualcuno
cacciava con ira i propri oggetti dentro agli scatoloni ancora vuoti.
Rifece la domanda in tono
più forte per sovrastare il baccano, ma il suono stridulo
che le uscì dalla gola tradiva la strana angoscia che si
stava formando nel suo petto. Rivide davanti agli occhi il foglietto
che veniva lentamente carbonizzato nelle braci del camino. Scosse il
capo, incredula, ma la mente continuava a suggerire con prepotenza
quello che gli occhi si rifiutavano di vedere. Non aveva tenuto conto
degli effetti che quel nuovo divieto potesse davvero avere, effetti ben
più devastanti dell'annullamento di un soggiorno a Parigi
per passare la notte di Capodanno insieme agli amici.
Quando vide il volto scuro e
l'espressione afflitta con cui il direttore le si stava avvicinando,
ebbe la certezza che i minuti di ritardo non sarebbero contati
più a nulla. Era inutile, le fu detto, tenere in attivo
un'agenzia di viaggi quando nessuno poteva più avvalersi di
tale servizio. Era anche inutile, le fu detto, mandare i subordinati in
cassa integrazione quando non c'era speranza di uscirne. Era entrata in
ufficio con solo una borsetta a tracolla. Ne uscì con lo
scatolone dei suoi averi, lacrime amare e con il sincero augurio di
trovare al più presto un altro impiego.
***
Ci sei?
Lydia distolse gli occhi dal libro
che stava leggendo e guardò il laptop adagiato sul bracciolo
del divano. Chiuse il volume e sistemò il portatile sulle
ginocchia per scrivere più comodamente.
Sì.
Un istante dopo arrivò
il messaggio successivo.
Stai meglio?
Sorrise. Aveva passato tutto il
pomeriggio al centro commerciale insieme ad Allison, la sua migliore
amica, che si era sdoppiata in quattro per cercare di tirarle su il
morale che per tutto il giorno aveva rasentato il terreno. Si
conoscevano da prima dei tempi delle elementari, ed era l'unica persona
che sapeva farle abbozzare una risata anche nella giornata
più nera. Sì, stava decisamente meglio.
Grazie a te.
Erano passati pochi secondi quando
la finestra di conversazione si illuminò di nuovo.
No, lo devi alle scarpe ferrate.
Avvisami, eh, quando deciderai di usarle.
Soffocò una risata
ripensando alle scarpe con tacco e punta rinforzata che Allison le
aveva regalato, con la promessa che un giorno le avrebbe testate sui
gioielli di famiglia di colui che tanto odiavano.
Contaci! >:)
Ora come ora, la soddisfazione che
ne sarebbe derivata valeva probabilmente di più di farsi
staccare la testa dal collo come punizione per quell'atto ingiurioso.
Oggi mi è tornata in
mente una cosa, mentre parlavamo di Parigi. Hai ancora quella guida
semiseria che stavi abbozzando l'altro giorno?
Il suo cuore diede una strizza a
sentire nominare Parigi. Aveva pianificato il viaggio in compagnia di
Allison e alcuni amici addirittura con un anticipo di mesi, per essere
sicura di fare le cose a dovere e non ritrovarsi in faccia un 'tutto
esaurito' del mese di dicembre. Non sarebbe stata la prima volta che
visitava la città, poiché per conto dell'agenzia
aveva viaggiato praticamente in mezza Europa. Un conto,
però, era lavorare all'estero fra multiculturalismo e
colleghi di lavoro arroganti e competitivi, un altro era fare
dell'ultima settimana dell'anno un momento indimenticabile di puro
divertimento, immortalandolo per sempre dentro la memoria e sulla carta
fotografica.
Da un paio di giorni, inoltre,
stava lavorando a un progetto che comprendeva una serie di guide
semiserie su ogni capitale di cui poteva raccontare esperienze dirette,
iniziata come un passatempo per occupare i momenti di noia in mancanza
di programmi televisivi e libri decenti.
Sì, ce l'ho ancora. Ma
ora non penso che servirà più a molto.
Aveva sperato di poterla
pubblicare, un giorno, nonostante la censura fosse parecchio
restrittiva, talvolta insensata, e ci fossero quindi buone
probabilità che il manoscritto, una volta completato,
venisse rifiutato anche in mancanza di valide ragioni. Ma ora, che
utilità poteva avere una guida turistica in un mondo dove
fare i turisti era diventato illegale?
Dovresti continuare a scriverla.
Non sarà la stessa cosa che conoscere il mondo dal vivo, ma
ad alcune persone fa piacere viaggiare anche tramite una fotografia.
Passami il file, sono curiosa!
E' solo una bozza, una pagina
più o meno.
Fa lo stesso, passa.
Lydia non sapeva ancora come
avrebbe chiamato la serie di guide, così, per
scarsità di fantasia, aveva lasciato che l'editor di testo
nominasse il manoscritto al posto suo con un generalissimo Documento.
Selezionò il file e lo
inviò tramite il programma di chat. Passarono un paio di
minuti prima che giungesse la risposta.
Lydia, cos'è il file che
mi hai inviato?
Lydia
aggrottò le sopracciglia, confusa. Tornò alla
schermata di selezione e fece scorrere rapidamente il contenuto della
cartella. Oltre al file che aveva mandato ce n'erano altri inerenti al
lavoro in agenzia, e nient'altro. Aprì il documento e subito
avvertì il colore abbandonarle il viso. Lesse quella frase
che aveva riletto troppe volte durante quella stessa giornata e che mai
si sarebbe più aspettata di vedere se non nei suoi ricordi.
Ignorò i nuovi messaggi di Allison, mentre sentiva il ritmo
del cuore accelerare a dismisura e contemporaneamente il sangue
ghiacciarsi nelle vene.
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Il pc
può fare brutti scherzi, anche salvare un file che non si ha
la minima intenzione di salvare...
Mi è successo sul serio, il fatto di sovrascrivere un documento che già si chiamava "Documento" con un altro documento al quale non sapevo che titolo dare.
Orwell mi possa scusare se ho preso spunto dalla sua opera maggiore per dare un titolo a quest'opera che titolo ancora non aveva. Non potevo certo chiamarla "Documento"! E mi possa scusare anche per il Grande Puffo, piccola presa in giro da parte della protagonista e barlume di demenzialità da parte dell'autrice. Noi puffi siam così, noi siamo puffi blu...
Mi è successo sul serio, il fatto di sovrascrivere un documento che già si chiamava "Documento" con un altro documento al quale non sapevo che titolo dare.
Orwell mi possa scusare se ho preso spunto dalla sua opera maggiore per dare un titolo a quest'opera che titolo ancora non aveva. Non potevo certo chiamarla "Documento"! E mi possa scusare anche per il Grande Puffo, piccola presa in giro da parte della protagonista e barlume di demenzialità da parte dell'autrice. Noi puffi siam così, noi siamo puffi blu...
In teoria questa
storia ha già svolgimento e conclusione premeditati. L'idea
di questa what if mi balenava da troppo in testa,
con il risultato che ora ho in mente una trama più contorta
di quella di Death Note. Ho detto in teoria perché sono
altamente lunatica e a volte cambio idea con niente. Evito quindi di
dire altro che concerne la trama.
Partono i cori: *Ma se non hai detto niente?!*
Un indizio abnorme sulla trama lo trovate in un fotogramma del
film Thor.
Spero vi piaccia, e spero di non avervi fatto crollare di sonno sulla tastiera. E' la prima volta che mi cimento con una storia fuori del genere umoristico.
Chiudo l'angolo autrice augurandovi un fantastico 2013!!!
Partono i cori: *Ma se non hai detto niente?!*
Spero vi piaccia, e spero di non avervi fatto crollare di sonno sulla tastiera. E' la prima volta che mi cimento con una storia fuori del genere umoristico.
Chiudo l'angolo autrice augurandovi un fantastico 2013!!!