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Autore: Evazick    01/01/2013    3 recensioni
Mille e una possibilità apocalittiche gli attraversano la mente – Kobra l’ha finito; Kobra l’ha buttato via; Kobra l’ha usato come giocattolino sessuale insieme a Show Pony – e una mano corre già alla pistola per freddare il fratellino non appena varcherà la soglia del Diner. Ma quando lo sportello si spalanca del tutto e un raggio di sole illumina il barattolo azzurro manco fosse il nuovo Messia, Party sente il cuore che gli trabocca di felicità e la tensione sparire con uno sbuffo in una nuvola di fumo. Sì, sono campane a festa quella che sente mentre tira fuori il barattolo, e no, non c’è una chiesa nelle vicinanze. Anzi, probabilmente nemmeno in tutta la California, ma non è saggio ricordarglielo in questo momento: sul suo volto c’è un’espressione di pura estasi che nemmeno il Bernini saprebbe riprodurre, e quando appoggia il barattolo sul piano del bancone trattiene a stento le lacrime. Gli sorride, e sente che se potesse l’oggetto gli sorriderebbe di rimando.
Lui, l’ultimo barattolo di caffè rimasto in tutto il deserto.

Per Red Rope, che l'ha aspettata a lungo.
[AU!Killjoys] [Frerard] [Rating arancione per parole e pensieri poco casti.]
Genere: Comico, Commedia | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Frank Iero, Gerard Way | Coppie: Frank/Gerard
Note: AU, OOC | Avvertimenti: nessuno
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Una giornata come tante altre in California. Il sole splende (leggere: spacca le pietre), l’aria è limpida (leggere: nessun nemico in vista) e gli uccellini cinguettano dolcemente sopra gli alberi (leggere: gli avvoltoi aspettano sopra i cactus di vedere qualche cadavere). Il deserto è silenzioso e, uhm… bè, polveroso. Il pianterreno del vecchio Diner è vuoto, ma non ancora per molto: dalla porta dietro il bancone arriva un rumore di passi che scendono le scale, e poco dopo i capelli rossi appena tinti di Party Poison sbucano fuori insieme al resto del corpo. Sorride come se non avesse nessun problema al mondo, come se non avesse una taglia sulla testa e Korse non lo volesse morto. Jet e Kobra sono andati a fare un giro di ricognizione, Show Pony ha portato il suo bel culetto da qualche altra parte e il Dr. D è nella sua baracca, a chilometri di distanza.
In parole povere, per la prima volta da mesi, lui e Fun Ghoul sono soli.
Il solo pensiero del letto che li aspetta al primo piano e del silenzio che romperanno con le loro urla fa allargare il suo sorriso. Party lancia un’occhiata alla porta del garage, dove Ghoul sta riparando la vecchia radio – o forse distruggendo del tutto, a giudicare dal rumore di ferraglia e dalle bestemmie che lancia. Il suo primo istinto sarebbe quello di andare in garage e farselo sul tavolo più vicino, ma non sarebbe nel suo stile: no, lui è Party Poison, il capo dei Killjoys, il Grande Stratega con la G, la S e il resto dell’alfabeto maiuscolo, deve pensare a un piano più subdolo per convincere il nanetto a chiudersi in camera con lui. Prima che i suoi pochi neuroni rimasti si mettano al lavoro, però, c’è qualcosa di ancora più importante da fare.
Il suo sorriso si trasforma in un ghigno a metà tra quelli dello Stregatto e del Joker, e il ragazzo si abbassa dietro il bancone per iniziare la sua ricerca. Si guarda intorno per controllare che non ci sia nessun’altro, poi, con la stessa delicatezza e tensione di un artificiere sul punto di disinnescare una bomba, apre lentamente lo sportello davanti a sé e ci sbircia dentro. Il cuore gli batte forte, i palmi gli sudano e le pupille gli si dilatano come palloncini per la paura di non trovare lui, il suo amato e tanto desiderato tesoro. Mille e una possibilità apocalittiche gli attraversano la mente – Kobra l’ha finito; Kobra l’ha buttato via; Kobra l’ha usato come giocattolino sessuale insieme a Show Pony – e una mano corre già alla pistola per freddare il fratellino non appena varcherà la soglia del Diner. Ma quando lo sportello si spalanca del tutto e un raggio di sole illumina il barattolo azzurro manco fosse il nuovo Messia, Party sente il cuore che gli trabocca di felicità e la tensione sparire con uno sbuffo in una nuvola di fumo. Sì, sono campane a festa quella che sente mentre tira fuori il barattolo, e no, non c’è una chiesa nelle vicinanze. Anzi, probabilmente nemmeno in tutta la California, ma non è saggio ricordarglielo in questo momento: sul suo volto c’è un’espressione di pura estasi che nemmeno il Bernini saprebbe riprodurre, e quando appoggia il barattolo sul piano del bancone trattiene a stento le lacrime. Gli sorride, e sente che se potesse l’oggetto gli sorriderebbe di rimando.
Lui, l’ultimo barattolo di caffè rimasto in tutto il deserto.
Le mani gli tremano leggermente mentre tengono stretto il contenitore, e le lacrime nei suoi occhi non sono dovute al sole che si riflette sulla porta a vetri. Dopo aver resistito a baciare la latta, si dà un contegno – sarà anche solo, ma ha una Brutta Reputazione da mantenere – e passa ad aprire il barattolo con la solennità di un sacerdote durante una cerimonia. Gli occhi verdi gli brillano come smeraldi quando il tappo cade sul bancone e l’aroma penetrante del caffè riempie l’aria, ma non appena getta uno sguardo all’interno della scatola il suo cuore salta un battito. Non riesce a fare altro, paralizzato, davanti all’inquietante verità.
È rimasto caffè solo per un’ultima dose.
Il mondo gli crolla addosso, come se l’Apocalisse di qualche anno prima non gli fosse bastata, e sente il cielo cadergli sulle spalle di colpo. I dubbi amletici gli affollano la testa – bere o non bere? Aspettare un’occasione migliore? Ma ce ne sarà un’altra? – poi decide a malincuore di godersi quella che probabilmente sarà l’ultima tazza di caffè che vedrà per un lungo periodo. Se potesse le farebbe persino una foto, un disegno, uno schizzo su un tovagliolo, ma i rumori soddisfatti che vengono dal garage gli fanno intuire che Ghoul sta per finire il suo lavoro e sarà pronto per il letto. Con un sospiro, prende da sotto il bancone una vecchia tazza rossa sbeccata, un fornellino a gas e quella che sembra una versione primitiva di una moka che il moro ha costruito quando Party era tornato al Diner portando il caffè in trionfo come bottino di guerra. È più un incrocio tra una scultura di arte moderna e un modellino del Centro Pompidou di Parigi, ma l’importante è che funzioni. Party prepara tutto con la massima cura, e si mette in un angolo ad aspettare che il caffè salga con la stessa tensione di una sparatoria. Quando quel familiare aroma pungente e caldo gli sale alle narici, versa la bevanda nella tazza e si dirige soddisfatto verso uno dei tanti tavoli del Diner. Si siede con le gambe sdraiate sulla panca e, con la tazza ben salda in una mano, inizia a sfogliare una delle tante riviste di Kobra, abbandonata sul tavolino come se niente fosse. Mentre dà un’occhiata alle figure – leoni che si riproducono. Cavalli che si riproducono. Piccioni che si riproducono. Perfino il mondo animale cospira per farlo eccitare al pensiero del letto vuoto sopra di lui – e si ripromette di tenere d’occhio il fratello quando si fermeranno al prossimo distributore della Dead Pegasus per rifornirsi, nel momento in cui si porta la tazza alla bocca e fa per bere, proprio in quel momento la porta del garage si spalanca e ne esce fuori un Fun Ghoul nero di olio e polvere che lo guarda con un sorriso splendente in faccia. È così bello e felice che Party si scorda del suo caffè e posa tazza e rivista sul tavolo. “Hai riparato la radio?” gli chiede sorridendogli di rimando.
Lui sbuffa e si lascia cadere sulla panca dall’altra parte del tavolo. “Forse. È un modello vecchio, non so quanto potrà reggere ancora a lungo. Dobbiamo trovarne una nuova.”
“Come no, andiamo al cactus più vicino e cogliamone una, dovrebbero essere ancora fresche,” lo sfotte l’altro.
L’occhiataccia che riceve non ha bisogno di essere spiegata, ma lui si lascia sfuggire una risatina e si limita ad osservare meglio il moro. Tutto quel lavoro deve averlo consumato: ha la fronte sudata, i capelli sono ridotti a una poltiglia sudaticcia e sotto gli occhi sfoggia due borse di un viola intenso. Non l’ha mai visto così sfinito nemmeno dopo un inseguimento coi Draculoidi e alle calcagna, e di solito lui è quello che fa da esca prima di darsi alla fuga sulla Trans Am sculettando e sfottendoli ad alta voce. Gli fa una tale pena vederlo in quelle condizioni che gli chiede preoccupato: “Ghoul? Sei sicuro che vada tutto bene?”
Il moro aggrotta la fronte. “Non dovrebbe?”
Party alza un sopracciglio, irritato. “Sai com’è, non è da tutti i giorni vederti ridotto come un tossico sull’orlo di una crisi d’astinenza.”
Gli occhi verdi di Ghoul hanno un guizzo e lui abbassa lo sguardo, imbarazzato. Il rosso sente una morsa gelata afferrargli le viscere e il resto degli organi: ha azzeccato? Ha azzeccato sul serio? Il nanetto si fa di qualcosa e lui non ne sapeva nulla? Cosa diavolo è? Segatura? Sabbia del deserto? Merda d’uccello ridotta in polve- okay, questo non lo vuole sapere. Il punto è che se le cose stanno davvero così allora sono tutti fottuti. La Better Living tiene d’occhio tutti i canali della droga per scoprire se sono collegati in qualche modo ai Killjoy – certo che no, sono già stonati di loro – un ribelle drogato sarebbe il loro perfetto capro espiatorio per far vedere agli abitanti di Battery City di cosa sono capaci quei fuorilegge brutti e cattivi. E poi, che cazzo, è Ghoul, lo disintossicherebbe a calci in culo se fosse necessario. Si schiarisce la voce senza tradire alcuna emozione e gli chiede calmo: “Ghoul? Ti fai di qualcosa?”
In realtà dentro di sé sta urlando ‘Cristo Santo, vuoi dirmi che sono andato a letto con un tossicodipendente per tutto questo tempo?!’, ma non gli sembra una cosa carina da dire.
L’altro Killjoy si alza dal tavolo e lo raggiunge sull’altra panca senza mai guardarlo in faccia. Solo quando i piedi di Party gli sfiorano il fianco osa alzare lo sguardo con gli occhi che brillano di una luce maliziosa. Prima che il rosso possa chiedergli se è persino schizofrenico, gli accarezza leggermente una gamba. “Sì,” mormora sorridendo. “Sì, e credo di essere in crisi di astinenza.”
Signore e signori, questa è una dichiarazione in piena regola. La morsa di ghiaccio che ha stritolato le viscere di Party si scioglie come neve al sole e il rosso sente di nuovo quelle campane in lontananza. Lascia che Ghoul gli si sdrai addosso, gli afferra il volto con le mani e inizia a baciarlo avidamente, possessivamente, come se non ne avesse mai abbastanza e ne volesse sempre di più. I suoi pensieri si fanno sempre meno casti e puri mentre pensa al Diner vuoto e al tempo che devono ancora trascorrere da soli, e si stacca ansimando dalle labbra dell’altro. Si guardano col fiatone e sorridono soddisfatti e felici, ma mentre il moro fa per abbassarsi di nuovo gli occhi di Party si guardano intorno un attimo di troppo e incontrano un lampo rosso che lo fissa incazzato. Se solo avesse gli occhi, ovvio, ma la sua immaginazione da fumettista ha preso il sopravvento: quella non è più una tazza qualsiasi, quella è una moglie che ha appena beccato il marito a letto con un altro uomo.
Davvero preferisci lui a me, Party?
Il momento perfetto si spezza, si incrina, si frantuma e cade a terra con un tintinnio che non somiglia per niente a quello delle campane in lontananza. Nei pochi secondi in cui Ghoul si abbassa di nuovo verso le sue labbra, il rosso osserva il fumo sempre più flebile che esce dalla tazza, come se il caffè caldo stesse sventolando un fazzoletto per salutarlo definitivamente. Addio, Gee, è stato un piacere. Abbiamo passato dei bei momenti insieme, ma adesso è arrivato il momento di separarci. Spero che la mia temperatura sappia rinfrescarti in quest’aria calda.
Il punto è che Party non vuole un caffè freddo. Lui odia il caffè freddo. Lo detesta. Lo aborrisce. Lo bandirebbe dalla California e dal resto del mondo insieme alla Better Living. Lo condannerebbe a morte. Ma Ghoul, il suo amato nanetto, il suo amante preferito – e unico –, gli si sta praticamente strusciando contro il pacco e sta per baciarlo di nuovo. I sudori freddi gli corrono lungo la schiena: chi deve scegliere? Cosa deve fare? Perché non può bere il suo caffè in pace e scoparsi allegramente Ghoul nello stesso momento?
Esita un attimo di troppo, e il moro se ne accorge. Si allontana da lui confuso e deluso, poi si volta quel tanto che basta per vedere la tazza rossa e capisce. Scende da Party in fretta e furia fissandolo con uno sguardo che incenerirebbe l’intero Diner e si alza in piedi, incrociando le braccia come un bambino piccolo. Il rosso capisce di aver fatto un errore madornale e balza in piedi anche lui per abbracciarlo e correre ai ripari, ma l’altro fa un passo indietro, cocciuto e offeso come una donna in pieno ciclo. “Non ti sarai mica distratto per colpa di quella fottuta tazza, vero?” gli chiede con gli occhi ridotti a due fessure.
Il suo primo istinto sarebbe ridere e rispondergli ‘Davvero credi che sia così idiota? Forza, spostiamoci in un posto più comodo’, ma, prima che i titoli di testa del suo filmino mentale inizino a scorrergli davanti agli occhi, si costringe a tornare alla realtà e stavolta è lui ad abbassare lo sguardo, imbarazzato, ed a mormorare: “Era l’ultima dose.” E aggiunge, anche se sa che servirà a poco: “Scusa.”
Ghoul tira su col naso, anche se ha gli occhi asciuttissimi. “Quindi preferisci una tazza di caffè a me. Bene.” Deglutisce. “Forza, allora, bevitela tutta. Spero che ti vada di traverso e ti faccia affogare.” E con questa si volta e si dirige verso la porta comunicante col garage. Party fa un passo avanti e fa per dirgli ‘Ehi, stai esagerando! Torna indietro!’, ma la porta gli si chiude davanti prima che possa prendere fiato. Rimane immobile per lunghi minuti a testa bassa, mortificato, pensando al modo più veloce ed efficace per farsi perdonare, ma ad un certo punto sente un rombo familiare fuori dal Diner – e non è la Trans Am. Preoccupato, si volta giusto in tempo per vedere Ghoul in sella alla moto di Kobra sfrecciare davanti all’edificio verso qualche punto imprecisato del deserto. Party lo segue con lo sguardo, scioccato, e solo quando scompare nel deserto si ricorda che le ronde dei Draculoidi si sono fatte più intense. Merda.
Bestemmia fra sé e sé ed entra di corsa nel garage, dandosi un’occhiata intorno in cerca di qualche mezzo di trasporto. Ci sono alcuni pezzi di ricambio per la moto e la Trans Am e persino il sellino di una bicicletta, ma niente che assomigli vagamente a un mezzo intero e funzionante. Continuando ad imprecare, inizia ad aprire tutti i cassetti e gli armadi e vi rovista dentro lanciando dietro di sé quello che non gli serve o intralcia la sua ricerca. Dopo dieci minuti è già sull’orlo di una crisi nervosa e maledice Ghoul, il suo ciclo e quello stramaledetto caffè che gli causato più problemi che altro. Arriva finalmente all’ultimo cassetto e lo spalanca violentemente, convinto di fare l’ennesimo buco nell’acqua, ma non appena si accorge di cosa ha davanti a sé sbarra gli occhi e sente la sua furia andarsene via strisciando sul pavimento. Tira fuori una delle due… cose – perché definirle ‘scarpe’ sarebbe un’offesa all’intera categoria dei calzolai – dal cassetto e la osserva a lungo, combattuto tra il senso del dovere e quello della decenza. Si dà un’ulteriore occhiata intorno, ma non c’è proprio nient’altro che possa usare. Sospira rabbioso e afferra anche l’altra cosa prima di uscire dal garage ed infilarsele in fretta al posto degli stivali. Se Show lo viene a scoprire probabilmente lo manderà all’altro mondo, ma adesso questo è il minore dei suoi problemi. Controlla che la pistola sia carica e si avvicina barcollando alla strada, chiedendosi se e quanto a lungo reggeranno il suo peso e lui sopravvivrà all’umiliazione di sembrare una pura e semplice checca. Aspetta che lo prenda, oh, aspetta che lo prenda e gliela farò pagare! pensa digrignando i denti mentre inizia a sfrecciare su un vecchio paio di pattini di Show Pony lungo la strada.
No, il rossore sulle sue guance non è dovuto al caldo.
 
Lo so cosa state pensando. Cosa volete che sia per il grande e potente Party Poison, capo dei Killjoys e abile pistolero, colui che ha fatto mangiare la polvere e vedere l’Inferno a Korse e ai Draculoidi più di una volta, imparare ad andare sui pattini a rotelle di Show Pony?
La risposta potrebbe sorprendervi. Fidatevi, non volete saperla.
Party ‘pattina’ per circa cinque chilometri sotto il sole, sbandando di qua e di là come un ubriaco e mulinando le braccia come se volesse prendere il volo da un momento all’altro. Incespica un paio di volte rischiando di finire a faccia in giù sul selciato, ma riesce sempre a tornare (quasi) sempre in piedi. Dopo mezz’ora, sudato e con la tinta che rischia di colargli via dai capelli, abbassa lo sguardo e decide di togliersi quei fottuti pattini e di chiedere una volta per tutte a Show come fa ad usarli con così tanta disinvoltura. Fa per fermarsi sul ciglio della strada – o almeno, ci prova con una manovra che potrebbe portargli via la pelle di entrambe le gambe – ma un urlo disperato blocca in tempo il suo tentativo. Alza lo sguardo: davanti a lui, pochi metri più avanti, ci sono la moto di Kobra e una macchina bianca che riconoscerebbe dovunque. In mezzo, una figura bianca e nera e una gialla e verde se le stanno dando di santa ragione, tra urla e gemiti che li fanno sembrare appena usciti da un incontro di wrestling. Party li lascerebbe stare, se non fosse che la figura colorata è sotto e dà colpi sempre più deboli.
Dentro di lui saltano fuori contemporaneamente l’eroe e il ninfomane: nessuno può picchiare uno dei suoi compagni, e nessuno, tantomeno il primo Draculoide che passa per la strada, può pensare di stare sopra a Ghoul in sua presenza o meno. Punto nel vivo non una ma due volte, sfodera la pistola e, dandosi una spinta senza sapere come, scivola – perché quello non si può definire ‘pattinare’ – verso i due lottatori, urlando a squarciagola per attirare la loro attenzione. I due si fermano e si voltano verso di lui increduli e straniti, e il Draculoide non fa nemmeno in tempo a dire qualcosa che un proiettile lo raggiunge in piena fronte e lo fa cadere a terra, morto. Ghoul si rialza in fretta in piedi e apre bocca, ma Party gli finisce addosso continuando ad urlare e entrambi cadono di peso sull’asfalto. Il moro geme per il peso che gli è appena crollato addosso e il rosso ansima, stanco. È il primo che riesce a trovare la forza di chiedere: “Che diavolo ci facevi qui? Pensavo ti stessi godendo il tuo caffè al Diner.”
La frecciatina colpisce Party in pieno, ma lui fa finta di non notarla. Si alza sui palmi delle mani e solleva il suo busto da quello di Ghoul per poterlo osservare meglio. Oh, sì, è in posizione perfetta per fare di lui ciò che vuole, ma prima deve scusarsi, magari con una bella frase profonda e romantica. Un po’ come quelle di qualche romanzo rosa di serie Z. Si schiarisce la voce, pronto ad andare in scena improvvisando.
“La mia droga preferita è qui davanti, non ho bisogno del caffè.” E poi, in un sussurro: “Sei tu il mio tipo preferito di caffeina.”
Sembra la versione partypoisonizzata di Twilight, ma l’importante è che funzioni.
Ghoul, che non riesce a tenere il muso a lungo, sorride e si scioglie sotto Party come neve al sole. Le campane suonano di nuovo in lontananza mentre i due si avvicinano e si baciano di nuovo; dalla direzione del Diner arriva una specie di urlo disperato, ma il rosso lo ignora e si stacca dalle labbra del suo amante leccandosi le sue, arrapato come pochi. Le sue dita viaggiano veloci verso la cintura del moro, ma quest’ultimo lo chiama, fermandolo. “Party.”
Lo guarda pieno d’amore. “Dimmi, baby.”
C’è un lungo momento di silenzio, poi Ghoul dice con aria innocente: “Sai che con quei pattini sembri proprio una checca?”












E dopo... oddio, quanto, un anno?, torno nel mio bandom con una one-shot Frerard. Killjoy, ovviamente.
L'ho scritta per baccaliegia, che mi ha chiesto una Frerard come pagamento per il suo bellissimo disegno di Eve e Joshua (se avete letto la mia serie sui Killjoys, sapete di chi sto parlando) e che mi ha fatta tornare da dove avevo iniziato dopo un sacco di tempo. Dopo un lungo parto e un lungo blocco creativo, eccola qui. Spero che sia piaciuta anche a voi, se avete tempo lasciate una recensione!

xoxo
Eva
  
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