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Autore: kayisbeenhere    01/01/2013    0 recensioni
Sorrise coprendosi dinuovo e io scivolai tra le sue braccia, con il cuore che non voleva smettere di correre. Le sfiorai le labbra con le mie istintivamente. Allontanai il viso dal suo. Sorrise, semplicemente.
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: FemSlash
Note: Lime, Missing Moments | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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«Andiamo se tutto ciò che dicono su di te è vero, sei davvero uno spreco bambola. » «Chiudi il becco Jack. Ci conosciamo da cinque inutili minuti.» Cercai di mostrarmi il più non irritata, non infastidita e non con una voglia omicida assurda possibile, sorrisi, o almeno ci provai. «Sgranocchi sul serio patate, Claire?»  Come diavolo sapeva il mio nome? «Come sai il mio nome, idiota?»  chiesi cercando di non sembrare una pazza sulla via del non ritorno. «Le voci corrono, bella bionda.» Non potevano sapere tutti, non ora, diamine! «Andiamo Hutcher finiscila! Va a scoparti qualche povera incoscente.»  esordì una voce nuova, stridula, vivace, nuova. «Uh la bimba ha la lingua, non ti sentivo parlare da un pò.. mi eri mancata»  disse Jack prima di andare via. Jack, lo conoscevo da cinque minuti e già lo odiavo e mi chiedevo come facessero i suoi amici ad.. essergli amici. «Ciao, mi chiamo Lizzie!»  disse ancora quella voce. Lizzie. Sorrideva, sorrideva come una che si chiama Lizzie «Claire, io sono Claire.. grazie per aver zittito Jack, si chiama così no? So chi è da circa due nano secondi.»  Una risata nervosa fu tutto quello che uscì. Perchè ero nervosa? Si chiama Lizzie, aveva un sorriso che spaccava il mondo, ed era bella. E avrebbe tenuto impegnata la mia mente per... beh, tanto, molto tempo. «Claire, che bel nome, mi piace tanto.» «Anche t.. anche il tuo, Lizzie, è un piacere chiamarti! Lizzie Lizzie Lizzie!» Poi mi domando ancora come mai mia madre mi diceva di tacere invece di sparare cazzate come un mitra. «Sei simpatica.»  No bella, sono idiota. «..ti va se andiamo a mensa insieme? Essendo nuova non dovresti avere molti amici.»  PERFETTO, sono anche la sfigata. Però sorrideva, quindi potevo essere la peggiore delle sfigate, adesso mi stava sorridendo. «Con piacere Lizzie. Sono quì da due giorni e tutto ciò che ho sentito non aveva niente di amichevole.» Tristezza a palate per Claire, evvai. «Allora sono felice di essere la prima.» Fu il pranzo meno schifosa della mia intera esistenza. Adesso ero quasi in grado di descriverla perfettamente. Quasi. Si chiamava Lizzie Harris, aveva 18 anni compiuti da poco, aveva un padre, una madre, un fratello ventiquattrenne e un cane che a sua detta era odioso, ma ci era affezionata e si capiva. I suoi genitori erano troppo protettivi e sua mamma, sposatasi giovane non capiva come mai sua figlia fosse ancora single. Tutto il contrario di mia mamma insomma. Suo padre era protettivo e ciò andava contro il pensiero della sua amata mogliettina, il che era motivo di litigio che veniva immancabilmente placato da un ''sto frequentando qualcuno, mamma'' non del tutto veritiero, il perchè devo ancora focalizzarlo. Le piaceva studiare -e qui ecco la prima enorme differenza tra me e lei- ma non metteva lo studio tra le sue prime priorità. A quanto ho capito ha avuto due ragazzi, che ha lasciato per le troppe pressioni di sua madre. Non ha una relazione da un anno e mezzo. Ah, ha i capelli lunghi e castani, degli occhi enormi, castani anche quelli, e un sorriso che ti spiazza. Anche due belle tette, ma sto cercando davvero di concentrarmi sui capelli. Le ho raccontato della mia vita non troppo perfetta e non ha battuto ciglio, sorrideva e mi ascoltava. Le ho raccontato delle voci che giravano su di me e che lei ha confermato, così le ho dovuto raccontare tutta la storia.. «Due anni fa ero ad una festa, ultimo anno di liceo, diciotto anni, alcool, tante persone e troppa confusione, ero lì con un mio amico irrimediabilmente gay che cercava la sua anima gemella tra quei maiali assetati di fighette. Così decisi che magari era meglio ascoltarlo con più alcool del dovuto nel corpo. Bicchiere dopo bicchiere mi ritrovai appiccicata ad una tipa sulla pista da ballo e la mia lingua fece la breve conoscenza della sua ma quei cinque minuti bastarono per una foto, per un articolo sul giornale scolastico e per far arrivare la voce anche quì.» «Figo!»   Figo, no, non ci siamo capite. «No, affatto, non sono lesbica Lizzie.» «Ah ecco, beh è figo comunque!»  Perchè diavolo sorrideva? Non avevo nemmeno il coraggio di risponderle male. «Devo rientrare, mia madre starà già dando di matto in mezzo a tutti quegli scatoloni.. ci rivediamo se ti va.» Perchè ero nervosa nel dire ad una che potevo considerare a malapena amica di vederci? «Domattina, otto in punto, ci vediamo fuori cancello.»  squittì allegra e andò via, tornando indietro solo per prendere il libro di chimica lasciato sul tavolo e sorridermi, per la centesima volta in quella mattinata. «Mamma sono Claire e sono a casa!» urlai, quando non poteva vedermi rientrare specificavo sempre che ero io, mia mamma era un pò paranoica. Non mi sorpresi di vedre tutta quella roba ancora sparsa per il salotto e mia mamma che cercava di montare una tenda hippie-chic all'entrata della sala. Dava sempre precedenza alle cose piccole, poi si occupava di quelle grandi, era un pò il suo motto di vita. «Com'è andata a scuola, bimba?» Dovevo arrendermi al fatto che non avrebbe mai cambiato il nomignolo che usava quando avevo cinque anni. «Bene mamma, grazie.»  «Ha chiamato tuo padre, voleva sapere com'era andata, lo rassicurerò.»  Mio padre Clark non era mio padre. Era il migliore amico di mia mamma, erano amici da una vita, era gay, e aveva sostituito bene il mio padre biologico anche se non ho la minima idea di chi sia e in che parte del mondo si trovi adesso. Clark era mio padre, era l'unica figura maschile (non troppo) avuta nella mia vita. Lo chiamavo papà, ero abituata così. «Certo, ho conosciuto una ragazza molto carina, Lizzie.» Dissi a bassa voce posando la tracolla sul divano. «Lizzie, che nome delizioso»  Odiavo quando mia mamma definiva qualcosa ''delizioso'', lo trovavo irritante. «Si, mamma, delizioso. Vado di sopra.»  Non potei far altro che scuotere la testa e rifugiarmi nell'unico spazio della casa arredato e con un solo scatolone ancora da disfare: la mia stanza. Aprii il libro di chimica e non potei fare a meno di sorridere. Lizzie non sapeva nulla della mia famiglia stranamente allargata, non trovavo necessario dirglielo dal momento che questo anneddoto aveva sempre fatto scappare tutti e aumentato le credenze sul fatto che fossi strana. Quella notte la sognai. Tutta la notte. Sorrisi al pensiero e mi feci trovare alle otto accanto al cancello. Ma lei non c'era. 08.10.. 08.15.. 08.45.. 09.00, la campanella che suonava, la giornata scolastica che cominciava, e io che non potetti far altro che dirigermi a lezione, dove di norma doveva esserci anche lei, essendo l'unico corso in comune, ma ovviamente non c'era ed io ero quasi delusa. La conoscevo da un giorno ed ero delusa, ero strana forte. «CLAIRE!» Quella voce, Lizzie. Mi girai il più disinvolta possibile sorridendo debolmente. «Lizzie..» non mi fece finire la frase che aveva già stampato un bacio sulla mia guancia e preso i miei libri. «Mi dispiace, stamattina doveva accompagnarmi mio fratello ma non ha sentito la sveglia, mi perdoni?»  «S-si, si certo..» Sorrisi e ciò la convinse abbastanza da incamminarsi verso la mia prossima lezione. Mi aveva dato un bacio sulla guancia. Ed ero.. scombussolata. «Questi te li lascio dentro!» disse allegra entrando nella mia aula e uscendo tre secondi dopo, volatilizzandosi. «La bambola ha fatto amicizia con la piccoletta, state già insieme, bambola?» Jack. «Hutcher m'eri quasi mancato.» «Piaaano bimba se mi chiami per cognome mi eccito. Andiamo anche lei è come te sai? Avete qualcosa in comune.»  «Và al diavolo Jack, io non sono lesbica, non mangio patate, mi piace il cazzo, Jack.» «Oh allora ti aspetto in bagno bionda.» «Non quello dei poveri idioti.»  Sfoderai il sorriso più sfacciato che avevo e mi diressi in classe, notando che l'avevo zittito. 1 a 0 per Claire Loveless. Le mie prime tre settimane a scuola e il primo mese da Londra a Britsol passò per lo più in questo modo: Lizzie-Jack il rompi coglioni-Mamma che non si decideva a sgombrare casa da quegli scatoloni e papà che magicamente aveva trovato un appartamento quì per lui e il suo compagno, non feci domande a riguardo, accettai la cosa e basta. Vedevo Lizzie quasi tutti i giorni, e cominciavo ad avere paura di qualcosa che sapevo era più grande di me e tanto complicata. Ed io odiavo le cose complicate. Era il 20 di febbraio ed ero a Bristol da esattamente un mese e due settimane. Evitavo i commenti di Jack che mi sembravano sempre più ‘’personali’’. Non pranzammo a scuola quel giorno, andammo a casa di Lizzie per studiare, dovevo aiutarla in Spagnolo, essendo due anni avanti, era un pò un mio dovere. Infondo era anche l'unica materia in cui potevo vantarmi d'andare bene sul serio. Sorrisi vedendo casa sua, era come l'avevo immaginata. Villetta bianca, staccionata altrettanto, giardino ampio e cuccia per.. Fricks, enorme. Beato cane. Ci accolse sua mamma, felice di averla per pranzo. «Mamma lei è Claire, pranziamo di sopra, mi aiuta con lo spagnolo!» Sorride dolcemente a sua mamma che, in un primo momento parve non accettare la decisione del pranzo 'fuori sala da pranzo' ma che poi accettò ricordando che Lizzie e lo spagnolo non andavano molto daccordo. La sua camera era.. rosa. Rosa pallido. La sua camera era tutto ciò che era Lizzie. Era delicata, era dolce, ed era infantile. Infantile in senso buono. Sul muro c'era una mini serie di foto mie e sue. Le avevamo fatte qualche giorno prima ad una macchinetta vicino casa mia.. le aveva sul muro. «Belle vero?» sorrise seguendo i miei occhi con lo sguardo. Sapeva cosa stavo guardando. «Tanto. O per lo meno più dei miei capelli in questa qui..» Risi indicando una delle foto. «Andiamo smettila sono perfetti.»  Squittì prima di sedersi sul suo letto a gambe incrociate con il libro di spagnolo aperto sul cuscino. «Yo..tu, el ella, nos, vos, ellos ellas, giusto?» «Giusto.» Mi limitai a dire sorridendo. Era innocente, e bella da mozzare il fiato. Le due ore più difficili dell'ultimo mese, avevo una voglia assurda di scappare via da quella casa ed una voglia ancora più assurda di restare. E poi avevo paura. Decisi di andare via quando avevamo finito di ripetere, stavamo solo chiacchierando, e non ne potei più, dovevo andarmene. «Liz, sei stata bravissima, ma adesso devo andare, c'è papà a cena stasera» Finsi un sorriso e mi allontanai scompigliandole i capelli. Solo quando ero a metà strada tra casa sua e casa mia mi resi conto di aver nominato mio padre, quando lei non ne sapeva nemmeno l'esistenza. Ero sul mio letto, confusa, persa in un oceano di pensieri, impaurita e nuda. Il che era l'aspetto meno strano della faccenda se mettiamo in conto che starmene così  a riflettere mi calmava. Ma continuavo ad avere paura di qualcosa che non sapevo definire. Fu così che trascorsi i seguenti tre giorni. Presi il telefono e composi il suo numero. La voce rispose dopo parecchi squilli. «Jack sono Claire. Si, Loveless. Si, la bionda. Non ti interessa, sei libero tipo adesso? Perfetto. Sono già lì.» Mi vestii in fretta dirigendomi al pub che Jack mi aveva indicato. Non sapevo esattamente dove volessi arrivare. O forse sì. «Oh ecco la mia bambola! Felix lei è Claire, non è bella?» Disse al barista, con una risata più arrapata che sincera. «Piantala e non farti strane idee.»  Frase del tutto insensata, ma ormai l'avevo detta. «Se mi hai chiamato devo farmi per forza strane idee bionda, cosa ti porta dalle mie parti, donna?» «Mancanza di amici e noia suppongo. Devi dirmi cosa dicono di me in giro.» Era questa la motivazione per cui volevo vederlo? «Oh oh la biondina è in cerca di scoop. Cosa devo dirti bellezza? So solo che ti piacciono le fighette proprio come il sottoscritto, e che hai già sotto tiro la tua prossima preda.» Boom. «Preda? Che diavolo vuoi dire Jack?»  Sbottai, sapendo la risposta ma non riuscendo ad ammetterlo. «Oh andiamo lo sai, Lizzie Harris, la bella moretta, è anche più piccola Claire, vuoi avere il potere nella coppia, lo vedi che siamo simili?» Ridacchiò nel modo più fastidioso che avessi mai sentito. «Non sai niente, nessuno sa niente, non mi piace Lizzie. Non mi piacciono le ragazze e non mi piace che si parli di me cazzo.» Lo vidi mordersi il labbro e fiondarsi su di me. «Sei eccitante incazzata, bionda. Fai vedere a zio Jack se sei una lecca fighette o una ragazza per bene..»  Sorrise e incollò le sue labbra sulle mie, infilandoci quella schifosa lingua. «MA CHE CAZZO HAI IN MENTE?» Scattai in piedi allontanandomi dal tavolo. «Non dovevi baciarmi razza di idiota! Dovevamo solo parlare, sei un coglione assurdo cazzo!» Uscii dal locale pulendomi le labbra e mi fermai di colpo. Ero appena scappata via dopo che Jack Hutcher, il ragazzo da cui tutte volevano allegramente farsi scopare aveva cercato di baciarmi. Ma ovviamente, io non sono ‘’tutti’’. Solo che non capivo più in che senso.   Quella sera fu dura mantenere un sorriso e il buon umore a tavola ma c'era papà, glielo dovevo. «Allora piccola, i compagni sono simpatici?» Domanda di rito. Ci sta.  «Si, papà, tutti molto gentili, non me lo aspettavo.» Risposta di rito. Ora toccava al suo compagno. «E a ragazzi come va,bellissima?» Appunto. Beh, oggi ho rifiutato un idiota che ha cercato di limonarmi in un pub perchè tutti pensano che io sia lesbica e sto evitando la mia amica Lizzie perchè ho paura di qualcosa che non so e domani non andrò a scuola, forse per tutta la settimana, perchè sono una codarda che non vuole capire. «Niente da dire, Jonathan, tutto piatto.» Sorrisi e cercai di sembrare allegra, forse c'ero riuscita perchè sorrisero tutti. Papà e Jonathan andarono via prima di quanto mi aspettassi, mamma prima di salire in camera mi rivolse una strana carezza, come se avesse capito che a cena volevo solo scappare e starmene sola in camera per non so quale motivo. Non avevo sonno, così accesi la tv e mi spalmai sul divano, notando un messaggio ed una chiamata sul cellulare. Liz. ‘‘Hey Claire oggi non ti sei fatta viva, a dire la verità sono due giorni, stai bene? fatti sentire, ti voglio bene.’’  Spensi il cellulare togliendomi la tentazione di risponderle. Dovevo pensare. O evitare. O scappare. O qualunque cosa io stessi facendo. Mi addormentai rannicchiata sul divano, con i conseguenti dolori al mattino, e ciò bastò a far pronunciare a mia mamma le fatidiche parole. «Oggi puoi restare a casa tesoro, non so proprio come ti possa essere addormentata in quella posizione inumana>> Sorrisi, non ero come lei. Lei era composta nel suo vivere tra l'hippie e lo chic. Era  stabile tra un eccesso e l'altro. Era ordinata, ma aveva bisogno del suo tempo. Era riservata, era bella, era affascinante. Io ero un casino totale, diciamo solo hippie, ero disordinata mentalmente e non, ero schietta e mi facevo sentire, ero a mia detta a malapena accettabile e non esattamente affascinante. Praticamente il suo opposto. Passai la mattinata con lei, la osservai lavorare in casa e poi uscire per andare a lavoro, la vidi tornare e scherzare su un collega che penso le interessasse, la vidi salire in camera e lasciarmi il pranzo in cucina. Non pensavo che non facendo nulla la giornata sarebbe passata in fretta, ma mi sbagliavo. Era sera inoltrata. Ero ancora in camera, ancora nuda, ancora confusa, ancora a pensare. «Ciao Clair.. oh mamma scusa!» La vidi girarsi di spalle e sorridere per non so quale motivo. Mi alzai di scatto e mi coprii con il plaid che avevo sotto la testa, vidi mia mamma chiudere la porta scuotendo la testa, almeno lei capiva le mie stranezze. «Liz che ci fai quì?» Dissi con una nota molto visibile di nervosismo. «Non voltarti!» Mi vestii velocemente e mi sedetti sul letto, dicendole di girarsi. «Sei vestita?» Rise togliendosi piano le mani dagli occhi. Sorrideva, io no. Non volevo. «Claire sei sparita, stai bene?» No, forse ti amo. «Si Liz, ero solo influenzata!» Diventavo sempre più brava con le balle. «Ci credo se continui a stare nuda sul letto!» Ridacchiò, e non potei fare a meno che sorriderle, mi era mancata. «Non preoccuparti, sto bene.» «Mmh, la verifica di spagnolo è andata alla grande, sei una brava maestra, anche sexy.» Rise ancora. Si, sexy, certo. «Non esagerare, diciamo che sono un pinguino in reggiseno in mutandine.» Ridacchiai legandomi i capelli in una coda. «Facciamo nuda..» Rise ancora, e per qualche strano motivo pensai che nuda con lei ci potevo stare senza troppi problemi. «Ho una sorpresa per te!» Wow. «Wow, ovvero?» Sorrisi aspettando impaziente la sua risposta. «Stasera dormo quì, ho già parlato con tua mamma!» CHE DIAVOLO STA SUCCEDENDO? «Oh..oh,che bello!» Merda! Lei si limitò a scrollare le spalle e togliersi la gonna e le scarpe, restando con la camicetta e le mutandine infilandosi sotto il piumone. Il mio cuore prese a battere all'impazzata. C'erano i suoi vesiti per terra. E sapevo benissimo perchè il battito non era più capace di controllarsi. Presi dal cassetto una maglietta per me e una per lei, lanciandogliela addosso ridendo. «Non vorrei che la camicietta di gran classe si rompesse. Metti questa.» Giuro d'aver visto i suoi occhi brillare infilandosi la mia maglietta. E giuro di aver perso fiato vedendola sfilarsi la sua camicetta. Infilai la mia maglia e decisi di dormire in mutandine. Mi infilai sotto il piumone e ringraziai il cielo d'avere una piazza e mezza di letto, mi misi da una parte, sperando che lei rimanesse nella sua. Cosa che ovviamente non fece, era Lizzie, mica chiunque. «Ci sono sette gradi fuori e io sono in mutandine e in maglietta, devo riscaldarmi.» Sorrise dolcemente, un sorriso che a me non parve molto dolce. Strinse le sue braccia attorno a me ed io feci lo stesso, sfiorandole il sedere con le dita. «Sono contenta d'essere quì Claire. Claire.. mi piace il nome Claire. Penso che sia il nome più elegante che abbia mai sentito ma non ti rispecchia, tu sei impulsiva, passionale, diretta, allegra. Ti sta bene proprio per questo, sei piena di contrasti Claire, e il tuo nome è solo uno di questi.» Sorrise stringendo la presa attorno a me e in quel momento mi fu chiara solo una cosa: era Lei. Era lei e basta. Non c'era Jack e la provocazione fino a farmi baciare, non c'erano le bugie sui ragazzi dette al compagno di mio padre, c'era solo lei. Da due mesi c'era lei e avevo paura di ammetterlo a me stessa. Mi piaceva. Le voci erano fondate. Questa meraviglia dai capelli lunghi e castani e dai mille sorrisi mi aveva travolta come un onda enorme. Incontrollabile. Inaspettata, bellissima. Mi stavo innamorando di lei.. come una stupida di prima categoria. Presi ad accarezzarle i capelli e le spalle, guardandola. Sapevo benissimo ciò che volevo fare in quel momento. Scacciai quel pensiero, chiusi gli occhi ma dovevo sapere come sarebbe andata. Lei era arrivata prima di me. Aveva poggiato le sue labbra sulle mie. Per la prima volta in vita mia tremavo e non di freddo. Lei arrivava sempre prima. Lei era sempre un passo prima di me, era la piccola luce che stavo aspettando e ci avevo messo troppo per capirlo. L'onda anomala mi aveva fatta annegare. «Claire svegliati!» Sentii scuotermi leggermente, con la coda dell'occhio guardai l'ora, le quattro e mezza del mattino. Che diavolo ci faceva sveglia alle quattro e mezzo del mattino? «Claire sta nevicando!» Era felice. «Liz sono le quattro e mezzo..» Non riuscii a non sorriderle. «Si ma nevica! Ed è domenica, niente scuola, niente lezioni, niente compagni, e tua mamma non c'è me lo ha detto ieri.»  Sapeva più lei dei movimenti di mia mamma che io, adesso? «Fantastico. Buonanotte Liz.» Scossi la testa sorridendo e lei scivolò tra le coperte in silenzio. Capii cosa dovevo fare. Mi alzai e aprii la finestra, l'aria gelida percorse tutta la stanza facendola emergere da quella montagna di coperte, scattò in piedi sul letto per osservare la neve che scendeva e si posava sul piccolo balconcino della mia camera. «Non è bellissima?» Sussurrò felice. «Tanto..» E non mi riferivo alla neve. «Ora posso chiudere, starei congelando!» Sbottai non riuscendo a trattenere una risata. «Si, si. Ti sei guadagnata un abbraccio.» Sorrise coprendosi dinuovo e io scivolai tra le sue braccia, con il cuore che non voleva smettere di correre. Le sfiorai le labbra con le mie istintivamente. «Quindi lo hai ammesso a te stessa..»  Allontanai il viso dal suo. «..cosa esattamente Liz?»  Sorrise, semplicemente. «Quello che sei. O che sei diventata. Quello che provi. Lo so perchè sei sparita Claire, tu sei scappata, io ho solo accettato da subito che mi piacevi. Che mi ero innamorata di te.» Cos'è che dicevo prima? Ah si, lei è sempre un passo avanti a me. E si era innamorata di me. «Liz tu non..»  Non sei lesbica, non hai mai baciato una ragazza e non avrai di certo il consenso di tua mamma che si aspetta almeno dieci nipotini. «Lo so, non mi piacciono le ragazze. Nemmeno i ragazzi. Mi piaci tu. Tu sei Claire. Tu non hai una categoria.»  Il mio cuore aveva accettato un viaggio sola andata per marte. «Non so come gestirla questa storia..» Non avevo mai odiato il mio essere realistica come in quel momento. «Vivila e basta! Non è difficile!» «Solo se la viviamo insieme.» Le mie mani scivolarono sui suoi seni freddi, facendola sussultare. Un attimo dopo mi sfilò la maglia e la gettò sulla moquette rossa prima di sfilare la sua di maglia. Scivolai sotto le coperte, baciando ogni centimetro del suo corpo. Da lì in poi, fu solo un mischiarsi di respiri affannati e gemiti soffocati. Fu un mischiarsi di corpi e di anime. Un mischiarsi di un sentimento puro, senza grandi promesse o grandi aspettative accompagnate da una carezza, in nome della parola più ricorrente nelle ultime ore. Per la prima volta. AMORE. 
  
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