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Autore: Demolition    02/01/2013    3 recensioni
La mattina del primo gennaio è sempre traumatica. Sopratutto per Sebastian.
«Sembriamo dei sopravvissuti» osservò Thad, incrociando le braccia al petto e osservando l’aspirina tra le dita di Sebastian e le facce stanche e pallide degli altri.
«Siamo dei sopravvissuti» lo corresse Hunter, aggiustandosi gli occhiali da sole che lo facevano sembrare un boss mafioso «E a proposito, chiunque abbia provato a dare latte e vodka a Mr Pussy confessi ora, prima che lo scopra.»
«Potrei anche essere stato io, per quel che mi ricordo» ammise Sebastian, massaggiandosi le tempie che gli dolevano. «Qualcuno sa spiegarmi come sono arrivato a Tremont Ave, vero?»
Fu con orrore che osservò gli altri ragazzi scambiarsi delle occhiate dubbiose.
Genere: Commedia | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Hunter Clarington, Sebastian Smythe, Warblers/Usignoli
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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A Neva, che ha avuto l’ispirazione per questa OS proprio la notte di Capodanno.



Vieni con noi, dicevano.
Sarà divertente,dicevano.
 
Sebastian non osò aprire gli occhi e si massaggiò con forza le tempie. Sentiva la testa pesante girargli e le orecchie gli ronzavano dolorosamente. Lentamente, prese coscienza del suo corpo: era disteso contro qualcosa di duro e freddo e avvertiva un dolore lancinante alla schiena, ma aveva anche paura di scoprirne la causa.
Prendendo coraggio, aprì le palpebre e se ne pentì subito amaramente: una luce accecante lo investì e il dolore alla testa si fece più forte. Serrando nuovamente gli occhi, cercò di mettersi a sedere, massaggiandosi la schiena; tastando a tentoni quello che doveva essere un pavimento, scoprì che la causa del suo dolore era il tappo di una bottiglia sopra il quale era rimasto sdraiato fino a quel momento.
Sopra il ronzio delle sue orecchie, riuscì a sentire dei lamenti provenire da un punto imprecisato vicino a lui, così riprovò a dischiudere le palpebre.
Questa volta andò meglio e, dopo alcuni istanti particolarmente dolorosi, Sebastian riuscì ad osservare la stanza in cui si trovava.
Era spaziosa e luminosa: la luce che aveva colpito i suoi occhi proveniva da una grande finestra che occupava buona parte di una parete. Le costose tende che un tempo avrebbero dovuto decorarla, erano a terra, completamente distrutte.
Su una seconda parete c’era un elegante specchio, ridotto in frantumi da una bottiglia di vino che ora giaceva a terra, spaccata a metà.
Ma non fu quello scenario apocalittico a colpirlo, tanto quanto ciò che vide sul pavimento, a pochi passi da lui: un paio di ragazzi completamente nudi erano a terra, contorcendosi e lamentandosi rumorosamente per i postumi.
Sebastian osservò il suo corpo: era completamente vestito anche se aveva uno strappo sulla camicia e una macchia di vino sulla giacca.
«Dove cazzo mi trovo?» esclamò Sebastian, saltando in piedi e correndo via da quel luogo senza aspettare una risposta.
Purtroppo per lui non fece in tempo ad arrivare alla porta: nella sua corsa disperata scivolò su qualcosa di viscido e cadde a terra, imprecando. Con un brutto presentimento si voltò per vedere su cosa fosse scivolato. Vomito. Vomito sulle sue scarpe. Vomito.
«Bel capodanno di merda» imprecò, alzandosi e storcendo il naso.
Con un brusco movimentò si tolse entrambe le scarpe, facendo attenzione a non toccare quell’orrore con le dita; osservò a lungo i costosi mocassini in quella pozza infernale, sentendo il rimorso bloccargli lo stomaco. Alla fine, tuttavia, riprese la sua fuga con i calzini, facendo ben attenzione a non pestare la cena di qualcun altro.
Il resto della casa in cui si trovava (chi fosse il proprietario, proprio non lo sapeva) non era in condizioni migliori: i mobili erano stati spaccati, le tende lacerate, gli specchi frantumati. Ovunque c’erano bottiglie sparse per il pavimento macchiato, alcune addirittura ridotte a pezzi.
«Perché? Perché tutte a me?» si chiese, scavalcando con un salto un ragazzo che dormiva con la faccia contro il pavimento.
Non ci mise molto a trovare il portone e, quando se lo chiuse alle spalle, il suo umore non migliorò affatto: non conosceva affatto la strada che aveva davanti.
In preda alla disperazione fermò un passante, chiedendogli informazioni.
«Vai a casa, ragazzo, sei ubriaco» fu la risposta.
Sebastian fissò il cielo sopra di lui: doveva essere pomeriggio. Il pomeriggio del primo giorno dell’anno e lui era solo, con i vestiti macchiati e strappati, senza scarpe, senza un cellulare…
Oh, il cellulare.
Sebastian rovistò nelle tasche della giacca, finché lo trovo: intatto, meraviglioso come sempre, il suo iPhone era ancora lì. Compose velocemente il numero di Jeff, saltellando sul posto e pregando in una risposta. Il telefono suonò a lungo, prima che qualcuno si decidesse a rispondere.
«Jeff!» esclamò Sebastian, contento come non mai.
«Mh» rispose una voce profonda dall’altra parte. Non era Jeff, no.
«Jeff?» ripeté, in preda al panico, guardandosi intorno in cerca di un qualunque segno divino che lo aiutasse a tornare a casa.
«No, sono Nick» mugolò la voce e Sebastian udì il fruscio delle lenzuola.
«Bene, non voglio sapere perché mi hai risposto tu, voglio solo dirti che non so dove mi trovo e ho bisogno di aiuto» spiegò velocemente il ragazzo, ignorando lo sguardo scandalizzato di un’anziana signora che lo osservava dalla finestra di un palazzo.
«Sebastian, mi hai svegliato» si lamentò Nick.
«Ti prego!» esclamò l’altro, sentendosi prossimo ad una crisi di nervi.
Se fosse partito per la Francia con i suoi genitori, tutto quello non sarebbe successo. Se non avesse prestato ascolto alle suppliche di Trent, tutto quello non sarebbe mai successo. Se Thad non lo avesse corrotto, tutto quello non sarebbe successo.
Vieni con noi, avevano detto gli Usignoli.
Ti divertirai, avevano detto.
Un corno!
«Dove sei?» chiese la voce di Nick, con tono piatto.
«Dove sono?» chiese Sebastian alla signora della finestra, guardandola supplichevole.
«Tremont Ave» rispose quella, con disapprovazione. «Vai a casa, ragazzo, sei ubriaco.»
«Al diavolo!» esclamò Sebastian, cominciando a correre per la strada, con i piedi doloranti sotto i calzini leggeri.
«Tremont Ave» disse la voce di Nick e questa volta Sebastian udì quella di Jeff, in sottofondo, mormorare qualcosa.«Ti veniamo a prendere.»
 
Sebastian fissò a lungo i suoi piedi nudi, seduto finalmente sul suo soffice letto. I calzini ormai consunti giacevano poco più in là, abbandonati sul pavimento della sua camera, alla Dalton.
«Prendi questa» gli sussurrò Thad in un orecchio, porgendogli un’aspirina.
«Per il mal di testa» spiegò David, sedendosi sul letto di Sebastian con un sospiro.
Nick e Jeff fissavano Sebastian con espressione divertita, chiaramente visibile nei loro occhi stanchi e attorniati da profonde occhiaie.
Più in là, appoggiato alla finestra, Hunter li osservava da dietro le lenti scure degli occhiali da sole che aveva indosso. Quando Sebastian aveva chiesto il perché di quegli occhiali, Hunter non gli aveva neanche risposto.
«Sembriamo dei sopravvissuti» osservò Thad, incrociando le braccia al petto e osservando l’aspirina tra le dita di Sebastian e le facce stanche e pallide degli altri.
«Siamo dei sopravvissuti» lo corresse Hunter, aggiustandosi gli occhiali da sole che lo facevano sembrare un boss mafioso «E a proposito, chiunque abbia provato a dare latte e vodka a Mr Pussy confessi ora, prima che lo scopra.»
«Potrei anche essere stato io, per quel che mi ricordo» ammise Sebastian, massaggiandosi le tempie che gli dolevano. «Qualcuno sa spiegarmi come sono arrivato a Tremont Ave, vero?»
Fu con orrore che osservò gli altri ragazzi scambiarsi delle occhiate dubbiose. Hunter, addirittura, si tolse gli occhiali da sole per sollevare un sopracciglio. Così facendo rivelò un occhio nero.
«Nessuno si ricorda niente?!» esclamò Sebastian, sconvolto, battendosi una mano sulla testa.
Se ne pentì subito perché quel semplice tocco risvegliò in lui il dolore lancinante di poche ore prima.
«Sì, mi ricordo di quel che abbiamo fatto prima, ma non saprei dirti come sei finito nella casa di uno sconosciuto» rispose Nick, scrollando le spalle.
«Beh, almeno qualcuno mi può dire perché mi ronzano le orecchie?» sbottò Sebastian, alzandosi in piedi e cominciando a passeggiare su e giù per la stanza per reprimere l’impulso omicida che si faceva largo in lui.
«Seb» mormorò Thad, guardandolo con preoccupazione «è perché abbiamo festeggiato capodanno in discoteca.»
Sebastian guardò gli altri: lo fissavano tutti come se si trattasse di una cosa ovvia. Peccato che lui non ricordava di averci nemmeno messo piede, in discoteca.
«In discoteca» ripeté, incredulo.
«Ora ti racconto» disse Hunter, con un ghigno malefico che non prometteva nulla di buono.
 
31 dicembre 2012.
Ore 23.
«Sebastian, sei ubriaco, ti prego» esclamò Hunter, barcollando pericolosamente e aggrappandosi alla camicia di Sebastian che si lacerò con uno strappo.
«La mia camicia» ridacchiò Sebastian, giocherellando con la stoffa lacerata e scambiandosi delle gomitate complici con Hunter.
La musica alta rimbombava nelle loro orecchie, disorientandoli; non che ne avessero bisogno, visto che l’alcol aveva già fatto abbastanza.
Jeff e Nick ballavano a pochi metri da loro, anche loro ubriachi, agitando le braccia verso il soffitto e muovendole a tempo.
«A Mr Pussy sarebbe piaciuto tanto questo posto» mormorò Hunter, guardando sognante le luci colorate che illuminavano fiocamente la stanza. *
«Balliamo?» chiese Sebastian, saltellando sul posto come un bambino e rischiando di scivolare sul pavimento inspiegabilmente bagnato.
Qualcuno doveva aver versato una bevuta.
Speriamo, pensò Hunter, appellandosi all’ultimo briciolo di sobrietà che aveva. Lo sguardo gli cadde sui mocassini costosi che Sebastian aveva ai piedi: non poteva assolutamente rovinarli.
Hunter si aggrappò ancora una volta alla sua camicia e i due ragazzi cominciarono a muoversi a ritmo di quella musica martellante, stringendosi l’uno all’altro.
Hunter poteva sentire il fiato caldo di Sebastian sul suo collo. Oh, beh, il fiato e la sua lingua. La sua lingua sulla sua pelle.
«Seb?» lo chiamò incerto, muovendo le mani che gli formicolavano stranamente.
«Adesso passerò al mio sport preferito: smascherare l’omosessualità latente del primo che avvisto» annunciò allegramente, fiondandosi sulle labbra di Hunter.
Forse da sobrio il Capitano degli Usignoli avrebbe mollato uno schiaffo a Sebastian. Forse lo avrebbe allontanato, insultandolo pesantemente.
In vino veritas, si dice. E Hunter aveva bevuto tanto vino. Così strinse a sé il corpo magro dell’altro, baciando con foga le sue labbra e accarezzando ogni parte del suo corpo che le dita riuscivano a raggiungere. Le labbra di Sebastian erano calde e sapevano di alcol e quello che sembrava succo d’arancia; ma soprattutto erano avide, avide delle sue, avide della sua pelle.
Si separarono per un istante, guardandosi senza fiato: entrambi avevano un sorriso ebete e sorpreso. Senza indugio ripresero a baciarsi, ma questa volta le mani di Sebastian presero a vagare per il suo corpo, soffermandosi sulla curva del suo sedere; le sue labbra si incurvarono in un ghigno.
«Andiamo in bagno» mormorò Sebastian, afferrando il polso dell’altro e tirandolo via dalla pista.
Hunter non se lo fece ripetere e trotterellò con gli occhi lucidi in direzione della toilette.
Cinque passi più in là, Nick e Jeff li guardavano, completamente sconvolti.
Hunter udì un veloce scambio di battute prima di essere inghiottito nel buio del bagno.
«Io non avrò il coraggio di raccontargli questo, domani» mormorò Nick, alzando un sopracciglio.
«Bevi che ti passa» ribatté Jeff, schiantando un bicchiere di gin lemon e agitando i capelli biondi zuppi di sudore, al tempo di musica.
 
 
Sebastian fissò un punto indefinito davanti a sé, con gli occhi spalancati. Non ebbe neanche il coraggio di guardare Hunter che, dalla sua postazione accanto alla finestra, tossiva nervosamente.
«Non ci tengo a sapere cosa avete combinato in quel bagno» ridacchiò Jeff, scambiandosi occhiate complici con Nick.
«Ah, se è per questo neanche io» esclamò Sebastian, massaggiandosi le tempie e voltandosi finalmente verso Hunter.
«Devo proprio raccontarlo?» disse Hunter, alzando un sopracciglio.
«No, ti prego» mormorò Sebastian, con voce flebile e sbattendo più volte le palpebre senza credere alle sue orecchie. 
«Lascerò spazio alla tua immaginazione» ribatté Hunter, burbero, ignorando gli sguardi sconvolti degli altri Usignoli.
«Hai fatto un pompino a Sebastian?» chiese Thad, con gli occhi fuori dalle orbite e la bocca spalancata.
«Magari il contrario» suggerì Nick, con il tono piatto di chi sta parlando del tempo.
«Non me ne frega un accidente di chi ha fatto cosa a chi!» esclamò Sebastian. «E tu perché hai un occhio nero?» aggiunse poi, ricordandosi degli occhiali da sole di Hunter.
«Ah-ah, questa è una bella domanda» rispose lui, mordendosi un labbro. «Credo che riprenderò la storia da dopo… beh, il bagno.»
 
31 dicembre 2012.
Ore 23:30.
«Niente male Clarington» ghignò Sebastian, allacciandosi i pantaloni e osservando dall’alto al basso il ragazzo, ancora inginocchiato ai suoi piedi.
«Bene, ora andiamo a ballare?» chiese Hunter, con una risatina, rotolandosi a terra con profondo orrore del francese.
«E’ tutto sporco per terra, alzati!» esclamò, ridacchiando, ma Hunter lo afferrò per i vestiti e lo trascinò giù con sé.
Continuarono a baciarsi con foga, intrecciando le loro dita nei capelli dell’altro e passando le loro lingue ovunque ci fosse un po’ di pelle nuda.
«Amo i tuoi nei» ammise Sebastian, sfiorando con le labbra il neo che Hunter aveva sulla guancia.
«Oh» mormorò Hunter, imbarazzato, avvertendo un formicolio sul fondoschiena, dove le mani di Sebastian lo stavano accarezzando delicatamente.
Con un po’ di difficoltà consultò l’elegante orologio che portava al polso, impiegando alcuni minuti per decifrare l’ora indicata dalle lancette sottili.
«Manca mezz’ora al nuovo anno» mormorò Hunter, baciando le tempie di Sebastian.
«Andiamo» convenne questo, alzandosi in piedi faticosamente e aiutando l’altro a fare altrettanto.
Tornarono lentamente in pista, agitando la testa a tempo di musica e ballando vorticosamente, tenendosi per mano. In quel momento spuntò Thad con un paio di drink e il sorriso beato di chi non sa cosa sia la sanità mentale. Hunter afferrò entrambi i bicchieri e ne porse uno a Sebastian, con un sorrisino malizioso.
«Cin cin» urlò Sebastian, sollevando la sua bevuta e spargendone un po’ sul pavimento. Nessuno ci fece caso, come quasi nessuno fece caso alle mani di Hunter premute contro il suo sedere.
«Hey, finocchi!» li appellò un ragazzo alto e ben piazzato, lanciando un bicchiere di vino contro Sebastian e macchiandogli i vestiti.
«Finocchi a chi?» urlò Hunter, scagliandosi contro il tizio e mollandogli un pugno sulla bocca. In un groviglio di corpi caddero entrambi a terra e, appellandosi al poco equilibrio rimasto, Sebastian fece un salto per evitare un colpo.
«Clarington, no!» urlò David, sbucando da chissà dove per cercare di separare i due.
Un tonfo e un urlo del povero Hunter rivelarono che lo sconosciuto doveva averlo colpito per bene.
 
«A questo punto sono svenuto» ammise Hunter compiaciuto, togliendosi gli occhiali da sole e rivelando il suo occhio nero. «Quando mi sono svegliato ero in ospedale con David e Thad ad assistermi come due fate madrine ansiose.»
«Speravamo fossi morto, così saremmo potuti diventare Capitani» ribatté David, guardandolo in cagnesco.
«Non proprio morto» lo corresse Thad con tono pratico «In coma sarebbe andato benissimo.»
«Che suocere!» esclamò Jeff, ridacchiando.
«Ah, mio caro Zac Efron dei poveri, tu e Nick dov’eravate mentre io ero in una barella dell’ospedale?» esclamò Hunter, indicando Jeff con rabbia.
«A cercare Sebastian, purtroppo» ribatté Nick al posto del biondo, guardando il francese in cagnesco come se fosse lui la causa di tutti i suoi mali.
«E io dov’ero?» chiese Sebastian, piuttosto confuso e ancora incapace di credere al racconto di Hunter. C’era riuscito, dopo tutte quelle settimane: si era fatto fare un pompino da Hunter. E neanche se lo ricordava. Poco male, se era riuscito a convincerlo una volta, avrebbe potuto farlo una seconda.
«Era ciò che ci chiedevamo noi due» ribatterono Nick e Jeff all’unisono, facendo ridere sonoramente Thad.
«Eri sparito!» esclamò Nick.
«Volatilizzato!» convenne Jeff.
«Ero…» mormorò Sebastian, chiudendo gli occhi e cercando di ricordare. Ricordava la discoteca, dopo aver sentito quei racconti; ricordava le luci colorate, l’odore dell’alcol, la musica martellante. Non ricordava assolutamente di aver mai baciato Hunter, quello no.
Tuttavia c’era qualcosa che lo infastidiva, un ricordo remoto nel fondo del suo cervello, nelle profondità del suo cranio, qualcosa che non riusciva ad affiorare, un retrogusto dolce, un odore particolare…
Odore di ciliegia. Perché, perché odore di ciliegia?
«Ho mangiato delle ciliegie?» chiese stupidamente, guardandosi intorno.
«Eh?» chiese Thad, cominciandosi a chiedere se Sebastian non fosse diventato pazzo.
«Ho io la soluzione, dammi qua» disse Jeff, afferrando un libro dalla scrivania di Sebastian e lanciandogliela sulla testa.
Con un urlo lancinante il ragazzo si portò le mani sul viso, piegandosi in avanti e crollando a terra.
«Sei matto?» urlò David, afferrando Sebastian per la giacca e cercando di riportarlo a sedere sul letto.
«Nei film funziona» ribatté Jeff, raccogliendo il libro con un cipiglio offeso.
«E’ vero, quando qualcuno perde la memoria, poi la riacquista sempre con un colpo in testa» osservò Nick, con un sorriso soddisfatto, osservando Sebastian come se si aspettasse di vederlo ricordare tutto.
«Vi uccido!» urlò invece il francese, massaggiandosi il capo. «Lucidalabbra alla ciliegia!» urlò poi, facendo spaventare tutti.
«Gli ha fatto male il libro in testa» bisbigliò Thad a David, che annuì preoccupato.
«No, davvero, io ieri ho quasi fatto sesso con una donna.»
Jeff si strozzò letteralmente con la sua stessa saliva e, annaspando, cominciò a tossire violentemente, rosso in viso.
«Cosa diamine stai blaterando?» balbettò, quando si riprese.
«Non sei neanche lontanamente credibile» commentò Hunter senza entusiasmo, scrollando le spalle.
 
 
 
31 dicembre 2012.
Ore 23:58.
«E’ quasi mezzanotte, cazzo!» urlò Sebastian a nessuno in particolare, correndo come un pazzo per tutta la discoteca con una bottiglia di spumante in mano.
Dove l’avesse presa, non lo sapeva neanche lui ma c’erano tante cose che non sapeva quella notte. Ad esempio: cosa aveva fatto fino a quel momento?
Scivolò su un pezzo di ghiaccio che doveva essere caduto da un drink e cadde a terra, sbattendo dolorosamente contro una porta chiusa. La bottiglia rotolò miracolosamente per due metri senza rompersi. Alzò gli occhi e si accorse di essere davanti al bagno, ma la targhetta sulla porta diceva “Staff”.
Da qualche parte dietro di lui un boato di grida entusiaste e di bottiglie stappate gli suggerirono che il nuovo anno era iniziato.
A quel punto la sua intenzione era di raccogliere la bottiglia, stapparla e berla in completa solitudine, ma non fece mai nulla di tutto ciò.
Sebastian non aveva ancora fatto i conti con l’elemento base della discoteca: le ragazze arrapate.
Non seppe come, non seppe perché, ma una mano smaltata di rosso lo agguantò e due secondi dopo si ritrovò ancora a terra, ma appoggiato contro la porta del bagno, con una ragazza a cavalcioni su di lui e le sue tette piantate in una mano. Come, non lo sapeva neanche lui.
«Sono morbide» sbiascicò Sebastian, tastandole con curiosità. «Fanno un po’ impressione» aggiunse, quando la ragazza lo guardò sorpresa.
Era quel che si poteva definire una ragazza carina: aveva lunghi capelli castani e occhi chiari (o almeno Sebastian credeva di aver visto così).
«Vada per le nuove esperienze» mormorò Sebastian più a sé stesso che a lei, prima di baciarla. Era come baciare un ragazzo, solo con qualcosa di troppo premuto contro il petto; quelle dannate tette gli impedivano i movimenti rendendolo goffo e impacciato.
Provò a riprenderle in mano e tentò di spostarle un po’, per stare più comodo, ma quei due airbag lo facevano sentire veramente a disagio.
«Andiamo» sussurrò la ragazza, staccandosi dal bacio e guardandolo maliziosamente negli occhi.
Sebastian si leccò le labbra, fuori di sé: sapevano di… lucidalabbra alla ciliegia. Hunter non avrebbe mai messo il lucidalabbra alla ciliegia.
Un minuto dopo si ritrovò nel bagno, spinto contro la parete, con quella ragazza avvinghiata a lui che gli sfilava la cinta dei pantaloni. Sebastian socchiuse gli occhi quando lei cominciò a toccarlo sotto i boxer ma fu costretto a riaprirli due minuti dopo, quando la sconosciuta si allontanò all’improvviso da lui.
«Che c’è?» chiese Sebastian, guardandola confuso. Lei era di fronte a lui, con le mani sui fianchi e un sopracciglio alzato; le sue labbra erano curvate in un sorriso eccitato.
«Scopiamo» propose con nonchalance, tornando a baciarlo; con sommo orrore del povero Sebastian, afferrò le sue mani e gliele portò sulla gonna stretta, invitandolo chiaramente a toglierla. Senza fiato il ragazzo la assecondò, osservando l’indumento scivolarle giù per le gambe e posarsi sul pavimento. Con un piccolo salto la ragazza la sfilò definitivamente e tornò su Sebastian: ora le mani dell’Usignolo vagavano sul suo sedere rotondo, sulle sue cosce
magre, sulla sua pelle profumata.
«Non è poi così tanto male, se non si considerano le tette» pensò Sebastian, continuando a baciarla. Inutile dire che cambiò idea circa due secondi dopo, quando la sconosciuta si sfilò le mutande con un sorriso soddisfatto.
Il ragazzo boccheggiò, guardandola in trance con un misto di orrore e paura sul volto.
«Tutto, ma non la figa, scusa tanto eh» strillò, prima di fiondarsi fuori dal bagno come se avesse il Diavolo alle calcagna.
 
«Non ci voglio credere» commentò Hunter, che aveva ascoltato tutta la storia con le braccia incrociate e un cipiglio incredulo sotto gli occhiali scuri.
«Le tette» ripeté Jeff, per l’ennesima volta da quando Sebastian aveva cominciato a descrivere la ragazza «Le tette, gli hai toccato le tette.»
«Purtroppo» confermò Sebastian, alzandosi in piedi e massaggiandosi la testa.
Ne aveva fin sopra i capelli di feste, alcol, discoteche e incontri casuali e le espressioni esterrefatte degli Usignoli non miglioravano affatto il suo umore.
«Ho un’ultima domanda» lo interruppe Thad, grattandosi il mento. «Come sei finito in quella casa con quei ragazzi nudi?»
Sebastian ci pensò per un po’, mordendosi un labbro.
«Non lo so» ammise infine, alzando le spalle e sciogliendosi in un sorrisino «ma finché non scoprirò di avere un tatuaggio sulle chiappe con scritto “Prego, il prossimo” sono a posto.»
 
 
 
 
 
 
*Non potevo non omaggiare la pagina che più amo:
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