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Autore: Black Fire    02/01/2013    2 recensioni
 
Era il primo gennaio 2345 quando un gruppo di scienziati sadici e spietati decisero di fare il reclutamento dei cyborg. Il reclutamento consisteva nel sperimentare nuove medicine per malattie genetiche che spesso portavano alla morte. I cyborg non potevano essere considerati ‘uomini’ perchè a causa di guerre e malattie era stato sostituito loro alcune parti del loro corpo, ma erano, ormai, ospiti del nuovo mondo tecnologico e agli umani non piacevano molto erano considerati esseri inutili. 
Genere: Drammatico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Il reclutamento dei cyborg
 

Era il primo gennaio 2345 quando un gruppo di scienziati sadici e spietati decisero di fare il reclutamento dei cyborg. Il reclutamento consisteva nel sperimentare nuove medicine per malattie genetiche che spesso portavano alla morte. I cyborg non potevano essere considerati ‘uomini’ perchè a causa di guerre e malattie era stato sostituito loro alcune parti del loro corpo, ma erano, ormai, ospiti del nuovo mondo tecnologico e agli umani non piacevano molto erano considerati esseri inutili.
Non si sapeva  qual’era il motivo che avesse spinto questi scienziati a compiere un simile reato, sta di fatto che gli unici che non riuscivano a distinguere i cyborg dalle persone normali erano i bambini.
Hana era un bambina che abitava a Tokyo, una bambina normale, di buona famiglia.
Non si sa, e non si saprà mai come incontrò per la prima volta Jun, un piccolo cyborg, che si rifugiava tra i vari vicoli ciechi della città, sempre seguito dal suo androide, ormai vecchio e rovinato.
Hana era scappata di casa, l’aveva visto fare tante volte nei film e così aveva preso esempio, come un fratello minore prende esempio da quello maggiore.
Jun, invece, aveva perso i genitori quando era ancora piccolo in un incidente. Se non fosse stato per un medico, forse, non ce l’avrebbe fatta.
Si incontrarono per la prima volta in un vicolo cieco, dove era solito stare il piccolo cyborg.
- Chi sei?- aveva chiesto.
La bambina timidamente si era presentata educatamente, come i suoi genitori le avevano insegnato.
- Vieni- le aveva detto Jun, dopo aver ascoltato la sua lunga storia- Questa è la mia casa.
Passati otto anni dal loro primo incontro i ragazzi erano diventati buoni amici.
Hana non era mai più tornata a casa, si trovata troppo bene insieme al ragazzo.
Era sdraiata sul suo letto, fatto di scatole e qualche lenzuolo trovato qua e là, a guardare il cielo azzurro e libero da ogni nuvola.
- Hana!- la voce di Jun la risvegliò dai suoi pensieri- leggi il quotidiano
- Dove l’hai trovato?- chiese dubbiosa.
- Non ha importanza: leggi- disse agitato il ragazzo, era evidente che la notizia doveva averlo turbato un bel po’.
Sulla pagina iniziale, una scritta in grassetto, colpì maggiormente la ragazza che saltò in piedi per lo spavento guardando il suo amico.
Jun le prese il quotidiano dalle mani-Che faccio?- chiese mentre lo ripiegava ordinatamente.
- Non lo so, penso dovremmo... scappare.
- Dovremmo? No, io dovrei. Tu non sei un cyborg, io si. Sono io quello che se ne deve andare- disse tristemente.
- Reclutamento cyborg- sussurrò la ragazza.- Hai solo quattordici anni, non possono reclutare un cyborg così giovane, Jun!
- Non se li usano per sperimentare nuove cure .
- Non ti troveranno. E’ una promessa- disse la ragazza, abbracciandolo dolcemente.
Jun sorrise- lo sai che ai familiari dei cyborg che si offrono per il reclutamento danno dei soldi?- disse vagamente.
Hana alzò un sopraciglio- E allora?
- Tu ne avresti bisogno- lei lo guardò come se avesse detto che il cielo è verde.
- Sei tu che ne avresti bisogno! Io potrei, anche se non è nelle mie intenzioni, tornare a casa. E poi non siamo nemmeno parenti. Siamo solo... buoni amici, no?
Il ragazzo annuì.
Si era sempre chiesto che cosa provasse lei nei suoi confronti. Non era mai riuscito a capirlo. Non era mai riuscito a capire che cosa spingesse quella ragazza a rimanere con lui, noia esistenziale? Qualsiasi fosse  il motivo, Jun, non lo avrebbe mai scoperto.
- Pronto a partire?- chiese Hana.
- Adesso? Così... su due piedi? Attendiamo almeno domani, non li cercheranno oggi- disse sorridendo.
La giornata trascorse velocemente. Hana se ne era stata tutto il tempo rannicchiata in un angolo di quello che lei considerava letto.
Si chiedeva come avevano fatto, per tutto quel tempo, a mangiare e a comprarsi dei vestiti.
I tantissimi soldi che si era portata da casa, quando era scappata, li aveva usati tutti subito.
Il giorno dopo si svegliò a causa delle urla frustranti di qualcuno. Pensò ai primi deportati per il reclutamento e i suoi pensieri vennero confermati da Jun, già sveglio, che l’attendeva dietro ad un bidone della spazzatura.
Hana maledisse quelli stupidi scienziati. Sarebbe andata così? Non lo poteva permettere.
Decise che, per almeno quel giorno, sarebbe andata lei a prendere del cibo.
Riuscì a trovare qualcosa in quelle bancarelle del mercato.
Tornò nella sua ‘cuccia’ chiamata così perchè non poteva considerarla una casa vera e propria, ma Jun non c’era, al suo posto una lettera.
Appoggiò delicatamente il sacchetto che era riuscita a procurarsi su uno scatolone, si sedette e lesse la lettera.
Era la sua scrittura, però non c’era la firma. Era composta di una sola parola, molto significativa.
Hana capì. E corse nella direzione del distretto di reclutamento il più velocemente che poteva.
Le persone che camminavano tra le strade le sembravano d’intralcio, come se non volessero lasciarla passare.
Inciampò più volte con le sue misere scarpe, ma  era quella la sua vita, quella che aveva scelto e che non non avrebbe voluto senza Jun.
Entrò e vide delle persone che trascinavano il suo amico dentro una stanza.
Urlò il suo nome e il ragazzo si girò.
- Hana, vattene- continuava a ripetere il ragazzo ma lei non lo stava nemmeno a sentire occupata com’era a liberarsi dalle forti braccia degli uomini della sicurezza.
Fu allora che lo vide, era come l’ultima volta che lo aveva visto.
- Papà- sussurrò- Che ci fai qui?
Lui la guardò sorpreso- portate il ragazzo dentro- disse freddamente. Hana comprese il vero significato di quelle parole solo alcuni istanti più tardi quando Jun ormai era già entrato nella stanza.
- Assassino!- urlò cercando di liberarsi tra le possenti braccia che la tenevano.
Lacrime salate le scendevano dagli occhi color cioccolato e la sua voce era roca dal troppo urlare il suo nome che copriva le strazianti urla del ragazzo.
Continuava a urlare, a implorare che lo riportassero indietro, che non gli facessero del male ma sapeva che urlando non avrebbe risolto nulla.
Urlò per l’ultima volta il nome del suo amico.
Poi si arrese agli uomini della sicurezza ed uscì dal distretto. Si asciugò velocemente le lacrime che continuavano a scenderle dagli occhi e solo in quel momento, tra i singhiozzi disse a Jun di amarlo, in quel triste momento capì che a qualsiasi costo e in qualsiasi momento avrebbe lottato affinchè ogni singolo individuo avesse l’opportunità di sentirsi  amato, perchè nessun mondo tecnologico o meno può esistere senza amore.
 
  
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