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Autore: Ruta    03/01/2013    1 recensioni
Capelli di rame, occhi d'oro e risata d'argento: lei gli appare così nei momenti più disparati. Compare tra le ombre e le luci abbassate della sala di comando, alta e sottile. L’ultimo raggio di luce rubato a un sole al suo crepuscolo.
Sciocche illusioni di un vecchio, pensa tra sé, ma ci si aggrappa ugualmente.
[Ambientata dopo la 7x05; lievi accenni spoiler alla 7x06]
Genere: Generale, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Amy Pond, Doctor - 11
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Prompt: Orfano - Capelli di rame, occhi d'oro e risata d'argento
Autore:  Ruta
Wordcount: 2434 circa
Rating: verde
Avvertimenti: Oneshot; Spoiler (Ambientata dopo la 7x05 e prima della 7x06; vaghi accenni a Clara)

 

 

 

 

 

Capelli di rame, occhi d'oro e risata d'argento: lei gli appare così nei momenti più disparati. Compare tra le ombre e le luci abbassate della sala di comando, alta e sottile. L’ultimo raggio di luce rubato a un sole al suo crepuscolo.
Mentre indossa gli occhiali da vista, il Dottore sa già che sentirà la sua risata divertita – vera o falsa che sia, nell’illusione che lui conosce bene -, pronta a prenderlo in giro, a richiamarlo all’attenti, a distoglierlo con violenza dal libro che tenta – o finge - di leggere.
In quella sala grande, vuota e fredda come non accadeva che fosse da tanto, tanto e tanto tempo fa, lei è simile a un fantasma o piuttosto a un ricordo isolato, forse un’impronta o il bozzolo di un attimo cristallizzato che si è lasciata dietro, un’interfaccia cresciuta che è vivida e pulsante di vita al modo in cui una creatura artificiale non potrebbe mai essere.
Sciocche illusioni di un vecchio, pensa tra sé, ma ci si aggrappa ugualmente.

 

 

 

 

 

 

 

 

Illusioni di un vecchio

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Nella penombra bluastra del Tardis, i suoi capelli assumevano sfumature da notte. Notte di un solstizio d’inverno, senza luna né stelle a far sognare raccontando storie. Favole d’altri tempi.
Il Dottore avrebbe voluto chiudere gli occhi e dimenticare, ma farlo era difficile; di più, impossibile.
Se contrastare i ricordi era impraticabile, opporsi all’impulso di vederla lo era anche di più. Accennò un saluto e la guardò sorridere, pallida imitazione velata, mentre si avvicinava. Il modo in cui camminava, puntellandosi come per allungarsi ad osservare meglio quanto le stava di fronte, nel principio di una corsa, piegandosi leggermente in avanti poi, ballerina mancata, ma poco aggraziata, gli asserragliò i cuori. Distolse con forza lo sguardo, lo strizzò un po’ dietro le lenti, quasi fosse annebbiato per la stanchezza.
Sforzandosi, poteva immaginare che fosse mattina. La mattina di uno dei tanti viaggi. Che lei si fosse svegliata da poco e che il suo primo pensiero, non appena aveva aperto gli occhi, fosse stato di andare da lui. Un’altra avventura da richiedere a gran voce. Riavvolgere il nastro e cominciare tutto ancora una volta per riviverlo daccapo, senza averne mai abbastanza.
- Rory ti saluta. Gli manchi, sai? – Con un salto Amy si collocò sulla consolle, intanto seguitava a osservarlo e sorridere. Non cessava un istante di farlo.
Il Dottore si aggiustò gli occhiali che gli erano caduti sul naso. - Non credo. –
La sentì accennare una risata. Genuina, calorosa. Ai margini del suo campo visivo, le gambe di lei si muovevano su e giù, senza riuscire a star ferme. - Vero. È troppo felice di avere me per sentire la mancanza del genero, specie se così scorbutico. -
- Immagino, -  replicò, sostenuto. Voltò una pagina. Dickens sapeva come farlo sentire meglio. I suoi libri avevano la pregevole peculiarità di avere protagonisti le cui vite sembravano miniature delle proprie. Solo che loro, al suo confronto, ottenevano il lieto fine.
- È preoccupato però. Io gli dico di non farlo, che non ce n’è bisogno. Non mi ascolta. È seccante. – Amy sbuffò e al di sopra del frontespizio, lui si ritrovò a lanciarle un’occhiata cauta che in altri tempi sarebbe stata accesa dal divertimento, ma ora risultava unicamente stanca. - Che non ti ascolti o che sia preoccupato? – domandò in tono di educato interesse.
Per qualche istante lei lo fissò senza dire nulla. Infine scrollò la testa e le spalle in un solo movimento stizzito. – Entrambe. -
- Non assomigli per niente al mio uomo stropicciato, - aggiunse quasi subito. Il broncio, il broncio di quando in passato le aveva negato qualcosa – quasi mai, mai troppo a lungo –, ora lo percepiva con violenza nell’aria, gli occhi scuri ed esigenti a trafiggerlo, come aghi di ghiaccio appuntati alla nuca. 
A quel punto il Dottore non poté più fingere noncuranza. Non quando lei sembrava fermamente decisa a non permetterglielo. Sospirò e chiuse il libro con uno scatto nervoso, dopo aver letto soltanto qualche paragrafo.  
- Cerco di tenere insieme i pezzi, - pronunciò a mo’ di premessa.  
- In effetti lo sei abbastanza. A pezzi, intendo. Ti manca solo una bottiglia a cui attaccarti e poi il quadro è completo. -
- Non accetto prediche, Amelia, - ribatté il Dottore piuttosto bruscamente. - Non da te. –
Amy si slanciò fino a balzare giù dalla postazione di controllo. Si posizionò davanti a lui, a braccia incrociate, col cipiglio che il Dottore tanto bene – dolorosamente bene – conosceva.
- Perché? – chiese in un’inflessione di sfida e – registrò lui – di durezza. - Perché ti ho abbandonato? Perché ho preferito la vita reale? Sapevi che sarebbe successo prima o poi. -
- Sì, sì. – Il Dottore si passò una mano sulla fronte, a spianare rughe che anche volendo non avrebbe potuto scacciare, non così, non in quel modo. Come i fantasmi o i rimpianti. O entrambi. - Io so sempre quello che succederà grossomodo, posso prevederlo, ma gli effetti, quello che viene dopo al dopo… È troppo anche per me. -
- Sei un dottore, non un indovino. -
Amy sorrise con intenzione e d’impulso il Dottore rispose a quel suo, prima di ricordarsi che non avrebbe dovuto. Non c’era niente per cui sorridere.
Nel registrare il cambiamento di atmosfera, Amy si accigliò. - Sembra interessante, sai, - considerò casualmente, fissandosi in modo critico le unghie smaltate di blu. - Quella ragazza, Claraqualcosa. –
Veloce, l’immagine-lampo di una ragazza dai capelli bruni vestita di rosso attraversò la mente del Dottore, per disperdersi subito dopo in barbagli di altri ricordi meno piacevoli e abbaglianti.
Si tirò dritto contro lo schienale della sedia girevole e si slacciò il nodo della cravatta che lo strangolava. Fece tutta queste serie di manovre senza guardare una sola volta dalla sua parte, neanche di straforo o con la più piccola sbirciatina. - Non è te, - si limitò a dire quindi con semplicità.
- Ovvio che no. – Amy non sorrise, ma i suoi occhi avevano una luce così spiccata che avrebbero abbagliato anche un cieco o convinto un ottuso. - Comunque non saresti dovuto scappare a quel modo, - lo riprese.
- Io non sono scappato, - reagì lui all’istante, toccato dall’accusa implicita.
- Sì invece. È quello che fai sempre. Lo hai fatto anche con me, ricordi? -
Il Dottore mosse la testa, come ad allontanare la curiosa sensazione di malessere procurata da quelle parole.
- Era diverso. La situazione, le persone implicate e tutto il resto. -
- Tu. – Amy si curvò su di lui e gli puntò l’indice contro il petto. - Tu eri diverso. Ci credevi ancora allora. -
- Credevo in cosa? -
- Nelle possibilità. Nel dare un’occasione a tutti. -
- Non a tutti. –
La trafisse con un’occhiata a cui lei non si ritrasse. - Ma ad alcuni almeno, - proseguì con voce diversa, incrinata, senza tuttavia distogliere lo sguardo dal suo. - Ora non c’è nessuno. –
Il vuoto attorno a loro, il silenzio, a un tratto parvero insostenibili. Immerso nelle stelle, ma senza vagare, ad un passo da loro senza avere il coraggio di fare quello successivo. Congelato.
Il Dottore si tolse gli occhiali e li chiuse con cura, posandoli nel taschino interno della giacca. - È così che succede. Prima ci siete e poi scomparite. Sai come la chiamo questa? –
- No, ma scommetto che me lo dirai lo stesso. –
- Ingratitudine. -
Amy inspirò e lui pensò che insieme al fiato lei avesse espulso anche ogni minima parvenza di pazienza.
- Ho scelto Rory. Tra la mia famiglia e mio marito ho scelto lui. Puoi farmene davvero una colpa? -
- No, ma non aspettarti niente. Non chiedermi niente. Non più. -
- Fatti dare un consiglio da chi è più vecchio di te, allora. -
Il Dottore roteò gli occhi e sbuffò, ma questa volta suonò sospettosamente simile a una risata. - Per la millesima volta, Amelia, tu non sei più vecchia di me. -
- Ehi! Duemila anni in una scatola. Dovranno pur valere, no? -
- Non sono gli anni a contare. Sono le esperienze, relazioni, acquisizioni di nozioni e il mucchio di roba annesso, che invecchiano. Vivere la vita. Non stare chiusa in una scatola a…  - agitò le mani a mezz’aria, - sognare. -
Amy arcuò le sopracciglia, ironica. – E non è un po’ quello che stai facendo tu? -

Ahah. Punto per te, Amelia. Il Dottore fece una smorfia. – Eri ferita, - obiettò.
- Anche tu. -
- Non allo stesso modo. -
- Ogni ferita è diversa dalle altre, geniaccio. Non serve a renderle meno gravi, ti pare? -
- Amelia, - la chiamò, disperato. Congiunse le mani davanti al volto, i gomiti piantati sulle ginocchia.  - Tu non capisci. Non è rimasto nulla. -
- Ci sei tu e c’è il Tardis, - replicò lei, ostinatamente. - Credevo fosse sufficiente, che ti bastasse. -
- Lo pensavo anch’io. Un tempo. Nel frattempo sono successe… cose. Ho cambiato idea. Perché è così che capita. Succede qualcosa e quel qualcosa muta anche te, dentro e fuori. Succede che a un tratto sei tu ad essere diverso, non il resto. È il passo consecutivo. - Il Dottore chiuse gli occhi, ma sentendola avvicinarsi li riaprì in tempo per venire afferrato per il bavero.
- Ho aspettato dodici anni prima che tu arrivassi, – bisbigliò Amy accorata, il volto ad un palmo dal suo.
- All’epoca pensavo che ne fosse valsa la pena, ma adesso… - scosse la testa e lasciò la presa di scatto, come se il contatto l’avesse scottata. Il Dottore si alzò. Torreggiava su di lei come ricordava di non aver mai fatto. Cupo e minaccioso vecchio. Malato di solitudine e pazzo. Scoppiò in una risata colma d’amarezza, dal sapore e dal suono aciduli. - Dodici anni! – esclamò, pregno di biasimo. Spalancò le braccia per l’indignazione e la collera. - Dodici anni! Tu hai aspettato dodici anni, ma io? Cosa vuoi saperne tu della mia attesa? Come puoi? Io aspetto sempre, ogni volta! Aspetto che quella porta si apra senza che sia io ad aprirla, che qualcuno entri! Aspetto, non faccio altro! E quando ve ne andate, ogni volta, ogni singola volta, devo aspettare ancora, sperando che torniate! Ma non lo fate mai! Non tornate mai! -
Con un ultimo suono strozzato ripiombò a sedere. Il ‘mai’ riecheggiò in un’eco spettrale e lugubre nello spazio circostante. Amy non si mosse. Sembrava una statua di cera, una bambola, un dipinto. - Sai che non dipende da noi, - la sentì dire, infine, a fatica. Lui le diede le spalle, aggrottando la fronte. - Certo che no. Siete umani. Stupide creature troppo meravigliose e fragili per resistere a lungo. Io non lo sono. Vorrei, ma non posso. In fondo non so neppure se lo voglio. Di sicuro non più. -
Amy si spostò per portarsi al suo fianco. Sembrava pronta a scrollarlo una seconda volta se necessario. Le dita che gli posò sulla spalla però erano leggere come piuma, come un pensiero. Una speranza o una carezza.
- Quindi finisce così? Qui? Chiudi la porta, getti la chiave e via? Al diavolo tutto? -
- Finisce l’attesa. – Il Dottore si voltò a guardarla mestamente. Gli occhi di lei erano grandi, maturi e saggi,  specchi in cui riflettere i suoi altrettanto vecchi. Cosa era rimasto della bambina di un tempo che si era conservato nell’adulta? Il balenio di un sorriso sbarazzino, l’ammiccare monello e vivace nello sguardo, un’irrequietezza che si era spenta poco a poco e mano a mano che in lui, di pari passo, pareva invece crescere e aumentare. Anche nel caso di lei la loro strada in comune aveva avuto direzioni opposte, sin dall’inizio. 
- Sai cosa poteva renderla meno noiosa? Correre. Torna a correre, Dottore. Vivi le tue avventure, torna a solcare i cieli, diventa il sogno di ogni bambino. -
Il Dottore serrò le labbra, poi le arcuò in alto, indeciso, quasi con delicatezza. Come se non ricordasse quali meccanismi mettere in moto senza farsi male. - Come lo sono stato per te, mia piccola Wendy? – domandò con dolcezza. Allungò una mano verso il volto di lei, bianco e traslucido, ma non ebbe il coraggio di sfiorarlo e la fece ricadere contro il fianco. Il dolore tornava intenso, violento. E il suo aguzzino, tormento e delizia assieme, sfumava inconsistente nelle luci vacue del quadro di comando, allo squillo del telefono.
- Una sola volta. -
- Cosa? –
Si apprestò a sollevare la cornetta, pur non avendone il proposito. Riflesso incondizionato, vecchie abitudini. 
- Una sola volta mi piacerebbe che tu mi chiamassi Amy o Pond. Non lo fai più da tanto. -
Il Dottore sospirò, piegò le labbra in un sorriso spiegazzato, da rispolverare perché dimenticato. - Tu non ci sei da tanto, - rimarcò, ma senza traccia di rimprovero, solo con un tono di sconfitta, di chi accetta una realtà, ma senza farlo davvero in animo suo.   
Pronta, la risposta di lei e il sorriso nelle sue parole. - Ora sono qui. - Tre parole deliziose a sentirsi e un sorriso adorabile a vedersi, immaginarsi. Magnifica, gloriosa Pond.
- E per quanto? -
Il profumo di lei lo raggiunse come un abbraccio, avvolgendolo, qualcosa di caldo ed energico gli colò fin dentro. E il bacio lieve che sentì – immaginò – sulla guancia, la stessa da cui un tempo, una Vigilia di Natale lontana e perduta, si era strofinato via con sorpresa una lacrima capitata lì per caso… il bacio lo spezzò e lo fece vibrare come una corda di violino. La bugia di una bugia creata da un bugiardo. Ma mai più bella. Mai più vera. Vorrei che fosse vero, Amelia. Che tu lo fossi.
- Lo sai. – Ancora il sorriso nella sua voce e tracce di pianto nei suoi occhi. - Per tutto il tempo che vorrai. –

 

 

 

 
Il Dottore odia che gli si menta. Specie se è il primo a farlo. Anche se è tutto ciò che ha.
A volte però, nel vuoto asettico del suo Tardis, i ricordi si affacciano sotto forma di fantasmi tornati per disapprovarlo. Non si dimentica ciò che non si vuole dimenticare. E ciò che si vorrebbe scordare… per quanto si provi, anche quello il più delle volte rimane. Resta impresso dentro, simile a un capriccio o a una ripicca, volubile e stravagante quanto solo i sentimenti inespressi sanno essere, inciso a fuoco come una cicatrice, l’ultimo riverbero di fiamma tra le braci di un caminetto sul punto di estinguersi.
E anche se nel presente vorrebbe che fosse vero, che l’illusione fosse reale, sa che ogni minuto è stato ben speso. È quello che glieli fa desiderare tanto.

 

 


N/A:
Ci sarebbe tanto da dire, tanto da spiegare. Per una volta taccio.
Il fatto è che ultimamente non mi piace praticamente niente di quel che scrivo. E allora perché lo fai? – mi è stato fatto, più che giustamente, notare. Voi che leggete e scrivete, come me e insieme a me, potete capire. A volte non si scrive solo per il puro piacere di farlo o per un bisogno istintivo, per abitudine. Si scrive per evadere da una realtà fin troppo grigia, da un qualcosa che ti spaventa o ti fa soffrire; si scrive per immaginare che c’è sempre un po’ di felicità da qualche parte, di giustizia. Si scrive per sperare.
Scrivere trova un’espressione ad ognuna di queste emozioni, o perlomeno ci prova. Il mio Natale non è stato peggiore di quanto avessi prospettato, neppure migliore però. Ecco perché sono qui a scrivere. Perché altrimenti sarei da qualche altra parte a piangere e mi rifiuto di farlo.
In tutto questo l’unico regalo degno di nota – dopo Lo Hobbit, da parte di mio “cognato” e il DVD di Harry Potter e i Doni della Morte parte II, dalla mia migliore amica – è stato appunto il Christmas Special di Doctor Who. Il 26 mattina quell’amore di mio fratello me l’ha fatto trovare sul desktop in HD e con tanto di sottotitoli *___*. Inutile dire che l’ho amato, dall’inizio alla fine, rivedendolo una decina di volte. Cosa c’è di meglio per farsi tirare il morale che il Dottore? A mio modo di vedere dunque il migliore di sempre – si disputa il pari merito con The Christmas Invasion, con il Dottore appena rigenerato in Ten e Rose ancora lì <3.    
Spero che le Feste per voi siano andate meglio, che siano stati giorni di calore familiare e letizia, di comunione. Un abbraccio e un saluto di cuore e pur se in ritardo: AUGURI  C:

  
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