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Autore: xCyanide    04/01/2013    2 recensioni
Stropicciai appena gli occhi e sbadigliai guardandomi intorno. Osservai l’orologio appeso alla parete e lessi l’ora. Mezzanotte e quindici.
Potevo anche andare a letto, erano tre ore che controllavo e ricontrollavo i fiori che ero riuscito a raccogliere. Mi alzai dalla sedia vicino all’isola della cucina e sbadigliai per la quindicesima volta da quella mattina, riavviandomi i capelli con la mano sinistra.
Il mio cellulare squillò improvvisamente e sobbalzai appena. Lasciai che la suonerai continuasse per cinque secondi buoni e poi lo estrassi dalla tasca per guardare il display.
La scritta “Gee” padroneggiava sul mio sfondo e spinsi il tasto verde sorridendo.
-Pronto? – domandai a bassa voce, con le guance che mi andavano in fiamme. Conoscevo Gerard da sette anni, tre mesi e quindici giorni, ma ultimamente il nostro rapporto era cambiato radicalmente.
Genere: Fluff, Romantico, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Frank Iero, Gerard Way | Coppie: Frank/Gerard
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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…Tredici, quattordici, quindici, sedici.
Sedici.
Che razza di numero era il sedici?!
Divisibile per due, altro numero inutile. O per quattro, altra cifra fottutamente rotonda.
Sbuffai infastidito e buttai l’ennesimo fiore nella pattumiera. E pensare che aveva un bel colore, era forse il diciottesimo che buttavo.
Diciotto, pari. Divisibile per due e nove.
Nove! Cazzo, il nove era un bel numero.
Sorrisi e mi congratulai con me stesso perché avevo trovato un numero dispari. Presi un respiro profondo e presi il diciannovesimo fiore, cominciando a contare i petali.
Era di un bell’arancione acceso, molto lucido, e si vedeva lontano un miglio che era stato trattato benissimo.
Aveva ventuno petali, diciannovesimo fiore. Numeri splendidi, non c’è che dire.
Stropicciai appena gli occhi e sbadigliai guardandomi intorno. Osservai l’orologio appeso alla parete e lessi l’ora. Mezzanotte e quindici.
Potevo anche andare a letto, erano tre ore che controllavo e ricontrollavo i fiori che ero riuscito a raccogliere. Mi alzai dalla sedia vicino all’isola della cucina e sbadigliai per la quindicesima volta da quella mattina, riavviandomi i capelli con la mano sinistra.
Il mio cellulare squillò improvvisamente e sobbalzai appena. Lasciai che la suonerai continuasse per cinque secondi buoni e poi lo estrassi dalla tasca per guardare il display.
La scritta “Gee” padroneggiava sul mio sfondo e spinsi il tasto verde sorridendo.
-Pronto? – domandai a bassa voce, con le guance che mi andavano in fiamme. Conoscevo Gerard da sette anni, tre mesi e quindici giorni, ma ultimamente il nostro rapporto era cambiato radicalmente.
Non in peggio, per carità, in meglio. Eravamo diventati più intimi, dormivamo spesso abbracciati nel mio letto (all’insaputa di mia madre) e mi dedicava attenzioni… particolari.
Spesso ero tornato a casa con un succhiotto che mi aveva procurato, così “per divertirci, Frankie Candy”. Mi aveva marcato circa una quindicina di volte e io ero molto contento di ciò.
Nonostante nel frattempo avesse avuto una ragazza, mi aveva detto spesso che gli piacevo da matti, ma non voleva rovinare la nostra amicizia.
Pfff, amicizia. Che si fottesse l’amicizia.
Ma, dopo avergli fatto capire che anche a me interessava da matti, mi aveva chiesto di accompagnarlo al ballo della scuola.
-Ehi Frankie! – esclamò felice. Io mi sciolsi appena nel sentire la sua voce e mi tenni al tavolo della cucina. –Volevo sapere se, insomma… hai scelto il fiore da sistemare nel taschino e mi piacerebbe sapere che cravatta metterai, perché vorrei vestirmi in modo adeguato.
Sorrisi dolcemente e mi concentrai per non contare tutto le parole che diceva e tutte quelle che gli avrei detto io. Ma era una sfida enorme per uno con il mio problema.
-Ho scelto il fiore – sentenziai. –E’ un fiore arancione, non so di preciso come si chiami. E la cravatta la metto bianca, come la camicia. Va bene?
-Certo che va bene – sussurrò. –Hai contato i petali?
Risi appena e annuii, come se potesse vedermi. –Mi conosci bene – arrossii, con il tono di voce fin troppo dolce. –Comunque si, era il diciannovesimo fiore e aveva ventuno petali.
-Quando manderai a farsi fottere questa fissa? – mi domandò, ridendo a sua volta.
-Credo mai, prendere o lasciare – sembrava che mi stessi vendendo con quella affermazione, ma lui rise ancora di più.
-Allora direi che posso anche lasciarti dormire – esclamò. –Ho una partita di Call Of Duty che mi aspetta e i bambini come te devono andare a letto a una certa ora.
-Non sono un bambino – piagnucolai. –Ho quindici anni, ma di certo non sono un nerd come te, caro diciannovenne.
-Frankie, ti conosco da quando ancora bevevi il latte quasi, ti considererò sempre un po’ bambino, lo sai – mi disse, in tono apprensivo.
-Lo so, lo so – sospirai. –E ora lasciami qui da solo per andare a giocare con i tuoi fottutissimi giochi – feci il finto offeso.
-Ehi – mi chiamò. –Sei emozionato per domani?
-Perché?
-Perché io si – disse soltanto, e mise giù senza lasciarmi il tempo di rispondere.
Era la quindicesima volta in un mese e mezzo che lo faceva.
 
 
Quando mi svegliai la mattina dopo, alle sette e quindici precise mi ritrovai tutti messaggi di Mikey, il fratello di Gerard, che mi avvertiva che il più grande stava andando fuori di testa perché sosteneva di essere grasso in smoking. Scossi la testa e mi mordicchia le labbra tre volte, come facevo ogni volta che ero felice.
Avevo questa piccola… ossessione, se vogliamo trovarle un nome. Contavo tutto, dalle cose che mangiavo alle parole che usavo. Spesso anche i passi che facevo dalla cucina alla mia camera (che solitamente erano una cinquantina) e preferivo che tutti i numeri fossero dispari. Odiavo i numeri pari, li vedevo come troppo rotondi e semplici per esistere davvero.
L’unico che aveva capito e sostenuto questo mio problema era stato Gee, che spesso quando mi parlava faceva attenzione a quante parole diceva o a quanto cibo mi metteva nel piatto.
Da una parte forse mi piaceva anche per quello. Perché mi capiva più di tutti e faceva di tutto per non farmi pesare la situazione.
Sorrisi e mi passai una mano tra i capelli sospirando.
Non ci eravamo mai baciati, non ci avevamo mai nemmeno provato perché avrebbe ufficializzato la cosa, ci piaceva continuare a stuzzicarci senza stare insieme anche agli occhi di tutti.
Pensavo che forse più aspettavo, più mi sarebbe piaciuto il nostro primo bacio.
Nemmeno mia mamma sapeva della mia cotta colossale, ed era una cosa strana dato che lei sapeva tutto di me.
Forse l’unica che sapeva di noi era Donna, la mamma di Gerard, perché ci aveva ritrovati sul divano di casa sua accoccolati l’uno all’altro mentre Gee mi diceva parole dolci all’orecchio.
Non ci aveva detto niente, aveva fatto finta di non vederci e io l’avevo ringraziata mentalmente forse diciassette volte.
Mi alzai dal letto di mala voglia e corsi in bagno. Dovevo cominciare a prepararmi se volevo avere un aspetto almeno presentabile quella sera.
Mi guardai allo specchio per almeno tre secondi e scossi la testa. Non andava, non andava davvero.
I miei capelli erano una massa informe di nodi, avevo un paio di occhiaie violacee che presenziavano sotto i miei occhi e le labbra rosse e screpolate. Mi mancava un bel raffreddore e sarei sembrato davvero malaticcio.
Una doccia, mi serviva una doccia calda per cominciare!
 
Quando mi preparai il piatto per il pranzo mi dovetti sorbire tutte le prese in giro del compagno di mia madre riguardo a come ero conciato.
Okay si, avevo una vestaglia arancione pelosa e un paio di ciabatte rosa confetto a forma di coniglietto (niente che andasse d’accordo col mio abbigliamento abituale, che era composto da teschi e corvi neri) ma non mi sembrava che fosse un motivo valido per prendermi in giro.
A casa sapevano tutti del mio orientamento sessuale da quando l’avevo scoperto, undici mesi prima,e devo ammettere che sembravo anche abbastanza una donnicciola, ma non mi sentivo da prendere per il culo.
Mamma azzittii Paul con uno sguardo omicida nel vedermi così imbarazzato e mi guardò con un sorriso dolce.
-Allora emozionato per stasera? – mi domandò.
Era sicuro una domanda a trabocchetto dato che, non sapendo del rapporto che avevo con Gerard, non poteva sapere del ballo. Le avevo detto che sarei andato da Miks a giocare a uno dei suoi giochi da nerd per fargli compagnia, una serata normale.
-Per cosa? – chiesi facendo il finto tonto. –Devo solo…
-Andare al ballo – mi interruppe. –Me l’ha detto Donna. Sostiene che suo figlio non riesca a smettere di parlare di te e che non vede l’ora di poterti vedere con lo smoking dato che porti sempre quelle felpe enormi che ti fanno sembrare ancora più basso.
Io avvampai e abbassai lo sguardo facendo cadere la forchetta nel piatto di rigatoni che ancora non avevo toccato. Paul mi diede una pacca sulla spalla, felice per me, e diventai ancora più rosso.
-Dice davvero così? – sussurrai imbarazzato portandomi una ciocca di capelli dietro l’orecchio. –Dice che Gee non smette di parlare di me?
Lei annuii con un sorriso stampato in faccia e mi carezzò una mano. –Hai fatto colpo tesoro – mi disse, in modo dolce. –Davvero, ha detto che le sembra innamorato pazzo – rise appena. –Perché non mi hai detto che stai con Gerard?
Sbarrai gli occhi e li coprii con la mano sinistra. –Non sto con Gee – risposi, perentorio. –Stiamo solo provando a frequentarci, niente di che – presi un respiro profondo. –Niente baci, niente di niente. Ci facciamo solo il filo da un po’ di tempo.
-E sicuro di non sapere di preciso da quanto?
-Dieci mesi e quindici giorni – dissi svelto e mi scoprii piano gli occhi. –Vi prego, non fatemi il terzo grado: niente sesso, niente baci, niente droga. Niente di niente – ripetei e sentii mamma scoppiare a ridere.
-Sono sicura sia un bravo ragazzo – annuii e Paul le diede retta.
Tirai un respiro di sollievo e mi ripromisi di parlare con Gee e chiedergli di non fare più discorsi su di me a sua mamma.
 
Fissavo l’orologio precisamente da venticinque minuti e quindici secondi.
Erano le sette e cinquantuno e di Gee ancora non c’era nemmeno l’ombra.
Mi fissai nello specchio e diedi un’ultima controllata al mio aspetto. Capelli tirati indietro con del gel, matita nera agli occhi e smoking stirato e perfetto.
Mi sentivo male anche solo a pensare che le tasche sui miei pantaloni fossero solamente quattro e ricaccia indietro il senso di pianto che avevo non sentendomi protetto nelle mie fedeli felpe enormi.
Chiusi gli occhi per cinque secondi e sentii il campanello che suonava tre volte.
Corsi verso la porta della mia camera convinto fosse lui, anche perché nessun altro avrebbe suonato tre volte solo per farmi felice e non farmi venire un’ulcera ma mi dissi che mi sarei fatto aspettare.
Per cui mi appollaia sul pianerottolo sulle scale e guardai al piano di sotto dalla ringhiera, conscio che nessuno mi avrebbe visto.
Paul andò ad aprire chiamando a gran voce mia mamma e lei lo raggiunse ticchettando con i stivali per ben dodici volte. Sospirai, non avrebbe mai imparato.
Quando aprirono, un Gerard splendido li salutò con un sorriso altrettanto magnifico.
Capelli corvini che gli incorniciavano il viso dalla pelle pallida e liscia e del fondotinta ancora più bianco rendeva il suo colorito davvero poco sano. Labbra rosso scarlatto e occhi verdi come smeraldi contornati da eyeliner.
Paul gli strinse la mano, scuotendola tre volte, e gli disse una cosa che non avrei mai immaginato.
-Cosa ci fai qui figliolo? – lo osservò curioso e Gerard li guardò completamente confuso. –Frankie mi aveva detto che ti aveva scaricato. E’ uscito mezz’ora fa ed è andato al ballo con la sua ragazza.
Sgranai gli occhi e spalancai le labbra pensando che tra tutti gli scherzi che Paul mi aveva fatto, questo era il peggiore.
-L-la… la sua ragazza? – domandò con la voce incrinata Gerard.
Notando che i suoi occhioni si stavano facendo lucidi mi decisi a scendere le scale per farmi vedere e Paul scoppiò a ridere.
-Ti ho fregato! – esclamò a Gerard, ma lui credo fosse come… rapito? dalla mia vista.
Arrossii vistosamente e gli sorrisi in modo imbarazzato mentre lui non dava retta nemmeno a una risata di quelle che si stavano facendo mia mamma e il suo compagno.
D’altronde, anche io avrei guardato solo lui. Ed era proprio quello che stavo facendo.
Notai con felicità che nel taschino aveva un fiore simile al mio, dello stesso colore. Chissà quanti petali erano.
Lo raggiunsi sulla soglia di casa e gli porsi la mano senza dire niente, che lui prese per far intrecciare le dita alle sue.
Mi mordicchia tre volte le labbra con un po’ di vergogna addosso e Paul si avvicinò a noi.
-Devo farti il discorso da papà apprensivo o evito? – domandò a Gerard sorridendo. –Evito, dai. Frankie non è una ragazzina e ti conosco da anni, Gee. Mi fido – annuii.
Guardai mia mamma che mi scoccò un bacio sulla guancia prima di darci il permesso di uscire di casa.
Quando finalmente ci ritrovammo in giardino, davanti la macchina di Gerard, lui fece per aprirmi lo sportello. Lo fermai e lo presi per un polso, in modo da farmi guardare.
-Cosa c’è? – sussurrò. –Hai contato i petali del mio fiore e ti sei reso conto che non va bene? Eppure li avevo contati, ti giuro Frankie, erano quindici.  E…
-Perché hai parlato di me a Donna? – lo interruppi e lo sentii deglutire.
-Non sapevo a chi dirlo – si difese. –Io, davvero Frankie, mi sembrava brutto dirlo a Mik e mia mamma mi ascolta sempre. E aveva sospettato qualcosa.
-Non c’è mai stato niente di diretto Gee – dissi a mia volta. –Come aveva potuto sospettare? Due amici non possono sdraiarsi vicini? – sapevo di non aver propriamente ragione. Noi eravamo avvinghiati, era diverso.
-Frankie due amici non si dicono quello che ti stavo dicendo io quella sera – mi guardò negli occhi. –Io non direi mai a Ray che per me è perfetto, capisci? – mi supplicò. –Non direi mai ad Alicia che non posso vivere senza di lei.
-E allora se non sono un amico, cosa sono? – volevo che lo dicesse, volevo fare il difficile per la prima volta in vita mia. Non stavo nemmeno contando quante rondini ci stavano passando sulla testa per quanto ero preso.
-Tu sei di più – annuii con uno sguardo arrendevole. –Vorrei che tu non fossi solo il mio migliore amico, no? E mi sembra che a te stia anche bene, altrimenti non avresti nemmeno accettato l’invito di questa sera – si mordicchiò le labbra e distolse lo sguardo per tre secondi, per poi ripuntarlo sul mio. –Se io non… se io non mi fossi innamorato di te non avrei nemmeno fatto caso alla tua ossessione per i numeri e non avrei contato quanti fottuti petali ci sono su questo fottuto fiore.
-Tu sei innamorato di me? – era il primo che me lo diceva e sentii una fitta al cuore.
-Non sai quanta voglia abbia di baciarti – mi prese il viso tra le mani in modo delicato e dolce e mi guardò dritto negli occhi. –Non l’ho mai fatto per non mancarti di rispetto, ma se tu mi mostrassi anche solo un segno…
Le sue labbra sulle mie lo interruppero.
Non me ne ero nemmeno reso conto, eppure ero stato io a spingerlo verso l’automobile per farcelo poggiare e a mettermi in punta di piedi per poterlo baciare.
Poggiò una mano sulla mia schiena e una sul mio fianco e mi strinse a se chiudendo gli occhi per muovere piano le labbra sulle mie.
Sorrisi in un riflesso incondizionato e serrai gli occhi concentrandomi solo sul suo sapore di gomma alla fragola e caffè. Allacciai le braccia dietro il suo collo e lo sentii sospirare sulla mia pelle.
Mi staccai subito, avevo bisogno di ossigeno e avevo paura che il bacio andasse davvero troppo avanti.
Lui mi tolse una ciocca di capelli dal viso e mi sorrise.
-Lo sai quant’è che ti aspetto? – sussurrò dolcemente e io gli feci cenno di parlare. –Dieci mesi e quindici giorni, Frankie.
Spalancai gli occhi e lui annuii come per farmi capire che sapeva che erano i miei stessi identici numeri.
Arrossii e poggiai la guancia sul suo petto mentre lo sentivo che mi stringeva a se.
-Ora – mi passò una mano tra i capelli –vuoi andare davvero al ballo a fare scalpore come prima coppia gay nella storia della scuola, o preferisci che ti porti a fare un bella cena vegetariana in riva al mare?
-La seconda è decisamente meglio – annuii.
-Vedo che ci capiamo, Frankie Candy.


xCyanide's Corner
E' strano perchè...finisce bene. Non so cosa mi sia preso ma stavolta è una fluff e finisce bene a differenza delle mie ultime os.
Comunque, umh, spero vi piaccia, non so nemmeno che senso abbia ma l'idea mi è venuta leggendo un libro per la scuola.
La piccola ossessione che ha Frank, purtroppo, ce l'ho io uguale spiccicata e lasciatemi dire che non è una passeggiata conviverci. Non posso fare a meno di contare tutto quello che faccio, mangio e spesso anche quello che dico. Non farlo mi comporta un enorme sforzo.
E ora la smetto di annoiarvi :'''D
Non so, lasciate qualche recensione,anche solo per dirmi che faccio schifo!
Alla prossima,
xCyanide

  
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