Capitolo
19
Le tenebre
strisciavano lungo le mura antiche e solo la luce delle fiaccole
rendeva
visibili i visi degli uomini presenti. Le pozze di luce, che fino a
qualche
attimo prima avevano illuminato smorfie di paura, adesso sfiguravano
davanti
alla luce degli Eldar che Haldir di Lorien e la sua compagnia
irradiavano nella
piazza d’armi del Fosso di Helm.
Legolas
era stato il primo ad accogliere i membri della sua razza, salutando
Haldir con
parole di gioia e vigorose strette sulle spalle. Io e Giulia, appena
dietro il
principe del Reame Boscoso, non eravamo riuscite a trattenerci
dall’abbracciare
il capitano elfico, di solito freddo e serafico, imbarazzandolo con la
nostra
confidenza esplosiva. Gli elfi che aveva condotto con sé
facevano parte della
guarnigione di Lothlorien, e sicuramente si erano staccati dal loro
popolo per
ordini di diretti superiori. Pensai a Galadriel, e le resi omaggio
nella mente:
se avevamo degli amici e alleati, sicuramente era anche merito suo. Nel
frattempo, l’intero esercito di Rohan ammirava i guerrieri
elfici dall’aria
efebica, dotati di archi tanto eleganti quanto micidiali, vestiti di
farsetti
blu e dorati, ritti come betulle sui sassi della piazza. Theoden, Re di
Rohan,
giunse poco dopo fra due ali di guardie reali, così stupito
che a stento
riusciva a trattenersi dallo spalancare la bocca per la meraviglia.
Mentre si
guardava attorno, disorientato come un cerbiatto, Haldir gli si
parò davanti,
inchinandosi. << Tempo fa, un’alleanza esisteva
fra Elfi e Uomini.
>> Disse l’elfo con aria solenne davanti al Re
che, fino a qualche attimo
prima, si credeva completamente solo. Haldir gli sorrise con fare
speranzoso.
<< Siamo qui ad onorare tale alleanza e siamo pronti a
morire assieme a
voi, per contrastare l’Oscurità. >>
Un movimento alle nostre spalle ci
fece voltare e vedemmo scendere di volata gli altri: Aragorn e Boromir
giungevano assieme, già vestiti per la battaglia, la
speranza che brillava nei
loro occhi, mentre Gimli stava poco lontano, le mani rigidamente
nascoste
dietro la schiena. Con un cenno del capo, il nano mi fece segno di
seguirlo.
Incuriosita, mi avvicinai e lo trovai assieme a Jadis, che non vedevo
da quella
mattina. Si era infilato in una viuzza che correva accanto la piazza,
ingombra
di ceste piene di sassi, fiocamente illuminata da pigre fiaccole.
<< Ho
qualcosa per te. >> Disse il nano, sorridendomi da sotto
la folta barba.
Da dietro la schiena fece apparire un fagotto, e mi invitò
con gli occhi
scintillanti a svelare il segreto che racchiudeva. Capii solo dopo aver
toccato
il tessuto cosa Gimli mi stesse donando: prendendo l’oggetto
fra le mani,
lasciai che la sciarpa scivolasse a terra, dove Jadis andò
ad annusarla. Il
Corno di Gondor era fra le mie mani, pesante e maestoso. La luce delle
torce,
nonostante fosse tenue, dava agli orpelli che lo ornavano
un’aria orgogliosa.
<< Oh Valar… >>
Mormorai,
rigirandomelo fra le mani. << Ho fatto del mio meglio.
>> Spiegò
Gimli, indicandomi la saldatura scura che aveva realizzato fra le due
metà.
<< Ho utilizzato il metallo migliore che ho trovato,
cercando di rendere
la saldatura il più resistente possibile ed esteticamente
poco invasiva. Si
tratta di un oggetto antico, e la sua bellezza va rispettata.
>> Annuii,
sfiorando col polpastrello la sutura. Mi ricordai di quando Boromir
l’aveva
trovato tra i resti degli Orchi, di come era a pezzi, di come entrambi eravamo a pezzi…
quanto tempo
era passato? Nemmeno un mese, eppure dalle rive dell’Anduin
ad allora
sembravano essere scivolati anni, secoli, millenni. Il peso della
Storia con la
S maiuscola aveva schiacciato sia me che Boromir, facendoci invecchiare
prima
del tempo. Serrai le mani attorno al Corno, capendo che quello era
l’ultimo
tassello della Riconciliazione: ora, il mio Capitano poteva tornare ad
essere
quello che era. << Il suono è quello che mi
preoccupa maggiormente.
>> Disse Gimli, distogliendomi da quei pensieri profondi.
Lo guardai,
interdetta, per poi chinarmi e abbracciarlo stretto, mentre Jadis mi
metteva il
naso nell’orecchio. << Non sai quanto ti sono
grata, Gimli figlio di
Gloin, non sai cosa questo significhi per me e Boromir.
>> Lo guardai
negli occhi, sorridendo al suo lieve imbarazzo. << Questa
è l’ultima
saldatura fra passato e futuro, l’ultimo ponte che
porterà Boromir a
riscattarsi completamente da quello che ha fatto. Per lui, questa
saldatura è
molto più che semplice metallo: è la
cauterizzazione di una ferita che
finalmente si chiude. >>
<<
Tu esalti il mio lavoro. >> Commentò con un
certo orgoglio il nano. Mi
sorrise, impacciato. << Ma non è grazie a me e
a questa saldatura che il
Corno tornerà a suonare, signorina. Se suonerà
ancora, è solo grazie a te e al
tuo coraggio, con cui hai salvato l’Uomo che ami a costo
della tua vita.
>> Sospirò. << Beato colui che
ha il tuo cuore. >> Mi accorsi
solo allora dei lacrimoni che scorrevano lungo le mie guance, e un
respiro
rotto mi uscì di bocca. Gimli parve ridestarsi, e persino
alla luce delle torce
lo vidi arrossire. << Scusa, non era mia intenzione
essere scortese e
annoiarti con i pensieri di un vecchio, sciocco nano…
>> Gli posai la
mano sulla spalla, facendolo tacere. << Nessun perdono
per Gimli figlio
di Gloin, non per queste parole e per questi pensieri, non per queste
lacrime.
>> Gli sorrisi, tirando su col naso, per poi scoccargli
un bacio in
fronte e alzarmi. << Nessun perdono perché non
c’è niente da perdonare,
solo da ringraziare. >>
Mentre
le tenebre incombevano e il Fosso rigurgitava Uomini ed Elfi, cercai
Boromir.
La mia mente era come sconnessa ed era chiusa alla voce di Giulia, che
con ogni
probabilità mi stava cercando. Dopo lo scambio di battute
con Gimli, vagavo per
il Fosso come inebetita, con Jadis al mio fianco. In una mano impugnavo
l’elsa
della spada, mentre nell’altra stringevo il Corno. Il laccio
di cuoio per il
collo mi batteva sulla coscia, mentre cercavo in lungo e in largo il
mio
Capitano. Infine lo trovai, attorniato da uomini di Rohan, che lo
ascoltavano
con interesse. Mi unii a loro, restando però in disparte,
osservandolo con
attenzione: i vestiti erano sgualciti e il viso stanco, ma la cotta di
maglia
che indossava sotto al farsetto e la spada che portava di traverso
sulla
schiena gli davano un’aria da eroe dei Tempi Antichi.
Gesticolava, Boromir,
mentre raccontava una delle sue imprese da Capitano della Torre Bianca,
probabilmente qualcosa riguardo la presa di Osgiliath, e mi stupii di
vedere
come i suoi occhi scintillavano e come coloro che lo ascoltavano
pendessero
dalle sue labbra. Pensai a quante volte in passato Boromir avesse
arringato i
suoi uomini prima della battaglia, a come doveva aver paura e a come
riusciva a
tramutare quella paura in coraggio, forza e determinazione. Pensai a
quando
l’avevo visto andare alla guerra su quell’enorme
cavallo nero, appena fuori la
casa di guarigione di Matilde… a come riluceva di luce
propria. Sospirai,
quando una mano si posò sulla mia spalla. Mi voltai, vedendo
gli occhi gentili
di Aragorn. Gli sorrisi, tornando poi a guardare Boromir.
<< Hai fatto un
ottimo lavoro. >> Mormorò Aragorn, osservando
a sua volta l’amico. Chinai
il capo, ridacchiando a quelle parole. << Io? No, lui ha
fatto un ottimo
lavoro, smettendo di piangersi addosso come un marmocchio e riprendendo
le
redini della sua vita. >>
Il
ramingo sbuffò, indispettito. << La modestia
non ti si addice, Anna,
quindi smettila. >> Aragorn cercò i miei
occhi. << Se non fosse
stato per te, si sarebbe ammazzato con le sue stesse mani.
>> Dopo un
attimo di silenzio, accennò al Corno che mi ero portata al
petto. << E
quello? >>
<<
E’ una lunga storia… >>
<<
Mi piacciono le lunghe storie. >>
Sorrisi
apertamente, scoccandogli un’occhiata divertita.
<< Lo trovammo la prima
notte che iniziammo a seguire le vostre tracce. Lo cercò
Boromir fra gli orchi
in putrefazione, trovandolo spaccato
a
metà. Fu un brutto colpo, per lui. Era emotivamente a pezzi,
si sentiva il
traditore del mondo intero! L’unica cosa che potei fare fu
prendere il Corno e
convincerlo che, una volta che vi avremmo trovati, l’avrei
dato a Gimli per
ripararlo. >> Aragorn annuì, toccando con mano
quell’oggetto antico.
<< Gimli ha fatto un ottimo lavoro, anche se non sa che
suono avrà… solo
Boromir può suonare nel Corno di Gondor. >>
Aragorn lo prese dalle mie
mani con delicatezza, soppesandolo. << Lo donò
la mia stirpe alla sua.
>> Mormorò, fissandolo. <<
E’ un dono degno di un Re, che sancisce
l’unione delle nostre casate. >>
<<
Allora dovresti essere tu a donarglielo, di nuovo. >>
Dissi, convinta e
sincera. << Sei il suo Re, è un tuo diritto.
>> Fu allora che
Aragorn mi guardò dritta negli occhi, schiudendo le labbra
come se gli avessi
rivelato il più grande segreto del mondo. Non disse una
parola, ma rimase a
lungo a fissarmi, come se non trovasse le parole per dire quello che
gli si
agitava nel cuore. Riprese fiato, accorgendosi di aver stretto il Corno
così
forte da avere le nocche bianche. Solo allora capii: gli avevo appena
dato
conferma che aveva la fiducia del suo diretto sottoposto, il suo
capitano e sovrintendente,
colui che all’inizio l’aveva visto come un
usurpatore e che ora lo vedeva come
suo signore e padrone. Aragorn sapeva che i sentimenti di Boromir nei
suoi
confronti erano cambiati, l’aveva intuito, ma
non fino a quel punto. Aragorn mi porse il Corno,
stringendomi le mani per
trasmettermi tutta l’emozione che sentiva. <<
No, Anna, mia signora.
>> Trasalii a
quell’appellativo, inadatto a una ragazza come me.
<< Sei tu che deve
dare il Corno a Boromir, perché io non sono ancora il suo Re
e non ho dominio
sul suo cuore, non come lo hai tu. Sei tu ad avere questo diritto
perché tu l’hai
salvato, tu hai scacciato le tenebre da lui, tu l’hai fatto
rinascere a nuovo
vita. >> Tornò a guardare Boromir, che si era
accorto di noi fra la folla.
<< Gli hai ridato un motivo per combattere e onorare la
propria razza.
>>
Boromir
ci raggiunse con aria incuriosita e vidi distintamente i suoi occhi
spalancarsi
di meraviglia alla vista di ciò che reggevo fra le mani. Lo
vidi dischiudere le
labbra, pronto a parlare, ma tacque, perdendosi nella contemplazione di
ciò che
pensava irrimediabilmente perduto. Con le mani delicate, avvicinai il
Corno a
lui, aspettando che lo cogliesse. Al contrario, Boromir non si mosse,
inebetito
e confuso. Lanciai un’occhiata ad Aragorn, chiedendogli
silenziosamente di
intervenire, ma il Ramingo tacque, invitandomi a parlare. Dopo un
attimo di
panico, le parole iniziarono a sgorgare dalle mie labbra, solenni e
improvvise.
<< Boromir di Gondor! >> Lo chiamai,
facendogli alzare lo sguardo,
sorpreso. << Figlio di Denethor, nipote di Ecthelion,
Capitano della
Bianca Torre, Generale degli eserciti di Gondor, principe del tuo
regno! >>
Senza sapere perché, posai un ginocchio a terra.
<< Io ti dono ciò che
era rotto ed è stato ricostruito, il simbolo della
libertà per le tue genti,
ciò che chiama a raccolta il tuo popolo e che da speranza a
chi non ne ha.
>> Alzai di più le mani, offrendoglielo.
<< Prendilo, e ritorna ad
essere ciò che sei, che fosti e che sempre sarai, mio
Capitano e Signore.
>> “ Mio amore, mio tesoro, mio amante, mio
eroe… “ Sentii un nodo
alla gola e chinai il capo per nascondere gli occhi velati di lacrime
emozionate. Dopo poco, sentii il peso del Corno abbandonare i miei
palmi. Alzai
il viso e vidi Boromir che ammirava il suo amato Corno, ricco di
ricordi e
significati. Sorrisi, nel vederlo assorto, ammirando il suo volto che
nonostante stanchezza e tensione era sempre bellissimo. Boromir
levò lo sguardo
su di me, invitandomi ad alzarmi. Rimasi col capo chino,
finché il Capitano
della Torre Bianca compì un gesto inaspettato e fuori dalle
regole: dopo un
attimo di esitazione, passò il laccio di cuoio attorno al
mio collo, posandomi
il Corno di Gondor con infinita delicatezza sul petto. <<
Non merita di
essere posato sul mio petto. >> Disse Boromir, bloccando
la mia
prevedibile protesta con una mano aperta. << Il Corno
è mio di diritto,
mio in quanto figlio di Sovrintendenti e di principi di Gondor. Esso
veniva
donato ad ogni primogenito della casata, passato di padre in figlio,
motivo di
orgoglio e vanto per la nostra gente. Chi lo indossa deve essere
coraggioso,
forte e deve essere un punto di riferimento per coloro che lo
circondano.
>> Mi sorrise. << Queste, assieme a molte
altre caratteristiche tu
possiedi, Anna di Isengard, ora Anna di Gondor, mia futura sposa. Tu mi
hai
curato quando ero ferito, rincuorato quando ero affranto, risollevato
quando
ero caduto. Questo Corno è tuo di diritto. >>
Chinò il capo innanzi a me,
e così vidi fare anche ad Aragorn e a molti altri mentre mi
guardavo attorno,
confusa e rintronata. Tra la folla che si era riunita attorno a noi, incrociai gli occhi
raggianti di Giulia.
“
Fa quello che ci si aspetta che
tu faccia, sorella mia. “
Mi invitò con voce carica di emozione. “
Soffia.”
Poggiai le
labbra dove per tante volte si erano poggiate quelle di Boromir e
soffiai con
quanto fiato avevo in corpo. Ebbi la sensazione di tremare quando il
Corno
muggì con vigore, con maggiore intensità di
quando l’avevo sentito suonare
prima della spaccatura. “ Gimli ha
fatto
un ottimo lavoro. “ Constatai, soffiandoci ancora
finché non rimasi senza
fiato, lasciando che le note profonde del Corno si perdessero
nell’aria. Mi guardai
attorno, vedendo che in molti mi guardavano ( io,
la donna guerriera, la ragazzina testarda, la bambina smarrita
)
e improvvisamente mi sentii carica di vita e di speranza, così intense da
farmi sentire immortale.
In risposta
al mio corno, in lontananza, udimmo distintamente un latrato ben
diverso,
lugubre e astioso, che ci chiamava a combattere. Jadis, sempre rimasta
al mio
fianco, rispose al corno degli orchi con un ululato prolungato e acuto,
un
grido di battaglia. Improvvisamente, alla speranza che scorreva assieme
alla
paura si unì una rabbia bruciante, così profonda
da essere ira. << Quei
figli di puttana non distruggeranno il nostro mondo! >>
Dissi, senza
accorgermi di parlare a voce altissima. << Quei figli di
puttana non
avranno le nostre vite, i bambini e le donne, ma solo il nostro ferro!
>>
Un’ovazione
si alzò dagli uomini attorno a noi, mentre Boromir mi
guardava con occhi scintillanti
di orgoglio e fierezza. In quel preciso momento, capii che era fatta:
la Riconciliazione
fra noi era finita.
D.I.F.
Uh ok,
quanto mi piace questo capitolo lo so solo io. Chi mi legge da un
po’ sa che
non sono per niente modesta nelle mie cose, dunque dico che questo
capitolo è
uno dei migliori della serie. Spero solo di non aver fatto diventare
Anna una
Mary Sue ( pericolo che ho corso dal primo chappi della prima storia )
facendola diventare una donna forte e battagliera. Non so, io credo di
aver
fatto un buon lavoro e di aver reso questa storia abbastanza
plausibile, anche
con queste “ sbandate” ( siamo sicuri che Boromir
darebbe il suo preziosissimo
corno ad una donna, davvero? !? ). By the way, chi se ne frega: io lo
trovo un
gesto bellissimo! Spero che a vostra volta anche voi apprezziate,
lettrici e
lettori ( lo so che sotto sotto ci siete pure voi maschietti! ) e,
anche se
disapprovate, ditemelo: sono qui a battibeccare :D
Vi lovvo
fes, e ovviamente vi auguro buon anno. Che sia proficuo e ispirato, che
ci dia
belle storie e piacevoli compagnie, spalle su cui piangere e pacche sul
sedere
di cui ridere. Best wishes, Anna.