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Autore: hikachu    04/01/2013    4 recensioni
Negli anni che seguirono il termine della sua vita e del suo regno, storici e scrittori ricordarono sempre Re Griffith come un sovrano illuminato che aveva portato pace e prosperità al paese. In cui Guts non se n'è mai andato e il destino non era già deciso.
Genere: Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Casca, Griffith, Guts, Judeau
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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All the king's horses and all the king's men

 
 
 
Negli anni che seguirono il termine della sua vita e del suo regno, storici e scrittori ricordarono sempre Re Griffith come un sovrano illuminato che aveva portato pace e prosperità al paese, permettendo alle arti e alla cultura di Midland di raggiungere il loro apice.
 
I resoconti eroici di vittorie in battaglia o i racconti di abilità politica non avevano, tuttavia, alcuno spazio per il ritratto di un uomo che era fondamentalmente solo e che a stento riusciva a prendere sul serio le ipocrisie della vita a corte.
 
Solo pochi tra gli uomini che l’avevano seguito dai giorni in cui era soltanto Griffith – terribilmente carismatico ma nessuno d’importante – potevano talvolta leggere ciò che nascondeva dietro un’espressione piacevole, e ad un uomo solo Griffith era solito rivelare sempre tutti i pensieri, i sentimenti e i volti che non poteva permettere agli altri di vedere.
 
E questo fu il motivo per cui un certo episodio accaduto durante la campagna contro le tribù del nord che stavano tentando di invadere Midland fu in ultimo dimenticato per ciò che era, e trasformato nella commovente storia di un re magnanimo che tiene a cuore i suoi soldati plebei.
 
Nessuno scrisse mai dei suoi occhi che si allargarono e di ogni traccia di colore che svanì dal suo viso quando gli dissero, il Capitano Guts non è sperduto da qualche parte, è stato ucciso e l’ho visto con i miei stessi occhi, perché solo Casca, che anche allora stava combattendo al suo fianco, riusciva a leggerlo in quel modo.
 
Nessuno chiamò la spietatezza e la crudeltà con cui ordinò il massacro assoluto di tutte le truppe nemiche con il loro nome. Esse divennero semplicemente ‘necessità’ e ‘un re che compie il suo dovere’. Sebbene Griffith avesse sempre ordinato di risparmiare coloro che si arrendevano.
 
Nessuno descrisse mai come avanzò all’impazzata e ciecamente perché la sua vista era sfocata da lacrime che non poteva versare, non avrebbe versato fino a che non avesse veramente saputo che era vero, o come i suoi pensieri avessero perso ogni coerenza e si rincorressero nella sua testa, passando da andrà tutto bene a è tutto finito e l’improvvisa realizzazione che nulla ha più valore. Nessuno avrebbe mai potuto saperlo, dopo tutto. Solo Casca poteva immaginarlo, e Judeau sospettare qualcosa dopo uno sguardo al viso di lei.
 
Nessuno aggiunse che, dopo la fine della battaglia, il sempre aggraziato e controllato Re Griffith quasi cadde da cavallo in un tentativo insolitamente maldestro di smontare il prima possibile; che lanciò via il proprio elmo e che esso fu lasciato rotolare in una pozzanghera di fango e sangue mentre lui correva verso la tenda dove venivano prestate cure ai feriti e i morti – quelli che erano morti su uno dei letti improvvisati o che un amico aveva riportato dal fronte – erano lasciati in attesa di una sepoltura appropriata.
 
Nessuno scrisse mai nemmeno cosa accadde dopo, poiché nessuno era lì per assistervi.
 
E se vi fosse stato, forse questa persona avrebbe chiamato ciò che seguì un miracolo, o qualcosa del genere.
 
“Ehi.”
 
Il volto di Guts era pallido e ricoperto di sudore. Il suo sorriso era praticamente una smorfia ed era chiaro che, a scapito dei suoi tentativi, gli mancava la forza per tirarsi a sedere.
 
“Judeau era qui un momento fa. È corso fuori per trovarti, ma a giudicare dalla tua faccia direi che non c’è riuscito.”
 
Guts era vivo. A stento, ma vivo.
 
Griffith sbatté le palpebre e sentì il cuore che batteva più forte, coprendo il rumore dei suo pensieri. Era come se avesse dimenticato come parlare o muoversi.
 
“Ho sentito che stavi dando di matto,” il petto di Guts si sollevava e abbassava con fatica e la sua voce era bassa, spossata, ma lui non la smetteva di parlare. Griffith avrebbe voluto trovare le parole per dirgli di smetterla e riposare, ma ad una parte di lui – infantile, stupida – mancava il coraggio: fintanto che Guts avesse parlato, avrebbe potuto convincersi di essere ancora assennato e che tutto questo fosse reale.
 
“Se stavi cercando il tizio che in teoria mi avrebbe fatto fuori, scusa, ma me ne sono già occupato io,” rise, e fu debole e rauco. “Figurati se mi lascerei ammazzare senza portare con me quanti più bastardi possibile.”
 
Fu allora che Griffith si lasciò cadere sul letto. Portò la punta delle dita, ancora avvolte da cuoio e armatura, sulle labbra di Guts e mormorò, “Sì. L’intero fianco destro è stato sconfitto da te e i tuoi uomini. Davvero, dopo tutti questi anni resti ancora il mio soldato migliore.”
 
Ci fu un lungo silenzio durante il quale Guts cercò di leggere gli occhi di Griffith ma senza risultato.
 
Pensò di dire qualcosa per spezzare l’atmosfera tesa, ma fu bloccato dalla bocca di Griffith, dai suoi denti e la sua lingua. Dopo un breve istante di sorpresa, Guts si rilassò e si lasciò baciare, troppo debole per fare di più che toccare leggermente la spalla di Griffith—fino a che un dolore acuto lo portò a spingere via l’altro, con grande protesta del suo braccio e della sua spalla feriti.
 
“E quello per che cazzo era,” sbottò, sentendo il sangue che dalla punta della lingua gli colava sul labbro inferiore con le dita.
 
“Era per ricordarti. Che è naturale per te uccidere ed anche sanguinare in mio nome, ma che io solo deciderò quando e come morirai.”
 
Lo sguardo Griffith era come acciaio, la sua bocca una linea dura e sottile.
 
Guts sbatté le palpebre una, due volte. Poi, un nuovo sorriso-smorfia gli comparve sul viso.
 
“Hai ragione,” disse e sollevò una mano contro la guancia di Griffith. “Ma sai come sono fatto—Buono a nulla se non a brandire una spada. Dimentico facilmente.”
 
Griffith chiuse forte gli occhi e avvolse le mani attorno al polso di Guts e al suo palmo, poggiandovi la guancia. Non rispose.
 
Per quel che restava del giorno e per tutta la notte, Griffith non permise a nessuno di avvicinarsi e cambiò le fasciature di Guts da sé.
 
Fuori, Judeau e Casca siedevano su un tronco, occhi fissi su qualcosa che era al di là del sole al tramonto.
 
“Ho sentito una volta,” incominciò lui a voce bassa. “La storia di un gran re dei tempi antichi. Era amato dai suoi uomini e, invitto, aveva conquistato tutte le terre del mondo allora conosciuto. Eppure, quando il suo amico più caro morì—”
 
Casca aggrottò le sopracciglia e aprì la bocca per dire qualcosa, ma Judeau non si lasciò interrompere. Questo, pensò, questo è importante.
 
“Si disperò da solo per giorni e non lasciava che gli portassero via il cadavere. La pira fu più alta di un castello e si dice che da quel momento in poi, spesso il re si ritrovò incapace di distinguere sogno e realtà, e che, infine, fu il suo dolore ad ucciderlo alcuni mesi dopo.”
 
“Judeau!” Casca sibilò finalmente.
 
“Ricordi quel giorno, in inverno, quando Guts quasi ci lasciò?”
 
“Judeau,” Casca sibilò di nuovo—ma lei capiva.
 
Judeau sorrise, un po’ con tristezza, un po’ come a volersi scusare.
 
“Pare che la Regina e Midland continueranno a dormire sonni tranquilli fintanto che potranno dimenticare che anche il Re è soltanto un uomo. È straordinario, vero,” aggiunse in quel che era poco più di un sussurro. “Quanto potere un solo uomo può tenere tra le mani.”
 
E Casca si chiese, anche se solo per un attimo, se stesse parlando di Griffith o—
   
 
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