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Autore: lafilledeEris    04/01/2013    2 recensioni
Prompt:"Ti giuro, noi da questo posto di merda ce ne andiamo."
Stava per accendersi la sigaretta successiva, quando un rumore strano gli giunse alle orecchie. Erano mugolii. Di sicuro qualcuno si stava dando da fare. E lui non voleva assolutamente essere un partecipe passivo di tutta la scena.
Il voyeurismo non era mai stato nella lista delle sue cose da fare nella vita. E non era il massimo in un periodo di magra come quello, proprio per niente.
Quando fece per andarsene, sentì un colpo di tosse. No … erano più conati di vomito. Che qualcuno stesse male? Che avesse esagerato con l’alcool?
Per qualche strano motivo – una coscienza troppo grande - si preoccupò di guardare chi celasse quell’angolo buio.
Genere: Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Kurt Hummel, Sebastian Smythe
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno
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Prompt di RobDarko :"Ti giuro, noi da questo posto di merda ce ne andiamo." 
Beta: FeEChAn






L’aria fresca gli sferzava i capelli, come se gli schiaffeggiasse la faccia. E a lui quella sensazione non dispiaceva affatto. Per Kurt era un sollievo sentire la frescura sulle guance accaldate  e gli donava sollievo poter sentire sulla proprio pelle qualcosa di diverso dopo tutto quello sfregare di corpi caldi e sudati tutti stipati sulla pista da ballo dello “Scandals”.

Respirò in maniera profonda, lasciando che il fumo della sigaretta scorresse nei suoi polmoni e poi su per il naso, sino ad aprire la bocca lasciando uscire piccoli anelli. Nemmeno lui ci credeva, eppure aveva iniziato a fumare.  E fanculo le fesserie sulla pelle e sul suo invecchiamento. Di sicuro sarebbe morto prima. Sarebbe morto dentro, prima ancora che fisicamente.

Era tornato a casa. Dopo la delusione della NYADA e la rottura con Blaine. Era arrivato a credere che tornare a Lima sarebbe stata la cosa giusta da fare. Era riuscito ad avere un paio di giorni da Vogue.com ed era voluto tornare a casa. Non si era mai sbagliato così tanto in vita sua. Si sentiva fuori luogo – tremendamente – e sapeva che ormai la piccola città non faceva più per lui. Perché una volta che dai un morso alla Mela, capisci che il resto ti sta stretto. A New York poteva essere chi voleva, nessuno lo guardava storto o lo squadrava per il suo abbigliamento un po’ eccentrico.

Tornare a Lima significava  ricominciare ad essere il ragazzo gay, con la faccia da checca che doveva tenere un basso profilo. E lui odiava tutto questo, si odiava per essere dovuto scendere a compromessi con se stesso per poter stare in una città di provincia che non lo avrebbe mai capito – voluto -.

Stava per accendersi  la sigaretta successiva, quando un rumore strano gli giunse alle orecchie. Erano mugolii.  Di sicuro qualcuno si stava dando da fare e lui non voleva assolutamente essere un partecipe passivo di tutta la scena.

Il voyeurismo non era mai stato nella lista delle sue cose da fare nella vita. E non era il massimo  in un periodo di magra come quello, proprio per niente.

Quando fece per andarsene, sentì un colpo di tosse.  No, erano più conati di vomito.  Che qualcuno stesse male? Che avesse esagerato con l’alcool?

Per qualche strano motivo – una coscienza troppo grande -  si preoccupò di guardare chi celasse quell’angolo buio.

Si disse che avrebbe soccorso quella persona e poi sarebbe andato via. Diede un respiro profondo e si diresse verso quei rumori.

Era un ragazzo. Era steso per terra…

Quando si avvicinò e riuscì ad avere una visuale migliore in quella penombra gli si gelò il sangue.

“Sebastian!” sussurrò. “Sebastian!” urlò alzando di parecchio il tono, sperando che potesse rispondere. L’altro non rispondeva. Giaceva  esanime con tutto il peso sul braccio, la testa ricurva a penzoloni. Quando Kurt si avvicinò per tentare di capire come stesse.

Gli mise la mano sul torace e sentì che la camicia che indossava era bagnata. Quando spostò la mano rimase sotto shock.

Sangue.Tanto sangue.

L’unica cosa che doveva fare era chiamare il 911. E sperare.

 

 

“Il dottor Becker è richiesto in traumatologia”gracchiava l’altoparlante posizionato sopra il bancone dell’accettazione del Mercy Hospital.

Kurt aspettava in corridoio da quando era arrivato all’ospedale, dopo essere corso dietro all’ambulanza, visto che in quanto semplice amico non gi avevano accordato il permesso di accompagnarlo sull’ambulanza.

Si torturava le mani, aspettando che qualcuno si degnasse di fargli sapere qualcosa.

“Lei è il ragazzo che ha accompagnato il signor Smythe ?”

Kurt scattò sulla sedia.

“Posso vederlo?” domandò titubante e un po’ nervoso.

L’infermiera fece cenno di seguirla e Kurt non se lo fece ripetere due volte.  Sebastian era steso, con gli occhi socchiusi, mentre il petto si alza al ritmo del respiro regolare.

L’infermiera se ne andò, lasciandoli soli.

“Ehi” sussurrò Sebastian, tenendosi le costole, mentre il viso veniva storto da una smorfia di dolore.

“Non hai una bella cera.” commentò Kurt, cercando di smorzare la tensione.

“E tu puzzi di fumo.” rispose prontamente Bas.

“Touchè”. Hummel arricciò il naso.

“Uh, se non fossi così distrutto potrei anche eccitarmi sentendoti parlare francese, sai?” Sebastian continuava a tenersi le costole mentre un sorriso – la sua ombra – gli si dipinse sulle labbra.

Kurt si sedette e fissò Sebastian. Era una situazione così strana.

“Sebastian…”

“No, Kurt! Non dire nulla” sbottò a muso duro.

“Sta zitto e fammi parlare,” lo zittì “hai idea di come mi sia sentito quando ti ho trovato in quel vicolo accanto allo Scandals? Uno schifo, ecco come. Tu eri lì, senza vita e in una pozza di sangue”. Kurt strinse convulsamente il lenzuolo del letto davanti a lui. “ Non hai idea del dolore che ho provato. Tu… tu eri lì, ed eri come me ai tempi delle superiori e…”

“Kurt erano solo dei balordi, non dovremmo dargli peso…”

Hummel si morse il labbro inferiore, trattenendo le lacrime. Si alzò in piedi e si sporse verso Smythe.

“ Sebastian, ti prometto anzi ti giuro, noi da questo posto di merda ce ne andiamo. Vieni via con me a New York” sussurrò mentre lo abbracciava, nascondendo il viso di Sebastian contro il suo collo.

“Kurt” tentò.

“Non ti lascio solo, non voglio. Dio solo sa che cosa ho provato quando i medici non dicevano cosa ti accadeva”,

“Ma io non so davvero…”

Kurt gli prese il viso fra la mani e lo guardò dritto negli occhi.

“Non pensare Sebastian, fallo e basta.”

Cercò le sue labbra e le trovò perfette nonostante il gonfiore che le deformava.

“Me lo giuri?”

Kurt annuì.

“New York sarà  il nostro inizio. Lì possiamo essere chi vogliamo.”

Sebastian strinse le mani di Kurt e gli sorrise. Era uno di quei sorrisi che arrivano sino agli occhi. Ma la cosa più bella per lui fu vedere come Kurt gli sorrideva. Ed ebbe una certezza: anche se a NY avesse piovuto lui avrebbe avuto il suo sprazzo di cielo limpido negli occhi del ragazzo che lo aveva salvato.



 

   
 
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