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Autore: musa07    05/01/2013    5 recensioni
" Hayato stava percorrendo il lungo corridoio di quella che era la residenza di Dino Cavallone quando si trovava in Giappone. Romario gli aveva detto che l’avrebbe trovato nell’ultima stanza in fondo. Si trovava lì semplicemente perché Tsuna gli aveva chiesto di recapitargli un messaggio, quindi era lì solo ed esclusivamente per fare un favore al suo adorato Juudaime; Dino non gli era mai andato granché a genio anche se – se doveva dirla tutta – da quando si erano rivisti lì a Namimori poco tempo prima, l’aveva leggermente rivalutato, fosse solo per il fatto che aveva avuto il fegato di accettare di far da Tutor a uno come Hibari Kyoya che Hayato semplicemente considerava un pazzo psicotico. Non era cosa da poco quindi."
Come promesso e preannunciato^^ ecco la fic nella quale sarà protagonista un insolito duo.
Genere: Commedia, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Dino Cavallone, Hayato Gokudera, Kyoya Hibari, Takeshi Yamamoto
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Come promesso e preannunciato^^ ecco la fic nella quale sarà protagonista un insolito duo. Se mentre leggete, vi verrà da chiedervi come, perché, quando Hayato abbia ripreso a suonare il pianoforte ( ovviamente tutto secondo la mia testa^^;) vi rimando ad un’altra mia fic dal titolo “ La parte migliore di me sei sempre tu”. Sappiate in ogni caso che questa one-shot può essere tranquillamente letta anche da sola.         Brutta scema, che fai: sfrutti la mia immagine per farti pubblicità??!ndGokuera     Non badate a lui^^; Buona lettura e buon divertimento. Ci rivediamo nelle note finali.          Ma come: “ non badate a lui”??!!! Voglio i diritti sulla mia immagine!ndGokudera               ^/////^ Ahahah che ridere, fai sempre lo spiritoso!



 
                               “Suoniamo insieme?”




 
Hayato stava percorrendo il lungo corridoio di quella che era la residenza di Dino Cavallone quando si trovava in Giappone. Romario gli aveva detto che l’avrebbe trovato nell’ultima stanza in fondo. Si trovava lì semplicemente perché Tsuna gli aveva chiesto di recapitargli un messaggio, quindi era lì solo ed esclusivamente per fare un favore al suo adorato Juudaime; Dino non gli era mai andato granché a genio anche se – se doveva dirla tutta – da quando si erano rivisti lì a Namimori poco tempo prima, l’aveva leggermente rivalutato, fosse solo per il fatto che aveva avuto il fegato di accettare di far da Tutor a uno come Hibari Kyoya che Hayato semplicemente considerava un pazzo psicotico. Non era cosa da poco quindi.
“ Tanto di cappello a Mr Cavallo Pazzo!” pensò, non sospettando minimamente che Tsuna – su suggerimento di Takeshi tra l’altro a cui Dino stava oltremodo simpatico e la cui simpatia poteva definirsi reciproca – avesse mandato proprio lui dal Giovane Cavallone proprio con l’intento di farli avvicinare e di dimostrare a Gokudera che di Dino ci si poteva fidare ciecamente. E quello che né Tsuna né Yamamoto avevano calcolato, era che si sarebbe messo di mezzo il Fato a far trovare a quei due un punto in comune inaspettato.
Hayato, ignaro di tutto, stava ammirando i quadri dal leggero retrogusto impressionista che si trovavano alle pareti, quando qualcosa attirò la sua attenzione e lo fece arrestare.
- Un violino? – si chiese stupefatto, sgranando gli occhi meravigliato e cercando con lo sguardo da dove provenisse il suono. Da musicista quale era e avendo frequentato in più occasioni i salotti e avendo assistito alle lezioni di grandi maestri, riconobbe quel particolare passaggio: erano gli esercizi che si facevano quando si iniziava a mettere il quarto dito – il mignolo per la precisione – sulle corde per rafforzarlo e allenarlo e in quel momento, chiunque si stava esercitando, stava provando sulla corda di sol.
Sorrise Gokudera, per poi farsi di colpo nuovamente serio.
- Dino? – si interrogò perplesso riprendendo a camminare. – Sta imparando a suonare il violino?! – si chiese sempre più basito ma la melodia che attaccò immediatamente dopo queste sue riflessioni era così armonica e perfetta che – con l’orecchio esperto che aveva – gli fece capire subito che chi stava suonando non era un principiante, anzi! Gli esercizi per l’uso del quarto dito che aveva sentito poc’anzi erano semplicemente prove che colui il quale stava suonando in quel momento, aveva fatto per testare la mobilità della mano sinistra dopo tanto tempo che non prendeva il violino in mano …
 
 
Dino non seppe mai dirsi cosa lo calamitò in quell’istante tanto da fargli tirare fuori il violino dalla custodia nel quale giaceva addormentato e silenzioso da tempo immemore ormai.
Aveva iniziato a suonarlo da adolescente e con la solerzia e le capacità – nonché con il forte senso e gusto estetico – che gli appartenevano di natura, si era dimostrato fin da subito un allievo modello e captante e aveva fatto sua l’arte di armeggiare quel complicato e delicato strumento in breve tempo.
Ed ora, eccoli lì, dopo aver saggiato la giusta tensione delle corde con le sue dita lunghe e affusolate e doveva dire che, nonostante ne fosse passato di tempo dall’ultima volta che l’aveva preso in mano, il violino aveva retto bene gli sbalzi e gli umori del tempo. Mentre una ciocca dorata gli scivolò davanti agli occhi andando a posarsi leggera sulle corde, Dino – strizzando l’occhio destro – si sincerò della corretta posizione del ponticello che sorreggeva le corde e del piccolo pirolo di legno, che portava romanticamente il nome di anima, che si trovava all’interno dello strumento.  Sorrise dolcemente a vedere come tutto fosse in ordine e passò all’accordatura aiutandosi con il pianoforte che si trovava anch’esso nella stanza. Finito che ebbe anche questa delicata operazione – che il suo maestro di allora gli aveva insegnato ben presto perché sosteneva che non c’era niente di peggio o di più dannoso che imparare a suonare su uno strumento scordato – Dino si posizionò davanti alla finestra, dando le spalle alla porta socchiusa dietro di lui e, con un grosso inspiro, dopo essersi assicurato che la spalliera fosse posizionata correttamente, poggiò l’arco sulle corde.
Dapprima partì sulla corda vuota di Re, il suono che adorava più di tutti e si ricordò di quanta fatica e impegno aveva dovuto metterci per far uscir la stessa nota con un tono che lo soddisfacesse usando il quarto dito sulla corda di Sol. E fu lì infatti che posizionò immediatamente dopo le sue dita, sulla quarta corda, a vedere se era ancora in grado di produrre lo stesso suono così a lungo faticato e sudato. Soddisfatto del risultato, Dino sorrise. Poi, sciogliendo le spalle da ogni contrattura con una leggera rotazione, iniziò a suonare ed era così preso da quello che stava facendo che non si accorse minimamente che la porta socchiusa dietro di lui, si schiuse ulteriormente …
 


Hayato non sapeva se essere più calamitato dalla melodia che andava in crescendo o dall’immagine che Dino gli stava offrendo di sé in quel momento. Sì perché, Gokudera riconobbe come propria quell’espressione, perché sapeva che anche lui quando suonava il pianoforte, quando aveva ricominciato a suonare poco tempo prima ( vd. nota introduttiva^^ndClau), assumeva quella stessa espressione estasiata e al contempo concentrata in volto che ti faceva diventare un tutt'uno con il tuo strumento, non come un prolungamento ma proprio come una parte di te e il biondino in quel momento non era da meno. E guardalo mentre suonava, fu per Hayato come trovarsi su di una pedana che ruotava di 180°, primo perché era impossibile per lui non emozionarsi quando ascoltava qualcuno suonare dal vivo, in particolar modo se quel qualcuno suonava in quella maniera, magari con qualche sbavatura tecnica ma con sentimento e cuore ed era proprio quello che stava facendo Dino: stava suonando col cuore. Secondo perché fu come sentirsi in qualche maniera legato a lui dall’amore per la musica, come se un filo invisibile li avesse legati.
“ Forse ho sbagliato a giudicarlo …” pensò rammaricato per poi ascoltare in religioso silenzio fino alla fine. E solo alla fine, quando un soave sorriso gli si dipinse sullo splendido volto, il giovane boss – con la coda dell’occhio – si accorse di non essere solo.
- Gokudera-kun? – esclamò allibito, arrossendo involontariamente quasi fosse stato sorpreso a commettere chissà che. Oltretutto, il sapere di non essere propriamente nelle grazie del ragazzo che gli stava di fronte – anche se ne ignorava il motivo - era fonte di enorme dispiacere per lui perché, per carattere, gli piaceva andar d’accordo con le persone e che la gente stesse bene in sua compagnia, cosa che gli riusciva istintivamente bene visto che la sua innata solarità accattivante, il fatto che fosse così dolcemente incasinato, attirava subito le simpatie e l’affetto degli altri.
- Non sapevo suonassi il violino. – fu la replica meravigliata dell’altro che entrò nella stanza muovendosi lentamente e guardandosi intorno dopo aver chiuso la porta alle sue spalle.
- E’ da un po’ che non lo prendevo in mano, in effetti … - rispose abbozzando un sorriso imbarazzato, non perdendo neanche un minimo movimento nell’altro. – Tu suoni il pianoforte invece? – gli chiese avendo l’illuminazione di un ricordo risalente a tanto tempo addietro.
- Eh … diciamo che anch’io è da poco che ho ripreso a suonare. – ribatté il ragazzo dagli occhi verdi prima di posarli su quelli marroni dell’altro, in una risposta che Dino interpretò come un atto di complicità e fu allora che lo vide: Gokudera gli aveva fornito uno spiraglio. Sorrise. Per certi versi gli ricordava Kyoya, anche se Hayato non incuteva lo stesso terrore cieco negli altri.
Ripensò alla venerazione che il ragazzo aveva per Tsuna, al fatto che si sarebbe gettato nel fuoco non solo per lui, ma per tutti loro – in particolar modo per un certo giocatore di baseball dal perenne sorriso sulle labbra – e sorrise di nuovo. Perché Dino, a dispetto dell’apparente ostilità che Hayato nutriva nei suoi confronti, aveva un grande rispetto e una grande considerazione di lui. Poi, quasi avesse avuto una folgorazione, se ne uscì con un innocente ma euforico:
- Ti va di suonare qualcosa insieme? –
- Eh??!! – ribatté Hayato quasi urlando, guardandolo con gli occhi fuori dalle orbite.
 
 
 
 
Yamamoto aveva incontrato Hibari giusto fuori dalla casa di Dino e, nonostante il secondo avesse dato chiari segnali di cercare di ignorare ogni tentativo di intavolare una conversazione da parte del primo, Takeshi gli batté energicamente una mano sulla spalla come a voler suggellare un patto di amicizia intrinseco, cosa che procurò un brivido di angoscia pura nelle vene del ragazzo dagli occhi grigi.
Yamamoto si trovava là giusto per sincerarsi sull’incolumità di Dino perché conosceva anche troppo bene come l’ira funesta facesse presto a montare in Hayato – il suo adorato amore – e conosceva molto bene anche come Dino si divertisse troppo a stuzzicarlo e provocarlo apposta per irritarlo. Non chiese nulla a Hibari, anche se ben poteva sospettare il motivo che l’aveva spinto a vagare e spingersi fino a casa del biondino perché – che ne dicesse e sostenesse Kyoya – Dino era per lui come il canto delle sirene per Ulisse: ammaliante. Inoltre, più di qualche volta, lui e Hayato avevano sgamato il giovane Cavallone e Hibari, quando erano convinti di non essere visti, in atteggiamenti che andavano ben oltre a quello che si poteva definire un rapporto tra allievo e maestro. E Takeshi e Hayato, elegantemente e per tener salva la vita di Dino, avevano sempre fatto finta di niente.
Yamamoto sorrise quindi tra sé e sé mentre salivano le scale di casa Cavallone a vedere come Hibari mantenesse la sua faccia impassibile, anche se era chiaramente infastidito dalla sua intrusione e fu solo grazie al silenzio che c’era tra loro in quel momento che poterono udire chiaramente la voce del Guardiano della Tempesta levarsi, in risposta alla proposta di Dino sullo suonare insieme, solo che questo - loro due - non lo potevano sapere e risuonò ben insolito alle orecchie di entrambi quello che sentirono.
- Mi … mi farebbe strano farlo con te. – la voce di Hayato era pressoché un sussurro imbarazzato e titubante, come quando una proposta lo coglieva impreparato pensò Takeshi che conosceva ogni minima sfumatura dell’altro. Lui e Hibari si bloccarono di colpo e l’atleta era certo che anche il Guardiano della Nuvola si fosse quasi soffocato con la sua stessa saliva al sentire quella frase. Si bloccarono entrambi di colpo, quasi avessero ricevuto la scossa. Che diavolo stava succedendo dentro quella stanza? Si chiesero all’unisono, lanciandosi un’occhiata di sottecchi e Yamamoto notò chiaramente il luccichio omicida negli occhi dell’altro farsi spazio in mezzo all’espressione sconcertata. Kyoya fece un passo per muoversi ma Takeshi – impavido – lo bloccò fermando per un polso, beccandosi un’occhiata truce da parte del suo compagno che lo interrogò con lo sguardo e lui scosse il capo lentamente, a farlo desistere dal suo proposito di irrompere nella stanza, perché il Guardiano della Pioggia era certo che non stesse succedendo niente di male là dentro.
- Se non ti piace o se in qualsiasi momento ti senti a disagio, smettiamo subito. Giuro! – la voce di Dino era così ammaliante e di nuovo i due ragazzi, quasi si strozzarono. Anche Yamamoto stavolta iniziò ad andare leggermente in affanno tanto che dovette allagarsi la camicia della divisa, sbottonandola e facendosi aria. Con un brivido s’immaginò la scena di Hayato – il SUO Hayato – con il giovane Cavallone.
- Oddio! – mormorò deglutendo e buttando fuori un grosso espiro e spostando nuovamente lo sguardo verso Hibari, notando giusto in tempo che anche nella testa dell’altro doveva essere passata la stessa identica immagine e infatti lo vide rabbrividire. Ed erano entrambi così scossi, forse chissà: per timore di scoprire chissà cosa, che si avvicinarono lentamente alla stanza quasi in trance ma fu di nuovo la voce del Guardiano della Tempesta a bloccarli.
- Ok. – lo sentirono bisbigliare dopo che aveva chiaramente preso un lungo inspiro.
- Ok? Wow! Splendido! – fu il turno di Dino di ribattere, sorpreso ma al contempo felice per il consenso ricevuto dall’altro.  – Sarà qualcosa di meraviglioso vedrai. – gli promise e dal tono della voce si poteva chiaramente percepire come comunque anche lui fosse nervoso.
Takeshi e Kyoya spostarono l’uno lo sguardo sull’altro, fissandosi a bocca aperta sconcertati ma troppo increduli. Il secondo gli intimò con gli occhi di lasciarlo entrare mentre il primo scosse nuovamente la testa mentre li sentirono muoversi all’interno della stanza.
- Mettiti … comodo … - di nuovo la voce del biondo arrivò alle orecchie dei due.
- E’ … è una parola. Sono un po’ nervoso. – e nuovamente la voce di Hayato li arrivò come un bisbiglio.
- Anch’io. – ammise Dino dolcemente, per poi riprende a parlare. – Se, se vuoi provarlo prima di iniziare … - e qui Takeshi stritolò il braccio di Hibari sotto la sua morsa tanto che quest’ultimo dovette assestargli una pedata secca e minacciarlo di morte per attirare la sua attenzione ad indicargli che gli stava triturando il braccio.
- No, no … mi basta guardarlo per vedere che è già pronto. Dino, è … è semplicemente meraviglioso. Appena l’ho sfiorato ha reagito immediatamente. – dalla sua voce traspariva ora sincera ammirazione ed era sparita ogni traccia di nervosismo come se qualcosa aveva accesso in lui ogni interesse e attenzione.
- Grazie! Ne vado molto orgoglioso infatti. – e manco a dirlo, i due ragazzi fuori dovettero appoggiarsi entrambi allo stipite della porta boccheggianti, sempre più in angoscia e agonia perché in effetti, a sentirla dal di fuori, quella conversazione poteva sembrare tutto fuorché innocente e non potevano sapere né tantomeno immaginare che Hayato si stava riferendo al pianoforte a coda presente nella stanza che aveva rapito ogni sua attenzione e che non appena ne aveva sfiorato dolcemente i tasti, aveva sentito il solito ben noto brivido attraversagli il corpo quasi che lo strumento fosse lì solo per lui, ad attenderlo.
- Dimmi tu quando sei pronto e te la senti di iniziare. – gli disse Dino sorridendo teneramente a vedere il luccichio che brillava negli occhi verdi dell’altro quando questi sollevò lo sguardo verso di lui a lanciargli, per la prima volta da quando si conoscevano, uno sguardo di complicità mentre il biondino riposizionava il violino sulla spalla. Occhiata di complicità - anche se di tutt’altra natura: d’inquietudine e non di entusiasmo - che condivisero anche Yamamoto e Hibari fuori dalla stanza, con la mano sulla maniglia, pronti a tradurre in azione i loro pensieri e far irruzione all’interno della stanza ma si sentirono entrambi mancare la terra sotto i piedi quando udirono attaccare le prime note di una ben nota aria di Beethoven e, con un sospiro di liberazione ma anche di sconcerto, incespicarono l’uno sui piedi dell’altro nel momento del sollievo e ruzzolarono rovinosamente all’interno della stanza, producendo un fracasso fuori dai sistemi e attirando inevitabilmente l’attenzione dei due musicisti che si voltarono verso l’uscio di colpo.
- Kyoya? –
- Yamamoto?! –
Proferirono all’unisono Dino e Gokudera basiti.
- Cosa vi fate voi due qui? – li interrogò brusco Hayato.
- No: voi due cosa ci fate qui? – replicò Takeshi dopo essersi alzato da terra, dove l’aveva spinto con la solita delicatezza e gentilezza ( ehh … niente!ndClau) Hibari per alzarsi a sua volta.
- St-stiamo suonando. – spiegò Gokudera come se dicesse un’ovvietà, stupito e calamitato al contempo dal fremito delle labbra e della voce del suo compagno, perché capitava di raro di vedere il suo fissato del baseball in preda al nervosismo. Il quale fissato del baseball stava realizzando la situazione assurda che li aveva visti vittime e tossicchiò imbarazzato, dandosi mentalmente dello scemo per essersi fatto chissà che film nella testa.
- Ah … ehm … state, suonando?  Stanno suonando. – ripeté rivolgendo lo sguardo a Kyoya che aveva realizzato quell’attimo prima di lui la situazione.
- Lo vedo. – ribatté atono Hibari incrociando le braccia al petto mentre gli altri due li fissavano perplessi e interrogativi e Takeshi capì che dal Presidente del comitato disciplinare non gli sarebbe arrivato nessun aiuto e che il compito di spiegare le cose sarebbe spettato a lui.
- Ecco ... noi due pensavamo che  … - ma fu interrotto dall’altro.
- No: tu pensavi che … - s’intromise Kyoya con la sua voce bassa e tagliente, dopo aver cercato di incenerirlo con lo sguardo.
- No! – ribatté energicamente Yamamoto. – Anche tu hai pensato per un attimo che lo stessero per fare. – gli disse.
- Per fare che?! – s’intromise spazientito il pianista e attirando su di sé l’attenzione dei due litiganti mentre Dino – che la sapeva lunga – ripercorrendo con la memoria la conversazione avuta con Hayato quegli attimi prima di iniziare a suonare, afferrò al volo la situazione e dovette mordersi il labbro per non iniziare a ridere, gesto che fu notato da Takeshi che rivolse lo sguardo a lui, a lui con il quale – per assonanza e somiglianza di carattere – poteva condividere l’assurdità comica della situazione.
- Dio, Dino: mi hai fatto morire! – ammise scoppiando nella sua risata fresca e cristallina massaggiandosi la nuca imbarazzato subito imitato dal biondino.
- Gomen Yama, gomen! – gli disse ridendo ancora di gusto. – Ma sai che non farei mai una cosa del genere. – aggiunse alla fine, sorridendogli come a un fratello.
- Lo so, lo so. – replicò sempre più imbarazzato Yamamoto. – E mi fido ciecamente anche di Hayato, però ragazzi: giuro che da fuori la vostra conversazione poteva esser davvero interpretata male. Vero Hibari? – chiese rivolgendosi all’altro, sperando – nel suo infinito ottimismo – in un suo aiuto o comunque consenso.
- Hn. – si limitò a replicare, miracolosamente, l’altro che non smetteva di tener inchiodati gli occhi su Dino il quale, accorgendosi di quell’occhiata, sentì un brivido ghiacciargli le vene perché capì che, anche se non aveva fatto niente, Hibari gliel’avrebbe fatta comunque pagare cara.
- Io non ho capito. – proferì Gokudera sempre più confuso e spostando lo sguardo sugli intrecci complicati delle occhiate che si stavano scambiando gli altri tre.
- Te lo spiego dopo. – promise Takeshi sorridendogli. – Beh, a questo punto: che ne dite di continuare a suonare? – propose allegro ai due, cercando di alleggerire la situazione e frenare gli istinti omicidi di Kyoya il quale stava tentando in quel momento di sperimentare sul povero Cavallone la forza e la potenza del suo “ sguardo che paralizza e uccide”. Il quale povero Dino rivolse un’occhiata di profonda gratitudine al suo salvatore prima di rivolgersi di nuovo verso Hayato per fargli segno con un cenno della testa il momento in cui attaccare a suonare.
Takeshi si mise quietamente e diligentemente seduto su uno sgabellino di fortuna trovato alle sue spalle, mentre il Guardiano della Nuvola, sempre con le braccia conserte in petto, si appoggiò allo stipite della porta-finestra, fissando svogliatamente fuori dal vetro ma quando attaccò l’assolo del violino, Yamamoto notò chiaramente con la coda dell’occhio come questi spostò i suoi occhi da gatto su Dino socchiudendogli leggermente come sempre quando qualcosa attirava – incredibilmente – il suo interesse e la sua attenzione. E ne aveva ben donde d’altra parte, perché se già di suo il giovane boss era uno spettacolo e un piacere per gli occhi, in quell’insolita veste – con il violino in mano, squisitamente concentrato e serio e non con la sua solita espressione dolcemente strafottente e screanzata – era a dir poco incantevole e non si poteva non restarne rapiti e ammaliati.
Ovviamente Kyoya non l’aveva mai visto suonare, né tantomeno sapeva che suonasse ma d’altra parte non è che ascoltava mai molto quando Dino gli parlava, dovette ammettere.
E lo infastidì non poco il fatto di dover condividere con gli altri due quell’immagine che lui vedeva per la prima volta e, senza rendersene conto, lanciò un’occhiata ostile a quello che lui chiamava l’idiota dalla paralisi facciale sulle labbra il quale, sentì inspiegabilmente un brivido di puro terrore attraversargli il corpo da capo a piedi.
Dino era solo suo, punto. Kyoya non avrebbe accettato nessuna intrusione da parte di terzi, molto semplicemente perché non voleva dividere e condividere Dino con nessuno, ma questa era una cosa che il suo Io doveva ancora realizzare e accettare pienamente.
Non che fosse possibile tener lontana la gente da Dino tra l’altro, perché erano calamitati dalla sua allegria, dalla sua dolce maldestria che – suo malgrado e suo danno – aveva imparato a conoscere e se a qualsiasi altra persona il giovane Cavallone ispirava una tenerezza incredibile quando combinava casini senza i suoi uomini attorno, in lui mal si celava il fastidio perché proprio non gli riusciva di capacitarsi che un abile stratega com’era Dino, si trasformasse in un inetto quando si trovava da solo. E Dio solo sa come – e per fortuna anche – quando erano loro due da soli, nei loro momenti d’intimità, Dino riusciva a conservare e far esplodere tutto il suo carisma e il suo sex appeal, che ben si poteva facilmente intuire, esplodeva come un fiume in piena e, cosa unica nel suo genere, riusciva a fargli perdere ogni controllo.
Perché quell’idiota inetto dai capelli biondi era in grado di avergli smosso tutto questo? Com’era stato possibile che avesse fatto breccia nella sua corazza di impassibilità e freddezza?  E com’era stato possibile soprattutto che lui – Hibari Kyoya – avesse permesso che ci fossero dei varchi nella sua armatura di imperturbabilità e distacco?
Com’era possibile che lui che da sempre si considerava – con orgoglio e vanteria – un animale solitario, avesse permesso all’altro di avvicinarsi così tanto? E poi perché proprio a uno che – caratterialmente – era ai suoi antipodi? Com’era possibile che Dino Cavallone lo facesse sentir a suo agio, al sicuro? Con le sue svenevolezze sdolcinate, le sue fastidiose manifestazioni di affetto che gli urticavano il sistema nervoso anche al solo pensiero, le sue attenzioni, le sue preoccupazioni che prima di tutto fosse lui a stare bene. Quel porlo al di sopra della sua felicità che lo faceva sentire irritabilmente piccolo, in sua completa balia.
“ Ricorda un po’ Kyoya: quand’è che è iniziato tutto questo?” Si stava chiedendo infastidito proprio nel preciso istante in cui Dino aveva socchiuso gli occhi dolcemente e vedendo che lo stava osservando, gli fece dono di uno di quei sorrisi che dedicava solo a lui.
“ Muori maledetto Cavallone, muori!” pensò irato, distogliendo lo sguardo indignato, non riuscendo però in nessuna maniera a frenare il diffuso rossore salirgli alle guance. “ Anzi: sarò io a porre fine alla tua stupida e inutile vita!” decretò risoluto.
Eppure, non riusciva a staccargli gli occhi di dosso. Non riusciva a distogliere lo sguardo da quei capelli dorati ricordando quando gli solleticavano il viso quando Dino si abbassava quel tanto da permettergli di depositargli un bacio rubato a fior di labbra. Ricordava quanto fossero morbidi e soffici quando vi affondava le mani nel momento in cui non sapeva più dove ancorarsi per paura di perdersi in quel vortice di sensazioni uniche che l’altro gli stava facendo conoscere e scoprire un po’ alla volta quando si trovava disteso sotto di lui. Posò gli occhi grigi su quelli marroni dell’altro riportando alla memoria – come se fosse stato quel preciso instante – la prima volta che Dino aveva avuto tanto ardire di baciarlo. Si era scusato quell’idiota quando il bacio era finito. 
– Scusami. –gli aveva mormorato, ma si vedeva chiaramente che era tutto fuorché dispiaciuto.
– Scusami, ma era da tanto che lo volevo fare. –aveva concluso. E lui invece che pestarlo a sangue e ucciderlo di una morte lunga e dolorosa, cosa aveva fatto? Probabilmente l’unica cosa al mondo che non avrebbe dovuto fare e Kyoya era ancora lì che si chiedeva perplesso da che razza di entità diabolica fosse stato posseduto in quel momento, sì perché invece di respingerlo, gli aveva affondato una mano tra i capelli biondi e spingendolo per la nuca, l’aveva attirato nuovamente verso di sé, verso le sue labbra e si era lasciato docilmente – lui! – appoggiare alla parete alle sue spalle e quando la lingua di Dino si era intrufolata tra le sue labbra, aveva mugolato di piacere, neanche fosse stato un animale in calore.
E da lì, da quel suo acconsentire e assecondare silenzioso e muto, tutto aveva avuto inizio.
“ Muori maledetto! Muori!”
Eppure perché sentiva così tanto il bisogno della sua presenza quando non c’era? Necessità della sua allegria, del casino indiavolato che riusciva a creare intorno a sé dovunque passasse. Perché poco prima, quando si trovava fuori dalla stanza e per un attimo per la testa gli era passato l’atroce sospetto che stesse per farlo con un altro, sarebbe irrotto nella stanza uccidendo senza indugio l’idiota dallo sguardo truce anche solo per il pensiero che qualcuno che non fosse lui, toccasse e accarezzasse la pelle di Dino? E per fortuna – anche se non l’avrebbe ammesso mai neanche sotto tortura – era lì fuori con Yamamoto che l’aveva fermato. E l’aveva fermato molto semplicemente perché aveva cieca e inossidabile fiducia di Gokudera e del loro amore mentre lui –altra cosa che non avrebbe ammesso mai neanche sotto le minacce dei ferri roventi degli Inquisitori – temeva di perdere Dino, temeva che questi, presto o tardi, si sarebbe stufato del carattere di merda che aveva.
Abbassò mestamente gli occhi a terra nell’istante in cui la melodia cessò e fu risvegliato solo dal battere le mani entusiasta da parte di Yamamoto.
- Fantastico, ragazzi! Davvero! Dovreste mettere su un’orchestra. – si galvanizzò Takeshi continuando a complimentarsi con il solito entusiasmo che lo contraddistingueva da sempre.
- Ma che idiozie vai blaterando stupido fissato del baseball???!!!! – s’inalberò come al solito Hayato, saltandogli su giusto anche per sfogare la tensione che aveva accumulato in quei minuti perché – se si escludeva quando aveva suonato in presenza del suo adorato amore – era da una vita che non si esibiva davanti alla gente. E la sua tensione sarebbe stata sciolta anche dal suo compagno di suonata perché Dino, per andare incontro agli altri tre, era inevitabilmente andato addosso al leggio che si trovava davanti a lui e per tentare di salvare il violino che ancora teneva in mano e tutti gli spartiti che stavano miseramente cadendo a terra non riuscì a fare né questo né quello perché: primo il leggio e gli spartiti furono salvati da Takeshi che, agile e fulmineo, riuscì a recuperarli quell’attimo prima che si poggiassero a terra, secondo perché Dino continuò nella sua rovinosa caduta vedendo salvato il suo violino dall’agilità di Kyoya stavolta. Sospirò di sollievo quindi il giovane boss sorridendo. Sorrise un po’ meno, anzi: non sorrise proprio per niente Hayato quando si trovò infilzata la punta dell’archetto direttamente in un occhio.
- *azzo *azzo Dino: mi hai accecato! – lo insultò portandosi una mano al volto. – Ma quanto impedito sei??! – continuò nel suo infervoro e il biondino più incasinato dell’universo, ancora disteso a terra, sospirò sconsolato perché gli fu chiaro che in un attimo aveva distrutto tutta la considerazione da parte di Gokudera che era riuscito a guadagnarsi faticosamente in quel pomeriggio, dovendo subire oltretutto le minacce di morte da parte di Hibari che continuava imperterrito a calpestargli le mani. Per sua fortuna, completava il quartetto anche Yamamoto che fu l’unico dei tre che si sincerò sulla sua salute mentre gli dava una mano a rialzarsi.
Massaggiandosi dolorante la botta sulla testa e controllando l’entità del danno fatto all’occhio di Hayato, proferendosi in mille scuse, si rivolse poi al suo allievo.
- Mi fai un massaggio dove mi fa male? – gli chiese fiducioso, sorridendogli docilmente.
- Neanche morto! – fu la risposta data con il solito tono di voce atono. – Se vuoi ti procuro altri ematomi così la smetti di preoccuparti di quelli che hai sulla testa. – proferì come se gli avesse offerto una tazza di the. Cosa che procurò un brivido di terrore in Takeshi e Gokudera.
- Fa sempre così, ignoratelo. – replicò sinceramente divertito Dino dandogli le spalle.
- Pensi sia una mossa saggia dargli le spalle? – gli bisbigliò preoccupato il ragazzo dagli occhi verdi, facendolo scoppiare a ridere mentre riponeva il violino al suo posto.
- Bene, e adesso che cosa facciamo di bello tutti insieme? – chiese con entusiasmo il padrone di casa, dato che adorava stare in compagnia. La stessa cosa non si poteva dire del suo allievo che infatti lanciò ai due suoi compagni di scuola un’occhiata più che eloquente. Lui voleva stare da solo con Dino e subito! Aveva anche già pazientato troppo tempo per quelli che erano i suoi standard.
- Ahm … noi dobbiamo andare veramente. – se ne uscì Takeshi tirando per la manica Gokudera e spingendolo verso l’uscio dopo aver notato come gli occhi di Hibari avessero cercato di ucciderli all’istante.
- Ma, ma come: di già? - chiese un basito Dino mentre riponeva saggiamente anche l’arco nella custodia dopo averlo ripulito dalla pece.
- Sì, sì. - rincarò la dose il Guardiano della Pioggia, che sapeva per certo che Hibari era lì perché voleva passare del tempo con il suo tutor, passare del tempo insieme che non prevedeva l’intrusione da parte di altre persone.
– Sì esatto, dobbiamo proprio andare. Ci teniamo alla nostra vita … - gli fece eco Hayato che si era accorto a sua volta dello sguardo omicida del Presidente del comitato disciplinare.  – E anche tu Dino dovresti avere cura della tua invece che frequentare assiduamente pazzi psicotici … – aggiunse, cosa che gli procurò un’occhiataccia da parte di Takeshi per aver avuto tanto ardire di dire una cosa simile di fronte a Kyoya.
- Morirete per questo. – sibilò tra i denti Hibari con un fruscio muovendosi minaccioso verso di loro che si trovavano già mezzo fuori dalla porta.
- Sì certo, magari la prossima volta. Ciao ciao. – fu la replica di Yamamoto mentre li salutava con la mano perché, come ogni volta, pensava sempre che le minacce di morte da parte dell’altro fossero semplicemente delle manifestazioni di affetto.
 
 
 
 
 
FINE
 
Clau: Miseriaccia, pensavo che scrivere questa fic sarebbe stata una passeggiata, invece caspiterina: mi ha spompato. Bene, allora adesso posso andare a fare la spesa e mi prendo tante caramelle per farmi la calza della Befana^^
Lambo: Vengo anch’io vengo anch’io!! Ahahah! Lambo-san è qui!
Clau: Sìì! Lambo, andiamo! Tremate, tremate: le streghe son tornate! BHUAAAAUUUUAAAA ^/////^
Clau&Lambo: Caramelleee, a noi!!
Tsuna: Oh mio Dio! Qualcuno li fermi per favore.
Ryohei: VADO IO! Col potere estremo delle caramelle, li fermerò.
Tsuna: -_____- Apposto siamo. Oh, Dino-san, Yamamoto, Gokudera-kun: dobbiamo fare gli auguri per la Befana.
Gokudera: E’ per questo che quella scema non c’è, perché sta portando in giro le calze su di una scopa?
Clau ( da fuori): Ti ho sentitooooooooo!!
Gokudera: E ci sente pure bene per l’età che ha.
Tsuna&Yamamoto&Dino:  -_______-  Perché va sempre a finir così?
Hibari: Ho capito: tocca a me chiudere. Grazie per aver letto fino a qui e arrivederci alla prossima. Buona Befana a tutti.
Dino: Oh Signore! Qualcuno chiami un esorcista! Kyoya è posseduto! Il vero Kyoya non avrebbe mai ringraziato! Esci da questo corpo. Esci da questo corpo. Esci da questo corpo.
Tsuna: Ahehm Yamamoto: perché a volte ho come l’impressione di essere finito in una gabbia di matti?
Yamamoto: Tsuna, perché siamo in una gabbia di matti^^
   
 
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