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Autore: Sabu_chan    05/01/2013    1 recensioni
Lina Inverse intraprende un viaggio lontano dai suoi compagni alla ricerca di determinate risposte.
Ogni cosa è stata scritta, l'unica concessione sarà decidere se ascoltare o meno. Se poi avvengono strani fatti o improvvisamente un gatto con ciondolo diventa tuo amico, non c'è da starsene allegri...
Genere: Fantasy, Introspettivo, Suspence | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Amelia, Gourry Gabriev, Lina Inverse, Zelgadis Greywords
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Scelte e Potere

Capitolo 5

 

 

 

 

 

Dling.

 

Gurble.

 

Dling dling.

 

Gurble gurble.

 

Ridete, ridete pure.

Sono poche le cose che detesto, davvero. Riescono a stare tutte in un unica pergamena al contrario delle cose che amo, che necessitano invece di libri e libri interi: le costolette di maiale alla brace, il pollo alla piastra aromatizzato, i calamari delle regioni costiere del sud, la carne di dr-... no, effettivamente il drago non è uno dei piatti che più si addice al mio fine palato. Poi le scorribande notturne, i predoni di tesori distratti, le creature aberranti che mi sottovalutano, la pennichella pomeridiana sotto il caldo sole, e potrei andare avanti così all'infinito.

Riguardo a ciò che odio con tutto il cuore abbiamo lo scappare inseguita senza alcuna ragione, le armi puntate in mia direzione quando sono totalmente innocente (cosa rara ma hey, vi ho visti ridere su questo), le urla furenti e gli epiteti indesiderati, l'avere lo stomaco decisamente vuoto e una inutile compagnia a viaggiare al mio fianco.

Avete idea di quanto possa essere frustrante anche solo una di queste cose? Bene. Ora immaginate la vostra innocente ma pur sempre affascinante maga alle prese con un branco di paesani che non le da pace, la fa correre a destra e a manca non per cercare indizi su qualche interessante e proficuo caso ma per farle la pelle, il tutto accompagnato da grida di cui non vi svelerò i contenuti per educazione, con un gattino divertito appollaiato tra le mie braccia e una parte interna all'altezza del petto che duole e canta. Non le lodi del cuore, sia ben chiaro.

Mi avevano soprannominata “la strega”, dopo avermi vista “dialogare” con la palla di pelo in questione e aver usato un comune incantesimo difensivo per evitare la loro sassaiola. La “strega”, per chissà quale motivo questo appellativo, stava ora scappando senza tentare il minimo approccio all'attacco, tra strette vie della cittadina e catapecchie cadenti. Vorreste dirmi che tutto ciò vi diverte ancora? Masochisti.

«Catturatela prima che si rivolti contro tutti noi!- belle argomentazioni per essere un tipo grande e grosso che rincorre una fanciulla incappucciata- Mostrate il vostro valore e verrete ricompensati con la gloria!»

La gloria?! Dico io, ci sono cose molto più sostanziose e utili di una bella pacca sulla spalla! Per esempio quell'esigua somma che avrei richiesto al proprietario del felide dopo averlo riportato al suo nido. O un rimborso per i danni morali quando quella inutile corsa sarebbe terminata. Ci stavo seriamente pensando.

«Non abbiate timore, il suo Potere non potrà scalfirci finché crederemo nella Sua grazia!» ed ecco una gentil signora, con un forcone ben impugnato e pronto a mettermi allo spiedo, che dava man forte ai suoi compagni. Dei, dopo aver girato l'ennesimo angolo e aver sentito alla nausea queste idiozie, mi sarebbe venuto spontaneo fermarmi e lasciarmi catturare, giusto per dargli il contentino e arrivare al punto della questione.

No, aspetta. Quella pala che mi ha appena sfiorato non pensava seriamente di...?!

Come non detto né pensato, con il fiato che veniva a mancare e le cosce che gridavano riposo, richiamai tutte le forze necessarie e recitai una breve formula, non curandomi di farla udire al resto del gruppo.

«Dem Wind!» gridai, rilasciando l'incantesimo ai miei piedi dopo aver compiuto un balzo, gesto che mi fece guadagnare un po' di terreno sbalzandomi in avanti di diversi metri. Non mi voltai per appurare se avevo danneggiato o meno i miei inseguitori e, effettivamente, dopo l'ultimo tentativo di colpirmi non mi importava affatto se qualche vecchietta, improvvisamente vigorosa, sarebbe andata gambe all'aria.

L'incantesimo non era alla massima potenza, comunque, poiché mi mancavano le forze necessarie a concentrarmi, la causa credo l'abbiate ben capita ma se non siete abbastanza svegli mi toccherà ripetermi: Lina Inverse senza cibo nello stomaco equivale a un potente carro da guerra senza cavalli a trainarlo.

Fortunatamente il paese era composto da tre, massimo quattro dozzine di abitazioni e presto mi ritrovai al suo confine. Mentre i miei occhi saettavano sui fianchi e constatavano quanto altri cittadini si stavano unendo all'allegra festicciola in mio onore, sentii improvvisamente un dolore alla gola. Cercai di ignorarlo per quanto la concentrazione me lo permettesse, finché non lo sentii più pungente e profondo.

«Razza di inutile e pulcioso animaletto da signora per bene, smettila di affondare le unghie nella mia carne!- gridai esasperata, afferrando per le zampe anteriori il gatto che era stato sino ad allora tenuto stretto tra le mie braccia- Sei inutile, di un'inutilità assurda, la peggiore delle creature inutili! Sai solo essere carino e affettuoso quando ti conviene, ora non è il momento di giocare!»

«Quella parla con gli animali!»

«E' una di loro! E' una di loro!»

«Il Profeta ci aveva avvertiti, ne sarebbe arrivata una pericolosa e ora abbiamo l'occasione di portarla al Suo cospetto!»

Oh, merda.

Ragioniamo un attimo, per quanto in quel momento non avessi una grande occasione da sprecare nel ragionamento. Quel dannatissimo gatto, che da adesso chiamerò Coso per facilitarmi il dialogo, non aveva trovato di meglio da fare che piantarmi le sue diversamente candide unghiette nel collo, preso dalla paura di quella folla inferocita. Così, da un momento all'altro, come se fino ad allora non fossimo mai stati rincorsi da uomini, donne e bambini con istinti omicidi nei miei confronti. E, oh, non dimentichiamoci del famigerato “profeta” a cui tutti facevano riferimento, come se si fosse trattato di un santone con il dono della preveggenza e la piacevole attitudine a informare i suoi seguaci di quanto gli utilizzatori di magia fossero nemici.

Effettivamente mi tornava alla mente qualcosa.

Quando io e i miei amici avevamo viaggiato fuori dalla zona di mondo coperta dalla barriere, avevamo incontrato popolazioni che non avevano mai né visto né sentito parlare di magia o poteri simili. Per essere precisi, quello che da noi viene comunemente chiamato incantesimo, quindi una sorta di richiamo di energie esterne, da loro veniva utilizzato in altro modo e non da persone comuni, diciamo che erano pochi eletti i principali “maghi”. Poteva avere senso al di fuori del mondo da noi conosciuto.

Il mio pensare venne interrotto quando, sul mio cammino, incontrai un dirupo. Ah ah ah, vigliacca la designatrice del mio destino, a pormi davanti a un ostacolo che non avevo né la voglia né l'energia necessaria a superarlo. Alle mie spalle il trotterellare di un numero ignoto di persone faceva quasi tremare il terreno. Tra le mie braccia, due occhioni dorati a fissare il vuoto creato dalle pieghe del mio mantello.

La mia cena rovinata, la mia colazione saltata, il mio pranzo non si sarebbe visto all'orizzonte. E la vena che stava pulsando sulla mia fronte non aveva un'aria appetitosa.

Mi voltai verso la folla, che aveva finalmente terminato la corsa vedendomi in una situazione svantaggiosa. Avevo ancora il cappuccio calato in fronte e Coso appoggiato sul mio braccio sinistro, piegato al petto. L'altra mano era pronta a estrarre la spada corta al mio fianco.

Uno degli uomini fece un passo in avanti con l'arma rurale, diciamo, sguainata.

Io, invece, feci un passo indietro.

«Una mossa falsa e avrai di che pentirtene. Ora consegnati a noi e ti useremo la gentilezza incatenarti, e basta!»

E... basta?

Pff. Chissà quali altri giochetti avevano maturato in quelle fervide menti, pur di rendermi il più mansueta possibile. Per non parlare di quelle frasi da copione che, lo sapete benissimo, mi fanno sempre domandare perché non circolino più manuali sull'originalità del porsi, invece dei romanzetti melensi su avvincenti vicende di cappa e spada.

Tra le cose che odio, dovevo annotarlo e me n'ero dimenticata, c'è anche la monotonia.

Fortunatamente, un ramoscello lanciato da un incauto infante mi colpì solo il ginocchio, ma immagino volesse arrivarmi al viso. Odio quell'età in cui si pensa di poter fare grandi cose ma non si ha ancora un buon controllo della mira. A meno che non si parli di me, chiaramente. Fu però sufficiente a farmi spostare il piede ancora più indietro, sentendo il tacco dello stivale sull'orlo del precipizio, la cui terra si sgretolò quel tanto che bastava a rendermi consapevole del pericolo.

Ma io amo le sfide.

Sorrisi con il volto adombrato dal cappuccio. «Volete catturarmi e consegnarmi al vostro capo, eh? Forse non avete ben chiaro che la cosa mi eccita terribilmente.- dissi ad alta voce, ponendo ora la punta del piede sul bordo- Ma per ora caliamo il sipario.»

Non feci in tempo a notare lo stupore e l'ira che, ipoteticamente, sarebbe dovuta sorgere sui loro visi. Il mio sguardo si stava focalizzando al cielo e il vento spirava tra i miei vestiti ad una velocità notevole.

Che volete farci, mi piacciono queste uscite di scena.

 

 

 

Certo, non senza conseguenze.

La schiena mandava indistintamente segnali di dolore, che si espandevano un po' per tutto il resto del corpo. La caviglia sinistra mi stava maledicendo con poca grazia e tanto odio, mentre le spalle avrebbero preferito abbandonarmi piuttosto che accompagnarmi ancora in una simile peripezia.

Già, lasciarmi cadere nel vuoto all'indietro poteva fare il suo dannatissimo effetto scenico, avendo esplorato l'area energetica con la mano libera prima di lanciarmi. Nessun ostacolo di sorta nell'arco di parecchi metri in basso, un ottimo spazio per sfuggire e richiamare un Levitation all'ultimo, giusto in tempo per non andare a sfracellarmi al suolo. Non amo particolarmente la carne spappolata, specie se si tratta della mia.

Ero più che convinta di aver scandagliato per bene l'area, ma ricordate quando ho accennato alla mia riserva di energia prossima all'esaurirsi? Ecco. Proprio quella. Insomma, ho tentato il tutto per tutto in piena sicurezza, ma evidentemente non ero riuscita a prevedere gli ostacoli situati moooolto più in basso della zona controllata. Diciamo un albero o due. Ok, molti alberi. Un'intera foresta e le sue candide cime ad accogliermi.

Non richiamai per tempo l'incantesimo per levitare, dunque incontrai poco piacevolmente le piante di cui sopra. Fortunatamente riuscii a schivare i primi rami, grazie alla mia aggraziatissima velocità felina. In tal proposito, il Coso fu più agile di me e si mise ben in salvo, osservandomi dalla sua posizione sicura e miagolandomi dietro. Ciò che gli urlai in tutta risposta fu qualcosa che suonava come “tu la mia cena te ne pentirai”, mentre sbattevo tra altri rami che non ero riuscita ad evitare.

Riaprii gli occhi. Il sole filtrava timido tra le fitte foglie della foresta, tentando di scaldare inutilmente l'atmosfera umida del sottobosco. Il terreno dev'essere stato altrettanto bagnaticcio, potendone osservare l'erba ancora bagnata dalla rugiada. Era quasi mezzo dì e non si era ancora prosciugata.

Peccato che l'unica cosa che potevo fare in quel momento era osservare il mondo capovolto e non toccarlo con mano.

Se non bruciando ogni cosa attorno a me, come diavolo scendo da qui?!

Una delle mie caviglie era rimasta intrappolata in un intreccio di rami, di cui alcuni spezzati dai piani alti. Tentai di rotearla ma ciò che ne trassi fu una acuta imprecazione contro dei e demoni. La situazione era a dir poco imbarazzante e preferirei non sentire commenti riguardo a quanto sto descrivendo, grazie. Mi sforzai di piegarmi verso l'alto, ma non appena lo feci schiena, spalle e stomaco rimbombarono di diversi tipi di dolore, così optai per attendere un momento migliore che mi portasse meno sofferenza.

Incrociai le mani al petto e provai a richiamare la concentrazione, la compagna migliore di ogni maga.

Potevo trascorrere un po' di tempo a riflettere su quanto accaduto, almeno finché non avrei sentito il sangue coagularsi nel cervello. Mi guardai attorno e non vi era nulla di particolare che richiamasse a un insediamento umano. O di streghe.

Potrei spendere un paio di paroline sulla differenza sostanziale tra una maga e una strega.

Una con la mia intelligenza, nata senza alcuna abilità innata, ha vissuto per anni e anni sui libri delle Biblioteche dell'Associazione dei Maghi, studiando intensamente e accrescendo il mio sapere anche tramite pergamene più o meno proibite... d'accordo, non è necessario possedere il mio quoziente intellettivo, ma è solo grazie a un intenso lavoro di ricerca che sono entrata in possesso di determinate conoscenze, che ad oggi mi permettono di usare degli incantesimi straordinari. Sono un piccolo genio. Un piccolo, delizioso e amorevole genio.

Una strega, o chiamatela con uno dei tanti nomi a seconda della regione in cui vivete, non ha necessariamente bisogno di studiare poiché è già intrisa del potere naturale. Solitamente i sentimenti che incute vanno a braccetto, rispetto e timore, per questo piuttosto che essere cacciata decide di sua sponte di rifugiarsi in luoghi protetti, possibilmente a contatto con la natura dove può esercitare liberamente magia di tipo prevalentamente sciamanica e prelevare erbe per le sue pozioni.

Una maga studia, una strega ha la vita comoda. E' chiaro?

Evidentemente, in quella zona che non avevo mai percorso nei miei viaggi precedenti era comparsa una vera e propria strega, per cui è nato il binomio rispetto-terrore e qualcuno, un tale che ama fare scena, ha istruito i suoi compaesani contro chiunque usasse la magia.

Magnifico. Voglio tornare in un paese civile.

«E' divertente quanto stai facendo?»

«Effettivamente ci sto prendendo gusto... aspetta, cosa?!» sussultai quando mi resi conto che una voce sconosciuta era improvvisamente apparsa nei dintorni. E ridacchiava, oh, se ridacchiava.

«Allora ti lasciamo al tuo inusuale divertimento, straniera.» rispose e sentii dei passi come se si stesse allontanando.

«No, no, no! Non è affatto divertente. Te lo giuro. Anzi, avrei giusto bisogno di una mano...» sorrisi al nulla il più disinvoltamente possibile, osservando la vegetazione attorno per capire da quale punto mi si stava osservando. Aguzzando l'udito, mi era parso di sentire più passi in mia direzione ma proveniente da una sola parte, quindi non ero in qualche modo circondata.

Dling.

Intravidi uno scintillio tra i cespugli. Un'arma? Una freccia? Ero dannatamente fregata?

Poi, un minuto dopo, ciò che vidi fu il terreno avvicinarsi in velocità al mio viso, che lo incontrò con un rumore sordo con il resto del corpo al seguito. Non dimentichiamoci che, prima di tutto ciò, sentii indistintamente un peso di troppo sul ramo che mi intrappolava la caviglia e un crack poco rassicurante.

Ciò che ne seguì fu la mia rovinosa caduta a terra, come se il dolore provocato dalla mia recita non fosse più che sufficiente, e delle ovattate zampine cadermi aggraziatamente sulla schiena. Le mie orecchie furono stordite da versetti acuti, le mie spalle coccolate dalle unghie di Coso che si stiracchiava contento.

Mentre facevo i conti con i miei gomiti dolenti perché mi permettessero di rialzarmi, i miei pensieri culinari sull'utilizzo di carne felina vennero interrotti dall'avanzare dei passi che avevo udito poco prima. Due figure si presentarono davanti ai miei occhi, bardate di lunghi mantelli scuri e bastoni adornati di monili e fogliame. Una di queste mi allungò la sua mano. «Avremmo preferito non avere a che fare con una visitatrice, ma non sembri nelle condizioni di nuocerci.»

«Ho davvero l'aria di una che si stava facendo una gita turistica da queste parti?» sibilai digrignando i denti, accogliendo il suo aiuto ma rimettendomi in sesto da sola non appena fui in grado di stare in posizione eretta. Il mantello non aveva subito grandi danni, i miei spallacci neri decorati invece erano piuttosto malconci. Li avvolsi in una sacca prelevata da una tasca celata del mantello, promettendomi di farli riparare in una città che non mi avesse aizzato contro l'intera popolazione.

Le due figure, alte e all'apparenza esili, non si mossero di un millimetro alla mia simpatica battuta piena di acidità. «Non accogliamo di buon grado chi si ritrova in questa foresta senza invito,- rispose la seconda, stringendo fortemente il suo bastone con una pietra rosea sulla punta e direzionandolo lievemente verso di me- ma faremo un'eccezione, poiché le tue ferite non ti permetteranno ancora di cambiare destinazione.» dicendo questo, spostò la punta dall'alto al basso più volte, come ad evidenziare il mio stato esteriore non proprio piacevole.

Sono accidentalmente ruzzolata giù da un pendio, non fare quella faccia.

La prima figura, il cui bastone era decorato con una pietra color zaffiro, si voltò e mi fece segno con la mano sinistra. «Seguici.» disse completamente atona, per poi incamminarsi nel folto della foresta. Il secondo fece lo stesso e non prestarono particolare attenzione sul fatto che io li seguissi veramente o no. Notai una nota femminile nelle loro voci.

Non mi è mai piaciuto dar immediatamente fiducia a chi cercava, apparentemente, di aiutarmi. I miei precedenti parlano per i miei sospetti. «Con chi ho il... piacere di avere a che fare?»

Le due non si fermarono per darmi retta, ma inclinarono la testa l'una verso l'altra mormorando qualcosa. «Siamo serve della foresta.- disse la Azzurra (ho un innato dono per dare i soprannomi, anche se avrebbero meritato entrambe l'appellativo di Asociali)- Per il momento ti basti sapere questo.»

Roteai gli occhi verso il cielo. Avevo a che fare con due suonate intrigate da una di quelle mode di stare a contatto con la natura, probabilmente. I loro passi felpati sembravano fare attenzione a non scalfire il terreno che calpestavano, mentre i loro respiri erano quasi impercettibili come a non voler contaminare troppo l'aria circostante. Più semplicemente, era la fantasia che ricorreva nella mia mente osservandole. Non stuzzicavano il mio sesto senso anti-demone, di questo ne ero sicura, e nemmeno quello della simpatia a pelle se per questo.

Raccolsi la sacca fai da te con la mia armatura danneggiata e richiamai Coso, che con sommo menefreghismo alla situazione stava saltellando in mezzo all'erba all'inseguimento di una cavalletta. Il ciondolare del suo sonaglio lo faceva risuonare per tutta la foresta, un modo piuttosto ingenuo per segnalare la nostra posizione a chi mi stava inseguendo. Il rumore pareva infastidire le due figure e ciò infarinava ancor di più i miei pensieri. Inquinamento acustico per le loro candide orecchie da naturaliste.

Camminammo per una quindicina di minuti, addentrandoci ancor più a fondo tra gli alberi. Ad ogni passo rispondeva un mio lamento e il gorgoglio del mio stomaco, che attirava l'attenzione delle due figure. «Siamo quasi arrivati.- Rosa sapeva benissimo come confortarmi- A breve giungeremo alla nostra dimora.»

«Se ciò comprende un buon pasto caldo e un letto su cui riposare, non posso che essere felice di essere in vostra compagnia!» ma il mio tentativo di essere socievole scemò immediatamente, scaturendo una reazione pressoché nulla nelle mie accompagnatrici.

C'era del vero nelle sue parole: pochi minuti dopo, si scorgeva una capanna piuttosto scarna costruita tra gli alberi. Pareva più un rifugio per disperati che una casa in cui accomodarsi e rifocillarsi, ma se mi avessero presentato davanti al naso una bella bistecca non avrei fatto troppe storie sul loro dubbio senso estetico.

A un passo dalla porta, una delle due si apprestò a roteare la maniglia. L'altra invece, mi si parò davanti. «Tu usi il Potere?»

Ottimo, da amici difficilmente tolleranti a nemici giurati in pochi secondi?

«E' da quando sono arrivata nella città qui vicino che mi si parla di Potere e profeti, ma piuttosto che darmi spiegazioni mi sono stati puntati addosso dei forconi.- assunsi lo sguardo più serio che potevo, non ci tenevo affatto ad essere costretta a scappare ancora una volta.- Vi risponderei volentieri se foste tanto gentili da chiarirmi l'arcano.»

Strano ma vero, scorsi un sorriso sulla porzione di volto non celata dal suo cappuccio. Azzurra era riuscita a stupirmi, mentre Rosa stava per varcare l'entrata della catapecchia. La Rossa, che sarei io, tentava invano di decifrare i loro ghigni divertiti.

«Sì, tu usi decisamente il Potere, quindi puoi entrare.» rispose senza rispondere, voltandosi a seguire la compagna.

Dal canto mio, tirai un sospiro di momentaneo sollievo. Forse mi avrebbero attaccata all'interno, infrangendo la promessa indiretta del pasto caldo e il letto comodo. A proposito, un certo profumino proveniva proprio dall'interno della costruzione, si era infilato nelle mie narici dopo quell'assurda domanda e altrettanto sconclusionata risposta. La cosa mi convinse del tutto.

«Lui non entrerà.»

Annebbiata com'ero da quel soave richiamo mangereccio, non mi accorsi che l'Azzurra si era fermata, volgendomi la schiena. «Lui... chi?» e questa volta avevo davvero bisogno di una spiegazione, dato che non avevo altri accompagnatori.

La sua mano si alzò, puntando il dito alle mie spalle. Mi voltai e, come già sapevo, non c'era nessun altro oltre me. Già, a parte il piccolo particolare peloso che si stava pulendo le zampe qualche metro più in là, in basso.

«Intendi il gatto? Siete allergici al suo pelo o temete che vi chieda di cucinarvelo? Non sono così tanto disperata. Credo.»

Non che attendessi davvero una risposta, avevo capito che parlare con quegli individui era un lavoro troppo psicologico per le mie condizioni attuali. Feci spallucce e mi avviai verso la porta senza badare troppo all'animale, che in tutta risposta sfrecciò velocemente tra le gambe mie e dell'altra, entrando senza troppi convenevoli nella loro dimora.

Quella non fece alcun cenno di dissenso, ma rallentò il passo. Lanciai una rapida occhiata ai dintorni dell'esterno e no, decisamente non c'erano altre presenze oltre alle nostre. Certo, non potevo permettermi il lusso di sottovalutare il minimo particolare, ma la questione principale era recuperare le energie per prevedere al meglio eventuali pericoli.

D'altronde, avevo la ferma volontà di conoscere altre Risposte.

   
 
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