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Autore: margheritanikolaevna    05/01/2013    9 recensioni
Dal capitolo terzo: " “Ascoltami” disse Stella, con voce improvvisamente ferma “C’è una cosa che devi sapere: io non sono chi pensi che sia. Non sono la persona che credi di conoscere”.
La poliziotta era consapevole che un solo gesto avrebbe persuaso Mac più di mille parole, che lui avrebbe tenacemente bollato come sciocche credenze popolari, impossibili da credere: per questo, lesta come un fulmine s’impossessò della pistola che il collega teneva alla cintola e prima che lui - interdetto da quel gesto inaspettato - riuscisse a muovere un muscolo puntò l’arma verso il proprio petto ed esplose un colpo".
Racconto primo classificato al Goth Contest, indetto da CarmillaLilith su efp
Questo è il link: http://freeforumzone.leonardo.it/discussione.aspx?idd=10338285
Genere: Dark | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Mac Taylor
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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 Ed ecco la seconda parte del racconto di Stella: spero che adesso le sue visioni inquietanti svelino anche a voi il loro mistero e che la creatura fatta d'ombra soddisfi finalmente le vostre curiosità.
  Grazie infinite a chi continua a seguire questa storia, spero che abbiate trascorso un ottimo Capodanno e vi auguro un 2013 ricco di soddisfazioni e serenità!
 
 
In me c’era soprattutto - e stranamente - curiosità: quando arrivai a un paio di metri dalla forma misteriosa, udii una voce che sembrava provenire esattamente da quell’oscurità palpitante. Non era affatto spaventosa, ma anzi aveva un timbro carezzevole e gentile, come da molto tempo ormai non mi capitava di udire; solo, certamente non apparteneva e un uomo, a un essere di carne e di sangue com’ero io allora.
In un altro momento sarei scappata via, folle di terrore, mi sarei aggrappata alle sbarre e avrei urlato sperando di richiamare l’attenzione delle guardie; in quello, invece, sentivo che ciò che avevo davanti non poteva essere peggio dei figli di Adamo con i quali avevo diviso il mio destino fino ad allora.
Non mi disse chi - che cosa - era e, del resto, che importanza avrebbe avuto saperlo? Eppure compresi che era potente, di un potere incredibile: mi disse che conosceva mia madre e che lei era stata davvero una strega. Quando era stata scoperta e condannata, era andato anche da lei offrendole ciò che adesso stava offrendo a me: la libertà e una nuova vita in cambio del suo sangue e della devozione per tutta l’eternità. L’aveva scelta per i suoi poteri, gli stessi che aveva trasmesso a me senza che io ne fossi consapevole; lei non aveva accettato, forse perché più di me sapeva a cosa sarebbe andata incontro e aveva preferito, nonostante tutto, la morte.
Invece io… io ero giovane e impulsiva e così piena di odio verso il giudice e tutti coloro che senza un attimo di esitazione mi avevano condannata, che cedetti: in fondo, cosa poteva accadermi di peggio che finire tra le grinfie lascive di quel vecchio odioso? Chi era il mostro, Mac? Chi era, quell'essere oscuro che veniva a offrirmi una possibilità di riscatto, oppure un uomo che abusava del suo potere per rubare l'innocenza a una creatura sola e infelice? Fu così che il vrykolakas (3) mi uccise, bevve il mio sangue e mi rese ciò che sono adesso.
Sentii dolore solo all’inizio, quando i suoi artigli mi lacerarono la carne, ma subito dopo mi invase una sensazione di sopore, di dolce sonnolenza - come quando mi addormentavo, nei torridi pomeriggi d’estate, sulle ginocchia di mia madre. Mi abbandonai completamente a lui, accettando senza riserve la trasformazione.
Fu come scivolare, lasciarsi andare, annegare in un mare d’inchiostro: nessun dolore, nessuna paura, nessun rimorso.
Quando riaprii gli occhi, l’essere era scomparso e io mi sentivo bene come non mai: ero forte, sveglia, elastica. Nelle mie vene correva una linfa nuova, tumultuosa, e il mio cervello ne era come annebbiato.
I ricordi di ciò che avvenne dopo sono confusi: evidentemente indossai l’abito bianco che mi avrebbe aperto le porte della prigione, intrecciai tra i capelli le rose che il giudice mi aveva lasciato e attraversai il bosco, fino alla sua villa.
Era una notte fredda e nebbiosa, ma io - sebbene fossi seminuda in quel corsetto da sgualdrina di seta bianca - non avvertivo nessuna sensazione sgradevole: i miei sensi erano divenuti incredibilmente acuti, come quelli di un animale selvatico, e per la prima volta nella mia vita mi sentivo potente, sapevo che sarei stata io la più forte. Che avrei finalmente avuto vendetta per ciò che era stato fatto a mia madre”. 
Mac deglutì e serrò le mascelle.
“Lo uccidesti?”  ansimò.
Stella annuì gravemente e iniziò a tormentarsi le mani, cercando di dominare il fiume impetuoso dei ricordi che rischiavano di sopraffarla.
“Ricordo ancora il suo sguardo lubrico che mi esplorava fin sotto i vestiti, quando mi vide entrare nella sua camera da letto… ricordo come si spense, trasformandosi prima in terrore e poi in dolore quando straziai le sua carni, squarciai le sue vene abiette e feci scempio del suo corpo.
Ricordo che, quando l’ultima scintilla di vita abbandonò quegli occhi che mi avevano frugato con indecente lussuria, non rimaneva nessuna traccia di quello che era stato in vita il potente e severo giudice Nikos Constantopoulos: al suo posto vi era solo un ammasso devastato di carne sanguinolenta.
Il piacere, l’odio e il gusto della vendetta mi avevano sopraffatta: agii come in un sogno e non so quanto tempo durò… so solo che quando ripresi il controllo di me e mi guardai intorno all’istante mi resi conto di ciò che avevo fatto. Di che cosa ero diventata: un mostro condannato per sempre a vivere nascondendosi dagli uomini, perseguitato dal loro odio. Costretto a uccidere per nutrirsi.
Fuggii nel bosco, ma ben presto Lui mi ritrovò e pretese che tenessi fede al mio patto: diventare la sua compagna, dividere l’eternità e il terribile potere che il regno delle tenebre gli aveva attribuito”.
“Ma c-chi… che cosa era?” domandò Mac, confuso e sconvolto.
Stella fece un passo verso l’amico, incrociò le braccia e rispose, per la prima volta con la voce incrinata da un percepibile tremito.
“Il vrykolakas è essere a metà strada tra un vampiro e un lupo mannaro… alcuni dicono che gli uomini che in vita sono stati malvagi o hanno subito una scomunica quando muoiono diventano  dei “revenants”: larve che tornano dalla morte per funestare il riposo dei vivi, che si nutrono del loro sangue e della loro essenza vitale e da ciò traggono forza”.
“E tu, vuoi dire che tu…” l’uomo non riuscì a completare la frase: ciò che aveva appena visto e udito usciva completamente dai suoi schemi e gli imponeva di prendere in considerazione l’evidenza di cose che aveva sempre relegato al rango di mere superstizioni, di chiacchiere sciocche indegne di uno scienziato.
Aveva sempre fatto affidamento sui propri sensi acuti e la sua razionalità ferrea: come poteva adesso rinnegare che Stella, invece di essere sul tavolo di un obitorio con un proiettile nel torace, se ne stava in piedi di fronte e a lui e gli parlava… era viva, o almeno pareva essere viva.
La donna levò sul tenente uno sguardo umido di lacrime e avanzò ancora di un passo; quando tuttavia si accorse che Mac istintivamente arretrava, come per evitare il contatto con lei, serrò le labbra in una piega esangue e si bloccò.
“Io sono diventata come lui: esatto, la tua collega, la tua fedele amica non è altro che un mostro. Un essere immondo uscito da una tomba fetida per seminare follia e morte sulla Terra”.
“Ma come è possibile?” trovò finalmente la forza di articolare il detective “Io non ho mai notato nulla di strano nel tuo comportamento?”.
A quel punto il viso di Stella si tese in un sorriso amaro: “Se ti riferisci al fatto che quelli come me non sopporterebbero la luce del giorno e non si rifletterebbero negli specchi, sappi che si tratta solo di chiacchiere superstiziose inventate nell’illusione di poterci  riconoscere più facilmente…” 
“Aspetta!” anticipò poi la sua successiva domanda “La mia storia non è ancora finita: non resistetti a lungo insieme a Lui, perché una volta soddisfatta la mia sete di vendetta mi resi conto che non sarei mai stata in grado di continuare a uccidere per cibarmi e mantenermi potente. Farlo avrebbe significato gettare nel fango tutto ciò che mi era stato insegnato fin da quando ero una bambina.
Non era la mia natura: mi ero lasciata trascinare dall’odio, ma non potevo… capisci, non potevo continuare! Più volte tentai di fuggire, ma riuscì sempre a ritrovarmi e a piegarmi ancora al suo volere”.
Io sono legata a lui” continuò Stella, quasi ripetendo una funebre cantilena “come il forzato alla catena, lo strenuo giocatore alla roulette, l’ubriaco alla bottiglia di vino. Come la carogna all’abbraccio del verme…”
 
“Io-io non riesco a crederci!” esclamò a quel punto il tenente “Ho visto qual è stata la tua vita in questi anni, so che l’hai dedicata a proteggere le persone, a fermare i criminali”.
“È così, infatti” rispose Stella senza smettere di guardarlo “alla fine mi resi conto che servendomi dei poteri di strega potevo tentare di ingannare il mio padrone.
Ci riuscii inscenando la mia “morte”: soggiogai alcuni contadini di Chios e misi in scena il ritrovamento della tomba di un vrykolakas. Feci in modo che fossero compiuti i riti di esorcismo e purificazione che secondo la tradizione possono mettere fine ai vagabondaggi funesti del mostro; un cadavere che si pensò fosse il mio venne trafitto con punte metalliche e inchiodato alla bara affinché non ne uscisse più. Gli vennero recisi i tendini e alla fine sulla tomba, nuovamente chiusa, vennero apposte una croce di cera e un pezzo di ceramica con la scritta “Gesù Cristo vince”.
Io ero tra la folla e presi parte alle preghiere per sincerarmi che tutto fosse credibile: riuscii a ingannarlo e a scomparire senza lasciare dietro di me tracce che il mostro fosse in grado di seguire.
Rinunciai ai miei poteri e mi rassegnai a sopravvivere consumando surrogati del sangue umano; scelsi di dedicare la mia vita a tentare di rimediare al male che avevo fatto quando ero insieme a Lui. Mi sono spostata tante volte, nella mia lunga vita vagabonda, costretta a non restare nello stesso posto troppo a lungo perché la gente si accorgesse che il tempo per me non passa. Costretta a non legarmi mai a nessuno per non rivelare il mio segreto.
Se fossi rimasta con Lui continuando a uccidere innocenti, conserverei ancora adesso l’aspetto della fanciulla che ero quando la mia vita mortale è finita; dato che ho costretto il mio organismo a cibarsi solo di sangue animale o del contenuto di sacche di plasma comprate da infermieri disonesti, invece, la mia pelle ha perso splendore, la mia carne cede e pian piano invecchierò in una lenta - lentissima - dissoluzione, senza nemmeno la speranza che la morte ponga fine alla mia eterna agonia.
Qualcuno potrebbe invidiare la mia sorte, l’immortale potere che mi è stato concesso al prezzo della mia umanità, e invece io credo che non esista nulla di peggio della condanna alla solitudine senza fine: ci sono solamente io e i miei ricordi. E i miei rimorsi.
Ho cercato di fare del bene, di affermare la giustizia, di salvare persone innocenti da esseri che, sia pure perfettamente umani, a volte si sono rivelati mostruosi come e più di quanto io non sia mai stata. Sono arrivata qui e ho conosciuto tutti voi… e te.
Ho creduto di avere trovato finalmente un posto nel quale potermi sentire come a casa, tra persone che consideravo quasi una famiglia; la mia “copertura” ha tenuto fino all’altra notte, quando ho dovuto affrontare quei tre che altrimenti ti avrebbero ucciso… sono stata costretta a servirmi dei miei poteri per la prima volta dopo secoli e lui subito mi ha trovata. È bastato questo, solo questo, e immediatamente è comparso a New York”.
“Quindi vuoi dire che i due omicidi sono stati commessi da questo… questo” Mac esitava, non riuscendo a capire bene quale termine utilizzare “ essere mostruoso che tu hai chiamato vrykolakas e che ti avrebbe seguito fin qui in città?”.
“Ne ho avuto il sospetto” ribatté Stella, reprimendo un singhiozzo “quando ho visto il primo cadavere…”.
“Ecco perché eri così sconvolta e sei dovuta correre via!” la interruppe l’uomo.
“E i miei timori sono diventati certezza quando l’ho visto: è stato qui, in questa stessa casa, poco prima che arrivassi tu”.
“Così hai portato nella nostra città il mostro che ha già ucciso due persone e forse ne ha ammazzate altre mentre noi ce ne stiamo qui a parlare!?” il suo tono adesso era freddo e tagliente come una lama.
Mac e Stella rimasero immobili, l’uno di fronte all’altro, senza saper cosa dire: tra loro solo pochi metri e una distanza incolmabile.
Aveva sperato che le credesse, che comprendesse il suo strazio, che cercasse di superare i propri pregiudizi.
Lei gli si avvicinò, il volto adesso solcato da lacrime amare: come aveva potuto pretendere che uno come lui mettesse da parte tutto ciò in cui aveva fino ad allora creduto per amore suo, di un essere sconosciuto e mostruoso, che si era macchiato di crimini orrendi e gli aveva mentito per anni sulla sua stessa natura?
     
“So che sei sconvolto” mormorò Stella, facendo un altro passo verso il collega “So che  credere a ciò che ti ho raccontato è difficile, quasi impossibile per te. Eppure ti sto implorando di farlo, perché è la verità e perché ho bisogno del tuo aiuto”.
Mac non rispose, ma levò su di lei uno sguardo interrogativo; la sua abilità nel comprendere se chi aveva di fronte stesse mentendo o meno, affinata nei tanti anni trascorsi in polizia, gli diceva che quel che aveva appena ascoltato era vero. O almeno che lei era sicura che lo fosse, mentre parlava.
“Esatto” ripeté “ho bisogno del tuo aiuto: la mia vita è legata indissolubilmente alla sua e per questo da sola non sono abbastanza forte per sconfiggere il mostro. Ma se tu sarai con me forse potremo riuscirci”.
“Ti prego, aiutami: dobbiamo fermarlo o continuerà a uccidere senza fermarsi fino a che non avrà ottenuto ciò per cui è venuto qui”.
Mac strinse i pugni e abbassò lo sguardo sul pavimento, sfuggendo quello di Stella: spesso in vita sua era stato posto di fronte alla necessità di scegliere, di decidere da che parte stare, ma si era sempre trattato di situazioni che aveva la capacità di comprendere e, quindi, di gestire. Adesso, invece, una realtà mostruosa eppure indiscutibile aveva squarciato il velo della sua ordinaria esistenza, imponendogli di prendere atto di qualcosa che soltanto fino a poco prima avrebbe giudicato del tutto folle e incredibile.
Era troppo per lui: l’orrore e il disorientamento si mescolavano con la rabbia. Si sentiva tradito dalla persona di cui più si era fidato, ingannato da colei che più gli era stata vicina negli anni. E quando Stella gli mise la mano sul braccio e ripeté con voce incrinata la sua richiesta, l’unica cosa che seppe fare fu di scostarsi bruscamente, quasi che il contatto con lei l’avesse scottato o fosse troppo repellente da sopportare.
Fece un passo verso la porta, senza guardarla in volto.
“Ascoltami, Mac” disse Stella, immobile al centro della stanza “Dobbiamo agire entro l’alba di domani: la notte del sabato è l’unico momento in cui il vrykolakas non può uccidere. Io lo cercherò e proverò a fermarlo, ma da sola sarà ancora più difficile: ti supplico, dimmi che mi aiuterai…”.
In silenzio, incapace di dire nulla, l’uomo si voltò e uscì dall’appartamento.
 

(3) La parola vrykolakas ha una radice slava e a quanto sembra discende da termini che significano "lupo" e “capelli o pelle di lupo”, tanto che originariamente significava "lupo mannaro", conserva ancora questo significato nelle lingue slave moderne e ne ha uno simile in rumeno.

Ma il salto etimologico da licantropo a vampiro è a tutt’oggi oscuro. La prima menzione del vrykolakas è fatta da Leo Allatius (Leone Allacci) nel 1645 nella sua opera “De quorundam Graecorum Opinationibus”: secondo questo religioso, il termine “vrykolakas” deriva da parole che significano “pozzo nero” e lui è una persona cattiva e malvagia, che potrebbe essere stata scomunicata in vita da un vescovo.

Il suo corpo, dopo la morte, si gonfia in modo che tutte le sue membra appaiono distese e quando le si tocca producono come il suono di un tamburo; sono creature diaboliche che possono vagare liberamente a qualsiasi ora del giorno o della notte.

Nell’isola di Chios c’è l’usanza di non rispondere fino a quando il proprio nome non sia stato chiamato due volte, giacché si crede che il vrykolakas sia in grado di chiamare un vivente solo una volta. Se si risponde prima ed è lui a pronunciare il nome della vittima, questa morirà nel giro di ventiquattro ore. Il vrykolakas è visibile anche durante il giorno e il suo aspetto è così orribile che i testimoni hanno riferito di aver rischiato morire di paura.

Allatius racconta anche che quando un’epidemia misteriosa e incurabile funestava un villaggio, gli abitanti usavano aprire le tombe alla ricerca di un corpo nella condizione sopra descritta, ovvero con l’aspetto roseo e sano di una persona vivente. I greci tradizionalmente credono che una persona possa diventare un vrykolakas dopo la morte a causa di un modo di vivere sacrilego, una scomunica, una sepoltura in terra non consacrata, o del consumo della carne di una pecora che era stato uccisa da un lupo o un lupo mannaro.

Alcuni credevano che un lupo mannaro potesse diventare un potente vampiro dopo essere stato ucciso, mantenendo del lupo le zanne, il pelo e gli occhi luminosi. Altre testimonianze dei vrykolakas sono quelle lasciate da Padre Francois Richard, nella sua “Relation de l'Isle de Sant-Erini”, 1657: Richard sostiene che il diavolo lascia taluni cadaveri incorrotti e li anima, tanto che questi, sotto il suo comando, sono in grado di andare in giro, entrare nelle case e assalire persone uccidendole.

Quando un paese è afflitto da una tale infestazione di vrykolakas - prosegue l’autore - si chiede al Vescovo il permesso di riesumare il sospetto e ciò viene fatto di sabato, l'unico giorno in cui un vrykolakas non può muoversi dalla tomba.

Se il corpo è ritrovato "fresco e rimpinzato di sangue nuovo", viene esorcizzato con la preghiera fino a quando non si scioglie davanti ai loro occhi. Se la preghiera è inefficace, il corpo viene smembrato e poi cremato; altri metodi erano l’apposizione di una croce di cera e un pezzo di ceramica con la scritta "Gesù Cristo vince" sul cadavere.

Nel diciottesimo secolo il viaggiatore francese Pitton de Tournefort si riferisce al revenant come ad un "lupo mannaro" e racconta di avere assistito alla riesumazione e alla “uccisione” di vrykolakas presso l’isola di Mykonos. Uno dei pochi casi di vrykolakas o vorvolaka comparsi in un film è la pellicola “l'Isola della morte”, con l’icona dei film horror Boris Karloff: il film, diretto da Mark Robson e prodotto dal leggendario Val Lewton, ruota attorno un gruppo di persone in una piccola isola, la cui vita è minacciata da una forza che alcuni ritengono essere la peste e gli altri credono essere, invece, l'opera di un vorvolaka. Infine, scavi archeologici a Lesbo e nella sua capitale Mitilene hanno portato alla luce due sepolture di presunti vrykolakas: entrambi erano uomini di mezza età sepolti con punte di metallo lunghe venti centimetri infilate nel collo e in altre parti del corpo, secondo un metodo tipico dei Balcani di trattare con un revenant sospetto. (fonte: wikipedia).

  
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