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Autore: HumptyDumpty    05/01/2013    2 recensioni
Quando la sua testa urtò contro il pavimento ricoperto di muschio, ebbe l'assoluta certezza che non si sarebbe più alzato. Dopotutto, forse aveva ragione suo padre, e un essere come lui avrebbe fatto meglio a non essere mai nato.
Poi dei singhiozzi. Dei singhiozzi così acuti da raggiungerlo nella desolazione oscura in cui i suoi pensieri stavano vagando.
“Gil...” Mormorò e, in un ultimo sforzo, si rimise in piedi.
Genere: Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Gilbert Nightray, Oz Vessalius
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Un'ultima cosa che ho ritrovato tra dei vecchi lavori e rivisto un pochino. A dire il vero so che è improbabile, anche se ho cercato di non finire OOC (ma lascio il giudizio a voi), però Elliot approverebbe. O sono l'unica a pensarlo? ;A;
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Accetterò tutto. Se ci sarà dolore, se ci sarà tristezza, perché non c'è niente di assoluto al mondo. Se tutto scomparirà, penserò che non importa. Se in futuro tutti mi abbandoneranno, andrà bene. Non voglio essere ferito--
Se l'era ripromesso. Più e più volte, fino a quando non gli era sembrato che persino la mobilia della sua prigione riccamente arredata lo sibilasse. Le tende mosse dal vento, la poltrona sulla quale era solito leggere, il tappeto su cui erano posati i suoi occhi, ogni cosa. E allora perché stava stringendo il fazzoletto di Gil? Come se quasi temesse di perderlo per sempre, come se quasi non potesse accettarlo, questo.
Affondò con più forza la testa tra le gambe e sentì l'acqua percorrere le guance, le braccia, fino ad arrivare al ginocchio. Il suo freddo lo fece rabbrividire.
"Gilbert è nello scantinato a riflettere sulle sue azioni."
L'eco di queste parole si rifletteva nella sua testa, come davanti ad uno specchio. Un terribile, enorme specchio.
"È colpa mia se è successo. È tutta colpa mia."
Non poteva immaginarlo chiuso nello scantinato. Lui, il timido, il pauroso, chiuso in un luogo buio, da solo. Stava piangendo, Gil? Lo stava odiando? Sarebbe stato facile. Lo bullava sempre, Oz. E ora Gil non meritava di soffrire insieme a lui. 
"Come stai? Ehi, Gil, come stai? Dannazione, Gil, rispondi!"
Il suo grido spezzò il silenzio della stanza, per poi perdersi tra i mille echi nella sua mente. Le lacrime ricominciarono a scendere, questa volta punteggiando il pavimento così liscio da riflettere l'immagine del ragazzo piangente. Un viso chiazzato, sporco. Rivoltante.
"Perdonami, Gil."
Bocchan, non importa cosa accadrà, io sarò sempre dalla vostra parte. Conosco la vostra oscurità, e voi conoscete le mie debolezze. Noi non siamo connessi dalla nostra luce, ma dalle nostre ombre. Ecco perché, d'ora in poi, non importa quanto tempo passi, o se le nostre posizioni cambieranno...io vorrò sempre essere il vostro servitore.
Queste parole, che gli aveva detto solo qualche giorno prima, gli trafissero il petto. Un dolore lancinante lo spinse ad alzarsi di scatto, lasciando cadere il prezioso fazzoletto, e poi aprire la porta della camera, mettendosi a correre. Una cameriera che stava passando nel corridoio si accorse del fulmine biondo che avanzava verso di lei.
“S-signorino Oz...”
Lui sapeva cosa stava per dire. Suo padre, e lo sguardo del ragazzo si spense per un istante al pensiero, aveva detto che lui non doveva uscire da quella dannata stanza. Ogni giorno, per anni, Oz aveva dato il massimo sperando che apparisse davanti a lui e lo lodasse. Era il suo più grande desiderio. Ma questa volta non poteva ubbidirgli. Come si sentiva Gil in quel momento? Questa volta...
Perché...perché io...ho paura di sapere.
Questa volta, anche se aveva paura, doveva conoscere.
“Signorino!”
La superò di corsa, per poi buttarsi verso le scale che portavano al piano inferiore. Era buio e umido, così scivolò. Quando la sua testa urtò contro il pavimento ricoperto di muschio, ebbe l'assoluta certezza che non si sarebbe più alzato. Dopotutto, forse aveva ragione suo padre, e un essere come lui avrebbe fatto meglio a non essere mai nato.
Poi dei singhiozzi. Dei singhiozzi così acuti da raggiungerlo nella desolazione oscura in cui i suoi pensieri stavano vagando.
“Gil...” Mormorò e, in un ultimo sforzo, si rimise in piedi. Dal ginocchio destro, lo stesso che prima era bagnato di lacrime, ora gocciolava una sostanza rossa. Un'ombra nera gli corse incontro.
“Bocchan!”
Occhi dorati splendevano al buio, pieni di preoccupazione. Occhi dal valore più inestimabile di qualsiasi altra cosa al mondo. Senza rispondere, Oz afferrò la sua mano e lo tirò verso di sé, per poi stringerlo in un abbraccio. "Gil...!"
Te l'ho già detto! Sei diventato il mio servitore. In altre parole, non importa cosa possa succedere in futuro, io ti proteggerò!
  
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