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Autore: lalisten    05/01/2013    2 recensioni
Il carpentiere era uno di quei lavori a cui non avrei mai pensato di ritrovarmi a fare a 22 anni.
Amavo la bella vita, le nottate passate in discoteca, le donne e l’alcol.
Dopo la morte di Candela, era stata questa la miglior soluzione che potessi adoperare per non buttarmi nello sconforto più totale.
Ma, gli occhi spenti che ogni talvolta Claudia mi rivolgeva al mio ritorno, non erano della stessa opinione.
Genere: Drammatico, Malinconico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Un po' tutti
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno
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 But you arrived, like the white snow in the middle of the sea. 

 

 

Posai l’enorme boccale a metà, ormai sazio, sul bancone di quel ciliegio ormai consumato.
Ne ero sazio ormai, sazio.
Del tutto.
Completamente.
Totalmente sazio.
E non solo di quella stupida birra a cui mi ero totalmente concesso da mesi a questa parte, ma della mia stessa vita, buttata lì, come quel boccale, via.
Ma, custodivo un segreto forte persino più grande di me, impossibile da mantenere, nonostante ne fossero passati di mesi.
Cinque.
Cinque lunghissimi mesi. Ma nonostante tutto, quel colpo secco che mi aveva trascinato con sé non era stato poi così abbastanza veloce da evitarmi alcuna pressione.
Perché se così fosse stato, avrei continuato a vivere quella solita vita monotona che avevo trascorso in tranquillità fino ad allora. Invece no.
Ero lì, ancora lì.
Aspettando, sempre aspettando.
Aspettando l’arcobaleno dopo la pioggia, le nuvole dopo la tempesta e  il sole dopo la neve.

***

Preso dal movimento veloce della gente che entrava e quella che usciva, non mi ero reso conto di quanto tempo avessi passato chiuso in quella topaia ormai stracolma di gente.
Così, in un movimento cauto e autoritario, mi alzai dal solito sgabello profumato ancora di legno vecchio, e mi avviai alla cassa. Non piena come il bancone.
«Oh-oh-oh. Guarda un po’ chi si vede..Lanzani! Come stai, amico? Tutto bene?» appena alzati gli occhi dal bancone, Lucas, mio storico amico, mi inquadrò fino a dedicarmi uno dei sorrisi più cari.
«Dài, si tira avanti Lù. Ma te, guardati! Non posso certo farti la stessa domanda, dire che stai da Dio è.. poco!»
«E’ sabato sera, pff, non posso lamentarmi dài, stare qui è un vero piacere se si sta per raccogliere banconote a palate, no?» mi rivolse un sorriso sghembo, Ahh, incredibile che lo usasse ancora. Doveva usarlo con le donne quel sorriso, non con me, cavolo, quante volte dovevo averglielo ripetuto?«Posso offrirti qualcosa?»
«No, graazie Lù, ho già fatto.  Sarà meglio andare..ci si vede in giro, mh?»
Posai la mia banconota sul ripiano ciliegio, gli schiacciai un bell’occhiolino e dopo aver battuto un colpo sul bancone, mi girai, liquidandomi dal locale, velocemente.


Il carpentiere era uno di quei lavori a cui non avrei mai pensato di ritrovarmi a fare a 22 anni.
Amavo la bella vita, le nottate passate in discoteca, le donne e l’alcol.
Dopo la morte di Candela, era stata questa la miglior soluzione che potessi adoperare per non buttarmi nello sconforto più totale.
Ma, gli occhi spenti che ogni talvolta Claudia mi rivolgeva al mio ritorno, non erano della stessa opinione.
Sapevo che tipo di luce s’era spenta negli occhi di mia madre, ed il dolore che aveva provato. Lo sentivo quasi sulla mia pelle perché lo comprendevo.
Comprendevo quanto, in cuor suo, fosse difficile accettare la perdita della sua bambina.
Perché era anche la mia di bambina, e sempre lo sarebbe stata.

«Ragazzina, non usare quel tono con me, eh. Il fatto che quei due coglioni di Martin e Pablo te lo permettano, non significa certo che funziona anche con me!»
«Oh, ma sentilo!» esclamò sarcastica, afferrando la sua cartella posta sul sedile, posandola sulla sua spalla per poi chiudere lo sportello. «Non è affatto rispettoso dare dei coglioni ai tuoi fratelli maggiori, caro Peterrrrcito» marcò decisa il mio nome, quasi a tono serio, nascondendo la sua risata sul nascere.
«Ehy, ragazzina, mi stai forse.. »
«Cazzo, quando la finirai? Quante volte devo ricordarti di non usare quel nomignolo con me, Pì? Non sono una ragazzina, cazzo. Ho sedici anni, sono una donna! Ahh, gli uomini…mamma! Siamo a casa!» gridò come suo solito, avvisando mamma. Posò la sua cartella sul mobile bianco all’ingresso, e si incamminò verso il corridoio iniziale.
Era incredibile come ogni talvolta riuscisse a levarmi la parola di bocca, ma come stupirsi, era Cande. La ragazzina, sì..la mia ragazzina.

Non potetti che sorridere a quel lontano ricordo. Svoltai l’angolo e mi ritrovai proprio lì, il viale di casa nostra.
E’ incredibile quanto i ricordi a volte si scontrino talmente con la realtà. Tirai il freno a mano, e strinsi forte il manubrio fra le mie mani.
Cazzo.
Cinque minuti fa, solo cinque cazzuti minuti fa ero a ricordarla, a ricordare quei suoi occhi e quei lineamenti che tanto assomigliavano alla mamma, e cinque dopo ero lì.
Nello stesso posto. Senza lei.
Scesi dall'auto metalizzata, la stessa di sempre, e m'incammino verso la grande porta in legno di casa mia.
Odorava ancora dello stesso, stessissimo buon'odore di questa primavera. 
Entrai e chiusi la porta alle mie spalle.
«Mamma, sono a casa!» sorrisi ancora. 
Appesi il giubbotto di pelle sull’attaccapanni e attraversai il corridoio, entrando poi in cucina.
»Buonasera ragazza.»mi avvicinai da dietro, e stringendola, le posai un leggero bacio sulla guancia.
Era intenta a preparare qualcosa per cena.
«Già a casa, piccolo?» domandò, senza problemi.
«Eh già.» risposi secco. «Ma è sabato sera, Peter, ricordi?» continuò, questa volta guardandomi.
«Sì mamma, sì, lo so, ma..mi andava di restare a casa, posso?» le domandai di rimando, usando lo stesso tono di lei.
«Scemo, non dovresti neanche provarlo a chiedere! Sai, a me fa piacere avere tutti e quattro a casa, è come se fossimo una famiglia..normale.» rise.
«Sì che siamo un po’ tutti fuori di testa, ma siamo una grande famiglia, dài.» le feci l’occhiolino. «Mà, e i piccoli?»
Barcollò quasi prima di rispondere.
Alzò lo sguardo, ma non per guardare me. Poi rispose.
«Bauti è di là.» rispose, indicandomi il salotto.
Vaffanculo Peter, vaffanculo.
Il silenzio regnò per qualche minuto.
Non sapevo che dire. Se avessi potuto, mi sarei mandato a ‘fanculo con tutte le lingue del mondo, ma purtroppo la mia ignoranza non me lo permetteva.
Fu appunto Bauti a spezzare quel silenzio.
Fu il suo pianto.
Piangeva.
In un nano secondo vidi subito mamma irrigidirsi.
La vidi mollare tutto e cercare un qualcosa che le permettesse di pulirsi le mani e precipitarsi da lui, ma non servì.
«Ci vado io mamma, tranquilla. Tranquilla.»  baciandole dolcemente la fronte.



 
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Ciaaao, bellissimi!
Bene, perfetto, mhh, che dite, un po' d'ansia ci sta? 
Daai, sì. E' il mio primo capitolo, prima storia, primo tutto (?) e veramente non volevo neppure pubblicarlo, ma Consu (Ohh, Consu!)
mi ha, diciamo, ehm, mmh, come dire..costretto? Sì, ecco, sì, mi ha costretto!
E' una storia Laliter, ovviamente, almeno su quello sono mentalmente sana, e 
tratta di una storia..diversa, e quuuuindi, se siete arrivati qui..siete veramente dei grandi!

Okay, la finisco di parlare e vi lascio in pace, okay?
I LALITER SCOPEGGIANO, ciao! :**
- grazie di tutto, pipu, i love u. 
  
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