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Autore: Vampiresroads    06/01/2013    1 recensioni
-Che tu lo voglia o no, qualsiasi cosa tu faccia per impedirlo, ci sono sempre giorni, mesi, anni negativi.
Per fortuna hanno deciso di darci anche dei momenti positivi, ed è quello il momento più giusto per vivere! Son quelli i momenti in cui puoi rischiare, perché sei felice, perché un errore non guasterebbe l’allegria, ma una mossa azzeccata la triplicherebbe.
E…indovina un po’? siamo esattamente in mezzo a questi momenti! È ora di lasciarti andare, l’hai fatto così tante volte!-
-Questa volta non sto parlando solo del gruppo, parlo in generale.
So che è buono rischiare, so che è buono provare ad affrontare cose nuove, è sempre positivo avere il coraggio di guardare in faccia qualsiasi cosa, ma un rapporto non è qualcosa che puoi “lasciare andare”.
Il rapporto è qualcosa che devi custodire, è qualcosa che non puoi mai mettere nel fuoco per vedere se brucia o no: perché se è davvero un rapporto a cui tieni non lo metteresti mai a rischio.-
Genere: Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Quando Alex uscì dalla piccola stanza dove lui e Jack avevano avuto la loro ultima conversazione, i ragazzi erano già rintanati – o forse scappati – nelle loro stanze, così che il silenzio si impadronisse di ogni mobile del piano riservato al loro soggiorno.
Quell’hotel era già un posto silenzioso di per sé, ma l’ atmosfera tetra lo rendeva il doppio asfissiante, era quasi temibile.
Jack era uscito, li aveva abbandonati, un senso di vuoto, un turbine senza consistenza, uno squallore acido riempiva quel piccolo spazio e ormai loro non erano altro che un maglione, un maglione sudicio ed ingiallito, un ammasso di lana di cui gli insetti hanno rosicato la manica.
Triste, non è vero?

Alex tornò nella sua camera, anch’essa dall’aria malinconica, fredda.
I muri erano bianchi, bianchissimi, lucidati con una cura impressionante, le tende celesti ed eleganti, distaccate, il letto era basso e bianco, dal materasso durissimo, freddo, bianco, nemmeno a sdraiarsi su una roccia. Il pavimento era costruito a rombi regolari, bianchi e neri, come una scacchiera fatta di rombi, dove faceva eccezione il lampadario, che dava un tocco di particolare eleganza al piccolo quadrato di mura: era quasi completamente bianco, con disegni che richiamavano il motivo delle tende.
Alex era lì, seduto su un letto troppo duro per dormire, in una città troppo fredda per la norma, immerso nella più fetta nebbia, nebbia che rendeva l’aria irrespirabile, circondato da mura che non gli appartenevano, oggetti che gli provocavano i brividi e pensieri di vendetta che non facevano parte di lui.
Solo il foglietto degli appunti per l’ultima canzone gli apparteneva.
23:49, quella dura domenica era sull’orlo di finire e da una parte pensare che la giornata stava terminando riuscì a rincuorarlo, mancava poco.
‘Chissà se domani non sarà un giorno migliore’ chiedeva a sé stesso.
‘Se fosse un giorno migliore, sarei già morto.’, si rispondeva.
Non era più abituato a star male, dura la bella vita.
Continuava a guardarsi in torno e a scaldarsi con l’autoconvinzione che tutto sarebbe andato bene, un giorno, ma non realizzava altro che fosse solo.
Sì, era solo, Alex era spento: il giorno dopo avrebbe parlato col gruppo, lo avrebbero aiutato, lo avrebbero fatto sorridere, ma lui, sarebbe stato comunque solo.

L’indomani il sole avrebbe vinto la nebbia ancora una volta, sconfitto il freddo ancora una volta, permesso al ciclo vitale di andare avanti ancora una volta, ma nemmeno la più bella giornata di sole avrebbe riempito quei due semplici accordi di chitarra che davano la base ad ogni singola nota di una canzone di Alex.
Nessun’ altra chitarra sarebbe stata in grado di riprodurre ciò che illuminava lui, nessuna canzone avrebbe più avuto l’irrefrenabile allegria che…
 In quel momento Alex si sollevò di scatto, come se gli fosse venuta la chiamata da Dio:
“Smettila di piagnucolare amico, potrebbe venire ancora meglio!”
Rilesse gli appunti: “Non so esattamente cosa ci sia di sbagliato in me, non saprei dire che problema ho con questo, so solo che non vado bene, e non è questo il mio posto.”
Gettò il foglietto nel cestino del bagno.
La giornata era stata troppo impegnativa, non fece in tempo a raggomitolarsi sotto le coperte che già Morfeo se n’era impossessato, il sonno era pesantissimo e la posizione imbarazzante dell’agitato ragazzo contrastava con l’elegante serietà della camera, che sembrava fissarlo altezzosamente e con aria distinta e superiore, come una matrigna che si prende cura del figliastro per poi darlo in pasto al fuoco.

L’atmosfera cambiò la mattina dopo: sveglia alle 8:00 con una buona colazione al tavolo coi ragazzi e un’oretta abbondante per fare una chiacchierata pre-ritorno a casa.
-Allora…- introdusse Rian, prolungando la O, per incitare gli altri ad andare avanti, senza ricevere consensi, -come ti senti?-
Alex prese fiato ed iniziò a parlare a raffica, come una ragazzina che racconta all’amica la sua ultima avventura: -In realtà non così male, alla fine possiamo ricominciare senza di lui e tutto potrebbe andare ancora meglio, voglio dire, sappiamo com’è stato il passato, ma non come sarà il futuro, quindi, chissà che non sia solo un vantaggio? In realtà sono anche un po’ confuso, voglio dire, non capisco il perché della sua scelta, e in realtà sto parlando e ragionando come una teenager mestruata, anche se in realtà non mi sorprende da parte mia, mi sorprende più il suo abbandono.-
Zack interruppe la sua foga: -Okay, in realtà hai rotto il cazzo di dire in realtà,- qui scoppiò un’allegra risata da parte della combriccola. –ma siamo davvero contenti tu stia bene, te lo meriti. Comunque abbiamo parlato con Jack e. vedi, dice che aveva smetto di sentirsi parte di noi, sai com’è  fatto…
-Sì, credevo di saperlo, ma non lo so più.- sospirò con aria sconsolata, -E non m’importa nemmeno! Che si fotta quel figlio di puttana, quando potremmo passare in Austria? Ho una faccenda da sbrigare. –concluse.
-Possiamo passarci il Ventisei!- disse uno dei due ragazzi di cui Alex aveva scordato il nome.
-Ventisei? Maggio?- chiese lui.
-Sì, e rimanerci fino al Ventinove, se ti fa piacere.-
Alex era entusiasta, ma cercava di mantenere la serietà e cercar conferma, giunta subito, dagli altri membri.
-Ricorda però che non abbiamo date lì, è solo un soggiorno.- Interruppe Zack.
-Qui ti sbagli, faremo il concerto più bello a cui tu abbia mai partecipato.-
I ragazzi sorrisero chiedendosi cos’avesse in mente, Alex stava davvero combattendo per risistemare le cose, non considerava nemmeno l’opzione di fallire, ce l’avrebbe fatta.

“No man can eat 50 eggs.” Oh, beh, Alex sarebbe stato in grado di smentire qualsiasi cosa.
“Forse non cinquanta, forse non quaranta, ma gli farò fatto il culo, è una promessa.”
  
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