Note dell’autrice: non li posseggo, non li sfrutto a scopo pecuniario, li amo di un tenero amore filiale e basta <3 Inoltre, tutto questo è falso e stra-falso, come i soldi del Monopoli.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Il letto è ancora tiepido, il piumone fa un ottimo lavoro nell’avvolgerli in un bozzolo quasi bollente e una guancia calda di Sherlock è posata su una sua spalla.
In mezzo a tutta quell’intima afa domestica John lo guarda e pensa. Anche Sherlock sta pensando: le sue tre rughine di concentrazione in mezzo alle sopracciglia sono inconfondibili.
Sono le tre del mattino e loro sono stanchi. Si sono stancati a vicenda plurime volte quella notte, ricorda beatamente John con un sorriso soddisfatto sulle labbra, ma non sono ancora così esausti da addormentarsi come ciocchi. Sherlock, per conciliarsi il sonno, sta probabilmente individuando tutti i numeri primi dal milione in su al posto di contare le pecore.
John, invece…
“Pensa se i cervelli umani avessero una fisionomia,” dice, accarezzando pigramente con un pollice una scapola del detective.
Sherlock arriccia il naso ed emette un mezzo grugnito. Il dottore non si scoraggia e continua:
“Insomma, immagina che la materia grigia di ognuno di noi abbia un aspetto fisico. Dei lineamenti, una corporatura, che so, anche un numero di scarpe, proporzionati al QI-”
“John,” lo interrompe la voce mezza insonnolita mezza irritata di Sherlock, che risulta in qualcosa di talmente basso da poter essere udita solo dal dottore, che gli sta appiccicato, e, forse, dalle api, “oggi ho già incamerato una dose poco salutare di scemenze ascoltando Anderson sdilinquirsi sui begli occhi neri di Donovan.” Sherlock dice begli occhi neri come direbbe violacea pustola infetta e John non può fare a meno di ridacchiare. “Ti prego di avere compassione.”
“Pensa come sarebbe il tuo,” prosegue imperterrito John con aria sognante. “Sarebbe… Cristo. Sarebbe come Brigitte Bardot.”
Nel silenzio che cala nella camera da letto dei due si ode un gatto randagio che fa precipitare a terra un bidone della spazzatura.
Sherlock apre lentamente uno solo dei suoi penetranti occhi cerulei e fissa John con uno sguardo che potrebbe affettare un vetro anti-proiettile.
Il dottore si schiarisce la voce.
“Che c’è?”
Sherlock prende una lunga, esasperata inspirazione che lo fa tremare tutto come un piccolo terremoto. John mette una mano sul piumone che gli copre la schiena: sta vibrando.
Il detective si strofina stancamente gli occhi, poi biascica: “Spiegami per quale demenziale fenomeno biologico il mio cervello dovrebbe essere una donna.”
A John va di traverso la saliva. Tossisce, raspa, singhiozza e infine riesce a riguadagnare il controllo di sé.
Oh, Signore santissimo. Buona domanda. Sherlock è un uomo. Nella sua bisessualità molto etero-estremista, e decisamente Sherlock-centrica, tende spesso a dimenticarselo.
“Beh-” comincia, paonazzo in volto, ma Sherlock toglie il naso dalla sua ascella e si volta su un fianco dandogli le spalle.
“Svegliami solo quando la tua crisi sessuale si sarà risolta. Buonanotte.”
“Mi dispiace, non l’ho fatto apposta!”
“Non scusarti. È un’inesattezza, non un’offesa.”
Si alza su un gomito per gettargli uno sguardo stranito da sopra la spalla. I suoi capelli sembrano le piume di un gufo che abbia passato una giornataccia.
“E poi, chi diavolo è Brigitte Bardot?”
 
 
 
 
 
 
 
 
Note dell’autrice: io non voglio sapere perché mentre studio il Purgatorio vengono fuori cose come queste. Davvero, non lo voglio sapere.
Spero che vi sia piaciuta, e grazie a chiunque leggerà! *torna ad affondare nelle sudate carte*
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