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Autore: _FrenkieFaye_    06/01/2013    3 recensioni
(Amelia/Anthony/Rory).
"Tutti si ritrovano adulti, prima o poi.
Tutti, tranne uno.
Qualcuno che non è soggetto alle mutazioni del tempo, qualcuno che il tempo lo manipola a sua volta, stravolgendolo, giocandoci proprio come un bambino giocherebbe con delle costruzioni, smanioso di nuove avventure e nuove combinazioni.
E nella mente di Amelia Pond, quel bambino che non cresce mai, non è Peter Pan.
No. Perso a volare in cielo tra le stelle, a bordo di una cabina blu della polizia… quell’uomo è il suo Dottore".
Amelia Pond adesso è madre e nel raccontare al suo bambino la favola di Peter Pan, il suo pensiero va a un amico speciale. Il Dottore troverà il modo di tornare dalla sua Amelia, per l'ultima volta?
Genere: Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Amy Pond, Doctor - 11, River Song, Rory Williams
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Tutti i bambini crescono, Anthony. Tutti… tranne uno!

~

Amelia Pond spesso sente il bisogno di restare sola, staccarsi dal resto del mondo, rifugiarsi nel silenzio. Come quando era bambina e nessuno credeva alle storie che raccontava su quel dannato viaggiatore tra le stelle, il Dottore stropicciato.
Ricorda ancora quando, cocciuta e orgogliosa come era sempre stata, si ritirava in camera sua trattenendo le lacrime e affogava il viso nel cuscino, dando pugni al materasso.

Rabbia, tanta rabbia, perché nessuno si sforzava di capire come lei si sentisse.
Perfino Rory, che lei costringeva a vestirsi come lui, non le credeva davvero, e lei lo sapeva.
Faceva di tutto per farla felice e lei gli voleva bene per questo.

Il bambino era disposto ad ascoltarla per ore e ore senza stancarsi mai.
Rory era felice quando lei sorrideva, il suo stomaco sussultava in un modo strano, gli occhi di Amy quando parlava del Dottore erano così lucidi e belli che non si sarebbe mai stancato di guardarli, pensava fosse una vera ingiustizia privarli di quella luce.
Più dell’insistenza e la preoccupazione della famiglia della bambina.
Più dei tanti psicologi che i genitori avevano consultato.
Rory accontentava ogni folle richiesta di Amy senza vergogna; per questo, molte sere, da piccoli, guardavano le stelle insieme e sognavano i posti in cui il Dottore li avrebbe condotti con la sua fluttuante cabina blu. Gli occhi rilucenti di Amelia alla luce delle stelle.
A Rory bastava, gli bastava solo questo, per tutta la vita.
Vederla sorridere era la ricompensa e la meraviglia più grande del mondo.

Amelia ripensa a quei giorni, all’infanzia. E adesso che è madre si ritrova spesso faccia a faccia con questa realtà. Con i sogni piccoli, forti e semplici dei bambini.
Ci tiene che al suo Anthony non manchi niente, è un bambino meraviglioso, vivace, solare.
Ha illuminato le loro vite di una scoperta nuova e dolce.
E’ un sognatore, il suo piccolo Anthony. Gli ricorda tanto il piccolo principe di Antoine de Saint-Exupèry, il libro che lei leggeva sempre da bambina.
Intelligente, sagace, ama sognare ad occhi aperti, disegnare, giocare, ama le favole.
Per questo, Amy, ogni sera gliene racconta una prima di metterlo a letto e dargli il bacio della buonanotte.

E quella sera non faceva eccezione alle altre.

Dopo essersi intrufolato furtivamente nel lettone di mamma e papà, accoccolato al dorso di Rory, divertendosi a fargli il solletico, Amy, controvoglia, aveva dovuto portarlo nella sua stanza per la nanna.
Gli aveva fatto fare una giravolta prima di prenderlo in braccio.

-Torno subito signor. Pond, il tempo di mettere a letto questa piccola peste- aveva sussurrato sulle labbra di Rory prima di baciarlo. Anthony aveva salutato il padre agitando la manina vivacemente, succhiando il pollice dell’altra, mentre la madre lo portava via.

Avrebbe davvero voluto che lui dormisse con loro, ma, si sa, i bambini che dormono con i genitori sono sempre i più viziati. Per questo concedeva questo lusso al suo bambino solo in rare occasioni. Come quando si svegliava di notte spaventato da qualche brutto sogno, o quando fuori pioveva e Anthony aveva paura dei lampi e dei tuoni. Allora aveva il consenso.
Strisciava placidamente sotto le coperte, accanto a loro e, al caldo, trovava pace nell’abbraccio dei genitori.

Arrivati in cameretta, Amy fa sedere Anthony sul letto e, piegandosi sulle ginocchia, si porta all’altezza del piccolo.

-Lo sai che mamma e papà ti vogliono bene, vero?- gli dice, guardandolo con sicurezza negli occhi.
Il bimbo annuisce con la testa, stropicciandosi le palpebre con un pugno.
-Anche noi siamo più felici quando si dorme nel lettone tutti insieme, ma sai che dormire da solo è importante, vero?-
-Sì, mamma…- annuisce il bambino ad alta voce, sorridendo.
Amy gli scompiglia i capelli con una mano e con l’altra gli accarezza la guancia.
-Bravo bambino! Su', andiamo... mettiti dentro che fa freddo!- gli dice, rimboccandogli le coperte.
-Allora, quale favola leggiamo stasera, Anthony?-
Il bambino indica col dito paffuto il dorso di un libro disposto nella libreria.
-Voglio quella… come si chiama, mamma?- Anthony si porta un dito alle labbra in un’espressione confusa e buffa che gli ricorda così tanto Rory.
Sorride nel trovare questa somiglianza, anche se in cuor suo sa che Anthony non è davvero loro figlio, ma è un dono mandato dal cielo.
Tutto quello che avevano sempre desiderato dalla vita e anche di più.

Amelia si alza e saltella in direzione della libreria.

-Quale Anthony? La mamma non sempre ricorda tutto, ne abbiamo lette così tante… c’è quella della piccola fiammiferaia, del gatto e del topo… oh, guarda qui, abbiamo anche quella di Jack e il fagiolo magico…- dice sventolando il libro tra le mani e sorridendo entusiasticamente in direzione del piccolo.
-No mamma, quelle già me le hai lette tutte, voglio... come si chiama?- dice il piccolo saltellando nel letto, colorandosi le guance di rosso dallo sforzo, -Quella… quella del ragazzo che vola nel cielo… tra le stelle-.

La voce di suo figlio la colpisce di traverso, così, senza preavviso.
Si stringe nelle spalle. Stinge in un pugno il tessuto della sua vestaglia da notte, all’altezza del cuore, obbligandosi a mantenere il controllo delle sue azioni.
Si ferma, chiude gli occhi, dando le spalle al suo bambino.
Questa innocua richiesta, pronunciata dalle labbra senza alcuna malizia, l’ha colpita come una frustata. E quelle parole, che per suo figlio non significano altro che una favola come un’altra, quella di Peter Pan, per lei assumono la consistenza e il peso di un fardello troppo grande.
Di una ferita aperta che brucia ancora.

Tutti crescono, tutti, prima o poi.

Si può tentare di fuggire al tempo, alla consapevolezza di come esso ci stia cambiando, si stia facendo spazio dentro di noi e stia plasmando il nostro corpo, inesorabilmente, giorno dopo giorno. Ti svegli una mattina, e un’ altra ancora, e sei sempre più vicino all’essere adulto e un po’ meno bambino. Tutti si ritrovano adulti, prima o poi.

Tutti, tranne uno.

Qualcuno che non è soggetto alle mutazioni del tempo, qualcuno che il tempo lo manipola a sua volta, stravolgendolo, giocandoci proprio come un bambino giocherebbe con delle costruzioni, smanioso di nuove avventure e nuove combinazioni.
E nella mente di Amelia Pond, quel bambino che non cresce mai, non è Peter Pan.
No… perso a volare in cielo tra le stelle, a bordo di una cabina blu della polizia… quell’uomo è il suo Dottore.
E lei è stata Wendy.
La sua compagna di avventure, colei che si è presa cura di lui.
Che l’ha costretto al buon senso e, più di una volta, ad usare la ragione.
Lei stessa, molto tempo prima, era scappata dalla paura di crescere.
Per questo era partita la notte prima del suo matrimonio, verso l’Isola che non c’è.
Verso il tempo glorioso e già scritto, e verso lo spazio infinito.

Amelia non sa quanto tempo passa nei suoi pensieri, si sente scollegata dal mondo, mille ricordi riecheggiano rumorosi nella sua mente. Una cosa su tutte ricorda con precisione assoluta, con una freddezza quasi asettica.
Il dottore ha donato tanta speranza a lei, fin da bambina, così come lei, ne è certa, ha restituito tanta speranza a lui. E quando gli ha detto addio, quando gli Angeli l’hanno strappata da lui, il tempo gli ha concesso un attimo. Un solo attimo. Si è girata verso di lui, occhi negli occhi, ha visto il suo viso. Gli occhi del Signore del Tempo erano tornati tristi, grandi e pieni d’ombra, dolore.

“Quegli occhi li porto dentro, Dottore. Sono marchiati sul mio cuore e sempre sarà così”, vorrebbe dirgli, ma non può.

Qualcosa le scuote il braccio e Amy riaffiora dal mare denso dei ricordi.

-Amy…- sussurra Rory preoccupato di fronte a lei, premendole il palmo della mano su una guancia. Anthony è in braccio a lui, allacciato al suo collo, impaurito.

-R-Rory…- sbatto le palpebre e altre lacrime cadono.

Mio marito mi guarda e so già che ha capito.
Solo una cosa può avere questo effetto su di me, o meglio, solo una persona.
E lo capisco dai suoi occhi che si arrossano e vorrebbe piangere anche lui, ma lui li strizza e tossisce per ovviare alla debolezza.
-Io volevo solo ascoltare la favola- si giustifica mio figlio, la voce che trema.
Mi sento uno schifo.
Lo prendo dalle braccia di Rory e lo porto al petto, per farlo sentire al sicuro, cerco di infondergli sicurezza col mio calore.
-Non è colpa tua, Anthony… anche alla mamma piace tanto questa storia, tanto, tantissimo. Mi sono tornati alla mente dei ricordi di quando ero bambina- gli dico, accarezzandogli le spalle.
-Va bene- trilla Rory battendo le mani e sorridendo. –Allora vuol dire che stasera sarà papà a raccontarti la favola della buonanotte, va bene Campione?-
Anthony si agita tra le mie braccia, eccitato all’idea che sia il padre a raccontargli le favole, cosa che non ha mai fatto prima.
-Sìììììììììììììì- urla, agitando le braccia in aria, allungandosi nella direzione di suo padre che lo afferra e lo fa volare in aria prima di posarlo a terra. Poi Rory si gira verso di me, mi guarda negli occhi. Mi accarezza una spalla.
-Va a dormire Amy, qui ci penso io!- mi rassicura con quel sorriso che solo lui ha, restituendomi un po’ di fiducia.
-Ok!- sussurro stancamente.

Entro in camera da letto e mi chiudo la porta alle spalle.
Mi guardo allo specchio, asciugo l’ultima lacrima che spunta dall’angolo dell’occhio.

-Sai… credevo di averlo superato.  Non il fatto che tu non ci sia più, a quello non mi abituerò mai, ma al fatto di sperare che tu non sbuchi da un momento all’altro, magari dal camino la notte di Natale, o che tu faccia irruzione nel cuore della notte nella nostra camera, lasciandoci un Ood in un bagno a farci da servitore per una settimana. Sei sempre stato così imprevedibile, Dottore. In soffitta conservo tutti i regali che ti ho fatto, uno per ogni Natale. Sono ancora lì, impacchettati. A tavola c’è sempre un posto vuoto per te. E io ho sempre pensato che tu saresti tornato, prima o poi, ci avresti raggiunto qui, avresti trovato il modo-.

Inspiro ed espiro lentamente, con voce tremante confesso all’aria i miei pensieri.

-Anche adesso, sono qui a parlare da sola. Sono pazza, vero? Lo faccio sempre. Dopo una giornata stancante di lavoro, o quando rimango sola il casa e il silenzio mi opprime il cuore. Semplicemente… ti parlo, e una parte di me spera che, per quanti milioni di chilometri ci passano dividere, per quanti anni ci tengano lontani… queste mie parole ti arrivino, e ti facciano sentire meno solo-.

Mi siedo sul bordo del letto. Il petto si alza e si abbassa freneticamente.

-Perché non sei solo, dannazione, Dottore. Dopo tutto questo tempo sono ancora qui, ad aspettarti. Sono ancora la bambina che voleva scappare con te appena ti ha incontrato. Sono ancora la ragazza che aspetta-.
Scivolo sul letto, di lato, bagno il cuscino.
-E ti aspetterò sempre Dottore. Sempre...-, sussurro flebilmente, priva di forze.
-Tu e la tua stupida faccia, tu e il tuo farfallino ridicolo. Chissà se lo porti ancora, chissà se sei cambiato, se ti sei rigenerato. Se pensi a noi ogni tanto-.

Non so precisamente quanto ancora dura il mio lamento. So solo che dopo un po’ la porta della camera si apre, Rory scivola al mio fianco, mi circonda la vita con le braccia e mi stringe forte.
E io mi aggrappo a lui, come se avessi paura di cadere nell’oblio e perderlo, di nuovo.

La mattina seguente mi sveglio stordita, piegata da un forte mal di testa.
Colpa dello sfogo della sera precedente.
Ma non è solo questo.
Qualcos’altro mi sveglia.
Mio figlio. Salta sul lettone, facendo andare su e giù il materasso.

-Sveeeegliaaaa, bastaaa dormireee- ci urla forte, canticchiando.
-Anthony… attento a non cadere... è pericoloso- biascico ancora mezza addormentata.
Rory si lamenta al mio fianco, grugnisce.
Ma quando mio figlio salta per l’ennesima volta, più in alto di prima, urlando:
-GERONIMOOOOOOOOO!-  apro di scatto gli occhi, Rory si alza sul busto velocemente, come tirato da un elastico, e io con lui.
Ci guardiamo negli occhi, guardiamo Anthony.
-Anthony, ripeti a papà cosa hai detto- gli chiede Rory.
Anthony ride e finge di sistemarsi un farfallino inesistente.
-Come quell’uomo, quell’uomo che è venuto stanotte- dice.
-E’ venuto dove, Anthony?- chiedo io, con il cuore che martella contro la gabbia toracica.
Fermo i saltelli di mio figlio, lo porto vicino a me.
-A-Anthony ti prego… spiega!-
Rory al mio fianco boccheggia qualcosa mentre assume il colorito di una melanzana matura.
Non so se per la sorpresa o l’emozione, forse tutte e due le cose insieme.

-Stanotte ho fatto un sogno. Il cielo era limpido e pieno di stelle, dopo la favola ancora non mi ero addormentato, guardavo la finestra quando ho visto qualcosa nel cielo…- spiega mio figlio.

La mia salivazione si azzera, sento che sto per svenire.
Afferro la mano di Rory, la stringo.

-Una cabina blu, di un blu bellissimo, è venuta verso di me. Verso la mia finestra, fluttuava nell'aria. Le porte si sono spalancate. E c’era quest’uomo. Mi ha detto: “Coraggio, vieni anche tu, Pond” e così sono andato con lui.
Mio figlio si ammutolisce, si gratta una guancia pensosamente.

-Prima che mi dimentico, mamma, sono certo di aver sognato per la storia di Peter Pan, ma quando mi sono svegliato ho trovato questa sotto il mio cuscino-.
Anthony mi allunga una busta che riconosco subito come Blu-TARDIS.
Il mio cuore perde un battito.
-Lui nel sogno insisteva così tanto perché io mi ricordassi di dartela-.

Afferro la busta senza farmelo dire due volte.
Anthony si siede di fronte a noi a gambe incrociate.
Guardo Rory. Lui ha gli occhi lucidi.
Apro la busta e mi tremano le mani. Estraggo la lettera e la spiego di fronte a me.
Stringo la mano di Rory più forte, sento che tra un po’ quella diventerà nera per necrosi per quanto la sto stritolando.
Inspiro profondamente prima di leggere.

 

Pond. Così tanto tempo passato in mia compagnia e ancora non hai capito che sono sempre io ad avere l’ultima parola? Io e te, all’ultima pagina. Ma non così presto, piccola Amelia Pond.
Credevi fosse finita lì, vero? Bhè, fregata.
Sappi che adesso sono nei guai. Ho fatto a pezzi tutte le regole del tempo per farti arrivare questa lettera, ho bruciato una stella –bhè, tecnicamente non era proprio una stella, in realtà era anche un po’ carnivora e tanto, TANTO cattiva–.
Sono entrato nei sogni del piccolo Anthony. Ho dovuto invertire il raggio di azione dello specchio quantistico per dare consistenza al suo ologramma, comunque… ce la siamo spassati insieme questa notte, oh sì, ha volato tra le stelle proprio come te Amelia, durante il nostro primo viaggio a bordo del Tardis insieme, ricordi?

Lui è testardo, proprio come te.
E cocciuto. Tanto cocciuto.
Per questo gene ringraziamo il Signor Pond.

-William. Non Pond, William!- interrompe la lettura Rory, nascondendo un sorriso tra i capelli del figlio, mentre stampa un bacio sulla fronte del piccolo Anthony.

Niente finisce, Amelia. Tutto è incominciato quando sono precipitato nel tuo giardino. 
E’ una storia infinita la nostra, quanto infinito è l’amore che questo Signore del tempo può provare per voi, e per il piccolo Anthony.
Porto ancora il farfallino, e non sono ancora cambiato.
Come potrei voler cambiare, sono così carino, non trovate?
I farfallini sono forti. E non c’è giorno in cui il mio pensiero non vada a voi. Sempre.
Fin quando questo pazzo Signore del Tempo vivrà, se voi manterrete sempre vivi i vostri ricordi migliori… io sarò con voi.

PS: Se il piccolo Anthony dovesse manifestare un’aggressività latente, sappiate che non è colpa mia. Quella brava ragazza di sua sorella l’ha portato al poligono di tiro spaziale, si è divertito tanto con quei fucili ad alta pressione spara laser, sul pianeta Zonko105, appartenente alla nuova Galassia della Cinta di Ferro.
Ha un’ottima mira, comunque… tenetelo d’occhio.

Post-scriptum (secondo): Abbiamo incontrato un pilota in un deserto, un certo Antoine de Saint-Exupèry. Il motore del suo elicottero aveva subito un danno e così gli abbiamo dato una strappo col Tardis. E rimasto molto colpito da vostro figlio, l’ha guardato quasi come se fosse un fantasma. L’ha chiamato principe, non so che cosa significa, quando l’abbiamo salutato ci ha detto che avrebbe scritto di noi. Dei pianeti lì, nella galassia infinita.
Voi capite che cosa significa? Io no, personalmente.
Ma forse voi ci potete arrivare, ci sono così tanti pensieri nella mia testa che mi è difficile concentrarmi su un’unica cosa.
Adesso devo proprio scappare.
Ho cambiato look al Tardis, sapete? Nuovo stile, un po’ retrò.
E la piscina, finalmente, è rispuntata fuori.
La piscina nella biblioteca, o meglio, la biblioteca nella piscina.
Adesso River ha preso l’ascensore per salire sul trampolino di lancio più alto, vado a controllare che centri la piscina e non si rompa qualcosa.
Vi lascio a un’avventura che io non potrò mai vivere.

La vita.

Questa è la vostra storia.
La storia infinita del piccolo principe, di Amelia Pond e Rory Williams (sì, Rory, questa volta ho detto Williams. W ME!).
E questa avventura è appena iniziata.
Mentre sono in giro per l’universo a fare danni, con tutti i miei due cuori, io sono con voi.

Sempre e per sempre vostro, Dottore.

Rory mi asciuga le guance bagnate, alzo gli occhi al cielo, incredula. Salto dal letto, prendo in braccio mio figlio e lo coinvolgo in un belletto comico, facendolo girare come una trottola impazzita tra le mie braccia.
-Mamma... non capisco, cosa è successo?- mi chiede, la fronte corrugata per la domanda.
-Succede che... sono felice, Anthony. Molto felice- gli dico, scompigliandogli i capelli affettuosamente. Rory ci abbraccia entrambi, guarda negli occhi suo figlio prima di dire:
-E’ arrivato il momento di fare una chiacchierata, Campione mio. Questa sì che sarà una favola-
-Una favola? Un'altra?-
-Sì, amore mio. Una favola vera-
E in quel momento, Amy, sentì che tutto era perfetto al suo posto.
Era felice. E il Dottore aveva ragione, l’avventura più grande che l’aspettava era appena all’inizio.

 

*SpazioAutore*:

Eccoci qui, alla fine di questa stramba idea che mi è venuta la notte scorsa.
Ho sviluppato tutto molto presto, in realtà credo che la storia aleggiasse nella mia testolina bacata già da un po’. Se avete visto il video rilasciato dalla BBC, quello con Brian Pond (Williams) come protagonista, non avrete avuto problemi a capire che l’Anthony di questa storia, il bambino, è lo stesso che è andato a trovare Brian.
Quella scena doveva essere girata, dannazione, è così perfetta.
Vabbè , a parte questo, sarei davvero felice se mi faceste sapere cosa vi è parso di queste 6 pagine.
Come sempre, per me è molto importante.
A presto, un abbraccio. –FRANCESCA.

   
 
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