“Tutti
i bambini crescono, Anthony. Tutti… tranne uno!”
~
Amelia
Pond spesso sente il bisogno di restare sola,
staccarsi dal resto del mondo, rifugiarsi nel silenzio.
Ricorda ancora quando, cocciuta e orgogliosa come era sempre
stata, si ritirava in camera sua trattenendo le lacrime e affogava il
viso nel
cuscino, dando pugni al materasso.
Rabbia,
tanta rabbia, perché nessuno si sforzava di capire come
lei si sentisse.
Perfino Rory, che lei costringeva a vestirsi come lui, non
le credeva davvero, e lei lo sapeva.
Faceva di tutto per farla felice e lei gli voleva bene per
questo.
Il
bambino era disposto ad ascoltarla per ore e ore senza
stancarsi mai.
Rory era felice quando lei sorrideva, il suo stomaco
sussultava in un modo strano, gli occhi di Amy quando parlava del
Dottore erano
così lucidi e belli che non si sarebbe mai stancato di
guardarli, pensava fosse
una vera ingiustizia privarli di quella luce.
Più dell’insistenza e la preoccupazione della
famiglia della
bambina.
Più dei tanti psicologi che i genitori avevano consultato.
Rory accontentava ogni folle richiesta di Amy senza
vergogna; per questo, molte sere, da piccoli, guardavano le stelle
insieme e
sognavano i posti in cui il Dottore li avrebbe condotti con la sua
fluttuante
cabina blu. Gli occhi rilucenti di Amelia alla luce delle stelle.
A Rory bastava, gli bastava solo questo, per tutta la vita.
Vederla sorridere era la ricompensa e la meraviglia più
grande del mondo.
Ci tiene che al suo Anthony non manchi niente, è un bambino
meraviglioso, vivace, solare.
Ha illuminato le loro vite di una scoperta nuova e dolce.
E’ un sognatore, il suo piccolo Anthony. Gli ricorda tanto il piccolo principe di Antoine de
Saint-Exupèry, il libro che lei leggeva sempre da bambina.
Intelligente, sagace, ama sognare ad occhi aperti, disegnare,
giocare, ama le favole.
Per questo, Amy, ogni sera gliene racconta una prima di
metterlo a letto e dargli il bacio della buonanotte.
E
quella sera non faceva
eccezione alle altre.
Dopo
essersi intrufolato furtivamente nel lettone di mamma e
papà, accoccolato al dorso di Rory, divertendosi a fargli il
solletico, Amy,
controvoglia, aveva dovuto portarlo nella sua stanza per la nanna.
Gli aveva fatto fare una giravolta prima di prenderlo in
braccio.
-Torno
subito signor. Pond, il tempo di mettere a letto
questa piccola peste- aveva sussurrato sulle labbra di Rory prima di
baciarlo. Anthony
aveva salutato il padre agitando la manina vivacemente, succhiando il
pollice
dell’altra, mentre la madre lo portava via.
Avrebbe
davvero voluto che lui dormisse con loro, ma, si sa,
i bambini che dormono con i genitori sono sempre i più
viziati. Per questo
concedeva questo lusso al suo bambino solo in rare occasioni. Come
quando si
svegliava di notte spaventato da qualche brutto sogno, o quando fuori
pioveva e
Anthony aveva paura dei lampi e dei tuoni. Allora aveva il consenso.
Strisciava placidamente sotto le coperte, accanto a loro e,
al caldo, trovava pace nell’abbraccio dei genitori.
-Lo
sai che mamma e papà ti vogliono bene, vero?- gli dice,
guardandolo con sicurezza negli occhi.
Il bimbo annuisce con la testa, stropicciandosi le palpebre
con un pugno.
-Anche noi siamo più felici quando si dorme nel lettone
tutti insieme, ma sai che dormire da solo è importante,
vero?-
-Sì, mamma…- annuisce il bambino ad alta voce,
sorridendo.
Amy gli scompiglia i capelli con una mano e con l’altra gli
accarezza la guancia.
-Bravo bambino! Su', andiamo... mettiti dentro che fa freddo!-
gli dice, rimboccandogli le coperte.
-Allora, quale favola leggiamo stasera, Anthony?-
Il bambino indica col dito paffuto il dorso di un libro
disposto nella libreria.
-Voglio quella… come si chiama, mamma?- Anthony si porta un
dito alle labbra in un’espressione confusa e buffa che gli
ricorda così tanto
Rory.
Sorride nel trovare questa somiglianza, anche se in cuor suo
sa che Anthony non è davvero loro figlio, ma è un
dono mandato dal cielo.
Tutto quello che avevano sempre desiderato dalla vita e
anche di più.
Amelia
si alza e saltella in direzione della libreria.
-Quale
Anthony? La mamma non sempre ricorda tutto, ne
abbiamo lette così tante…
c’è quella della piccola fiammiferaia, del gatto e
del topo… oh, guarda qui, abbiamo anche quella di Jack e il
fagiolo magico…-
dice sventolando il libro tra le mani e sorridendo entusiasticamente in
direzione del piccolo.
-No mamma, quelle già me le hai lette tutte, voglio... come
si chiama?- dice il piccolo saltellando nel letto, colorandosi le
guance di rosso
dallo sforzo, -Quella… quella del ragazzo che vola nel
cielo… tra le stelle-.
La
voce di suo figlio la colpisce di traverso, così, senza
preavviso.
Si stringe nelle spalle. Stinge in un pugno il tessuto della
sua vestaglia da notte, all’altezza del cuore, obbligandosi a
mantenere il controllo
delle sue azioni.
Si ferma, chiude gli occhi, dando le spalle al suo bambino.
Questa innocua richiesta, pronunciata dalle labbra senza
alcuna malizia, l’ha colpita come una frustata. E quelle
parole, che per suo
figlio non significano altro che una favola come un’altra,
quella di Peter Pan,
per lei assumono la consistenza e il peso di un fardello troppo grande.
Di una ferita aperta che brucia ancora.
Tutti
crescono, tutti,
prima o poi.
Si
può tentare di fuggire al tempo, alla consapevolezza di
come esso ci stia cambiando, si stia facendo spazio dentro di noi e
stia
plasmando il nostro corpo, inesorabilmente, giorno dopo giorno. Ti
svegli una
mattina, e un’ altra ancora, e sei sempre più
vicino all’essere adulto e un po’
meno bambino. Tutti si ritrovano adulti, prima o poi.
Tutti,
tranne uno.
Qualcuno
che non è soggetto alle mutazioni del tempo, qualcuno che
il tempo lo manipola a sua volta, stravolgendolo, giocandoci proprio
come un
bambino giocherebbe con delle costruzioni, smanioso di nuove avventure
e nuove
combinazioni.
E nella mente di Amelia Pond, quel bambino che non cresce
mai, non è Peter Pan.
No… perso a volare in cielo tra le stelle, a bordo di una
cabina blu della polizia… quell’uomo è
il suo
Dottore.
E lei è stata
Wendy.
La sua compagna di avventure, colei che si è presa cura di
lui.
Che l’ha costretto al buon senso e, più di una
volta, ad
usare la ragione.
Lei stessa, molto tempo prima, era scappata dalla paura di
crescere.
Per questo era partita la notte prima del suo matrimonio,
verso l’Isola che non
c’è.
Verso il tempo glorioso e già scritto, e verso lo spazio
infinito.
Il dottore ha donato tanta speranza a lei, fin da bambina,
così come lei, ne è certa, ha restituito tanta
speranza a lui. E quando gli ha
detto addio, quando gli Angeli l’hanno strappata da lui, il
tempo gli ha
concesso un attimo. Un solo attimo.
Si è girata verso di lui, occhi negli occhi, ha visto il suo
viso. Gli occhi
del Signore del Tempo erano tornati tristi, grandi e pieni
d’ombra, dolore.
“Quegli
occhi li porto
dentro, Dottore. Sono marchiati sul mio cuore e sempre sarà
così”,
vorrebbe dirgli, ma non può.
Qualcosa
le scuote il braccio e Amy riaffiora dal mare denso
dei ricordi.
-R-Rory…-
sbatto le palpebre e altre lacrime cadono.
Mio
marito mi guarda e so già che ha capito.
Solo una cosa può avere questo effetto su di me, o meglio,
solo una persona.
E lo capisco dai suoi occhi che si arrossano e vorrebbe
piangere anche lui, ma lui li strizza e tossisce per ovviare alla
debolezza.
-Io volevo solo ascoltare la favola- si giustifica mio
figlio, la voce che trema.
Mi sento uno schifo.
Lo prendo dalle braccia di Rory e lo porto al petto, per
farlo sentire al sicuro, cerco di infondergli sicurezza col mio calore.
-Non è colpa tua, Anthony… anche alla mamma piace
tanto
questa storia, tanto, tantissimo. Mi sono tornati alla mente dei
ricordi di
quando ero bambina- gli dico, accarezzandogli le spalle.
-Va bene- trilla Rory battendo le mani e sorridendo. –Allora
vuol dire che stasera sarà papà a raccontarti la
favola della buonanotte, va
bene Campione?-
Anthony si agita tra le mie braccia, eccitato all’idea che
sia il padre a raccontargli le favole, cosa che non ha mai fatto prima.
-Sìììììììììììììì-
urla, agitando le braccia in aria,
allungandosi nella direzione di suo padre che lo afferra e lo fa volare
in aria
prima di posarlo a terra. Poi Rory si gira verso di me, mi guarda negli
occhi.
Mi accarezza una spalla.
-Va a dormire Amy, qui ci penso io!- mi rassicura con quel
sorriso che solo lui ha, restituendomi un po’ di fiducia.
-Ok!- sussurro stancamente.
Entro
in camera da letto e mi chiudo la porta alle spalle.
Mi guardo allo specchio, asciugo l’ultima lacrima che spunta
dall’angolo dell’occhio.
-E ti aspetterò sempre Dottore. Sempre...-,
sussurro flebilmente, priva di forze.
-Tu e la tua stupida faccia, tu e il tuo farfallino ridicolo.
Chissà se lo porti ancora, chissà se sei
cambiato, se ti sei rigenerato. Se
pensi a noi ogni tanto-.
E io mi aggrappo a lui, come se avessi paura di cadere
nell’oblio e perderlo, di nuovo.
Colpa dello sfogo della sera precedente.
Ma non è solo questo.
Qualcos’altro mi sveglia.
Mio figlio. Salta sul lettone, facendo andare su e giù il
materasso.
-Sveeeegliaaaa,
bastaaa dormireee- ci urla forte,
canticchiando.
-Anthony… attento a non cadere... è pericoloso-
biascico
ancora mezza addormentata.
Rory si lamenta al mio fianco, grugnisce.
Ma quando mio figlio salta per l’ennesima volta,
più in alto
di prima, urlando:
-GERONIMOOOOOOOOO!- apro
di scatto gli occhi, Rory si alza sul
busto velocemente, come tirato da un elastico, e io con lui.
Ci guardiamo negli occhi, guardiamo Anthony.
-Anthony, ripeti a papà cosa hai detto- gli chiede Rory.
Anthony ride e finge di sistemarsi un farfallino
inesistente.
-Come quell’uomo, quell’uomo che è
venuto stanotte- dice.
-E’ venuto dove, Anthony?- chiedo io, con il cuore che
martella contro la gabbia toracica.
Fermo i saltelli di mio figlio, lo porto vicino a me.
-A-Anthony ti prego… spiega!-
Rory al mio fianco boccheggia qualcosa mentre assume il
colorito di una melanzana matura.
Non so se per la sorpresa o l’emozione, forse tutte e due le
cose insieme.
-Stanotte
ho fatto un sogno. Il cielo era limpido e pieno di
stelle, dopo la favola ancora non mi ero addormentato, guardavo la
finestra
quando ho visto qualcosa nel cielo…- spiega mio figlio.
La
mia salivazione si azzera, sento che sto per svenire.
Afferro la mano di Rory, la stringo.
-Una
cabina blu, di un blu bellissimo, è venuta verso di me.
Verso la mia finestra, fluttuava nell'aria. Le porte si sono
spalancate. E c’era quest’uomo. Mi ha
detto: “Coraggio,
vieni anche tu, Pond” e così sono
andato con lui.
Mio figlio si ammutolisce, si gratta una guancia
pensosamente.
-Prima
che mi dimentico, mamma, sono certo di aver sognato per
la storia di Peter Pan, ma quando mi sono svegliato ho trovato questa
sotto il
mio cuscino-.
Anthony mi allunga una busta che riconosco subito come
Blu-TARDIS.
Il mio cuore perde un battito.
-Lui nel sogno insisteva così tanto perché io mi
ricordassi di dartela-.
Afferro
la busta senza farmelo dire due volte.
Anthony si siede di fronte a noi a gambe incrociate.
Guardo Rory. Lui ha gli occhi lucidi.
Apro la busta e mi tremano le mani. Estraggo la lettera e la
spiego di fronte a me.
Stringo la mano di Rory più forte, sento che tra un
po’
quella diventerà nera per necrosi per quanto la sto
stritolando.
Inspiro profondamente prima di leggere.
Pond.
Così tanto tempo
passato in mia compagnia e ancora non hai capito che sono sempre io ad
avere
l’ultima parola? Io e te, all’ultima pagina. Ma non
così presto, piccola Amelia
Pond.
Credevi fosse finita lì,
vero? Bhè, fregata.
Sappi che adesso sono nei
guai. Ho fatto a pezzi tutte le regole del tempo per farti arrivare
questa
lettera, ho bruciato una stella –bhè, tecnicamente
non era proprio una stella,
in realtà era anche un po’ carnivora e tanto,
TANTO cattiva–.
Sono entrato nei sogni
del piccolo Anthony. Ho dovuto invertire il raggio di azione dello
specchio
quantistico per dare consistenza al suo ologramma, comunque…
ce la siamo spassati
insieme questa notte, oh sì, ha volato tra le stelle proprio
come te Amelia,
durante il nostro primo viaggio a bordo del Tardis insieme, ricordi?
Lui
è testardo, proprio
come te.
E cocciuto. Tanto
cocciuto.
Per questo gene
ringraziamo il Signor Pond.
E’ una storia infinita la nostra, quanto infinito
è l’amore che questo
Signore del tempo può provare per voi, e per il piccolo
Anthony.
Porto ancora il farfallino,
e non sono ancora cambiato.
Come potrei voler
cambiare, sono così carino, non trovate?
I farfallini sono forti.
E non c’è giorno in cui il mio pensiero non vada a
voi. Sempre.
Fin quando questo pazzo
Signore del Tempo vivrà, se voi manterrete sempre vivi i
vostri ricordi
migliori… io sarò con voi.
Ha un’ottima mira,
comunque… tenetelo d’occhio.
Post-scriptum
(secondo):
Abbiamo incontrato un pilota in un deserto, un certo Antoine de
Saint-Exupèry.
Il motore del suo elicottero aveva subito un danno e così
gli abbiamo dato una
strappo col Tardis. E rimasto molto colpito da vostro figlio,
l’ha guardato
quasi come se fosse un fantasma.
Voi capite che cosa
significa? Io no, personalmente.
Ma forse voi ci potete arrivare, ci sono così
tanti pensieri nella mia testa che mi è difficile
concentrarmi su un’unica
cosa.
Adesso devo proprio
scappare.
Ho cambiato look al
Tardis, sapete? Nuovo stile, un po’ retrò.
E la piscina, finalmente,
è rispuntata fuori.
La piscina nella
biblioteca, o meglio, la biblioteca nella piscina.
Adesso River ha preso
l’ascensore per salire sul trampolino di lancio
più alto, vado a controllare
che centri la piscina e non si rompa qualcosa.
Vi lascio a un’avventura
che io non potrò mai vivere.
La
vita.
Questa
è la vostra
storia.
La storia infinita del
piccolo principe, di Amelia Pond e Rory Williams (sì, Rory,
questa volta ho
detto Williams. W ME!).
E questa avventura è
appena iniziata.
Mentre sono in giro per l’universo
a fare danni, con tutti i miei due cuori, io sono con voi.
Sempre
e per sempre vostro, Dottore.
Rory
mi asciuga le guance
bagnate, alzo gli occhi al cielo, incredula. Salto dal letto, prendo in
braccio
mio figlio e lo coinvolgo in un belletto comico, facendolo girare come
una
trottola impazzita tra le mie braccia.
-Mamma... non capisco, cosa è
successo?- mi chiede, la fronte corrugata per la domanda.
-Succede che... sono felice,
Anthony. Molto felice- gli dico, scompigliandogli i capelli
affettuosamente.
Rory ci abbraccia entrambi, guarda negli occhi suo figlio prima di
dire:
-E’ arrivato il momento di fare
una chiacchierata, Campione mio. Questa sì che
sarà una favola-
-Una favola? Un'altra?-
-Sì, amore mio. Una favola
vera-
E in quel momento, Amy, sentì
che tutto era perfetto al suo posto.
Era felice. E il Dottore aveva
ragione, l’avventura più grande che
l’aspettava era appena all’inizio.
*SpazioAutore*:
Eccoci
qui, alla fine di questa stramba idea che mi è venuta la
notte scorsa.
Ho
sviluppato tutto molto presto, in realtà credo che la storia
aleggiasse nella
mia testolina bacata già da un po’. Se avete visto
il video rilasciato dalla
BBC, quello con Brian Pond (Williams) come protagonista, non avrete
avuto problemi a
capire che l’Anthony di questa storia, il bambino,
è lo stesso che è andato a
trovare Brian.
Quella
scena doveva essere girata, dannazione, è così
perfetta.
Vabbè ,
a parte questo, sarei davvero felice se mi faceste sapere cosa vi
è parso di
queste 6 pagine.
Come
sempre, per me è molto importante.
A
presto, un abbraccio. –FRANCESCA.