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Autore: nephylim88    06/01/2013    1 recensioni
in questa storia ho scritto di un ipotetico ritorno di Artù nel nostro mondo da Avalon. Mi sono presa un paio di libertà geografiche (non credo che esista un lago alla piana di Glastonbury), e ho riportato i nomi in inglese per mantenere una certa coerenza con la nazionalità di Michael, il ragazzo che incontra uno strano vecchio sulla riva del lago di Avalon...
spero vi piaccia! buona lettura!!!
Genere: Fantasy, Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Altri, Artù
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Michael non sapeva cosa lo avesse spinto a sedersi a fianco a quel tipo. Era sempre stato molto timido nei confronti degli sconosciuti, figurarsi quindi se aveva coraggio di sedersi vicino ad un uomo anziano in un parco semideserto sulle rive di un lago! Eppure, mentre passeggiava, lo vedeva lì, seduto, a fissare il lago scintillante nel sole del pomeriggio, con l’aria di uno che aveva visto tante, tante cose, e ne avrebbe viste ancora tante, tante e tante! E sì che, apparentemente, non sembrava poi così vecchio! Non si capiva molto bene, visto che era seduto, ma sembrava piuttosto alto e magro. Aveva i capelli color argento, e portava la barba, tenuta corta e in ordine. Doveva avere intorno ai settantacinque anni, ma i suoi occhi azzurri sembravano molto più vecchi. Vestiva con abiti semplici, quasi da straccione: un paio di jeans lisi, e strappati nei punti che finivano sotto talloni, una maglia a righe orizzontali bianche, blu e rosse e una vecchia giacca a vento rossa. Insomma, sembrava davvero un pensionato come altri, seduto in panchina a godersi il sole e la fresca brezza primaverile. Michael prese il coraggio a quattro mani, poi si sedette a fianco a lui. E cominciò a fissare il lago a sua volta. Si schiarì la voce un paio di volte, prima di esordire con un incerto – Bella giornata, eh? - il vecchio lo guardò, senza dire nulla.
 - E’ nuovo, di qui? – incalzò il ragazzo, mentre dentro di sé continuava a chiedersi perché doveva per forza disturbare quell’uomo.
Il vecchio continuava a guardarlo. Poi rispose – Non proprio.
La voce del vecchio era esattamente come i suoi occhi. Sembrava antica, ma al tempo stesso normale.
- Bello, il lago, no? – continuò Michael, mentre nella sua mente, ormai, strillava “ma si può sapere che ti prende??? Neanche fosse una bella ragazza!”. Il vecchio fece un mezzo sorriso.
- Dì un po’, come mai parli con me? Neanche fossi una bella ragazza! – sbottò, quasi divertito.
Michael arrossì. – Mi scusi – farfugliò, confuso anche da come sembrasse leggergli nella mente.
Il vecchio scoppiò a ridere. – Non preoccuparti, figliolo. Fa sempre piacere un po’ di compagnia! Come ti chiami?
- Mi chiamo Michael, signore. E lei?
- Ambrose. Molto piacere, ragazzo.
- Piacere mio, signore.
Tacquero per un po’. Gli uccelli svolazzavano e cinguettavano sopra di loro.
- Tu sei di queste parti, figliolo? – Ambrose ruppe il silenzio.
- Non proprio, no. Mi sono trasferito un anno fa da Londra con i miei genitori.
- Ahhh, Londra. Cosa vi ha portato qui, alla piana di Glastonbury?
- Il lavoro di mio padre.
Cadde di nuovo il silenzio. – E lei, signore?
- Chiamami pure Ambrose, figliolo.
- E lei, Ambrose, da dove viene? È la prima volta che la vedo da queste parti.
- Invece sono qui da molto, molto tempo. Non riesco neanche a dirti esattamente quanto.
Ancora silenzio. Michael era sempre più a disagio. Avrebbe voluto andarsene, ma qualcosa lo tratteneva. Forse la consapevolezza che quel vecchio aveva bisogno di parlare con qualcuno. Doveva sentirsi molto solo.
- Tu lo sai – Ambrose interruppe il flusso dei pensieri di Michael – che questo è il lago dove si suppone sia stato sepolto re Arthur?
- Re Arthur? Ma non era una figura leggendaria?
Ambrose cominciò a ridere. – Solo un fesso arriva a ridurre a leggenda un re grande come Arthur!
Michael ebbe un piccolo fremito, offeso. Aveva avuto un periodo in cui si era appassionato alla storia di re Arthur, della regina Guinevere, di Merlin, il mago. Aveva fatto parecchie ricerche al riguardo. Voleva dire qualcosa del tipo che i più grandi storici dell’argomento avevano dichiarato che non esistevano prove dell’esistenza di re Arthur. Ma qualcosa lo trattenne. Aveva la netta impressione che sarebbe stato ancora più preso in giro. Invece disse: - D’accordo. Mettiamo che sia esistito davvero – Ambrose fece uno sbuffo che sembrava volesse dire “non è neanche da mettere in dubbio una cosa simile!” – Avalon non era un’isola? Insomma, lei ha detto che questo è il punto in cui venne sepolto…
- Temo di aver detto fischi per fiaschi, figliolo. Scusami, ma quando vivi a lungo come me, finisci per confondere un po’ le cose. Questo è il lago in cui Arthur navigò per arrivare ad Avalon.
- Oh. – Michael rimase lì, senza parole. – Ma ne è sicuro?
- Come sono sicuro di essere qui.
- Come fa ad esserne così sicuro? Ci sono parecchi posti papabili come “ingresso per Avalon”.
- Lo so e basta!
Ancora silenzio. Era quasi esasperante, Michael si sentiva come un pugile: primo round, pausa, secondo round, pausa, terzo round, pausa e via dicendo. Senza contare che quel vecchio parlava con una sicurezza tale che si sarebbe detto che fosse presente a quegli avvenimenti. “No, che accidenti dico??” scosse la testa “i matti ci sono dappertutto, guarda a quegli imbecilli che credono nel 21 dicembre 2012! E ne parlano come se fossero presenti al momento dell’enunciazione della profezia dei Maya!”.
- Lei sembra saperne molto, sulla storia di re Arthur. – azzardò, incerto.
- Abbastanza.
- Vuole raccontarmi?
Ambrose si risistemò sulla panchina, come a mettersi più comodo.
- In realtà non c’è molto di più da dire, figliolo, di quanto non si sia già detto. Arthur nacque da un imbroglio perpetrato da Uther Pendragon ai danni di Gorlois, duca di Cornovaglia, e di Igraine, moglie di Gorlois. Grazie a Merlin, in poche parole, quel re pazzo prese le sembianze del duca e sedusse la donna. Poi, una volta morto Gorlois, la sposò, ed ebbero un’altra figlia, Morgause.
- Credevo che Morgause fosse la sorellastra, non la sorella di Arthur.
- Sì, le nuove versioni della storia dicono questo. No, era Morgana a essere la sorellastra di Arthur. Morgause era sorella a tutti gli effetti del grande re. Peccato che siano cresciuti separati. Arthur venne allevato da Merlin, mentre lei crebbe a corte. Così, parecchi anni dopo, Arthur la sedusse senza sapere che si trattava della sorella, dato che non si vedevano da parecchi anni. Da quell’unione nacque Mordred, che, come tu sai, uccise il padre nella battaglia di Camlann.
- Non è la prima volta che sento questa storia, e ogni volta mi dà i brividi. Arthur ha avuto una vita decisamente sfortunata! È dovuto crescere lontano dai suoi genitori, ha avuto un rapporto incestuoso con la sorella, suo figlio lo ha ucciso… per non parlare della regina Guinevere!
- Non essere così severo nel giudicarla, figliolo. Arthur amava Guinevere, come un uomo dell’epoca poteva amare una donna. E lei comunque ricambiava, ma la vita a corte non era per niente semplice, tanto più se dovevi generare l’erede al trono e non ne eri in grado. Prova a immaginare di vivere in un’epoca dove i sentimenti non contano, anzi, peggio, sono considerati come una debolezza. Tuo marito ti ama, ma non può darlo troppo a vedere. E la tua corte non ti vede come una regina, e non lo farà finché non avrai generato un erede. Sostanzialmente, sei un utero vuoto. E vedi tuo marito, che ami con tutta te stessa, che si adegua al pensiero della corte. Credo che per Guinevere sia stato un sollievo quando si è resa conto che a Lancillotto non interessava il punto di vista di tutta Camelot. Le parlava come si parla ad una persona. La vedeva come Guinevere, non come la moglie sterile di Arthur. E una cosa simile, dopo anni di indifferenza, può segnare nel profondo il cuore di una persona.
- Ma era suo dovere stare vicino al marito! – Michael era indignato all’ennesima potenza da questo vecchio che difendeva una delle donne più ambigue della letteratura inglese. E, oltretutto, dentro di sé pensava che la storia, messa in questa luce, suonava molto diversa. Guinevere non era più una traditrice, ma una vittima delle circostanze. Vide Ambrose scuotere la testa.
- Giovanotto,  - disse poi il vecchio – e pensare che, vivendo di questi tempi, con tutto quello che si vede e si sente in giro in tema di fedeltà coniugale, dovresti essere meno bigotto di così!
- Ma lei ha detto, tra le righe, che in fondo Arthur se l’era cercata!
- Un po’ è così, giovane. Com’è si dice? Ah, già, che certe cose si fanno in due, dopotutto. E non è stato Arthur a dimostrare un po’ di appoggio a Guinevere. Non che fosse un suo stretto dovere, in fondo si era nel medioevo, le donne non erano certo al primo posto nella società, ma era un re estremamente tollerante, ci si sarebbe aspettato un po’ più di apertura  mentale anche verso sua moglie. Invece l’ha lasciata sola. A sua discolpa, giusto in quel periodo Morgana puntava a detronizzarlo, e si era presentato questo suo presunto figlio, Mordred. E Arthur era un essere umano, dopotutto. Quello che sapeva è che sua moglie l’avrebbe comunque aspettato.
- Un discreto sbaglio… - borbottò Michael.
- Non che conti molto, in fondo, dato che con Mordred ha trovato la sua fine.
- Già, la profezia per cui il suo stesso figlio l’avrebbe ucciso… che tristezza…
- Sì  e no… in fondo, quella profezia dice anche che  il re tornerà.
- Ah, sì? E quando dovrebbe tornare? – rise Michael, con aria scettica.
- Quando il mondo avrà bisogno di lui. – rispose Ambrose, ignorando la risata del ragazzo.
- Mi sa che allora è un po’ in ritardo…
Ambrose lo guardò. E Michael quasi si perse nell’azzurro dei suoi occhi, quell’azzurro che sembrava parlargli dalle profondità stesse della Terra… quegli occhi parlavano di gioia e di dolore, di sofferenza, di dolcezza… raccontavano storie antiche e nuove, di castelli e di navi, di guerre e di pace…
Il telefono suonò, facendolo trasalire. Rispose, mentre Ambrose continuava a guardarlo. Dopo trenta secondi, chiuse la telefonata. – Mi spiace, Ambrose, devo proprio andare. Mia madre vuole che le dia una mano in giardino.
Ambrose fece un mezzo sorriso. – Vai, ragazzo, vai.
- La troverò qui, nei prossimi giorni?
- Dipende se chi cerco si farà vivo.
Pronunciate queste parole, Ambrose tornò a fissare il lago. Quando si voltò nuovamente verso il sentiero, il ragazzo si era già allontanato. Non sapeva se l’avrebbe più rivisto. I segni parlavano chiaro, e lui non sarebbe ritornato tanto presto, su quelle sponde. Continuò a fissare l’acqua lievemente increspata dalla brezza. E vide una barchetta profilarsi in lontananza, avvicinarsi sempre di più alla riva del lago dove lui si trovava. Sulla barca stava un uomo molto alto, biondo e robusto, con una folta barba. Si vedeva chiaramente che era un uomo autorevole, e abituato alle avversità. Arrivato alla riva, scese, raccolse una spada e uno scudo, poi guardò Ambrose e sorrise.
- Merlin Ambrosius! – esclamò – il mio fedele servitore, nonché amico più devoto! Vedo che non sei cambiato affatto negli ultimi secoli!
- Salve, Arthur. – rispose Ambrose – Bentornato, mio re!
  
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