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Autore: Portatrice sana di sogni    06/01/2013    0 recensioni
Si parla tanto di Maya e fine del mondo. Ma se si fossero già infiltrati e ci osservano? Forse non siamo bravi come ci piace credere.
Genere: Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Caos.
Traffico.
Urla di madri.
Strilla di bambini.
Passanti che sbraitavano.
Uccellini che cinguettavano.
Cani che abbaiavano nei giardini.
Il battito pulsante, frenetico di un cuore.
Sangue che ribolliva nelle vene, respiro mozzo.
L’arrivo in quel mondo fu il più difficile che la creatura avesse mai sperimentato.
Seduta su un sedile di quella che chiamavano “metropolitana”, si specchiava negli occhi dei passanti, frastornata dal rumore delle loro vite.
Vite da studenti, da lavoratori, da amanti, genitori, figli, palpitavano tutte intorno a lei.
Vide la distruzione lenta del loro mondo. L’inquinamento di spazi vastissimi, l’indifferenza arrogante, la consapevolezza e il silenzio del denaro.
La grandiosa abilità di farsi del male con le proprie stesse mani, colpire con la più devastante forza sé stessi e quanti attorno a loro.
L’odio e l’ignoranza, generarsi a vicenda in un circolo infinito e distruttivo.
Le guerre perpetrarsi in ogni angolo di quel globo una volta equilibrato.
L’aveva visto nascere, quello che era stato un battito di ciglia per lei. Uno sputacchio bilanciato di terra e acque. E aveva visto anche quegli esserini espandersi nel giro di un secondo, invadendo e distruggendo qualsiasi cosa trovassero davanti a loro, combattendo in nome di un certo “Progresso”, che lei però non aveva mai conosciuto. Doveva esserselo perso mentre vagava tra le stelle. Anche quella cosa detta “Dio” aveva mancato, nonostante l’avesse cercata tra galassie e costellazioni.
Era una creatura curiosa, in fondo. La divertivano quei cosetti effimeri, piccoli come granelli di polvere stellata, ma in grado di annientare interi pianeti.
E li vedeva proprio in quel momento.
Così affaccendati dalle proprie esistenze, come se durassero per sempre. Alcuni cercavano addirittura di impostare le vite altrui, come se già dover gestire le proprie non fosse abbastanza.
“E, francamente, alcuni se le trattano proprio male!” pensò, gli occhietti allungati che sbirciavano le essenze che la circondavano. 
Respirava la loro agitazione, la frenesia, la consapevolezza del loro Tempo. L’affannarsi dietro a mete talmente effimere da suscitarle un lieve sorriso amaro. Le leggeva dentro i loro occhi. “Non arrivare in ritardo. Ho chiuso la macchina? Come posso impressionare il capo? Cosa faccio stasera per cena? Devo portare i bambini a calcio alle 7. A che ora chiudono i negozi?” e poi la terribile “Non vedo l’ora che sia stasera.”
Partivano già pensando a quando sarebbero tornati indietro. Come se avessero tutti i giorni possibili da sprecare.
 
Eppure, ogni tanto raccoglieva degli sprazzi diversi.
Una strana frequenza vibrava nelle sue orecchie, una vibrazione ancestrale, il richiamo di Anime Pure.
Ne aveva incontrate parecchie, sperse in quella fanghiglia grigia della Terra.
Stelle inesplose racchiuse in spoglie mortali, ma che irradiavano ancora la loro luce primitiva, calda e accogliente, materna.
Lanterne, attorno alle quali si raccoglievano anime perse, intrappolate nelle esistenze vuote che si erano create da sole, ma che risentivano di quel Richiamo.
Sospirò.
Ce n’erano ancora, la Terra aveva ancora qualche salvezza.
 
Mentre si allontanava, si voltò ancora una volta a guardarla.
Una massa oscura, buia, costellata da piccole lucciole.
Nelle case, negli edifici, negli ultimi uffici, nelle strade si accendevano i bagliori di miliardi di cuori, scaldandosi a vicenda. 
Quante volte si era incantata a osservarle, nelle sue peregrinazioni. Piccole, quasi insignificanti, ma incredibilmente forti.
 
Sorrise.
Sì, la Terra aveva davvero salvezza. 
  
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