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Autore: coldfingergurl    07/01/2013    7 recensioni
Non era proprio il genere di persona che si metteva ad osservare tutta la gente per strada, non quelli che passavano ma quelli che ci vivevano, che ci lavoravano. [OnKey]
Genere: Angst, Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Key, Onew
Note: AU, Lime | Avvertimenti: Tematiche delicate
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Jinki non era il tipo da frequentare i bassifondi di Seoul, non era il tipo da prendere l’auto e guidare senza meta fino in periferia.
Non era proprio il genere di persona che si metteva ad osservare tutta la gente per strada, non quelli che passavano ma quelli che ci vivevano, che ci lavoravano. Ma quella sera i suoi genitori lo avevano fatto arrabbiare, gli avevano detto di preoccuparsi di più dell’università nonostante sapessero quanto tempo dedicasse allo studio, non era colpa sua se ogni tanto si lasciava andare a qualche concerto con il proprio gruppo; non era colpa sua se aveva ricevuto una voce che gli altri trovavano decente, più che decente.

Mentre ricordava le parole di sua madre al telefono (Devi studiare più duramente Jinki, ne va del nome della famiglia, studia studia studia), l’auto si fermò davanti a un gruppo di ragazzi, sembravano essere più piccoli di lui e quello lo colpì; perché dei mocciosi si trovavano in quel punto della città?
Non era pericoloso?
Uno di loro gli si avvicinò e Jinki aprì il finestrino cercando di non sorridere come un idiota; sorridere a qualcuno che molto probabilmente stava lavorando  non era un’idea geniale e dubitava che quel tipo volesse il suo sorriso.

“Cerchi compagnia?”

In quel momento, nell’attimo in cui i suoi occhi si posarono su quel ragazzo, Jinki congelò.
Per qualche minuto ebbe la sensazione che il cuore gli si fosse fermato.
Che il sangue nelle vene avesse smesso di circolare.
Che l’ossigeno nei polmoni fosse svanito.
Tutto perché quel ragazzino che gli si era avvicinato, era di una bellezza sbalorditiva. I suoi occhi erano duri, perfettamente in contrasto con i lineamenti delicati e dolci del suo viso, le labbra delineate a cuore e rosee, per non parlare poi degli zigomi perfetti. 
A Jinki sembrava una bellezza rara, di quelle che trovi descritte nei libri, non credeva davvero che una persona del genere potesse esistere sul serio. Non credeva neanche di poterla incontrare.

“I-io…n-no”

“Allora sparisci, stai bloccando la strada.”

Non era difficile capire che tipo di lavoro facesse e che tipo di compagnia gli avesse offerto poco prima, come all’uomo  passato prima di lui e quello prima ancora, e Jinki rabbrividì al pensiero di quella creatura, quasi divina, pagato per far sfogare dei vecchi frustrati o semplicemente dei frustrati. Nessuno sarebbe dovuto finire a quel modo, specialmente un moccioso.

“A-aspetta, sali”

Il ragazzo sbuffò prima di tornare indietro ed entrare nella sua auto.
I jeans che indossava sembravano usati e logori, della maglia nera rimaneva ben poco se non qualche brandello adatto a ricoprire il minimo di pelle (non ha freddo a quel modo?), nonostante quello però, la sua pelle era candida e Jinki riusciva a sentire l’odore del suo profumo.

“Come ti chiami?”

“Key.”

“Non è un nome…”

“Fatti gli affari tuoi e guida, non ho tempo da perdere in parole”

“Perché il tempo è denaro, ricorda Jinki” suo padre glielo ripeteva in continuazione. Mai come in quel caso, quelle parole rappresentavano la verità.
Prese a guidare senza meta per dieci minuti, si erano allontanati dallo squallido bassofondo ma Jinki non aveva la minima idea di dove portare Key, non gli capitava tutti i giorni di raccattare un ragazzo per strada.

Quando tentò l’ennesimo giro attorno a un palazzo, la mano del passeggero si posò sulla sua gamba stringendola, almeno inizialmente, poi cominciò a sentirla salire pericolosamente verso l’alto e arrivò a sentire il rumore della zip che si abbassava.

“C-che stai facendo?”

“Il mio lavoro, te l’ho detto che non ho tempo”

“Io no-, in auto?”

Avrebbero potuto vederli, come avrebbe spiegato a un’eventuale vigile la mano dentro i suoi pantaloni? Non poteva rischiare di infangare il nome della sua famiglia, sua madre avrebbe avuto una crisi isterica e forse il padre lo avrebbe mandato a fare il militare prima del dovuto. 
Ma quella mano sembrava non volersi fermare, quelle dita delicate avevano avvolto il suo membro iniziando a portarlo in vita, quello sull’orlo della morte era Jinki in fondo.

“N-non potresti al-almeno aspettare?”

Key lo stava completamente ignorando, continuando a muovere la mano per tutta la lunghezza del sesso di Jinki; non sembrava minimamente preoccupato per la fine che avrebbero potuto fare se piantati contro un  palo della luce invece che fermati dalla polizia. 
Il fatto che non lo degnasse minimamente di uno sguardo, o di attenzione, lasciava il più grande in uno stato confusionale (non è la prima volta che lo fa, eh?) ma il ragazzo non si era mostrato propenso a parlare (il tempo è prezioso quando è a pagamento).

Jinki strinse le mani sul volante sentendo quella sensazione poco familiare, non aveva molta esperienza in campo sessuale, riscaldarlo.
Era come se il proprio corpo andasse a fuoco, la vista gli si stava annebbiando e faceva fatica a concentrarsi sulla strada (Key lo stava toccando sempre più velocemente), c’era anche quella voglia di posare le labbra su quelle del ragazzo con sé perché per lui quello era il modo in cui le cose  dovevano andare.
Il respiro affannoso, il sudore che si stava formando sulla propria fronte, non facevano altro che avvertirlo di quello che sarebbe arrivato dopo, nonostante avesse voluto fermarsi (fermare l’auto o la mano di Key?) . 

Si morse il labbro inferiore quando sentì l’orgasmo prendere il sopravvento, cercava di trattenersi dal lasciarsi andare nella mano che stringeva il proprio membro ma aspettò comunque che un’ultima spinta di Key lo facesse andare alla deriva. Al posto di guida. Con l’auto in corsa.

“Puoi riportarmi dove mi hai preso?”

“S-si…”

E mentre guidava in direzione della strada di periferia, Jinki sentì il senso di colpa e la  vergogna posarsi sulle sue spalle.
Si sentiva soffocare e non sapeva neanche perché, forse era il pensiero di dover pagare, forse era il fatto di non aver fermato Key (perché quando lo aveva fermato dal camminare via, lo aveva fatto soltanto per non lasciarlo a qualcun altro).

“Mi sembri abbastanza disperato, facciamo che per stavolta offre la casa.”

Key lo stava guardando - che lo avesse fatto per tutto il tragitto del ritorno?-  e lui provò a sorridergli leggermente. Non era un sorriso dal: ”Grazie per la gentilezza”, era un sorriso imbarazzato, un sorriso che serviva a nascondere quanto di basso livello si sentisse in quel momento.

“E’ Kibum.”

“Il tuo nome?”

Key, Kibum, annuì e poi uscì dall’auto senza degnare Jinki di uno sguardo.
Vedendolo camminare via, lontano da lui, lontano dalla sicurezza della sua auto, si chiese cosa avesse spinto il ragazzo a rivelargli il suo vero nome.
Con molte possibilità non sarebbe più tornato in quel posto, con altrettante possibilità, Kibum sarebbe stato solo un altro di quei ragazzi trovati morti la mattina seguente.

 
   
 
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