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Autore: Akane    27/07/2007    4 recensioni
Gibbs molla tutto, lascia la squadra e dà il timone del comando a Tony. Lui e la sua reazione subito dopo l'accaduto ...
Genere: Romantico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Anthony DiNozzo, Leroy Jethro Gibbs
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie 'Questione di manifestazione'
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TITOLO

TITOLO: Manifestarsi

AUTORE: Akane

SERIE: NCIS

TIPO: slash

GENERE: sentimentale, introspettivo

RATING: giallo, PG13, 14+

PAIRING: Leroy Jethro Gibbs/Anthony DiNozzo (Tony)

PARTI: one shot

MODO: prima persona, pov di Tony (se qualcuno ha il coraggio di fare la stessa storia dalla parte di Gibbs si faccia avanti … io per ora riesco ad essere solo Tony!!!! ^_- )

AMBIENTAZIONE: Washington, sede agenzia NCIS, ultima puntanta della terza stagione, quando Gibbs saluta i suoi compagni di squadra per andarsene e mollare tutto, lasciando il suo posto a Tony!
Della mini serie chiamata Questione di manifestazioni

DISCLAMAIRS: i personaggi, l’ambientazione e la serie non sono mie ma degli aventi diritti! Anche se mi piacerebbe avere quei due per me, si … *_*

NOTE: in realtà questa non è una fanfic fedele che ripropone ogni fatto reale così come è accaduto nel telefilm, non nel senso che questa è una cosa probabile che potrebbe realmente essere proposta … non so se mi spiego! A partire dalla coppia di cui scrivo … però prima di giungere ad affrettate considerazioni consiglio di leggere la storia perché so che nel tentativo di spiegare cosa ho scritto e che mi passa per la testa, sto solo facendo un gran casino!

Parlo della mia coppia preferita che sono consapevole che, per molti motivi, è improbabile ma per la mia mente bacata è possibile poiché è guardando il telefilm con l’attenzione rivolta a coppie come Tony/Kate o Tony/Ziva o Jethro/Jen, che mi sono resa conto della più bella, per me, coppia Jethro/Tony … nonostante tutto è questa quella che mi attira di più! Così mi son messa a scrivere sta cosa di getto, senza programmarla. Mi è venuta su e l’ho fatta. Però in realtà avrei voluto fare una sull’inizio del loro rapporto, come si sono conosciuti e cosa è successo a Tony prima di venire all’NCIS, come è venuto lì, insomma … quindi penso che farò una prefazione ed una postfazione di questa fanfic! Spero che a qualcuno piaccia e concorderete con me sul fatto che Tony è uno dei personaggi più complessi … dopo Gibbs! Diciamo che siamo tutti concordi nel dire che il Tony umoristico, spensierato, che ama fare l’ìidiota è una maschera che nasconde, ad esempio, un triste passato (e questo si è capito dalle varie puntate) e quindi chissà quante altre cose interessanti. Ciò che si sa, comunque, è che è un tipo in gamba e che venera Gibbs … e che questo lo considera suo erede! Partendo da questo principio oserei dire indiscutibile, io pure sono partita per la tangente!

Ok, smetto di parlare, godetevi la fanfic che, appunto, è solo una fanfic, la storia di una fan, nulla di più! Io e la mia visione delle cose!

Buona lettura.

Baci Akane

PS: nella puntata di cui scrivo, Gibbs chiede un passaggio a Ducky per andarsene a casa e se ne vanno insieme, non va certo via con la sua macchina da solo (come ho fatto qua) perché comunque si è rimesso da poco, però per esigenze di copione ho fatto così, perdonatemi!

DEDICHE: a tutti i fan di NCIS e soprattutto di Tony, di Gibbs e di questa coppia nello specifico!

RINGRAZIAMENTI: Ai creatori della serie e a chi ha delineato così bene quei due personaggi così interessanti ed affascinanti!

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MANIFESTARSI

Manifestazioni.

Le manifestazioni dell’interiorità sono sempre state il mio problema, decisamente.

Non ricordo il periodo in cui riuscivo a mostrare tutto con semplice tranquillità, forse proprio perché non ci sono mai riuscito od ero troppo piccolo per ricordarlo! Credo comunque di aver smesso una delle volte in cui mio padre mi dimenticava ore ed ore in albergo, lasciandomi là da solo pur io fossi piccolo!

Dunque anche ora per me è sicuramente poco facile riuscire a manifestare ciò che sto provando.

C’è … c’è qualcosa, DEVE esserci qualcosa che provo, che vorrei fare sopra ogni altra cosa.

Deve perché nelle mie mani sono stati posati i segni distintivi della carriera di un uomo.

La mia spalla è stata stretta sempre da lui, con forza e decisione e sempre allo stesso modo mi ha guardato diretto e fiero, con orgoglio e determinazione, poi semplicemente mi ha detto che io sarei andato bene.

La squadra era mia.

Questo mi ha detto e dopo che ho cercato in un attimo di capire cosa stesse succedendo, senza riuscirci, è passato agli altri, lasciandomi quei suoi oggetti che ora mi pesano incredibilmente fra le mani.

Sembrano fatti di piombo.

Ho trattenuto il respiro, ho ricambiato il suo sguardo e attento non ho fatto nulla. Assolutamente nulla … se non restare serio.

Spaventosamente serio, direi.

Ora credo dovrei manifestare in qualche modo il mio sbigottimento di fronte al passo che mi ha ceduto, lo shock che sto provando perché l’uomo che stimo di più al mondo, che venero, mi ha dato le redini. Le sue.

Dovrei manifestare qualcosa di sensato senza ombra di dubbio eppure no, eppure sto qua, fermo, in piedi, a guardarlo uscire dall’ufficio mentre tutti lo guardano e piangono. Io no, non piango.

Non faccio nulla se non guardarlo impietrito.

Lo trovo assurdo.

Vedo inerme l’ascensore chiudersi davanti a lui che se ne va’.

Se ne va’ veramente.

Non è uno scherzo.

Sarebbe da lui, infondo, perché no … io lo farei, ad esempio.

Lui non è proprio serio come fa sembrare!

Credo di star ancora trattenendo il respiro e c’è un silenzio mortale in quest’ampia stanza semi buia. Ci sono lunghi istanti di silenzio in cui stanno tutti immobili a guardare l’ascensore chiuso; le consegne che mi ha fatto e che stringo ancora in mano mi bruciano, quindi le guardo, sembra che brillino di una luce nera perché forse è così che vedo tutto ciò, il suo abbandono, il suo passaggio.

Mi ha fatto un passaggio di palla preciso e violento, inaspettato … non so … ora cosa dovrei fare della sfera di cuoio che stringo fra le mani? È uscito dal campo salutando tutto il suo pubblico, tutta la sua squadra e poi più niente, mi ha solo detto che ora sarò io il capitano. Che sarò adatto.

Ed io dovrei continuare a segnare e dirigere per lui.

Fare canestri importanti perché il capitano è anche questo che fa ma non solo. Deve valorizzare anche i suoi compagni che pendono da lui.

Dio … non ci credo.

È quando sento gli sguardi di tutti gli altri fissi su di me che mi fanno capire che è tutto vero e che il mio ruolo, d’ora in poi, sarà non importante e fondamentale, veramente di più.

Sarà scottante.

Manifestare.

Devo assolutamente manifestare qualcosa, ciò che provo … dannazione, proverò qualcosa!

Certo che lo provo ma ormai sono allenato a non mostrarlo o per lo meno non in modo normale … ora loro si aspettano qualcosa da me, voglio capire se è vero ma in fondo lo sanno meglio di me.

Certo che lo è.

Ora io devo continuare la strada dell’uomo che, da quando ho conosciuto, è lentamente diventato il mio Dio.

Ho le sue medaglie di riconoscimento, il suo distintivo, la sua pistola ed ora anche la sua scrivania.

Il suo titolo.

Il suo ruolo.

Ma io non sono lui e questo mi terrorizza un attimo.

Vorrei decisamente manifestare qualcosa ma sono certo che non sarebbe da DiNozzo, sarebbe inadatto, sciocco, scontato … dovrei dire una battuta per alleggerire la situazione, se lo aspettano, dovrei ammiccare orgoglioso, dovrei … dovrei che?

DOVREI CHE, DANNAZIONE?!

Lui ha mentito!

Lui mi ha mentito!

“La giustizia non esiste ed io mi batto per questo principio che ormai è diventata una realtà. Vieni con me e aiutami!”

Sono queste le sue parole quando mi chiese di andare a lavorare con lui, il primo membro della sua squadra, escludendo Abby e Ducky che svolgono comunque un altro lavoro, sono dell’intera agenzia, non solo nostri … lui mi ha preso come suo primo agente.

Il primo.

È stato lui a chiedermelo dopo un lungo discorso e scambio d’opinioni … io ero in crisi, volevo mollare, me ne ero andato dalla polizia di Baltimora e non volevo più saperne di giustizia, lui mi ha preso con sé poiché non avevo posti dove andare, mi ha aiutato in quei giorni bui, mi ha tirato su fino a ridarmi la voglia e la fede in qualcosa che comunque non potrò mai più chiamare giustizia.

Non esiste, su questo eravamo d’accordo e mi ha colpito per questo, perché la pensava come me, perché in un certo modo eravamo della stessa pasta, disillusi per ciò che avevamo visto e passato; però c’era una differenza in noi, lui non voleva mollare, credeva ancora non nella giustizia ma in qualcosa che forse è simile, forse è … non so cos’era, però ci credeva e mi ha spinto a crederci anche io.

Forse non è nulla, forse in realtà lui credeva a colui che lo forgiò ed io ho cominciato a credere in lui.

È solo questo, una questione di fiducia ceca nelle persone che consideriamo forti, più avanti di noi, più in qualcosa … che stimiamo, che vorremmo essere, che vorremmo …

Corrugo di un impercettibile millimetro la fronte fissando ciò che ho in mano e ignorando gli altri, mi comincia a muoversi una stizza, un moto di ribellione … lo sapevo, lo sono sempre stato … mi hanno anche diseredato, no?

Non sono una brava persona, non sarei riuscito a sopravvivere a Baltimora e in tutti i posti in cui mi hanno mandato …

Già, cosa provo?

Semplice!

Non mi piace … non mi piace che se ne vada così.

Non è stanco, dannazione, lo so bene … sono fra quelli che lo capisce meglio, me ne vanto sempre per questo e anche se la mia è solo una parte per non dover ricevere sguardi che non mi piacciono o non dover rispondere a domande che non voglio sentire, ora provo vera e propria rabbia, rabbia verso Gibbs.

Perché lui non doveva andarsene, non se ne va’ perché è stanco ma perché è sfiduciato … come lo ero io quando lui mi raccolse. Non mi mollò fino a che non fu sicuro che anche io la pensassi come lui.

L’ha fatto, mi ha forgiato su sua misura ed ora è lui ad andarsene.

Come … come DIAVOLO SI PERMETTE?

È improvviso e violento il botto che scaturisce dal mio sbattere i suoi oggetti sulla mia scrivania, è invece veloce e infuriato il mio andar via da lui per corrergli dietro.

Li lascio là a guardarmi e sento qualcuno di loro che prova ad inseguirmi ma saggiamente viene fermato da qualcun altro che probabilmente mi conosce meglio.

Non mi piace, non mi va, non così … non può inculcarmi tutto ciò in cui crede lui, farsi amare così da tutti, DA ME, e poi andarsene, mollare tutto, MOLLARE ME!

Che peso devo portare da solo?

Pensa veramente io ne sia in grado?

E anche se lo sono … è solo un falso, un bugiardo, se scappa a questo modo perché non ne può più della stessa cosa di cui io non ne potevo agli inizi del nostro rapporto!

È assurdo e stupido … Dio, così stupido che non può essere da lui.

Non da Gibbs!

Grazie al mio fisico atletico e sempre allenato lo raggiungo in fretta è giù ai parcheggi, probabilmente si era fermato a prendere alcuni ultimi oggetti, non so … ma ringrazio il cielo per un istante perché volevo avere una manifestazione per non scoppiare ed ora ce l’ho, la sto per avere.

Non so come mi presenti a lui, con che espressione e in che stato ma non credo di essere al mio meglio.

Sicuramente no.

Eppure non me ne importa molto.

Ha messo in moto la sua auto e parte, non va veloce, vuole gustarsi meglio la sua ultima partenza, lo so … però anche se andasse in fretta mi metterei davanti a lui, mi butto come un incosciente fermandogli la strada, per un pelo non mi investe però mi tocca le gambe con il muso dell’auto, non mi fa male o insomma, io non sento nulla.

Mi guarda allibito, non si aspettava questo da me?

Come no?

Abbiamo un discorso in sospeso … però è sempre lui, Leroy Jethro Gibbs che non mi fa capire una accidente di quel che gli passa per la testa, non dall’espressione facciale, per lo meno!

Potrò capirlo subito appena ci parlerò!

Aggiro la macchina e gli apro la portiera intimandogli di scendere, lui dice il mio nome laconico ed incisivo, non è affatto agitato, chissà … magari si è preparato il copione, visto quello che sta accadendo mi pare il minimo pensarlo!

Ansimo non per la fatica d’aver corso ma per la rabbia e ciò che mi si agita dentro.

È potente … non lo lascio mai andare appunto perché sono certo di ferire qualcuno ogni volta che lo farei.

Come coi miei genitori. Mio padre mi ha diseredato a 12 anni, dannazione, significherà qualcosa, no?

- Gibbs! Non puoi andartene così senza uno straccio di spiegazione! Dimmi perché!? –

Alzo la voce, sono veramente fuori di me questa volta … lo sono perché ricordo quel periodo e tutto quello che ho passato, la fatica che ho fatto per rimettermi in carreggiata, che ha fatto lui in effetti, e quella che ho fatto per tornare a credere in qualcosa.

Mi ha trasmesso tutto di lui, ora sono così in simbiosi con lui, come dicono anche gli altri, che non posso fare qualcos’altro di diverso da ciò che fa.

Lui è andato avanti e l’ho fatto anch’io, lui molla ed io perché non dovrei?

Perché?

Lui ancora non scende, evita il mio sguardo posando il suo penetrante e spazientito davanti a sé, stringe il volante con le mani, poi io ripeto altrettanto impaziente la domanda:

- Perché? Me lo devi, dopo tutto! –

So che sa cosa intendo … tutto comprende una vasta gamma di cose che sappiamo solo noi due!

Mi è sempre andato bene così, non ho mai voluto approfondire il nostro rapporto, lui il capo, la mia guida, la mia massima aspirazione, lui tutto ciò che un uomo può desiderare ed io il suo discepolo impaziente di somigliargli sempre più.

Ecco che torna a guardarmi, non scapperebbe, ora deve affrontare la situazione e quando ci è davanti non scappa.

Mi sento ancor peggio ora che ho i suoi occhi così diretti sui miei, non si fa prendere da nessuna rabbia, in fondo devo ancora imparare molto, non sono affatto adatto.

- Non c’entra nessuno di voi, ve l’ho detto. –

- Questo non spiega niente! –

Sono veloce ed incalzante, esigo delle risposte. Prepotente più che mai!

- Devo andare, è finito il mio tempo là dentro, ho raggiunto il limite … ciò che desidero è solo essere lasciato in pace.

Stop. Chiedo molto, secondo te? O devo rendere conto a qualcuno della mia vita, anche se sono solo?! –

È duro e sempre meno paziente, acido come è capace di essere quando non vuole fare qualcosa. Però mi fa male.

Si ritiene veramente solo? Mi mordo il labbro con forza per non mettermi ad urlare, sono il solito esagerato, ecco perché maschero … ma ora ha acceso la miccia e subirà le conseguenze!

- Esci! –

Mormoro in fine a voce bassa, pericolosamente controllata, forse faccio progressi, bene …

Lui mi guarda ed io al momento non lo faccio.

Faccio un passo indietro facendogli spazio affinché esca dalla macchina, lui mi guarda ancora contrariato, vorrebbe andarsene senza rispondere a nulla, lo capisco … già, l’avevo sospettato, siamo simili ancora in qualcosa, in fondo.

Bene.

Eppure lo fa, esce e si mette davanti a me senza posizioni difensive o cose simili, solo con l’intenzione di ascoltarmi, ascoltare la mia furia, si, perché ora lo sono.

- Tony … -

Inizia col suo tono deciso cercando di placarmi. Non ci riesce.

- No! Ora ripetilo! –

- Tony … ? –

Scherza anche! Vorrei riuscirci, ci riesco sempre … cavolo!

- No … non quello … quello che hai detto prima! –

- Prima del tuo ‘esci’ o prima del tuo ‘questo non spiega niente’? –

No, se continua così non ce la faccio, mi schernisce per fare quello che di solito faccio io, alleggerire la situazione.

Ora è lui che, tanto per cambiare, non manifesta nulla di quello che ha dentro.

- Parla Gibbs! Non devi rendere conto a nessuno perché? –

- Perché sono grande? –

Assume anche una marcata ironia, non ne può più, non gli piace star qui a parlare con me, lo capisco … però non ha mai fatto qualcosa con forza, contro la sua volontà. Normalmente se ne andrebbe allora in fondo gli sta bene, gli sta bene stare qui ad affrontarsi.

Bene, allora che si spieghi!

- Sei solo e quindi non devi spiegazioni? Puoi fare quel che vuoi? Non hai detto questo? –

Non urlo ancora, mi ricontrollo e parlo basso, però non so per quanto ci riuscirò, lo guardo in viso per capire quanto sincera sia la sua risposta.

Poi viene e se mi colpisse allo stomaco sarebbe meglio.

- Si! –

Ecco che invece lo faccio io, è un istinto che a mente lucida non avrei mai fatto … in fondo sono in gamba, riesco sempre a controllarmi, sono solo un po’ egocentrico e megalomane poiché amo mettermi in mezzo a tutto, è così che finisco sempre nei guai, ferito o in chissà quale pericolo … però lui mi ha sempre rassicurato in quel suo modo strano, non perché era sempre lui a tirarmi fuori dai guai, perché non mi ha mai tolto l’incarico, non mi ha mai guardato in modo diverso dal suo serio e fiero sguardo.

Ora però lo sta facendo.

Male, molto.

Lo colpisco impulsivamente con un pugno, non mi piace essere così perché so che comunque non è come vorrebbe lui io fossi.

Però oso, lo faccio e, Dio, l’istinto successivo è quello di spararmi da solo prima di essere torturato da lui per un azione simile.

Forse sono solo impazzito, chissà … è probabile ma del resto è colpa sua!

Lui mi guarda incredulo senza tenersi la mascella colpita, ciò che gli preme maggiormente è guardarmi per vedere se ha sognato, chiudo gli occhi alzando la spalla in avanti, per prepararmi all’imminente risposta sua ma … ma con mio sommo stupore non succede nulla, riapro gli occhi e lo guardo.

È lui fermo ancora davanti a me, dritto ed immobile a guardarmi, non so più cosa gli passi per la testa.

- Ti senti meglio? –

Non reagirà veramente?

- Non ti farò nulla, non sono più il tuo capo, sei tu quello che ha l’autorità … -

Questa poi è bella!

- E da quando in qua ti importa qualcosa di questo? Delle … autorità … ? –

Lo schernisco un po’, riesco a fare anche questo … si, sono sicuramente andato con la testa!

- Allora, posso andare? –

Cosa?

- No! –

Lo dico ovvio e scandalizzato al contempo. A lui diverte abbastanza la mia risposta perché alza un sopracciglio e rimane fermo.

Ho tempo di ragionare, mi sono sbollito e fisicamente non ho più voglia di prenderlo a pugni però … però voglio la risposta, me la deve.

- Come puoi dire che sei solo? Ma soprattutto … non ti senti nemmeno un po’ la coscienza? Non pensi che mi devi qualche parola in più rispetto alla tua scelta? –

Sono più calmo, svuotato è la parola adatto … o forse deluso.

Si … deluso è giusto e non mi piace essere deluso da Gibbs.

È insopportabile.

Lui NON PUO’ deludermi.

Lui è Gibbs!

Sospira, mi capisce, mi capisce perfettamente, sa perché dico queste cose e faccio così … allora parlami, dimmi se è vero. Mi sembra di pendere dalle sue labbra, da ciò che dirà.

- L’unica cosa che mi sento di fare è andarmene, l’unica cosa che sento di dire è nulla … -

- Non ti credo, non lo vuoi capire che ti conosco? Che ho imparato così tanto da te che capisco tutto quello che ti riguarda o comunque quasi tutto? –

- Perché vuoi sapere? –

Questa domanda mi disorienta un attimo, che razza di risposta è? Cioè … non è ovvio?

Mi passo le mani sul volto nervoso e poi tremante, sempre per il nervoso, lo guardo attentamente, non si scompone ancora, mi guarda e attende. Vuole la mia totale sincerità e gli dimostro che la si può dare nonostante tutto. Anche se brucia dirla.

- Perché … perché non sei solo … perché almeno a me devi rendere conto se non vuoi che ti consideri un ipocrita … non ti interessa se ti vedrò così? Se IO ti vedrò così? –

Sta in silenzio, sta straordinariamente inizialmente in silenzio e mi guarda ancora, non smette un attimo di farlo mentre si vede la mascella arrossarsi, devo averlo colpito forte, prima, col pugno … ed ora? Ora l’ho colpito forte? Non dice nulla, sembra pensare però è difficile decifrarlo, lo è ora.

Infine si decide a parlare e spero lo faccia con sincerità, gli ho dato un buon esempio in fondo … potrebbe farlo.

Potrebbe dirmi se …

- No Tony … so che non lo sono. Solo. Però ho bisogno di starci un po’, non c’è niente di male. –

- E’ momentaneo? –

Lo dico con speranza.

- No, non nelle mie intenzioni per lo meno. –

- Non hai altro da dirmi? –

Cosa manifesto ora? Sbigottimento, shock … sto per rimanere senza parole.

Io senza parole.

- Sei adatto, te lo ripeto … -

- Ma non è vero … -

Continuo senza credere a quel che dice, non lo penso affatto di essere alla sua altezza, come io vorrei essere. Lui però fa una specie di sorriso e continua calmo e pacato.

- Lo sei … hai reagito allo stesso modo in cui ho reagito io quando sei stato male tu. Non sei venuto da me per inutili frasi di conforto o per vedermi male … hai fatto quello che sai io ti avrei fatto fare. Non mi deluderai, sei adatto. –

No, non penso di aver capito bene …

- Vuoi … vuoi dire che sono come te? –

Ora accentua il sorriso e mi piace anche se sono ancora sconvolto da ciò che ci stiamo dicendo, stremato oserei dire. Non voglio finisca così.

- Siamo della stessa pasta. –

È sicuro, lo dice come quando non si può non credergli. È strano … è troppo strano.

Non voglio finisca così …

- Sei un bugiardo, Gibbs … mi avevi detto di aiutarti a far valere la nostra giustizia, diversa da come la intendono gli altri, quelli che odiamo, che ci deludono in continuazione … mi avevi detto di credere in te e in quel che cercavi di fare. Mi hai detto un sacco di cose, lo sai? Le ricordi? Sono quelle che mi hanno spinto a non mollare e a venire con te all’NCIS! Perché ora te ne vai? Dimmelo … -

Ho un tono lieve e sussurrato, incredulo e profondamente scosso, lo guardo come fosse un alieno sconosciuto.

Mi sento male, specie se mi guarda così.

Credo però che sia rimasto un po’ colpito dalle mie parole o se ne sarebbe andato semplicemente, o non risponderebbe come invece fa. Sempre da lui ma lo fa e trattengo il respiro.

- Non biasimarmi almeno tu, Tony … io sono stanco … è dura combattere contro tutta quella gente. –

- Ma è quello che ti dicevo io quella volta ma mi hai detto che non saremmo stati soli, che qualcosa avremmo potuto fare, che … diamine, Gibbs, mi hai fatto tornare nelle forze dell’ordine quando invece volevo solo buttarmi in un fiume! –

È lungo lo scambio di sguardi silenzioso, lo vedo ricordare il nostro incontro e le nostre parole, chissà come sta, come l’ha presa, chissà cosa prova vedendomi così sconfortato, giù … deluso …

- Perdonami … -

I brividi mi attraversano e non per un solo istante, per tanto.

Gibbs che dice queste parole assume un’importanza ed una pesantezza tali da essere inaudite.

Per me almeno.

Non dice altro.

Non accenna ad andarsene ma sento lo vuole fare. Sento che aspetta la mia assoluzione o qualcosa di simile, gli importa, allora?

Però prima voleva solo andarsene … va bene, non importa, ora si è scoperto un po’ e gli pesava, ora so qualcosa in più … ora so che avevo ragione.

- Allora vengo con te … -

- No! –

È veloce e categorico.

- Perché? Mi stai dicendo le cose che ti dissi io quella volta! –

- Ci siamo scambiati i ruoli. Non lo vedi che sei pronto? –

Apro la bocca per ribattere in fretta e veloce, poi però rimango proverbialmente senza parole e sto zitto, è l’unico o comunque uno dei pochi a riuscire a zittirmi così. Mi sconvolgerei da solo se non fosse che sto realizzando una cosa.

Quella reale.

Quella autentica.

Il vero punto della situazione.

Gibbs mi sta lasciando … eppure non siamo mai stato altro che amici, non siamo due fidanzati che si mollano, non siamo nemmeno parenti, lui è il mio capo, gli devo molto, direi la vita e quel che sono ora. Però mi sta lasciando qua, ha intenzione di andarsene in un luogo che non intende condividere con me, se ne sta andando lontano e vuole andarci da solo.

Mi sento … esagerato … in tutta questa mia reazione, in questo mio sentirmi male, in questa mia contrarietà, in questa mia ira.

In tutto questo senso d’insoddisfazione e di impotenza.

Vuole andarsene e non vuole che lo segua, questo è quanto.

È stanco, lo posso capire, lo ero anche io quella volta ma ho imparato a credere a lui, a … come se me ne fossi lentamente innamorato.

Non ho mai pensato a lui in nessun modo se non come al mio maestro, l’uomo da emulare … ora che mi ha passato le sue redini invece di sentirmi felice per essere idealmente arrivato a ciò che mi ero prefissato, mi sento infelice ed insoddisfatto.

Ora non voglio.

Non lo trovo sensato riuscirci a costo del suo abbandono.

Non mi piace, non riesco ad immaginarmi senza Gibbs, non riesco a vedere la mia vita, le mie indagini, le mie scelte.

Quando stava male l’ho fatto perché sapevo che dovevo renderlo fiero, ora se ne va e non dovrò mai più rendere fiero nessuno.

Non posso più credere in lui e nella SUA giustizia.

In quale dovrei credere allora?

Sono senza parole, sono dannatamente senza parole, non mi piace ma è così … perché realizzo che non voglio che se ne vada e non lo voglio per più motivi.

Mi sento veramente come uno innamorato, lo sono stato pochissime volte in passato ed è sempre andata male, tanto da decidere di non voler più soffrire. È stato anche merito di mia madre se ora preferisco cose leggere, ora preferisco le donne solo come compagne di letto. Non riesco a tenermene una seriamente, non lo voglio.

Potrei provarci con Ziva, in fondo è in gamba, bella, interessante … lei è interessata chiaramente a me … però no, non mi va, l’idea di farlo mi fa sentire un verme.

Non riesco, non voglio.

Non ho più provato sentimenti simili per donne, l’unico sentimento che potrei definire amore è per un uomo.

Se non esistessero più donne sulla faccia della terra sarei depresso solo perché non saprei come divertirmi, come svuotare i miei bassi istinti … e allora credo mi butterei sugli uomini, piuttosto che star senza quello sfogo così piacevole, un bisogno.

Però non è questo il punto.

Il punto è che sarei veramente depresso se ora, sulla faccia della terra, non dovesse più esistere Gibbs. E a questo non troverei soluzione.

Ho sempre creduto di considerarlo un padre e le donne ciò che non sono riuscito ad avere di mia madre … però se questo vale per le donne non vale anche per lui, lo capisco ora perché l’idea di lasciarlo andare mi angoscia ed è diverso da quando ho dovuto lasciar andare mia madre quando è morta.

Lo sono stato, innamorato intendo.

È la stessa cosa che provo ora.

Non voglio se ne vada o potrei impazzire, vivrei nel ricordo di tutto quello che abbiamo fatto insieme, vivrei cercando di essere lui e senza essere mai felice perché non lo avrei più.

Non voglio.

NON VOGLIO CHE SE NE VADA!

Non dice altro, fa per risalire nell’auto credendo di avermi convinto.

No. Il panico mi invade e parlo:

- No, non voglio che te ne vai via! –

La vera motivazione è questa.

Lui mi ha ridato qualcosa in cui credere, qualcuno da seguire, mi ha dato la fiducia in lui e la MIA fiducia vale perché dopo mio padre non sono mai riuscito a darla a qualcuno. Lui è stato il primo.

Lui mi ha fatto innamorare di lui, proprio me, ME.

E ora vuole andarsene.

Si ferma ma rimane di schiena rivolto verso la sua auto.

Ti prego … non farlo, non salire, ripensaci … Dio, chissà se ci sei …

Vorrei saper leggere nel pensiero, non so cosa fare, se servisse a fermarlo lo direi ma non capirebbe, non capirebbe che proprio io, la creatura più eterosessuale sulla faccia della terra, sono perso per lui, un uomo.

E l’ho capito ora, solo perché lo sto per perdere.

Prima stavo sempre con lui, mi bastava, avevo i miei sfoghi sessuali nella ricerca della madre che ho perduto, come la psicologia insegna, avevo le mie giornate soddisfacenti, tutto sommato … ora però una di queste cose se ne sta andando e sono costretto a capirmi, a dirmelo, a venire allo scoperto con me stesso.

A manifestarmi.

Servirebbe?

Non credo, è diverso, è un ex marine, ha un carattere particolare.

Io stesso devo vedere se riuscirò a digerire l’informazione, eppure penso di star separando, al momento, sesso e amore.

Semplicemente non posso, non voglio, vivere senza di lui.

Come un innamorato qualunque.

Per il sesso e le donne c’è sempre rimedio, per lui no. Lui non è un uomo come tanti, lui è Gibbs.

- Gibbs … -

Sospira e non si gira ancora, però si decide a dirmi una cosa ancora e l’ascolto con ogni mia particella.

Quanto mi sento scemo, il vero Anthony!

- Perché sei così cocciuto? Lasciami andare … -

Credo … credo potrei sbagliarmi ma mi sembra ci sia più di un senso nel suo tono un po’ vago, un po’ sofferente e tirato.

Non si gira, non mi guarda in viso per la prima volta.

Questo mi dà da pensare e forse comprendo ciò che mi sfuggiva.

- Sono come te, no? Dovresti sapere perché faccio così … -

Ecco, lentamente il mio umorismo del cavolo torna fuori, faccio fatica a mostrarlo però so che lo gradisce. Mi sento pesante da solo.

- Appunto per questo dovresti lasciarmi andare. –

- Quella volta … -

- Quella volta è diversa, Tony … -

È sempre più incisivo non perché si sta arrabbiando, non è così. È tirato perché ne sta soffrendo, sta soffrendo per questa conversazione, perché il motivo per cui molla è così insopportabile e sofferente da ridurlo in questo stato, sta per cedere e non vuole lo veda, nonostante sia io.

Si, penso di poterlo capire, in fondo io vorrei star solo per un po’, il tempo di leccarmi le ferite da solo, anche se non è la cosa giusta lo è per lui, lo sarebbe per me.

- Ok … - faccio uno sforzo inumano ma continuo, lui trattiene il respiro e alza la testa guardando di fronte a sé, sta attento a ciò che sto per dire. – Va … bene … siamo della stessa pasta, no? Ho ancora un po’ di strada da fare per raggiungerti ma penso di farcela. Se fossi già al tuo livello ti avrei convinto a restare, come facesti tu quella volta con me. Io non ci sono riuscito ma penso ci riuscirò quando avrò fatto i passi mancanti. Quindi … va bene così … vuoi leccarti le ferite in solitudine ed in pace. Quando avrai finito anche io sarò arrivato al punto che voglio e saremo pronti per parlarne. Parlare di ora, del perché sono cocciuto e non voglio te ne vada. –

Lascio in sospeso dopo la mia motivazione, sento che torna a respirare sollevato ed è una liberazione anche per me, in fondo se potrà andarsene un po’ più leggero di prima è anche merito mio, adoro prendermi ciò che mi spetta … solo che mi piace solamente se è Gibbs a riconoscermelo! Pazienza, aspetterò.

Sono certo comunque di una cosa.

È il mio istinto, quello che mi ha insegnato lui ad usare.

Sono sicurissimo che non è definitivo il suo abbandono.

Anche lui, a modo suo, sta manifestando quanto ha dentro, fa fatica a farlo, non l’ha mai fatto ed ora è al limite, gli lascerò il momento di sfogarsi e ricaricarsi.

Poi tornerà, sono certo.

Se uno di noi sarà in pericolo, se come faccio sempre mi caccerò in qualche guaio serio, se … lo chiamerò, lui arriverà. Così come, ho saputo, ha fatto il suo vecchio capo con lui.

Già … Ora ha bisogno di questo e va bene.

Perfettamente.

Saprò aspettare ed intanto gli terrò il posto caldo.

Come farebbe il solito DiNozzo!

Si gira a metà ma non completamente, il necessario per guardare il mio viso serio che cerca di essere rilassato.

Sto solo cercando di fare la cosa giusta e non quella che voglio io, come farebbe Gibbs.

Lui fa ciò che ritiene giusto secondo la SUA giustizia, che è diversa da quella comune. Quella comune è marcia.

Voglio essere più come lui, è questo che mi sembra giusto, ora …

Assorbo ogni istante, è l’ultimo saluto prima di chissà quanto tempo, metto le mani nelle tasche poiché sono sudate e le stringo nervoso, credo di non essere propriamente nelle solite ottime condizioni apparenti, però va bene così.

Lui fa lo stesso con me, assorbe ogni particolare di questo momento con questo … allievo … credo mi veda così … poi sorride.

Fa un sorriso non largo e solare ma sorride piano, come fa lui quando è sinceramente colpito da qualcosa. Non divertito, proprio colpito.

Ora c’è una luce nei suoi occhi, la stessa di prima solo più convinta.

- Mh … - fa un verso con la gola poi finalmente parla ed ancora una volta mi sembra di pendere dalle sue labbra. Sono ancora schifosamente serio ma mi controllo un po’ meglio. – Lo sapevo, sei il più adatto. –

Internamente sento qualcosa, un nodo allo stomaco che si contorce, come quando ho l’influenza intestinale e non digerisco nemmeno un fiammifero … è bello sentirselo dire, adoro quando ammette più o meno velatamente, a modo suo, il mio talento, la mia importanza, la mia bravura. Bisogna stare attenti a capire quando lo fa poiché con tutti lo fa senza problemi ma con me è sempre restio, credo sia per il mio ego o comunque perché io e lui abbiamo sicuramente un altro rapporto. Lo dimostrano tanti dettagli.

Già … quando tornerà ne parleremo come si deve.

Sorrido.

Voglio mi veda sorridere fiero di essere stato il suo primo sottoposto ed ora di essere il suo successore.

Fiero.

Sono certo che ne è contento. È ciò che voleva da me, il mio sorriso, il mio lasciarlo andare tranquillo che tanto …

- .. ci penso io qui! –

Lui sale sull’auto, sta un attimo fermo a guardare davanti a sé attraverso il vetro, poi accende il motore, mette la prima schiacciando la frizione ed infine si prepara a premere sull’acceleratore, conosco a memoria le sue mosse di guida.

Poi mi dà solo i suoi occhi penetranti, infine saluta col suo eterno ed incisivo:

- Sempre Fidelis! –

Come ha fatto prima con gli altri.

Questo è per me.

Già … sempre fedeli.

Faccio un passo indietro chiudendogli io stesso la portiera e lui va’ con una sgommata ed una prima curva spericolata … povere gomme!

Ora vediamo di aspettare come si deve, però!

Con ciò mi giro anche io e me ne vado, per ora in direzione diversa dalla sua, direi anche contraria, però è solo una cosa momentanea.

Siamo riusciti a manifestare parte di noi stessi e sono sicuro che non solo io, anche lui lo è … più leggero.

Avanti, si va’, il nuovo quarto di partita è iniziato ed il capitano sono io … per ora!

FINE … ?

   
 
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