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Autore: The Glass Girl    07/01/2013    5 recensioni
Chris lasciò scorrere le dita sottili ed aggraziate della mano destra lungo il filo bianco, fino ad arrivare all'interruttore.
La lampada del comodino illuminò la stanza di una luce fioca e tiepida, mentre Chris si toglieva la giacca e l'adagiava sulla sedia difronte al letto.
La stanza era ordinata e pulita alla perfezione: il letto fatto a regola d'arte, senza nemmeno una piega sul piumone beige, la moquette perfettamente immacolata.
E non aveva ancora guardato fuori dalla finestra. Si vedeva tutta Dublino ed era bellissima.
Genere: Drammatico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Chris Colfer, Darren Criss
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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* You can't go to bed without a cup of tea. *







Chris lasciò scorrere le dita sottili ed aggraziate della mano destra lungo il filo bianco, fino ad arrivare all'interruttore.

La lampada del comodino illuminò la stanza di una luce fioca e tiepida, mentre Chris si toglieva la giacca e l'adagiava sulla sedia difronte al letto.

La stanza era ordinata e pulita alla perfezione: il letto fatto a regola d'arte, senza nemmeno una piega sul piumone beige, la moquette perfettamente immacolata.

E non aveva ancora guardato fuori dalla finestra. Si vedeva tutta Dublino ed era bellissima.

Di notte era forse ancora più bella; animata e decorata di mille colori, con le stelle a tener compagnia alla luna nel cielo scuro.

Avrebbe tanto voluto scostare di poco la tenda e guardare, ma era troppo stanco e stranamente pigro per farlo, o forse era semplicemente apatico.

L'unica cosa che gli andava di fare era distendersi a letto, leggere un buon libro e dimenticare.

Dimenticarsi del mondo, di tutto e di tutti e rimanere solo almeno per quelle poche ore che lo separavano dalle prove della mattina.

Erano in pieno tour ed aveva bisogno di riposo e concentrazione.

Emise un profondo respiro e si portò le dita fra i capelli, stringendoseli.

Qualche minuto dopo bussarono alla porta.

Il fattorino gli sorrise raggiante, nonostante fossero le due del mattino e  fosse ancora in giro per l'albergo a portare le valigie pesanti degli altri, e, poiché insisteva tanto, lasciò i suoi bagagli accanto al letto, sul lato destro.

Si era portato lo stretto indispensabile: una valigia abbastanza grande, un borsone, un trolley e una borsa a tracolla che portava sempre con sé.

Ringraziò calorosamente il fattorino, un ragazzo giovane e alto, con i lunghi capelli scuri e decisamente molta forza nelle braccia, gli diede una mancia considerevole (considerata l'ora e la fatica che aveva fatto) e si richiuse la porta alle spalle.

Aveva bisogno di riposare.

Non si era mai sentito così stanco in tutta la sua vita.

Aveva le palpebre pesanti e gli faceva terribilmente male la schiena.

nonostante questo però, aveva bisogno di sfogliare qualche pagina prima di lasciarsi cadere in un profondo sonno ristoratore che attendeva con ansia.

Il viaggio lo aveva profondamente stancato, prosciugandolo di quasi tutte le sue energie e lasciandolo completamente privo di forze.

Andò a rovistare nella sua tracolla blu, appoggiata ai piedi dell'enorme letto matrimoniale, e ne tirò fuori la custodia degli occhiali da lettura e un libro.

Li adagiò con delicatezza sul comodino mentre si guardava un attimo intorno.

La stanza era spaziosa.

C'era un grosso armadio a due ante sulla destra, di fianco al letto, ma Chris non aveva intenzione di metterci dentro nemmeno uno dei suoi vestiti.

Li avrebbe lasciati tranquillamente nella valigia, ritrovandosi nel suo disordine.

Ai piedi del letto, accanto alla porta del bagno c'era un'ampia scrivania in legno chiaro, su cui, pensò, avrebbe potuto leggere e magari anche scrivere qualche riga.

I suoi occhi celesti si fermarono sulla porta del bagno, mentre la sua mano destra si tendeva ed afferrava la maniglia, permettendo al suo sguardo di scivolare con desiderio sulla lunga vasca da bagno bianca che sembrava chiamarlo a gran voce.

Aveva il corpo così tremendamente stanco che aveva bisogno solamente di quello prima di lasciarsi avvolgere dal calore e dal trasporto di un buon libro da sfiorare, da leggere, da vivere.

Ultimamente si incolpava sempre perché dedicava troppo poco tempo alla lettura, e lui amava così tanto leggere che si chiese come aveva potuto sopportare le ultime settimane senza l'aiuto di un libro.

Poi la risposta arrivò da sola nella sua mente: le parole.

Lo avevano salvato tante volte, gli avevano teso una mano e lui era sempre stato capace di affrontare le sue giornate.

Le parole facevano parte di lui, scrivere era tutto per lui; l'unica cosa che gli impediva di scivolare ancora di più nell'oscurità.

Per quanto Ashley, la sua migliore amica, potesse ascoltarlo, consolarlo ed aiutarlo a sopportare tutto il peso che ultimamente gravava sulle sue spalle, non riusciva mai ad arrivare così in profondità, semplicemente perché lui non glielo permetteva, semplicemente perché lasciava il permesso di farlo solamente alle parole.

Chris aprì la sua valigia, rovistando fra tutti i suoi capi e cercando la maglietta e i pantaloni del pigiama.

Li appoggiò sulla scrivania e poi aprì il trolley, in cerca del suo beauty case.

Un bagno era proprio quello che gli serviva per lasciar evaporare tutti i pensieri e le ansie che lo perseguitavano.

Si spogliò in fretta, mentre l'acqua scorreva, riempiendo la vasca, bollente, ed il suo corpo fremeva dalla voglia di immergervisi.

Con cura appoggiò i suoi vestiti (la maglietta a righe bianche e blu e i jeans) sul materasso morbido del letto, che si abbassò sotto il suo peso, quando si sedette a ripiegare con cura gli indumenti, emettendo un altro profondo sospiro.

Si incamminò verso il bagno, stanco di aspettare e richiuse l'acqua, sebbene la vasca fosse piena solamente a metà.

Sulla sinistra c'era il lavabo, con gli armadietti ed uno specchio rotondo su cui si fissò subito il suo riflesso.

La luce illuminava la sua pelle pallida e Chris non poté trattenere una smorfia.

Si fissò per qualche minuto ed annotò ogni singolo difetto nella sua mente: le lentiggini, le fossette agli angoli della bocca che nascevano ogni volta che sorrideva, il colore troppo chiaro della sua pelle, il suo fisico così dannatamente … innocente.

SI sentiva fragile, una stupida bambola di porcellana che avrebbe potuto incrinarsi con un sospiro.

Chiuse gli occhi, perché non ce l'avrebbe fatta altrimenti, e lasciò scorrere l'indice sul torace, scendendo lentamente.

Aveva dei grossi lividi viola all'altezza delle costole, appena sotto il torace.

Erano enormi e contornati di giallo.

Quanto tempo era passato? Cinque giorni? Sette? Erano ancora tutti lì? Sì c'erano, e facevano dannatamente male.

La sua pelle bruciava sotto il suo stesso tocco, l'indice che tremava e il suo corpo che rabbrividiva ogni volta che ne toccava uno.

C'erano almeno una cinquantina di lividi che gli correvano lungo il corpo, che lo marcavano, che sarebbero spariti, che si sarebbero assorbiti ma mai del tutto, perché li avrebbe conservati; nella sua mente avrebbe conservato il ricordo di ognuno di loro, di quanto aveva sofferto, di quanto ancora lo avrebbe fatto.

Quando i ricordi cominciarono a riemergere nella sua mente, facendogli battere il cuore più forte del dovuto e la sua gola cominciò a bruciare, decise di riaprire gli occhi di scatto, togliersi anche i boxer e lasciare che l'acqua si portasse via tutto quanto.

Si immerse piano, sperando, forse, di poter essere purificato, ma invano.

Sapeva che, una volta uscito da quella vasca, il sapone e l'acqua bollente e tutto l'olio di gomito del mondo non sarebbero di certo bastati a risanare tutto quel dolore che gli riempiva la pelle.

Appoggiò la testa contro la superficie fredda e scivolosa della vasca, lasciando che il calore rilassasse i suoi muscoli e ingoiando qualsiasi traccia di singhiozzi si stesse spingendo tra le sue labbra.

Il suo corpo si lasciò cullare dalla sensazione di riposo e appagamento che l'acqua bollente stava concedendo alla sua epidermide.

Una volta tornato a casa avrebbe comprato una vasca da bagno.

La sua mente era completamente assuefatta dal piacere che il suo corpo stava provando e sarebbe rimasto lì per sempre, rinchiuso in quel mondo perfetto che avrebbe tanto voluto per sé, in cui lui era felice, in cui chiunque lo era, in cui il dolore non esisteva affatto.

Ma prima o poi avrebbe dovuto affrontare la realtà ed erano già le due e mezza del mattino e tra quattro ore avrebbe già dovuto alzarsi, farsi trovare nella sala conferenze dell'albergo per provare insieme a tutti gli altri.

Sbuffò spazientito e decise, con molta calma, di aprire la boccetta di bagnoschiuma dell'albergo e versarsene una discreta dose sul palmo della mano destra.

Lentamente lasciò scorrere le sue mani sul corpo, facendo particolare attenzione ai punti più delicati, ai lividi più grossi, ai punti in cui la carne era più tenera.

Si lasciò scappare qualche smorfia di dolore, ma alla fine riuscì a lavarsi senza troppa difficoltà, lasciando scorrere il sapone sulla sua pelle ed inspirando il profumo di cocco e rose a pieni polmoni.

Prima di uscire si sciacquò energicamente il viso, strofinandosi gli occhi stanchi e rimanendo con la testa poggiata sui palmi per qualche minuto.

Facendo ondeggiare l'acqua torbida, si alzò in piedi, mentre le gocce correvano lungo la sua epidermide e, rabbrividendo, afferrò un asciugamano pulito e se lo avvolse intorno alla vita.

Da un lato gli sembrava che tutta la stanchezza accumulata nelle ore precedenti stesse lentamente scivolando via, ma dall'altra, un nuovo torpore, una nuova spossatezza lo stavano avvolgendo lentamente.

Si asciugò in fretta mentre dal beauty case tirava fuori spazzolino e dentifricio.

Si lavò i denti con l'acqua ghiacciata, la sua pelle ancora calda e le palpebre pesanti, e poi ripose spazzolino e dentifricio nel bicchiere di vetro del''albergo.

Dopo aver recuperato un paio di boxer dalla valigia ed esserseli infilati lasciò che il tessuto morbido del suo pigiama appena lavato, che profumava di casa, gli sfiorasse la pelle, coccolandogliela.

Infine inforcò i suoi occhiali da lettura e si sedette a letto, con la schiena appoggiata al cuscino, le ginocchia raccolte al petto ed il libro appoggiato ad esse.

Ma i suoi occhi erano più lenti del solito a la sua mente completamente distante, tanto che fu costretto a rileggere la stessa pagina, o la stessa riga, più di una volta, cercando di comprenderne appieno il significato per proseguire con la storia.

Ma nella sua mente vorticavano immagini confuse, ricordi terrificanti della settimana scorsa che lo stavano completamente annientando e, anche se dava la colpa di tutta quella stanchezza al tour e al viaggio e ai suoi svariati impegni che lo tenevano impegnato intere giornate, la verità era forse che erano proprio quelle a devastarlo.

Strizzò gli occhi con decisione, perché poteva già sentire le lacrime appannargli la vista e, davvero, l'ultima cosa che voleva fare era piangere.

Ci fu un momento in cui pensò di andare a chiamare Ashley e chiederle di venire a dormire con lui, ma scosse con forza la testa.

"Andiamo Christopher, non sei più un bambino!" si disse mentre tentava, invano, di concentrarsi sulla lettura, ma fu distratto un'altra volta.

Qualcuno stava bussando alla porta.

Era talmente immerso nei suoi pensieri che aspettò un minuto prima di decidersi ad alzarsi e andare ad aprire.

Forse Ashley leggeva nel pensiero, forse sapeva che si sentiva solo, che nonostante stesse tentando di costruirsi una barriera attorno, allontanare tutti non era veramente ciò che voleva o forse …

Darren gli sorrise, quel suo sorriso che ti toglie il fiato, che ti illumina la giornata, perfino alle due e mezza del mattino.

Chris ricambiò il suo sorriso e spalancò la porta.

Darren Criss se ne stava in piedi davanti a lui, con gli occhi stanchi, anche se non dava a vederlo, ed una tazza di tè fumante in mano.

Ma certo il tè, ecco che cosa aveva dimenticato!

-Ciao.-disse dopo un po', invitandolo ad entrare con un gesto della mano.

Darren rispose al suo saluto ed entrò, andando direttamente a sedersi sul letto.

Chris arrossì visibilmente.

Darren indossava ancora i suoi vestiti da viaggio e lui era in pigiama, il letto era disfatto e la sua camera era completamente in disordine.

Si sedette accanto a lui e lo guardò con la coda degli occhi.

Aveva i capelli ricci che ricadevano morbidi sulle tempie e tutto quello che Chris voleva era affondarvici le dita e stringerli.

I suoi occhi erano di uno strano colore, verdi e dorati appena intorno alle pupille.

Aveva sempre avuto un debole per quegli occhi.

Darren gli porse la tazza di tè e ruppe il silenzio, lasciando che la matassa di pensieri di Chris si dissolvesse piano piano, come neve al sole.

-Mi hanno detto che non riesci a dormire senza la tua tazza di tè.- disse dolcemente mentre Chris stringeva la tazza tra le mani, lasciandosi avvolgere dal suo calore e dal profumo che emanava.

Soffiò un paio di volte prima di poggiare le labbra sul bordo ed ingoiare un paio di piccoli sorsi.

Sentì il gusto aspro del limone seguito subito dopo dalla dolcezza dei due cucchiaini di zucchero che lui era solito mettere (evidentemente Darren era stato infornato anche di questo e quella tazza di tè era esattamente uguale a quella che Chris si preparava ogni sera prima di andare a dormire.)

Il liquido caldo scese lungo la sua gola, riscaldandogli il cuore. O forse era la presenza di Darren?

Chris sorrise ad occhi chiusi, sistemandosi gli occhiali con l'indice e spostando poi il suo sguardo su quello di Darren, riconoscente.

-Grazie Darren, ne avevo proprio bisogno.-

Il moro sorrise e a Chris bastò quello per far sì che il mondo sparisse.

La sua mente si svuotò completamente e così svanirono anche le ombre che aleggiavano minacciose nel suo cuore.

Darren si sporse verso il libro che Chris aveva appoggiato sul letto, aperto alla pagina che stava tentando di leggere e ne accarezzò il dorso con l'indice.

Gli occhi celesti di Chris non poterono fare a meno di trattenersi e scivolarono su quelle mani così belle.

La sua carnagione olivastra, la sua pelle così ruvida e scura e il fatto che contrastasse così tanto con la propria … erano cose che lo facevano impazzire.

Curvò leggermente gli angoli della bocca in un debole sorriso.

-Allora … hai davvero intenzione di startene qui tutto solo?- domandò Darren senza smettere di sorridere.

Chris lo guardò accigliato e si tolse gli occhiali; si girò e li appoggiò sul comodino, massaggiandosi la radice del naso con l'indice ed il pollice, ridacchiando.

-Sono stanco Darren.-disse appena in un sussurro, stiracchiandosi pigramente e lasciando ricadere la braccia davanti a sé.

Darren scosse appena la testa, continuando ad accarezzare il dorso di quel libro, gli occhi fissi sulla copertina.

-Lo so ma pensavo che ..- poi alzò lo sguardo e la verità lo colpì dura come un pugno nello stomaco.

Il suo sorriso scivolò via con la stessa facilità con cui era apparso e la sua mano si fermò di colpo.

La carnagione lattea di Chris era intervallata da grosse macchie violacee … lividi?

Darren ne contò almeno dieci solamente sulle braccia.

Si sporse di più, allungando la mano, sotto lo sguardo perplesso di Chris che non riusciva a capire il suo comportamento, almeno fino a quando le sue dita si posarono su una di quelle orribili e minacciose macchie viola.

Poi tutto il corpo di Darren tremò e lui ritrasse subito le dita, sconvolto.

-Cosa diavolo?-chiese balzando in piedi, come se qualcosa di estremamente velenoso lo avesse appena punto.

La magia si spezzò, tutto il velo che Chris era riuscito a stendere su quella storia da quando il suo collega si era presentato nella sua stanza era volato via, lasciandolo completamente nudo al suo sguardo.

Darren lo guardava quasi schifato.

Pregava che non fosse vero, che si fosse immaginato tutto quanto, che fosse solamente un'allucinazione dovuta alla stanchezza o uno strano gioco di luce.

Ma li aveva sentiti, aveva sentito i polpastrelli bruciare sopra la sua pelle candida e morbida.

Aveva ritratto la mano, come se avesse appena preso fuoco, come se avesse appena poggiato le dita sui carboni ardenti.

Sul volto di Chris era dipinta paura, pura e maledettissima paura.

Tentò di avvicinarsi a Darren, ma il suo corpo era immobile sotto il suo sguardo.

Come aveva potuto essere tanto sciocco? Come aveva potuto dimenticarsene?

Semplice perché Darren gli faceva dimenticare tutto, gli bastava vederlo per abbandonare ogni singola difesa, la sua barriera crollava miseramente di fronte ai suoi occhi.

-D-Darren io...-tentò di parlare, ma la sua lingua non voleva muoversi e per quanto potesse spalancare la bocca ed allargare le labbra niente riusciva ad uscire a parte qualche sussurro senza senso.

Ma non doveva piangere, non davanti a lui, non così, non nella sua stanza d'albergo, non mentre lo guardava con quegli occhi.

Quegli occhi pieni di … di disgusto, di paura, di puro terrore, ma anche di rabbia.

Non c'era più niente di caldo nel suo sguardo adesso, solamente un verde scuro che vagava sul suo corpo, in cerca di altro.

Se le sue braccia erano ridotte così male, se ne aveva altri allora quanti erano? Ed erano tutti più o meno della stessa grandezza o ce n'erano anche di più grandi?

Al solo pensiero gli venne da piangere e avrebbe tanto voluto farlo ma non poteva, non così, non prima di sapere, non prima di aver visto.

Eppure i suoi occhi erano lucidi.

E il suo corpo sembrava tremare.

Raccolse tutte le forze che aveva in corpo per tentare di parlare.

-Togliti la maglietta.-ordinò con voce profonda.

Chris sussultò quasi, come se Darren si fosse appena richiuso la porta alle spalle con un tonfo. Ma stava ancora lì, davanti a lui, le mani tremanti e gli occhi accesi.

Darren si stupì di quanto il suo tono fosse risultato fermo e deciso.

Invece la voce di Chris era un filo sottile, un suono talmente debole che forse nemmeno lui poteva sentire.

-C-cosa?- 

Ma il moro non si fece troppi problemi e ripeté il suo ordine.

-Togliti la maglietta Chris.-

Il dolore nel suo corpo si moltiplicò nel sentire la sua voce così severa e nel vedere il suo sguardo così duro e desiderò tanto che potesse tornare a sedersi, che potessero tornare a prima, a quando stavano parlando sul letto e a quando Darren accarezzava il dorso del suo libro, così rapito e sognante.

E Chris si era chiesto a cosa stesse pensando prima che tutto degenerasse così in fretta, prima che lui potesse rendersi conto di aver commesso un così grande errore.

Ma doveva preoccuparsi di rimediare adesso e doveva raccogliere tutte le forze che gli rimanevano, sebbene i suoi occhi si stessero chiudendo da soli e le sue gambe stessero faticando a reggere il suo peso.

Strinse i pugni e si schiarì la voce.

-Esci Darren.-disse senza smettere un minuto di guardarlo negli occhi.

Anche se i suoi occhi, che pizzicavano talmente tanto che era difficile da sopportare, lo tradivano.

La sua voce era ferma, il suo suonò come un ordine, ma nei suoi occhi c'era una richiesta disperata di aiuto, che partiva dal suo cuore e si espandeva in tutto il corpo.

-Esci- ripeté voltandosi, perché quello sguardo era davvero troppo da sopportare e lui si sentiva già abbastanza debole così.

Ma Darren non lo avrebbe ascoltato, non stavolta, non quando aveva così tanta paura che gli fosse successo qualcosa di terribile.

Gli si avvicinò piano, il rumore dei suoi passi ovattato dalla moquette beige. Aveva la pelle d'oca, ma doveva farlo, doveva assicurarsi che Chris stesse bene, doveva rompere quel guscio di metallo che stava cercando di tenere su.

Prese un respiro profondo e, ad un passo dal corpo di Chris, rilasciò andare silenziosamente l'aria mentre le sue mani si avvicinavano pericolosamente ai lembi della maglietta bianca da notte che portava.

Dal canto suo Chris sapeva.

Non poteva non sentirlo, non poteva non percepire quel suo maledettissimo profumo, che era in grado di annusare da chilometri e chilometri di distanza, e non poteva non essersi accorto della sua presenza, visto che il calore del suo corpo lo faceva stare così dannatamente bene, come nessuno era in grado di fare.

Ma era Darren e davvero non aveva la forza di respingerlo, anche se avrebbe negato tutto, avrebbe tentato in qualsiasi modo di cacciarlo senza rivelargli assolutamente niente.

Solo Ashley sapeva, solo lei, nessun altro.

La stampa non doveva saperlo e nemmeno i suoi colleghi, nessuno doveva sapere che Chris Colfer era stato picchiato da una banda di omofobi proprio davanti a casa sua.

Nessuno doveva sapere che non era stato in grado di difendersi, che lo avevano circondato, che erano ubriachi e che erano davvero troppi perché lui potesse davvero tenervi testa.

Nessuno, nessuno, nemmeno Darren?

Che sembrava così preoccupato ed arrabbiato e terrorizzato.

Per la prima volta lo sfiorò il pensiero che forse avrebbe potuto dirlo a qualcuno, che forse avrebbe potuto confidarsi con qualcuno che non fosse Ashley ma che lo avrebbe capito comunque e che non avrebbe rivelato il suo segreto.

E, del resto, il suo corpo era troppo stanco per opporsi e le mani di Darren erano così belle.

Le sue dita calde arrivarono ad afferrare i lembi della maglietta, solleticandogli la pelle pallida e fredda e facendo partire un brivido che, dalla colonna vertebrale, si diffuse in tutto il corpo.

Con estrema lentezza, come se avesse paura di fargli male con quel semplice gesto, il moro sollevò piano, con il cuore che gli batteva forte in gola, la maglietta leggera.

Se dopo aver visto le sue braccia era rimasto pietrificato, quando vide la schiena gli si bloccò letteralmente il cuore.

Fece di tutto per non allontanarsi, per guardare, per mantenere gli occhi incollati a quell'orribile visione, ma il suo stomaco si stava contraendo e i conati che gli invadevano la gola diventavano sempre più forti da sopprimere e combattevano contro la sua volontà nella gola.

Serrò le labbra con forza.

La schiena era piena di botte, alcune più piccole, altre decisamente più grandi e in alcuni punti (per esempio nella parte più bassa della schiena) c'erano anche dei graffi e dei tagli non molto profondi.

Non c'erano segni di punti o di cicatrici evidenti, ma il sangue di Darren fece fatica per un attimo ad arrivare al cervello e al suo cuore, che stava facendo davvero molta fatica a mantenerlo in vita.

Chris aveva chiuso gli occhi e tremava sotto lo sguardo di Darren.

Si strinse il corpo con le braccia e si voltò di scatto.

I suoi occhi erano gonfi, rossi e colmi di lacrime traboccanti.

Il suo viso era diventato terribilmente pallido. Non c'era nemmeno più quel leggero rossore sulle sue guance.

Si allontanò da Darren, per quanto la stanza potesse permetterglielo, andando a sbattere le gambe contro il comodino ed imprecando sotto voce.

Darren era rimasto completamente immobile e cercava di metabolizzare.

-Chris …- sussurrò guardandolo incredulo.

Anche lui stava trattenendo a stento le lacrime.

-Chi ti ha fatto questo?-la sua voce era piena di odio e paura.

Chiunque avesse osato mettere le mani addosso ad un ragazzo come Chris, chiunque avesse osato rovinare quel suo corpo perfetto, la sua bellissima pelle fatta di cristallo, meritava la morte.

-Chris dimmelo.-ordinò stringendo la mascella e muovendo un passo verso di lui.

Tremava. Il suo petto si alzava ed abbassava velocemente e tutto il suo corpo veniva scosso dai singhiozzi che non era più riuscito a trattenere.

-Darren … ti prego.-chiese implorante senza incontrare il suo sguardo.

Il moro gli lanciò uno sguardo incredulo.

-Perché non lo sa nessuno?! Perché non me ne hai parlato?! Perché hai deciso di tenerti tutto dentro anche questa volta?!- 

La sua voce adesso racchiudeva solamente paura.

La consapevolezza che stesse affrontando tutto quanto da solo, che avesse subito tutto questo senza l'aiuto di nessuno.

-Darren non ha importanza ..-

Allora era questo? Per lui non aveva importanza? 

Le sue parole lo colpirono dritto al centro del cuore, che prese a zampillare sangue caldo.

Si sporse ancora un po' e prese Chris fra le sue braccia, stringendolo più forte che poteva contro il suo petto.

E Chris si lasciò abbracciare, perché non poteva chiedere nient'altro di meglio; il corpo caldo di Darren contro il suo, le sue braccia forti che lo cullavano, il suo mento incastrato nell'incavo del suo collo.

In un primo momento rimase immobile nell'abbraccio, ma quando si rese conto di aver disperato bisogno di qualcosa di forte a cui aggrapparsi, avvolse le spalle di Darren con le sue braccia e strinse.

Continuò a singhiozzare violentemente, respirando il profumo forte ed inconfondibile del ragazzo che lo stava stringendo e cercando di lasciar scivolare via tutta la tensione.

Piano piano le lacrime cominciarono a diminuire e Chris si calmò.

Rimasero immobili, incastrati in quell'abbraccio che a Darren era sembrato così giusto e perfetto e a cui Chris doveva ancora trovare una spiegazione fino al momento in cui entrambi decisero che era arrivato il momento di parlare.

Darren lasciò a Chris tutto il tempo di cui aveva bisogno, si sedettero sul letto, le loro mani intrecciate insieme, la carnagione chiara di uno che contrastava con quella scura dell'altro.

Il soprano si passò il dorso della mano sugli occhi prima e sulla punta del naso poi e prese fiato.

-Era tardi e io … io non so nemmeno perché, perché ero da solo. I-io stavo tornando a casa e-e poi.-fu costretto a fermarsi.

Il peso sul suo petto gravava su di lui ogni secondo di più e gli impediva di respirare.

Sentiva che l'aria che riusciva a inspirare, grandi boccate di ossigeno, che in un'altra situazione gli avrebbero riempito i polmoni, adesso non erano mai abbastanza e Chris si sentiva soffocare sempre di più.

Cercò di concentrarsi sul calore delle mani di Darren che avvolgevano le sue, con l'intenzione di far sparire tutto il resto, tutto il dolore, tutte quelle macchie sul suo corpo.

-E' successo una settimana fa. C'era l-la festa, la festa di Lea?-chiese guardando Darren negli occhi, in cerca di conferma.

Il moro aveva gli occhi fissi nei suoi, l'ambra che si perdeva nel cielo sconfinato e si limitò ad annuire.

Avrebbe tanto voluto assorbire tutto il suo dolore, poterlo risucchiare via dal petto e tenerselo per sé, fagocitare tutto, per far sì che Chris non stesse più male.

Annuì anche lui e tirò su con il naso, mentre lasciava vagare il suo sguardo in giro per la stanza, in cerca di qualcosa a cui attaccarsi perché guardare Darren negli occhi mentre raccontava quella storia era qualcosa di cui, per un qualche assurdo motivo, si vergognava terribilmente.

-Era la festa di Lea. E vedi avevo deciso di tornare a piedi p-perché … non lo so, perché mi andava? E p-probabilmente mi hanno seguito o forse no, o mi aspettavano sotto casa o .. o ..-balbettò confusamente mentre la sua mente veniva inondata dalle immagini di quella sera.

-Erano in cinque. Davanti alla porta di casa mia. Erano ubriachi e … urlavano.-sussurrò ripensando a tutti i tipi di insulti che aveva sentito.

-Non ho mai sentito così tanti insulti in vita mia!-esclamò tentando di reprimere le lacrime che cercavano di uscire con una risata amara che fece venire i brividi a Darren, che tentava di ascoltare tutta la storia senza commentare, senza lasciarsi prendere da attacchi d'ira, senza contrarre troppo i muscoli, ma la verità era che avrebbe voluto uccidere ognuno di loro, avrebbe voluto fargli così male che avrebbero dovuto implorarlo di smettere.

Ma l'ultima cosa di cui Chris aveva bisogno era altra violenza e sentiva il cuore incrinarsi ogni volta che lasciava scorrere lo sguardo sul suo corpo, ogni volta che lo guardava negli occhi o lo sentiva singhiozzare.

-Mi hanno picchiato. Non so esattamente per quanto tempo, ma lo hanno fatto e … avevo male ovunque, sentivo il dolore fin dentro le ossa ma non potevo farci niente perché erano tanti ed erano grossi e … e io ero solo.-l'ultima parola uscì appena dalle sue labbra ma Darren riuscì ad udirla comunque e gli fece così male.

E lui dov'era? Alla festa a divertirsi? Era rimasto a casa di Lea fino a tardi, l'aveva aiutata a rimettere apposto invece che chiedersi dove fosse Chris, se stesse bene, se avesse bisogno di un passaggio.

Si sentiva così in colpa che cominciò a piangere, in silenzio, lasciò rotolare le lacrime lungo le guance e non fece niente per fermarle perché ne aveva disperatamente bisogno.

-C-credo che li abbia fermati qualcuno, il portiere forse? Non lo so, ero troppo debole e .. volevo solo che finisse tutto quanto. Ashley mi ha portato all'ospedale. Dopo la festa era venuta a casa mia, non ricordo nemmeno io il perché, e mi ha trovato davanti al portone. Non … non mi sono rotto niente. S-solo qualche livido e … e un paio di graffi credo.- disse d'un fiato mentre attendeva che Darren metabolizzasse tutto quanto.

Ci fu silenzio per un po' di tempo, giusto qualche minuto in cui Chris cercò di frenare le lacrime e Darren i sensi di colpa.

Lo aveva fatto, gli aveva raccontato quell'unica cosa che non avrebbe dovuto.

Ma era stato impossibile fermare il flusso di parole disperate che erano uscite dalle sue labbra dopo quell'abbraccio che gli aveva tolto il fiato.

Chris si sentiva esausto.

Aveva svuotato un po' del dolore che aveva compresso nel petto e sembrava quasi che avesse dovuto sollevare qualcosa di estremamente pesante con le sue stesse mani, perché aveva il fiato corto e gli tremavano le braccia.

Darren non lo aveva mai visto così e dentro di lui c'erano due sentimenti che si combattevano: la rabbia ed il dolore.

Era indeciso se alzarsi e lasciare Chris solo per qualche minuto, il tempo necessario per smettere di piangere le sue lacrime (non sarebbe bastato qualche minuto, pensò poi, dentro di sé mentre corrugava la fronte e si dava dello stupido da solo) o dirgli che avrebbe personalmente cercato ognuno di loro e li avrebbe uccisi, anche a costo di andare in capo al mondo.

Ma entrambe le opzioni erano sbagliate, entrambe non tenevano conto dei sentimenti di Chris, di come fosse ridotto il suo corpo, di quanto avesse sofferto.

Incapace di controllarsi, si lasciò sfuggire dalle labbra una sola semplice e fastidiosa domanda:

-Perché non l'ai detto a nessuno?- c'era incredulità nella sua voce e, ricordandosi solo in quel momento che aveva pianto, si sfregò il palmo della mano destra contro gli occhi, asciugandoseli e scuotendo la testa.

Tirò su con il naso, mentre osservava Chris tentare di recuperare l'ossigeno che sembrava non riuscire a far entrare.

Inspirava ogni brandello d'aria, ma sembrava che i suoi polmoni lo stessero consumando come il fuoco si mangia la legna, lasciando nient'altro che cenere.

-Darren ti prego.- disse annaspando nei suoi stessi singhiozzi, mente il rumore del suo dolore riempiva la stanza.

-Ti prego non devi dirlo a nessuno.- lo implorò guardandolo dritto negli occhi.

I suoi occhi erano rossi e spenti e, dio, quanto amava quegli occhi!

Ma non in quel momento, no. Gli piacevano quando erano freschi, brillanti, luccicanti, accesi … vivi, quando sorrideva e sembrava che qualcuno avesse appena aperto una finestra in una camera che era rimasta chiusa per anni.

Quando la sua risata si diffondeva e lui avrebbe potuto riconoscerla ovunque, quando parlava con lui e percepiva il suo sguardo fondersi con il proprio, incatenarlo ad una parete ed ipnotizzarlo senza via di scampo.

Sospirò, esausto.

Non lo capiva, non capiva perché doveva sempre tenersi tutto dentro, chiudersi ermeticamente in un barattolo di vetro senza mai lasciare entrare nessuno.

-N-non lo sa nessuno e, e io l'ho detto a te … sei venuto qui e-e io.- il suo petto fu scosso da un violento singulto, poi riprese a parlare.

-S-sembravi così … arrabbiato e ...terrorizzato?-l'insicurezza nella sua voce gli strinse il cuore, o meglio quello che ne rimaneva.

I suoi occhi celesti vagarono sulla figura che avevano davanti, cercando una conferma.

-Lo sono ancora.-disse sottovoce, abbassando la testa e guardando i segni che le sue scarpe lasciavano sulla moquette liscia e scivolosa.

Chris fu costretto ad asciugarsi di nuovo gli occhi, perché le lacrime cominciavano a diventare fastidiosamente appiccicose su quella sua pelle pallida.

-Chris io ..- un altro sospiro, questa volta più lungo.

Si avvicinò di poco, sperando che il calore del suo corpo potesse calmarlo.

-Io non riesco a credere a quello che ti hanno fatto. Io .. io vorrei solo annientarli, uno ad uno.- confessò sinceramente.

-Perché? Insomma è il mio corpo, a te cosa importa?-

Si stupì di quanto il suo tono risultò acido e tagliente, ma era così che funzionava, che si difendeva quando la gente osava avvicinarsi troppo, anche se aveva dannatamente bisogno di Darren, della sua voce, delle sue mani, del suo corpo e dei suoi occhi così belli e caldi.

Ma proprio perché era Darren doveva mantenere le distanze.

Non avrebbe mai saputo, non glielo avrebbe mai detto.

Nell'espressione di Darren lesse pura sorpresa, ma lui non si allontanò, come pensava avrebbe fatto, anzi fece esattamente il contrario e questo oltre che a terrorizzarlo lo fece sentire anche così dannatamente bene che non pensava potesse essere vero.

Darren lasciò scivolare l'indice sulla sua pelle lattea.

I polpastrelli ruvidi del moro stridevano sulla pelle liscia e così estremamente morbida e delicata che entrambi rabbrividirono.

C'era elettricità pura nell'aria.

I battiti dei loro cuori che ormai correvano, i loro respiri che ormai si fondevano, i loro corpi che si cercavano e i loro occhi che brillavano.

Darren immaginò il dolore che Chris aveva provato per ogni singolo colpo, per ogni singolo livido e strinse i denti.

Forse era quello il modo migliore per comunicare a Chris quanto lui amasse il suo corpo, quanto lui amasse ogni singolo dettaglio.

-Non lo capisci?-sussurrò senza fermarsi.

-Sei così …- sorrise, ma poi il suo dito si soffermò su un altro livido e la sua espressione tornò seria.

Chris non sentiva nemmeno il minimo dolore, anzi sembrava quasi che il tocco di Darren riuscisse a fare ciò che le medicine, gli antidolorifici e i bagni caldi non avevano potuto.

Chris finì la frase per lui.

-Debole.-aveva di nuovo quel tono di voce, che spaventava entrambi ma che non riusciva a controllare.

Darren scosse la testa e continuò il suo percorso, fino ad arrivare a toccare la stoffa leggera della manica della maglietta.

-Bello.- concluse incontrando i suoi occhi.

Chris osservò le guance di Darren, ricoperte da una leggera peluria, tingersi lentamente di rosso.

Poi il suo viso si fece più vicino ed in un attimo i suoi capelli ricci arrivarono a solleticargli la fronte ed i loro respiri, appesantiti e caldi, a fondersi.

Chris era rimasto pietrificato da quando l'indice di Darren si era fermato e rimase completamente immobile anche quando si ritrovò le sue mani ad avvolgergli il viso e ad accarezzargli la pelle liscia delle guance.

Prima di baciarlo, il moro si concesse un sorriso meraviglioso, che Chris si gustò fino alla fine e che sciolse tutti i suoi muscoli.

Poi ci fu quella meravigliosa pressione, le loro labbra si toccarono e si premettero con delicatezza.

Chris le avrebbe riconosciute ovunque, anche perché erano pregne del suo meraviglioso profumo, del suo fantastico sapore.

Dentro il suo petto c'erano i fuochi d'artificio.

Darren attese con pazienza che l'altro ragazzo si rilassasse completamente sotto il suo tocco e, quando lo fece, aumentò la pressione, leccandogli il labbro inferiore e chiedendo il permesso alla bocca di Chris di far entrare la sua lingua.

Chris aspettò qualche secondo prima di acconsentire, perché era tutto così fantastico ed era così rigenerante che si riscoprì pieno di energie e tutta la stanchezza scivolò via dal suo corpo, come acqua che scorre lungo lo scarico.

All'improvviso fu il corpo di Chris a farsi incontro a quello di Darren.

Ne aveva così bisogno, era così bisognoso di quel contatto che non avrebbe potuto tirarsi indietro nemmeno se avesse voluto.

Appoggiò le sue mani chiare sulle sue, carezzandogli il dorso con i pollici e schiuse le labbra.

Darren sorrise vittorioso nel bacio e quando le loro lingue si incontrarono fu pura magia.

C'erano scintille nei loro occhi e nei loro cuori e Chris sentì il forte bisogno di stringere la mano dell'altro nella sua e, quando lo fece gli sembrò tutto perfetto, quasi come se quelle mani fossero state fatte per completarsi, per stringersi, per appartenersi … per sempre.

Quando si staccarono per riprendere fiato, Darren lasciò una scia di baci delicati sul viso di Chris.

-Tutto, mi piace tutto di te Chris … ogni singola, piccola cosa che tu disprezzi è la perfezione ai miei occhi.- sussurrò sulla sua pelle tra un bacio e l'altro, mentre le sue labbra si muovevano.

Baciò gli angoli della bocca, il naso, la fronte, le tempie, le guance, le lentiggini ai lati del naso, come se volesse fargli capire quanto importanti fossero per lui quei piccoli dettagli che lo rendevano perfetto.

-Non potresti essere più bello.-sussurrò poi, unendo di nuovo le loro labbra e questa volta anche Chris sorrise.

Le parole che Darren gli aveva appena sussurrato erano la cosa più bella che avesse mai sentito e, in un modo o nell'altro, gli fecero pensare che fossero vere.

Il suo corpo fremeva per averne di più, tremava al tocco di Darren, al solletico che la sua barba appena accennata gli provocava.

Fecero l'amore. 

Lo fecero con il cuore e con l'anima e Darren non smise di baciarlo e di accarezzare la sua pelle nemmeno per un secondo, nemmeno dopo, esausto e ricoperto di sudore.

Baciò ogni singolo livido, tutti quanti, assorbendone il dolore e Chris chiuse gli occhi e si lasciò andare.

Sapeva che l'unico in grado di sfondare la sua barriera sarebbe stato lui.

Perché Darren era l'unico.

Quando, poi, esausto Chris si addormentò, rannicchiato su se stesso, Darren lo strinse così forte a sé, facendo aderire il proprio petto alla sua schiena, che non c'era nemmeno una fessura che lasciasse passare l'aria, nemmeno uno spiffero.

Lo strinse per farlo sentire in qualche modo protetto, lo strinse perché voleva sorreggerlo, lo strinse perché voleva fargli percepire il suo amore, tutto il suo calore.

E quella notte, per la prima volta dopo una settimana, Chris dormì tutto il tempo, sognando solamente la persona che aveva accanto, senza urlare o tremare, semplicemente respirando a pieni polmoni tutto ciò che faceva parte di Darren, tutto ciò che costituiva la sua essenza.

 

 

 





Angolo Autrice.


Cavolata scritta ascoltando Little Things, scritta da Ed Sheeran.
Io sono pienamente convinta dell'esistenza di questa coppia ^.^
Dunque mi piacerebbe molto sapere il parere di alcuni (molti possibilmente :D) di voi, sapere se vi è piaciuta se è scritta bene o se vorreste scoprire l'indirizzo di casa mia per riempirmi di pomodori marci e affini.
Non siate timidi, ditemi tutto quello che vi passa per la testa!!

PS: non conosco le date del glee tour, è una cosa molto improvvisata, quindi non arrabbiatevi se ho sbagliato qualcosa :P

Grazie,

L.

  
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