“Non
puoi comportarti così!" lo rimproverò
Kurt, sull'orlo dell'esasperazione:"Sono pazienti e tu sei un
dottore." Sebastian ringraziò con un cenno del capo la
signora della
mensa, rigirò la mela tra le mani, poi l'addentò:
"Dimmi qualcosa che non
so, Hummel. " L'altro lo fulminò con lo sguardo.
"Siamo
in sindrome premestruale, miss
Elizabeth?" gli sorrise Sebastian, alzando le sopracciglia.
"Tu
trapeli simpatia da tutti i pori,
invece." ribattè stizzito il più basso.
Ignorò il suo "Sì, infatti."
e alzò la voce: "Vuoi la verità, Bas? Stamattina
ho dovuto dire alla madre
di un bambino di sei anni che suo figlio ha il cancro, lei continuava a
piangere e-
"Fa
parte del nostro lavoro,
Porcellana. Credi che io sia felice quando un intervento va male?
Così mi
focalizzo su quanta sofferenza provoco se sbaglio, e miglioro." lo
interruppe bruscamente il neurochirurgo.
"Fantastico,
peccato che esistano le
malattie terminali e che la mia 'bravura' non possa farci niente!"
sibilò
Kurt, stringendo i pugni per la rabbia.
"Potresti
evitare di farti venire una crisi
ogni volta, ad esempio! E’ il tuo lavoro da 4
anni!”
Kurt
aveva iniziato a lavorare come
pediatra all’Allen Pavillon subito dopo la fine dei suoi
studi e
dell’apprendistato all’età di 25 anni.
Aveva deciso di iscriversi alla facoltà
di medicina poco dopo il suo trasferimento a New York, più o
meno quando suo
padre si era ammalato, forse era stato proprio quello il
motivo della sua
decisione.
“Questa
non è né la prima né
l’ultima mamma che
viene a sapere una cosa del genere…Andiamo, il mondo non
è tutto rose e
fiori." disse il francesino, mentre scribacchiava qualcosa su un block
notes.
"Rose
e fiori?! E quando lo è stato per me?!
Mia madre è morta quando avevo 8 anni, sono stato vittima di
bullismo per tutti
gli anni del liceo, papà se n'è andato prima di
vedermi con il camice e-"
il rumore del cercapersone di Sebastian lo frenò,
lasciandolo con gli occhi
umidi, un lieve affanno e una fitta dolorosa al centro del petto.
"Devo
andare. A quanto pare qualcuno se la
passa peggio di te." disse dopo aver controllato velocemente
il
piccolo schermo. Si fermò dopo pochi passi: "Dimenticavo!"
esclamò,
sorridendo nel più stronzo dei modi e lasciando scivolare il
piccolo foglio sul
tavolo della mensa ospedaliera. Kurt lo prese e lesse: "Cyclodynon, per
dolori mestruali, due volte al giorno." Appallottolò il
foglio e lo tirò
cercando di colpire Smythe.Aveva conosciuto Sebastian proprio in
quell’ospedale.
Kurt era rimasto immediatamente colpito dal suo fascino e dal fatto che
fosse
sopravvissuto anche lui all’Ohio, forse un po’ meno
dal suo narcisismo e dalla
sua capacità di parlare sempre e solo di sé,
incredibilmente lievitati da
quando era stato promosso caporeparto, uno dei più
giovani caporeparto che
quell’ospedale avesse mai avuto, ma,
ciò nonostante, era ugualmente
caduto nella sua trappola. Uscivano insieme da ben quattro mesi.
***
Kurt
tentava di infilare la chiave nella
serratura da un paio di minuti. Aveva la mente altrove e la sua
coordinazione
oculo-manuale non era efficiente. Condivideva, sin da quando era
arrivato nella
Grande Mela, l’appartamento (se così potevano
definirsi alcuni dei posti
dove avevano vissuto) con Rachel Berry; si sentiva un eroe
per essere
riuscito a non ucciderla durante i nove e lunghi anni di convivenza.
Fortunatamente la ragazza venne in suo soccorso, ma non gli diede il
tempo di
entrare, saltandogli subito addosso.
“Rachel…?” rantolò Kurt,
ancora stretto
nell’abbraccio: “Ci tengo alla mia cassa toracica,
sai…!” Lo lasciò respirare,
cominciando a saltellare euforica per la stanza e a battere le mani
come una
bambina.
“L’ultima
volta che ho visto una scena simile è
stato stamattina all’ospedale, quando ho dato un lecca-lecca
a Claire” rise il
ragazzo “E lei ha cinque anni, Rach!”
“Ce
l’ho fatta, Kurt!” trillò, quasi
sbattendogli
in faccia una lettera. Lui sgranò gli occhi, ma si impose di
restare calmo
mentre apriva il foglio. Tentativo Fallito: “OH SANTISSIMO
CIELO, SEI MARIA! …West
Side Story! A Brodway!” Rachel
scoppiò a piangere e si gettò
nuovamente addosso al poveretto, che non era neppure riuscito a
togliersi la
giacca. Il fatto che fosse riuscita ad ottenere quel ruolo era qualcosa di formidabile, ci provava ormai
da anni, dal suo diploma
alla NYADA, per essere precisi. Finita l’accademia, Rachel
aveva trascorso un
anno infernale per lei, ma soprattutto per quel pover’uomo
che aveva dovuto
subire i suoi infiniti pianti ogni volta che le dicevano “ Le
faremo sapere” e
poi nessuno chiamava. Poi c’era stata quella che Kurt aveva
definito “La
svolta”: Cassandra July, durante una delle sue crisi
isteriche con più liquore
in corpo che sangue, aveva lanciato una sedia contro una povera
ragazza, che
l’aveva prontamente denunciata, facendole perdere la
cattedra. Da quel giorno
Rachel era diventata una specie di martello pneumatico nelle orecchie
della
Tibideaux, o meglio, nelle sue svariate segreterie telefoniche.
Finché la
povera donna, conscia del fatto che neppure eliminare fisicamente la
Berry
l’avrebbe fatta desistere, le aveva dato il posto.
“Un
telefono! Un telefono! Ora!” urlò la bruna,
staccandosi dall’amico e cominciando ad agitare le braccia in
maniera del tutto
inconsulta.
“Rach, non
farti prendere dalla fama… Il telefono è su quel
mobile e non ti salterà in
mano!” la prese in giro Kurt, togliendosi la giacca.
“
Devo chiamare i miei papà! Se non lo faccio
subito non riusciranno ad essere qui per la prima!” e corse a
recuperare il cordless.
“A
proposito, quand’è?” chiese lui,
cominciando a
cercare qualcosa di vagamente commestibile nel loro
frigorifero.
“Il
10 Gennaio. Ci sarai, vero Kurtie?” domandò,
avvicinandosi al ragazzo con un’aria leggermente preoccupata.
Non avrebbe mai
retto una giornata simile senza il suo miglior amico. Kurt ci
pensò su,
fingendosi particolarmente interessato alla data di scadenza delle
uova.
“Non
so… 10 Gennaio hai detto? Pensavo
che... Forse ho…” La ragazza non lo fece neanche
finire, prese semplicemente un
uovo dalla confezione e lo usò per minacciarlo.
“Tu
ci sarai, anche a costo di lasciar
morire i bambini!”
“
Certo che ci sarò, nana.” rise, poi si
chinò per baciarle la fronte. “Davvero
uccideresti….” Iniziò, poi si rese
conto
che Rachel stava già componendo il numero, probabilmente
scegliendo la maniera
più scenica per comunicare la notizia.
***
Kurt
guardò per l’ennesima volta l’orologio,
Rachel l’avrebbe scuoiato vivo se avesse fatto anche un solo
minuto di ritardo.
E, per la prima volta nella sua vita, lui non era intenzionato a farlo.
Era
colpa di Sebastian, in quei due mesi Kurt era quasi arrivato alla
conclusione
che qualunque cosa accadesse nella sua esistenza fosse colpa
di Sebastian.
Prese il telefono e decise di chiamarlo.
“Pronto?”
rispose con tutta tranquillità il
neurochirurgo.
“DOVE
DIAVOLO SEI?!” sbraitò, tutt’altro che
calmo, il più
piccolo.
“Calma.
In ospedale, dove altro dovrei
essere?”
“QUI!
Sai che giorno è oggi? Il 10 Gennaio! Di
cosa ti parlo da mesi?!”
“Di
qualcosa che non mi interessa e che quindi
non mi sforzo neppure di capire?”
“Ciao,
Seb. Ciao. Fammi solo una cortesia: vai a
fanculo!” e attaccò il telefono. Poi
combattè contro se stesso per non farsi
venire una crisi di nervi, prese il mazzo di fiori che aveva comprato
per
Rachel e uscì di casa sbattendo la porta.
*Revisione
autrici*
Questo
è più un
prologo che un capitolo vero e proprio: è davvero corto!
Abbiamo aggiustato l’html
^-^