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Autore: Darth Rainbow    08/01/2013    1 recensioni
Tra i tortuosi canali di Venezia si aggira la classica eroina delle fiabe: boccoli biondi e labbra come un bocciolo di rosa; perchè le fiabe ben ci insegnano come queste siano le migliori qualità a cui una fanciulla possa aspirare.
Genere: Avventura, Comico, Mistero | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Tutta colpa di dieci zecchini d'argento
TUTTA COLPA DI 10 ZECCHINI D’ARGENTO.
(Ovvero Quando Mean Girl Incontra Assassin’s Creed Senza Dimenticare Un Bel Lieto Fine)


“Era una fredda giornata d’inverno, il cielo era di un blu intenso e spirava un gelido vento da nord, che congelava le dita del povero rematore, che stava faticosamente trascinando una malmessa imbarcazione per gli stretti canali di una delle parti più ricche della città di Venezia. Sulla barca sedeva una fanciulla avvolta in un mantello che un tempo era stato splendido, ma che iniziava a mostrare i segni dell’usura. La fanciulla era giovane e bella, i capelli biondi illuminavano il viso di porcellana e facevano risaltare i suoi grandi occhi neri. Le sue labbra erano viola a causa del freddo e tentava invano di sfregarsi le mani per scaldarle.
La barca si accostò a una grande casa dall’aspetto signorile, dove però un occhio attento 
avrebbe  potuto scorgere l’intonaco scrostato e le imposte ormai malmesse. Scendendo con un poco di difficoltà, la ragazza pagò il rematore e salì gli alti gradini scivolosi sino ad arrivare al portone di ingresso, quindi bussò con un arrugginito batacchio e fu introdotta all’interno. Dentro la temperatura era più gradevole che fuori, e si avvicinò ad un grande braciere tendendo le mani per scaldarsele. Un tempo si sarebbero potuti permettere la legna per ogni camino della casa, ma ultimamente  gli affari storti del padre, una volta ricco mercante di spezie, avevano privato di ogni lusso la loro vita, e adesso una graziosa fanciulla come lei era costretta ad andare in giro con mantelli rammendati alla bell’e meglio. La ragazza fece un moto di stizza all’idea dello sguardo di derisione che le aveva inviato la ragazza dai capelli corvini e gli occhi di zaffiro. Non era mai corso buon sangue tra le due, nonostante avessero la stessa età e i loro padri avessero spesso condotto affari insieme. Nonostante la fanciulla era seriamente convinta di essere infinitamente più bella della rivale; l’altra aveva altrettanti spasimanti e così, mentre i loro genitori lottavano per terminare uno un affare più vantaggioso dell'altro, le due fanciulle perpetuavano una lunga guerra fatta di corpetti sempre più stretti e gonne sempre più ampie, di occhiate ammalianti e labbra rosse carminio. Sfortunatamente era arrivata la disgrazia, mentre  il padre della sua acerrima rivale era diventato sempre più ricco, e la ricchezza si sa, attira molto di più i giovani di splendidi boccoli biondi.
Ma la ragazza dai capelli d’ebano era una borghese senza classe, dalla risata sguaiata e, la fanciulla ne era certa, modi da sgualdrina che non l’avrebbero mai potuta portare lontano. Inoltre aveva un carattere arrogante e sgradevole, ed era sicurissima di non essere la sola a pensarlo. Mentre lei era buona e gentile con tutti, spiritosa, e soprattutto aveva una grande determinazione. Era perciò sicura che presto o tardi si sarebbe rifatta con la rivale, e sarebbe stata lei a guardarla dall’alto in basso al braccio del suo bellissimo e altolocato marito. Perché la mora era una semplice borghesuccia da quattro soldi, mentre sua madre proveniva da una delle più influenti famiglie aristocratiche.
L’entrata di sua madre la distolse dai suoi rancorosi pensieri:
“Serena, hai comprato ciò che ti avevo richiesto?”
“No madre, mi dispiace, ma i prezzi sono terribilmente cari, e non ho trovato nulla che costasse meno di cinque zecchini d’oro”
“ Oh, con questi tempi che corrono ogni cosa è a prezzi esorbitanti! Bene serena, potresti almeno restituirmi gli zecchini che ti ho dato?”
La ragazza fece per prendere la borsa che teneva legata alla cintura, quando emise un’esclamazione di stupore.
“La borsa! Ho perso la borsa!”
“Come hai perso la borsa! Serena! Ma cosa hai fatto?! Ma non è possibile! Ti rendi conto? Sai quanto sono cinque zecchini d’oro, eh? Sono ben dieci zecchini d’argento Serena, dieci! Cosa vuol dire che li hai persi? Oh, ma tu non li hai persi: adesso fili fuori subito a ritrovarli!”.
E così Serena si ritrovò fuori casa ad aspettare che un'altra imbarcazione le desse un passaggio.
Il mercato era caotico e affollato a quell’ora del giorno, e le speranze di ritrovare la borsa svanivano di minuto in minuto, d’altronde, chi mai avrebbe preso la borsa senza quello che vi era all’interno? Non era una somma considerevole, ma era pur sempre qualcosa per chi viveva nella miseria. La borsa, probabilmente, valeva di più del contenuto stesso: era finemente lavorata dai maestri turchi con le sete più pregiate, colorata come uno di quei pappagalli che predicevano il futuro sulla spalla dei negromanti agli angoli dei canali, il tutto per pochi soldi.
Le era stata regalata al suo tredicesimo compleanno, e da allora l’aveva sempre amata, anche perché aveva spesso suscitato l’invidia della nemica. Purtroppo il laccio con il quale l’appendeva alla cintura si era col tempo logorato, e quel giorno si era staccata senza accorgersene.
Passando davanti a un banco di pendagli d’argento, ne vide uno meraviglioso, era elegantemente decorato con motivi a spirale, e brillava alla luce del sole. Serena se ne innamorò, e il mercante, vedendo il suo interessamento le disse il prezzo: dieci zecchini d’argento, la stessa somma che aveva perso. Si infuriò: le sembrava una presa in giro, e in uno di quei folli attimi in cui si agisce senza pensare, approfittando  della distrazione del mercante, con un gesto fulmineo afferò il pendaglio e si dileguò nella folla. In questo modo si era vendicata con qualcuno, e anche se innocente, si sentì meglio. Sapeva di aver fatto qualcosa di sbagliato, ma sentiva che in qualche modo aveva rimediato a quel vuoto che sentiva per la perdita della borsa.
Ma la sua euforia durò poco: un uomo grande e grosso le poggiò una mano sulla spalla e disse:
“Ehi tu, dove credi di andare?” Fu presa dal panico, e le sembrò che la cosa migliore da fare fosse darsi alla fuga: si girò di scatto e iniziò ad aprirsi un passaggio tra la folla. Più piccola e agile del suo inseguitore, riuscì a distanziarlo, e a nulla servirono le urla dell’altro  per tentare di fermarla: in poco tempo si era dileguata nell’intricato labirinto di canali di Venezia.
Arrivata a un porticato, vi si gettò all’interno. Aveva ancora il fiatone e il cuore le batteva all’impazzata. Aveva avuto una gran paura: essere arrestata per così poco sarebbe stato oltraggioso, oltretutto il pendaglio non era nemmeno d’argento, ma di una altro materiale più infimo: se n’era accorta il momento in cui l’aveva preso in mano.
“Ssseguimi ragazza, il tuo avvenire è grande e il tuo futuro sarà splendente!”
La ragazza sobbalzò: una mano ossuta e gelida le si era posata all'improvviso sul candido braccio. Il proprietario di quella mano poi, non era più rassicurante: un vecchio piegato dagli anni e con un occhio di vetro, che roteava impazzito. Istintivamente la ragazza indietreggiò.
“Ssseguimi fanciulla, il tuo più grande desiderio si può avverare se mi ssegui. Ecco solo un piccolo asssaggio…” un piccolo gesto, da prestigiatore, e fece comparire la sua borsa. Era allibita: cosa se ne faceva quel vecchio di quella borsa? Perché gliela faceva vedere? Perché ammettere il suo misfatto?
Però la sua amata borsa… doveva riprenderla. Fece per afferrarla, ma il vecchio fu più svelto e le afferrò il braccio, scuotendo la testa.
“no no non onononon nooo. Si devono seguire le regole del gioco.” E si incamminò per la via. Serena non poté fare altro che seguirlo.
Con suo immenso stupore, arrivarono in una delle parti più ricche della città. Il vecchio aprì una porticina laterale e la condusse all’interno di un bel palazzetto. Salita in una scala a chicciola, venne introdotta in una stanza appartata della casa. All’interno, vi era una scialba giovane dall'aspetto sgraziato, adagiata pigramente su una poltrona. Lo sguardo che Serena rivolse al vecchio fu uno dei più increduli.
“Trasforma la rana in principessa entro lo scadere della mezzanotte," disse il vecchio indicando la giovane sulla poltrona " e conducila quindi al grande ballo che si terrà dove lei ti indicherà. Se avrai eseguito per bene il compito, il tuo desiderio sarà esaurito. Ovviamente potrai partecipare anche tu al ballo”. E per rassicurarla, le porse la borsa, intatta, con tutti gli zecchini dentro.
Serena non proferì parola. Quando la porta fu chiusa, la fanciulla si girò ed esibì una riverenza alla ragazza seduta alla poltrona. Questa rispose con un cenno del capo. Quando Serena chiese al cospetto di chi aveva l’onore di trovarsi, la ragazza fece  una faccia confusa e non rispose, ed emise qualche suono inarticolato.
La bionda quindi con un sospiro le fece intendere a gesti di alzarsi. Era una situazione assurda, ma l’unico modo per uscirne sembrava assecondare quello che le veniva chiesto.

Serena squadrò la ragazza con occhio critico: era abbastanza bruttina, troppo magra, con gli spunzoni delle ossa che uscivano nei luoghi più impensabili, i capelli erano di un biondo talmente opaco da sembrare castano chiaro. Gli occhi cerulei e inespressivi denotavano una totale morte dell’animo. Il portamento era grazioso tanto quanto una marionetta abbandonata per terra. Il vestito poi era rosa confetto pallido, che contribuiva ad aumentare la tristezza della sua persona.Serena sospirò e si diresse verso l’armadio: trasformarla in una splendida ragazza sarebbe stato molto difficile.
Optò per un meraviglioso abito di velluto blu. Il blu risaltava il colorito pallido della pelle della sconosciuta ed era quindi perfetto. Inoltre le maniche arrivavano a tre quarti: in questo modo coprivano i bracci e i gomiti, troppo esili e ossuti, e lasciavano scoperti gli avambracci che, anche se fragili, conferivano un’idea di eleganza e raffinatezza. Le spalle dell’abito vennero imbottite, conferendo alla ragazza un aspetto più deciso. L’abito era molto scollato, e lasciava vedere una generosa porzione del collo e del petto, che avevano nel loro splendido chiarore un che di affascinante. Il corpetto fu stretto e un poco imbottito per far risaltare il seno, senza risultare però volgare. Furono abbinati splendidi gioielli d’argento, che risaltavano l’incarnato.

Le mani le trattò a lungo con creme e olii profumati, fino a farle diventare morbide e rosate. Ogni centimetro di pelle del corpo venne passato con la cipria e il belletto. Le labbra vennero dipinte di un colore naturale, dando l’impressione di essere naturalmente belle.  Gli occhi vennero truccati per essere più espressivi, le ciglia allungate e il contorno ridisegnato.
Per i capelli fu più difficile. Li pettinò a lungo e applicò unguenti per farli brillare, infine ricorse a un vecchio trucco da zingara. Riscaldò un pettine di metallo al fuoco di una candela ed iniziò a modellare i capelli come boccoli, per poi tirarli su in un’elaborata acconciatura.
Per finire, le fece mettere alcune gocce di profumo.
Il risultato era al di là di ogni aspettativa: se prima vi era un’opaca ragazzina, adesso vi era un’esile e misteriosa creatura fatata, che si rimirava allo specchio con occhi splendenti di gioia. Mentre tutta la cerimonia si era svolta nel più assoluto silenzio, la sconosciuta pervasa dalla felicità iniziò ad emettere suoni in continuazione, tentando di dirle qualcosa. Finalmente Serena capì: la ragazza era straniera, e non era minorata, come aveva creduto all’inizio.
Serena sorrise incoraggiante e poi indicò un vestito rosso e poi se stessa, chiedendo il permesso di indossarlo. L’altra annuì vigorosamente, sempre sorridendo. Quindi anche Serena si fece bella per la misteriosa festa. L’altra la condusse quindi fuori, e scortate da un paggio, salirono su una gondola.
Arrivarono in un palazzo illuminato a festa. Entrò per prima la ragazza in abito blu, e poi Serena, superba nel suo magnifico vestito rosso. Serena attirò molti sguardi e molte attenzioni, ma molti ne ricevette anche la ragazza ignota, che si era allontanata per salutare una folla di conoscenti, che le rivolgevano i più sinceri complimenti.
Serena quindi si mise in disparte, guardandosi intorno per cercare faccie conosciute. Sfortunatamente, una delle prime che vide fu quella della sua acerrima nemica dagli occhi di zaffiro e i capelli d’ebano. Gertrude Cavalieri. Questa la raggiunse con un sorriso perfido.
“Mi stupisco che anche una come te sia stata invitata a questo ballo, e mi stupisco ancor di più che tu sia riuscita a racimolare i soldi per quello splendido vestito, non avrai mica rubato anche questo, eh?” La frecciatina riguardo l’incidente di quella mattina la fece montare di rabbia:
“ E che ci fa una borghesuccia di bassa estrazione sociale come te in una festa altolocata come questa, eh?” Ribattè, pur non avendo la minima idea di chi fosse l’ospite.
L’altra era schiumante di rabbia, per l’affronto alle sue origini, ma rispose comunque:
“Pensi forse di poter conquistare il bel conte Olandese eh? Beh mia cara, mi dispiace deluderti, ma l’invito l’ha consegnato prima a me, e ti posso assicurare che abbiamo una meravigliosa intesa, oh si! Oltre che ricco e bello, ha i modi decisamente affascinanti ed è un galantuomo. Che peccato che tu non abbia ormai più nessuna speranza!” e si allontanò, dirigendosi verso un giovane bello come il sole.
Inaspettatamente, questi si girò verso di lei e le rivolse un irresistibile sorriso, quindi le si accostò.
“Devo annunciarti che hai passato la Prova, ora non resta che esaudire il tuo Desiderio”
“Prova? Quale prova?”
“Quella di rendere mia sorella una creatura affascinante e ammaliante. Sono consapevole che non sia una gran bellezza, e necessitavo urgentemente qualcuno che la aiutasse a trasformarsi in un cigno, ormai è in età di matrimonio, e spero vivamente di poter concludere per lei uno dei matrimoni più brillanti.”
“Oh, beh, non c’è di che. Insomma, con qualche trucco qua e là è stato troppo difficile.”
“Allora, vuoi esaudire il Desiderio?”
“Desiderio, e di cosa si tratta?”
Lui la guardò intensamente:
“Vorresti sposarmi?” era serio.
“Cosa?”
“Vorresti sposarmi?”
“Come? Perché, perché questa richiesta?”
“Non vuoi sposarmi?”
“No! No! Affatto! E’ solo che… vedete è così inaspettata, nemmeno vi conosco.”
“Nemmeno io, ma vi ho amata dal primo momento che vi ho scorto.”
“Perché?” chiese lei con un sussurro.
“Perché bellissima, e non siete solo meravigliosa, ma sapete rendere gradevole anche ciò che non lo è. Come mia sorella. Perché la bellezza, si sa, è la più grande delle qualità. Sarete una perfetta moglie, degna di stare al mio fianco.” E le sorrise.
“Dunque, qual è la vostra risposta?”
“Si, oh si!” rispose gioiosamente Serena. E il cuore le scoppiò di gioia all’idea della rabbia e dell’invidia che Gertrude avrebbe covato nei suoi confronti. Aveva vinto.


Angolo Autrice:
Storia vecchia, ovviamente è un po' provocatoria, perchè nelle fiabe sono sempre le protagoniste buone e belle ad avere tutto. Mai che ci sia una protagonista bruttina.


  
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