Annie e Finnick
Non è così brutto essere pazzi.
 
«…Annie…»sussurra Finnick piano.
«…Annie…»ripete ancora, ma io sono in un buio da cui non riesco a uscire, non riesco a muovermi, non riesco a rispondergli.
Qualcosa si è rotto dentro di me, e la sensazione di non poter ricomporre i pezzi della mia anima mi angoscia.
Poi un pianto.
Mi sveglio.
Lo stavo sognando.
Ancora.
Come tutte le notti.
Ma perché non riesco a muovermi?
Perché non riesco a vederlo?
Perché c’è solo buio?
Mi alzo e vado nella cameretta del bimbo.
Faccio per aprire la porta e lo noto.
Il suo nodo.
Solo le sue mani, più grandi delle mie, erano capaci di fare quei nodi.
Faccio pochi passi e raggiungo il lettino del bimbo.
Lo prendo in braccio e lo cullo.
Lui apre un attimo gli occhi.
«Che belli i suoi occhi.»sento sussurrare da un angolo della stanza.
«Vero? Sono dello stesso blu dei tuoi…»
«…Annie…»la sua voce.
«…Annie… Ti amo.»un sussurro.
«…Annie… Non ti lascerò mai sola.»un bisbiglio.
«Lo so»rispondo io.
Rimetto il bambino nel suo lettino.
Torno a letto.
Un letto troppo grande per una ragazza piccola come me.
Un letto troppo grande senza di lui.
«…Annie… Ma io ci sono, ci sarò per sempre.»
«C’è qualcosa di positivo nell’essere pazzi.»  dico io prima di addormentarmi per ripiombare nei sogni.
Questa volta però lo vedo.
Lo sento.
Tocco le sue labbra.
Io posso fare tutto questo.
Solo io.
Perché io sono pazza.
La povera pazza del Distretto 4.
Ma non è così brutto essere pazzi.
Lui starà sempre con me.
Io sentirò sempre la sua voce
Io lo vedrò sempre.
E per sempre lui mi amerà.
Così come per sempre io amerò lui.
Io.
Lui
Io e lui.
Per sempre.
Finché morte non ci riunisca.