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Autore: Stregatta    09/01/2013    2 recensioni
Forse avrebbe dovuto gettarsi nella mischia, e infatti in realtà non era del tutto sicuro del motivo che lo stava trattenendo ancora a bordo pista.
{Una festa finita male ed un giro in macchina.}
Genere: Commedia | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Muse, Placebo | Coppie: Brian.M/Matthew.B
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Questa fic ha una storia molto lunga e divertente alle spalle... Oddio, in realtà non è tanto divertente quanto lunga ma ve la racconto comunque.

Tanto tempo fa, ho iniziato a scrivere una fic come regalo di... Compleanno? Natale? Chi se lo ricorda più per Erisachan. E quando dico tanto tempo fa, parlo di anni. A dicembre del 2012, quando ci siamo riviste fisicamente dopo circa tre-quattro ere geologiche, Erisachan mi ha giustamente ricordato che le dovevo qualcosa (“Mi devi ancora scrivere una Mollamy. Quando mi scrivi la Mollamy? Scrivi la Mollamy. Scrivi. Mollamy.”) e io le ho solennemente promesso che avrei portato a termine la ff entro il sei gennaio c.a., cosa che ho puntualmente fatto perché sono una persona lenta ma di parola come un cavaliere di Camelot. Cioè, non che i cavalieri di Camelot siano lenti ma sono uomini d'onore, sicché.

Comunque, enjoy it o sputateci sopra o ignoratela o, insomma, fate come volete. ♥



Barely Legal



C’erano del cheap ben calibrato e dell’ironia divertita, nell’arredamento di quel salone – dal pavimento a scacchi neri e bianchi agli enormi pouf imbottiti all’interno dei quali sparire goduriosamente, dalla carta da parati stile anni ‘70 alle lampade da terra col paralume in plastica che urlava “IKEA” lontano un chilometro.
Le centinaia di sfaccettature argentate di una ridicola palla da discoteca pendente dal soffitto proiettavano lentiggini di luce su corpi congestionati e volti accaldati sulla pista da ballo, semicelati da maschere di ogni tipo; incrostate di preziosi strass e rese vezzose da piume multicolori, semplici strisce di tessuto forate all’altezza degli occhi, mascherine di cartoncino volutamente bambinesche e addirittura cappucci integrali.
Era davvero un ambiente carino, nel suo folle kitsch.
Brian riaggiustò una piuma pendente dalla sua maschera di seta nera, strofinandone distrattamente fra pollice ed indice la lanugine morbida.
Forse avrebbe dovuto gettarsi nella mischia, e infatti in realtà non era del tutto sicuro del motivo che lo stava trattenendo ancora a bordo pista.
Aveva scelto lui il locale in cui andare dopo il concerto quella sera; sapeva che avrebbe ospitato una festa in maschera, un genere di evento che non mancava di elettrizzarlo fin da quando era bambino e sua madre si ostinava ad agghindarlo ogni volta in costume settecentesco, con tanto di abito in broccato, gorgiera in pizzo e mascherina dorata.

Sei così bello, Brian… Un vero principino!

Stefan era fermamente convinto che l’unica vera perversione di sua madre fosse stata trattarlo come una bambola da accessoriare a proprio piacimento, e forse non aveva torto.
Almeno, in mezzo agli innumerevoli e spesso rozzamente rifiniti Zorro, Robin Hood e Spiderman delle feste scolastiche, il suo personale da fragile figurina d’oro e porcellana non passava mai inosservato.
Per via di ciò, Stefan era anche convinto che uno dei crucci che sua madre probabilmente conservava nel segreto del suo animo era l’aver incoraggiato in tal modo la sua attitudine un po’ sdegnosa a voler per forza essere notato ovunque, da chiunque e per qualsiasi motivo.
Insomma, quell’attitudine che assieme ad altri fattori l’aveva spinto fin dov'era in quel momento della propria esistenza.


Un paio di mani lo attrassero gentilmente all’indietro, verso un corpo del quale identificò immediatamente il profumo familiare.
- Scommetto che la tua mente è tutta una fioritura di figure retoriche, al momento.
Brian rise, voltando il capo verso Stefan: - La mia mente è
cosa?
Il bassista lo spinse a girarsi del tutto, accogliendolo delicatamente nel suo abbraccio; i suoi occhi luccicavano divertiti fra il merletto cremisi della sua maschera. Il suo indecifrabile camuffamento constava di uno striminzito panciotto rosso e un paio di pantaloni scuri clamorosamente attillati infilati in stivali di morbido cuoio nero.
- Stavi pensando a qualcosa di molto grosso e molto serio. Sentivo gli ingranaggi del tuo cervellino cigolare fin da laggiù.
La musica cambiò, trasformandosi in un dozzinale motivetto da trenino erroneamente considerato evergreen – ouch, che caduta di stile.
- Pfff. Mi ci vedi a ballare in fila indiana con uno sconosciuto dietro che approfitta dell’ “euforia” generale per toccarmi il culo? - scosse il capo Brian, e una piuma del suo travestimento gli ricadde mollemente sulla fronte.
- Potresti approfittarne anche tu. Ci sono un sacco di belle ragazze in giro… E dei ragazzi ancora più belli.
Di fronte all’espressione poco interessata di Brian, Stefan tirò fuori il suo tono più persuasivo e suadente: - Andiamo, piccolo… Ogni tanto fai davvero lavorare troppo la tua testolina, anche se nessuno lo sospetterebbe.
- Grazie, eh! Comunque... Non so, non mi va di ballare. E ancora non ho visto nessuno di interessante.
- Mhm… Be’, sai come si dice? Quando smetti di cercarlo, troverai ciò che vuoi.
- Oh, filosofia da bigliettino dei cioccolatini. Non ti facevo così ban… Stef!
- Che c’è? - chiese Stefan in tono innocente.
Nel bel mezzo del suo discorso il bassista aveva percorso dolcemente il petto di Brian, iniziando poi a sganciare i bottoni della camicia nera che indossava dalle corrispondenti asole.
- Mi stai spogliando…? - esclamò incredulo Brian, mentre l’altro portava a termine il suo lavoro con professionale velocità.
- Lasciali perlomeno rifarsi gli occhi, se proprio non vuoi concedergli di rifarsi
altro… il sorriso che spuntò malizioso sul suo volto contribuì ad attribuire a Stefan un’aria da sfrontato demone tentatore, come suggerito in qualche modo anche dalla sua mise.
Brian alzò gli occhi al cielo, ma non si oppose alle intenzioni dell’amico, che si buttò poi la camicia su una spalla, sorreggendola con un dito infilato nel colletto.
- Questa la tengo come trofeo.
Brian ridacchiò, scuotendo il capo. – Non credo proprio, dolcezza. Quella mi è costata parecchio.
- Ho perso il conto di quante camice nere hai nel tuo guardaroba, piccolo… Una in meno non fa alcuna differenza.
Chinandosi a baciargli una guancia in un gesto di commiato, Stefan lo supplicò scherzosamente: - … e ora, ti prego… Divertiti! - per poi caracollare fluidamente verso il centro della pista, roteando la camicia in aria e strappando a Brian un sorrisetto divertito.


Quando il trenino conga fu arrivato al capolinea e venne sostituito da un serrato e monocorde ritmo techno – il repertorio di quella sera era schizofrenico quasi quanto l’arredamento del locale – Brian decise che il momento di gettarsi nella mischia era arrivato.
Si fece largo fra i ballerini, accogliendo languidamente l’inevitabile contatto fisico con essi.
Un ragazzo alto con addosso solo un paio di jeans ed una coda da diavoletto gli sorrise, avvicinandoglisi a ritmo di musica.
Aveva un bel fisico, e belle labbra carnose.
Brian ricambiò il sorriso e gli diede le spalle, prevedendo la mossa successiva dello sconosciuto; lo sentì addossarglisi e posargli una mano su di un fianco, guidandolo dolcemente nella danza.
Chiudendo gli occhi, il cantante inarcò la schiena e sollevò le braccia: le mani dello sconosciuto lo spinsero all’indietro premendo sul suo bacino.
Iniziarono a dondolarsi all’unisono, ricalcando con il corpo il beat del brano: lo sconosciuto aveva una presa solida e maschia... Esattamente come la sporgenza rigida di inequivocabile origine che premeva contro il fondoschiena di Brian.
Mentre il giovane si faceva più disinvolto, nascondendo il viso contro il suo collo, Brian avvertì uno sgradevole stimolo crescergli dalla bocca dello stomaco – una sorta di nausea leggera ma fastidiosa.
Iniziò a sudare freddo, sotto le labbra dell’estraneo che gli tempestavano le guance e le tempie di piccoli baci umidi.
Il ritmo era cambiato; i bassi erano più profondi e gli riverberavano direttamente in pancia, destabilizzandolo.
Per assurdo, Brian si ritrovò a pensare di stare per morire – e che schifo di morte, poi, con un perfetto sconosciuto che cercava di prendergli una mano per mettersela sul pacco senza notare il modo in cui si era letteralmente sgonfiato.
Non desiderava quel corpo estraneo addosso al proprio. Non sopportava tutti quei corpi seminudi ed eccitati che lo stavano circondando.
Che diamine gli stava accadendo?
Brian si liberò istericamente dell'abbraccio dello sconosciuto, cogliendolo alla sprovvista, e cercò di guadagnare il bordo della pista da ballo come un naufrago tenta di raggiungere la riva del mare.
E, come un naufrago particolarmente sfortunato, venne bloccato e trascinato nella tempesta da un ostacolo imprevisto.
Una mano, in questo caso.
Brian la fissò, senza alzare gli occhi sul proprietario.
Era calda, asciutta, ruvida di callosità sparse sui polpastrelli ed il palmo, salda: anche fra la nebbia del panico riusciva a percepirla nei minimi dettagli.
La mano lo trascinò contro un corpo non familiare, liscio e magro come quello di Stefan ma più minuto, più fragile.
Senza nemmeno il sostegno del terrore improvviso di poco prima Brian si sentì tremare le ginocchia e la testa girare, mentre la musica si allontanava ovattata e sonnifera ed il nuovo estraneo era più vicino che mai.
Respirava sul suo collo, carezzandogli teneramente i capelli: aveva il volto coperto da una maschera scura e sul petto nudo portava due giri di una strana collana tubolare in plastica, sulla quale stava inconsapevolmente premendo la guancia umida di Brian.
Una parte di quest'ultimo ancora urlava di paura, chiedeva di andare via, implorava l'aria fresca fuori da quel dannato aborto di locale ed il letto dell'albergo.
Se devo schiattare, devo farlo smentendomi. Non voglio che la gente pensi che Brian Molko non poteva schiattare in altro modo se non seminudo su di un dancefloor e fra le braccia di uno sconosciuto.

Poi tutto si spense. La musica, il mondo, il suo cervello.

Riacquistò i sensi trovandosi in posizione orizzontale e sovrastato da un musino curioso, ingentilito dal paio di occhi più definitivamente azzurri che avesse mai visto.
- Stai bene?
Brian non seppe rispondere subito alla domanda: non essere morto era già un traguardo notevole, date le circostanze.
Istintivamente si portò una mano al petto, scoprendo così di essere coperto da un maglioncino che non gli apparteneva; tentò di mettersi a sedere sul divano in pelle nera che troneggiava contro una delle pareti di quello che sembrava un ufficio – forse apparteneva al proprietario del locale.
- Dov'è Stef? Che ore sono?
Il ragazzino sollevò le spalle ossute, rispondendo: - Sono le tre e non ho la minima idea di dove si trovi Stef.
La luce bianca ed intensa proveniente dalla plafoniera sul soffitto costrinse Brian a socchiudere gli occhi: scosse debolmente il capo, come per scacciare i fantasmi colorati che vedeva ovunque attorno a sé.
- Che mi è successo?
- Sei svenuto... Credo si sia trattato di un abbassamento di pressione o non saprei cosa.
Lo sconosciuto stringeva fra le mani la sua maschera, rigirandosela premurosamente fra le dita.
- Ho avuto sfiga.
Brian alzò lo sguardo ancora un po' appannato in direzione del compagno.
- Scusa?
Dall'espressione che aveva in quell'istante era facile intuire che il ragazzo non intendesse esattamente esprimere il concetto ad alta voce; un po' imbarazzato, disse: - Diciamo che quando mi sei caduto fra le braccia non potevo credere alla fortuna che stavo avendo, ed invece...
Brian registrò il messaggio prontamente, nonostante fosse ancora ben poco lucido.
Sorridendo, rassicurò il suo soccorritore in tono sarcastico: - La notte è lunga... Sei ancora in tempo per una scopata a buon mercato.
Il ragazzino non sembrò offendersi: - Non pensavo che fossi a buon mercato, in realtà... Per questo non potevo crederci.
Subito dopo esclamò: - Vuoi qualcosa da bere, comunque? Intendo, un bicchiere d'acqua oppure... -
- Ci penso da solo, grazie. - replicò gelido Brian mentre cercava di mettere entrambi i piedi giù dal divano e addirittura di alzarsi.
Il suo corpo non aveva intenzione di collaborare, evidentemente, e lo costrinse a piombare di nuovo contro lo schienale del sofa.
- Sei ancora frastornato... - fu l'arguto commento dello sconosciuto.
- Ma davvero? Tu mi leggi dentro, come fai? - borbottò Brian, seccato.
Doveva assolutamente tornare di là, da Stef e dalla sua camicia.
Il suo soccorritore ridacchiò sommessamente.
- Sei proprio come ti descrivono.
- Cosa?
Il ragazzino lo ignorò, sempre con quello stupido, cortese sorriso stampato sul volto.
Aveva gli incisivi superiori più accavallati di sempre, notò Brian.
- Siediti... Prendi un tè, c'è la macchinetta qui fuori.
- Voglio uscire da questo posto.
- Per andare dove? Non ti reggi in piedi!
- Senti, vuoi renderti davvero utile? Allora chiamami un taxi... Voglio andare a dormire.
- Posso accompagnarti io, ho la macchina.
Ah, quindi il ragazzino era quantomeno maggiorenne. Che sorpresa.
Sospettoso, Brian ci tenne a precisare: - Chiariamoci, mhm? Una sveltina in macchina è l'ultima cosa che mi occorre, ora come ora, quindi...
- Ehi, rilassati! Sono incensurato, sobrio e peso poco più di una cinquantina di chili... Sono innocuo.
Non aveva tutti i torti, anzi.
Brian lo squadrò da cima a fondo, prima di alzare le spalle con aria indifferente.
- Tanto, se mi metti le mani addosso un modo di strapparti un testicolo lo trovo.
- … questo è lo spirito giusto.


Durante il viaggio, Brian rischiò più volte di addormentarsi. Era stanco, ed il modo in cui i movimenti dell'auto lo cullavano era semplicemente irresistibile.
Si sentiva stranamente tranquillo, quasi fuori dalla realtà, come se quel tragitto in macchina facesse parte di un sogno un po' noioso.
La voce del suo improvvisato chaffeur lo risvegliò da quel bizzarro stato di quiete.
- Ti ho mentito, prima.
Brian si voltò verso il ragazzino, aspettando che si spiegasse senza avere la forza di fare alcuna domanda.
- Non sono incensurato. Cioè, sì, però... Anni fa ho rubato una macchina. Non sono stato denunciato perché il tipo ha preferito minacciare di bruciare casa mia con i miei cari dentro piuttosto che aspettare l'intervento delle forze dell'ordine, quindi...
Brian alzò le sopracciglia in maniera piuttosto drammatica, prima di scoppiare a ridere.
- … questo è decisamente un insolito avvio di conversazione.
- Lo so... Non ci so fare, con queste cose. Di solito dopo un paio di cocktail sono più sciolto. - ammise il ragazzo, e a Brian sembrò di vederlo arrossire.
Quando gli dedicò una brevissima occhiata e notò che il suo passeggero lo stava fissando con aria assorta, arrossì senza ombra di dubbio.
- Vorrà dire che te ne offrirò uno, prima o poi.
Le mani del ragazzo si contrassero attorno al volante, e Brian pensò che probabilmente non era il caso di proporsi così a tradimento se ci teneva a non mandare l'auto a sbattere da qualche parte.
D'altronde, il tipetto neanche gli piaceva.

non gli piaceva, no?


Arrivarono all'hotel cinque minuti più tardi.
Il ragazzo spense il motore, e posò pesantemente le mani sulle cosce.
- Bene, siamo arrivati.
- Mhm... - mugolò Brian, sganciando la cintura e stiracchiandosi. - … ok, grazie dello strappo e...
- Dicevi sul serio? Voglio dire... Sul cocktail? - lo interruppe tutto d'un fiato il ragazzino, guardandolo negli occhi.
Com'è carino, si ritrovò a pensare Brian - è talmente timido che ad un certo punto finisce per diventare un temerario.
Gli venne voglia di stuzzicarlo un po'.
- Be', il bar dell'hotel è chiuso e di certo non ti farò salire in camera mia per bere qualcosa...
- … oh.
A quel punto, Brian decise simultaneamente di avere troppo sonno per flirtare e che quel ragazzo non era semplicemente carino, era fin troppo carino per i suoi gusti e quindi sì, gli piaceva eccome.
- Comunque un giorno dovrò pur restituirti il maglione, quindi... Hai una penna?
Aveva anche dei polsi adorabili, sottili e ossuti e pallidi.
Brian gli ornò il sinistro con il suo numero di telefono, ed il suo nome; quando si rese conto di non conoscere quello del ragazzino, la macchina era già ripartita.
Oh, be', gliel'avrebbe chiesto la prossima volta, si disse entrando in hotel.

   
 
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