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Autore: bebabeba    30/07/2007    7 recensioni
Corre l'anno 1968, e Tai e Sora sono due semplici ragazzini del liceo classico che tutt'ad un tratto si trovano ad essere protagonisti dei gloriosi anni della contestazione studentesca e a far parte dell'ambiente eversivo e comunista bolognese. Riuscirà la loro storia d'amore a resistere alle intemperie della giovinezza e all'arrivo dell'affascinante Yamato?
Genere: Romantico, Commedia | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Sora Takenouchi, Taichi Yagami/Tai Kamiya
Note: Alternate Universe (AU), OOC | Avvertimenti: nessuno
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1968 1 lo squallore quotidiano Salve a tutti! In un momento un po’ depresso della mia esistenza comincio a scrivere questa strampalata fic, con un ambientazione molto particolare…Non so a quanti di voi possa piacere; intanto vi informo che ci saranno sia momenti Sorato che Taiora, anche se Matt avrà un ruolo secondario in principio. Fatemi sapere cosa ne pensate.

Un bacio,

vostra beba

 

 

1968

I gloriosi anni della contestazione studentesca vissuti in prima persona da Tai e Sora, due ragazzini del liceo, che si troveranno tutto a un tratto a far parte dell’ambiente socialista ed eversivo bolognese, spinti anche dalle influenze dei due amici pseudo-intellettuali Joe ed Izzy. I nostri protagonisti scopriranno l’amore, ostacolato però dalla presenza del bellissimo Matt, esponente di ben altro partito…

 

Il motorino scassato di Sora scoppiettava per i viali bolognesi emettendo nuvolette di smog grigio-scuro, che si disperdevano rapidamente nel cielo bianco della gelida mattina di quel fine novembre.

La figura esile della ragazza era avvolta in un cappottino nero a doppiopetto, lungo fino a metà coscia, e forse un po’ troppo elegante. Era il regalo di sua madre per il suo quindicesimo compleanno, passato ormai da due mesi.

Al collo aveva una sciarpa rossa di lana, sferruzzata da sua nonna, che svolazzava dietro di lei nella brezza mattutina.

Le sue gote erano arrossate dal freddo tenace.

Il motorino si fermò davanti casa di Tai, amico da tempo immemorabile. Abitavano nello stesso quartiere ed erano compagni di classe fin dalle elementari. E ogni giorno andavano a scuola insieme.

"Ancora non è pronto" sbuffò la ragazzina, fermandosi col motorino davanti al portone del palazzo dell’amico. Si mise ad aspettarlo con le mani in tasca, ben abituata ai suoi ritardi.

Il ragazzo finalmente saltò fuori dal portone, con i suoi capelli spettinati, la sciarpa arancione e una giacca di velluto marrone, jeans e scarpe da tennis.

"Ciao Sora!!" esclamò col suo solito entusiasmo montando dietro di lei e aggrappandosi ai suoi fianchi "dài andiamo che è tardi!!!".

Sora si chiese come poteva essere così allegro a quell’ora del mattino, e con la prospettiva di 5 insopportabili ore di scuola davanti.

Sora e Tai frequentavano la quinta ginnasio del liceo classico Caimani, e Sora non ne era per nulla contenta. Continuava a chiedersi come le era potuto saltare in mente di scegliere quella scuola, piena di figli di papà e piena di professori decrepiti e malefici. Non riusciva proprio a sopportare materie come Latino e Greco antico e Algebra, e non sopportava le vecchie e secche professoresse che spiegavano senza un briciolo di passione, che con i loro metodi vecchi e stravecchi continuavano a imporgli programmi ministeriali ancor più vecchi, senza preoccuparsi minimamente dell’interesse degli studenti, senza mai cambiare.

Sora avrebbe voluto studiare arte all’università, era per questo che aveva scelto di andare al liceo. Sua madre faceva la pittrice, e le aveva trasmesso questa passione.

La madre di Sora era francese. Era abbastanza conosciuta sia in Italia che a Parigi, e nonostante il mestiere dell’artista fosse così incerto riusciva a vendere abbastanza quadri per riuscire a mantenere lei e la figlia. Possedevano un piccolo atelier frequentato da tizi strani, artisti, musicisti, scrittori…Sora era cresciuta in mezzo a questo ambiente variegato.

Il loro rapporto era abbastanza complicato, litigavano spesso.

Sora si sentiva un po’ trascurata dalla madre, che era sempre assorta nei suoi dipinti, o era troppo impegnata ad uscire con gli amici strani del suo atelier.

Aveva un particolare ricordo risalente circa ai suoi 6 anni: ricordava che la madre l’aveva accompagnata a casa di alcuni suoi amici. Quella era una casa strana, non aveva cucina soggiorno camere e ingresso come le case normali, ma era composta solo da un grande stanzone e un piccolo bagno. Al posto dei letti c’erano materassi, coperte e cuscini uniti in un angolo. Sembrava così accogliente vivere lì. Uomini e donne sedevano a terra su un grande tappeto e si passavano una specie di sigaretta. Uno faceva scritte strane sulle pareti. Altri erano sdraiati sui materassi. Ricordava che un tizio l’aveva presa e l’aveva messa a sedere sulle sue ginocchia, poi le avevano passato quella sigaretta strana. Sua madre però si era messa a gridare e l’aveva trascinata via per un braccio, molto arrabbiata.

Le era sempre mancato il suo affetto. La madre l’aveva considerata grande fin da piccola: niente baci né abbracci, le si rivolgeva come fossero allo stesso livello e non come ci si rivolge a una bimba. Così Sora era cresciuta molto matura per la sua età.

E covava dentro di sé questi problemi irrisolti con la madre.

Il padre di Sora invece viveva in campagna sui colli appena fuori città, da quando aveva divorziato dalla moglie.

Sora aveva 9 anni allora e ricordava perfettamente litigi, urla, pianti e porte sbattute che affollavano il rapporto dei suoi genitori prima del divorzio. Era un uomo concreto e molto diretto, e Sora si chiedeva come avessero potuto innamorarsi lui e sua madre, erano così diversi…

Lui era fuggito lontano dalla città, esasperato dai suoi ritmi frenetici e stanco del suo impiego in ufficio privo di stimoli. Ora si manteneva coltivando la sua campagna, viveva praticamente di niente. Ed era felice.

Con suo padre i rapporti erano buoni. Quasi ogni domenica prendeva l’autobus ed arrivava fino a casa sua. Parlavano di tutto.

Sora amava la sua casa: c’erano gli alberi di frutta e un gatto.

Ricordava che in un giorno d’estate, dopo un litigio con sua madre in cui erano volati anche schiaffi, di essere scappata di casa, ed essersi rifugiata a casa del babbo. Erano andati in giardino a mangiare amarene e lei s’era subito sentita meglio. Alla sera era tornata da sua madre. Non s’era neanche preoccupata di venirla a cercare:

"Ero dal babbo…"

"Si, me lo immaginavo."

 

---

 

I due ragazzi arrivarono finalmente al liceo classico Caimani. Nel grigio cortile quasi deserto Sora parcheggiò il motorino. Erano quasi le 8, e solo pochi ritardatari si affrettavano ad entrare per non arrivare in classe dopo l‘appello.

I due si diressero verso il portone del vecchio edificio, e sospirarono, pronti a cominciare un’altra noiosa giornata.

  
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