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Autore: Milk 92    30/07/2007    3 recensioni
I sentimenti di Pan nei confronti di suo padre e una scelta che dovrà affrontare.
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Gohan, Pan
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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La mia scelta

La mia scelta

Pan e Gohan

La persona che in assoluto amo di più al mondo è il mio papà. Lui è una persona straordinaria ed è completamente fuori dal comune. Ha un dono molto speciale: riesce a vedere il bene in ogni persona.

Ho sempre potuto contare su di lui. Sempre. Non mi ha mai posto limiti, anzi, mi ha aperto qualsiasi porta scegliessi di varcare: mi ha incoraggiata quando gli ho detto di voler imparare le arti marziali, mi ha difesa anche quando ero nel torto, e mi ha capita quando sono partita per lo spazio senza il permesso fermo di mia madre e quello dei miei nonni. Si è sempre fidato di me, quando neanche io mi fidavo di me stessa. La mia paura più grande? Quella di deluderlo. Io non sono una figlia modello. Non sono neanche lontanamente tranquilla e affidabile come lui. Se non fosse per il dna, nessuno crederebbe che io sia sua figlia. Mia madre dice che ho preso tutto dai miei nonni: il carattere forte e autoritario da mia nonna Chichi, lo spirito combattivo da mio nonno Goku, e il voler essere sempre al centro dell’attenzione da mio nonno Satan. Già, sono una ragazza dal carattere autoritario che vive la giornata all’insegna dell’avventura, sempre alla ricerca di pericoli e di ostacoli da superare. Si potrebbe anche dire che abbia la testa fra le nuvole. Sono come un aquilone che vola alto nel cielo, e mio padre è il filo che mi sostiene, che mi regge, senza cui vagherei nel vuoto, la mia colonna portante. Lui è la mia stabilità, l’unica della mia vita. Colui che mi tiene ancorata a terra e che mi impedisce, il più delle volte, di commettere errori, e di errori ne ho commessi così tanti da non meritarlo. Ma lui continua ad essere qui, accanto a me. Ce sempre stato e sempre ci sarà. Il mio papà. La persona con cui ho trascorso i momenti migliori e peggiori della mia vita. Il ricordo più bello risale a pochi anni fa, quando, soffermandomi a guardarlo, riuscii a superare le sue difese e a vedere la sua anima: con mio immenso stupore vidi il suo gran cuore. Era d’oro. Più avanti, quando mi decisi a riferirli ciò che avevo visto, non si stupì affatto di quanto avevo detto. Che sapesse di avere un cuore dorato? Così glielo chiesi. Lui sorrise. Mi prese in braccio e mi disse che già lo sapeva, perché ero io a farlo brillare. Fu in quel momento che il mio cuore iniziò a battere come mai prima d’allora, a ritmo di quello di mio padre, fondendosi con il suo, formando una persona sola.

Si, senza ombra di dubbio il momento più bello della mia vita. In quegli stessi istanti però, scoprii una cosa che mi lasciò alquanto perplessa: intravidi una parte di mio padre che non avevo mai visto, ma che sapevo benissimo esistesse. Una rabbia e una forza repressa, un dolore mai colmato. Mi spaventai. Ma il suo abbraccio stretto mi fece dimenticare tutto. Quel timore che questo suo lato venisse alla luce si concretizzò qualche anno più tardi, esattamente al ritorno dal mio primo viaggio nello spazio. Appena misi piede a casa, mio padre cominciò ad attaccarmi violentemente. Rimasi ferita, ma non fisicamente. Intervenne mio nonno, per cui non mi feci tanto male. Ma era il mio cuore ad essere in pericolo. Si, perché in quel momento era infranto. Sebbene sapessi che, come il resto degli abitanti della terra, era sotto il flusso di un essere malvagio che ingannava le menti costringendo tutti a soddisfare il suo volere, ero sicura che quella rabbia era di mio padre, sua, e di nessun altro. Quella rabbia, quel guerriero che non avevo mai visto, quella parte di lui che non avevo mai conosciuto. Certo, sapevo che non mi avrebbe mai attaccato se non fosse stato per quel mostro, come del resto anche mia madre, mia nonna e mio zio, ma il dolore delle loro gesta andò via lentamente. Non per altro, quello è stato il giorno più brutto di tutta la mia vita, ma mi servì molto perché cominciai a maturare: per la prima volta nella mia vita mi ero trovata di fronte al pericolo. Avevo capito che un vero eroe, un guerriero, non andava alla ricerca di guai, ma lottava per eliminarli, per mantenere la pace, la stessa pace che avevo sempre giudicato monotona e noiosa. Non mi spiegavo il motivo per cui mio padre e tutti gli altri combattenti avessero abbandonato il mondo del combattimento. Il mondo dal quale per metà provenivano. Solo mio nonno vi era rimasto, ma a caro prezzo che la nonna e io abbiamo pagato profumatamente. Ricordo bene come ho sofferto quando, al mio primo torneo di arti marziali, mio nonno mi salutò anticipando che lo avrei rivisto appena 10 anni dopo. Ho imparato la dura legge della vita, ogni cosa ha un prezzo, e lo capito solo a partire da quella brutta giornata. Quante volte nel passato avevo desiderato che mio padre tornasse a combattere, affianco a me. Avrei tanto voluto vivere un’avventura pericolosa. Almeno una come quelle che mi raccontava la nonna la sera per farmi addormentare. Ma il fatto era che mi piacevano troppo e che alla fine era lei che si addormentava per prima. Le sue storie erano incredibili, ma mai come quelle di mio nonno. Lui le aveva vissuto in prima linea. Non desideravo altro che quelle storie diventassero realtà. Immaginavo me stessa affianco a mio nonno, a mio padre, e non so per quale motivo,anche a Piccolo. Si, una cosa è sapere, immaginare. Un’altra è conoscere, vivere, provare. Ho sempre saputo chi fosse mio padre, ma non lo avevo mai conosciuto veramente. Sapevo che da giovane era un fortissimo e coraggiosissimo guerriero, "il più forte di tutto l’universo" come dice sempre il mio adorato nonnino. Sapevo, e so, che se mai sprigionasse la sua rabbia, nessuno potrebbe fermarlo. Ero a conoscenza della sua triste infanzia: strappato dalle braccia materne fin dalla più tenera età per fronteggiare il male. Un bambino che insieme a suo padre ha vissuto mille avventure, affrontato i nemici più terribili, mantenuto sempre una media dei voti eccellente (anche questa è una dote da ammirare!). Quel coraggiosissimo piccolo guerriero che, contrariamente a quanto credono tutti, ha sconfitto Cell. Sempre lo stesso bambino che ha dovuto fronteggiare però un male ancora più grande: la morte di suo padre. Rimasto solo, ha dovuto prendere in mano le redini della famiglia a soli 11 anni. Lo stesso bambino cresciuto sempre troppo in fretta. Quel ragazzo che ha salvato gli amici dalle grinfie del terribile Majin Buu proprio nel momento del bisogno. Colui che è riuscito a sollevare la famosissima spada z incastrata nella roccia. Quella persona che è andata nell’altro mondo seppure non fosse morta. Quel ragazzo che ha catturato il cuore di mia madre. Sì, il mio papà, la persona più docile e sincera del mondo. Un uomo così affettuoso e affidabile. Marito e padre dal cuore d’oro. Il guerriero più forte e temibile di tutto l’universo. Il grande Great Sayaman, protettore della città di Satan City. L’orgoglio di suo padre, mio nonno.

Sapevo tutto questo. Eppure, quando vidi mio padre controllato da quel essere maligno, era come se lo vedessi per la prima volta: una persona sconosciuta. Anche il mondo mi pareva nuovo. Avevo paura. Non mi aspettavo quelle sensazioni. Non sapevo cosa significasse la pace, perché non c’era mai stata guerra. E mentre prima desideravo che le storie dei miei nonni prendessero vita, ora vivo nel tormento che lo diventino. Se credevo che quella fosse la mia strada, mi sbagliavo. E’ una via che adesso non voglio più intraprendere. Non voglio affrontare ciò che hanno affrontato i miei amici. Non voglio subire ciò che mio padre ha subito da bambino. Scegliendo di non combattere più, mio padre ha scelto di combattere una guerra ancora più dura di quelle passate: quella di crescermi. Non avevamo mai temuto la vita l’uno dell’altro perché non ce ne era mai stato bisogno: vivevamo in pace. Non posso che ringraziare lui e tutti gli altri per questo. Mio padre non avrebbe potuto farmi più felice scegliendo di starmi accanto. So, però, che io non sono l’unico motivo della sua pensione. E’ sempre stato restio a combattere. Non gli è mai piaciuto. Ma ha dovuto farlo. Non aveva scelta. Ebbene io ho una scelta. Come già detto prima, non sono uguale a mio padre. A me piace combattere. Mettermi alla prova. Ma non voglio far soffrire altre persone. Non voglio far soffrire mio padre. Gli voglio troppo bene. È per questo che ho scelto di non combattere più. Per te, papà, solo per te.

 

  
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