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Autore: Carmen Black    11/01/2013    8 recensioni
Voi adulti credete che l'amore a nove anni sia uno scherzo?
Io qui presente Giovannino Tribolato, presidente del mio omonimo club, situato presso il cortile della mia scuola elementare, sono qui a testimoniare il contrario...
Genere: Comico, Commedia | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Scolastico
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Voi adulti credete che l'amore a nove anni sia uno scherzo?

Io qui presente Giovannino Tribolato, presidente del mio omonimo club, situato presso il cortile della mia scuola elementare, sono qui a testimoniare il contrario...

Tutto iniziò il giorno in cui imparai a usare il vocabolario, sotto minaccia della maestra Angelica, che di angelico non aveva proprio un bel niente. Infatti i suoi baffi e le sue unghie rosse erano al quanto demoniache.

Dopo aver rischiato di trascorrere un'intera ora in ginocchio sui ceci, m'impegnai a far funzionare il vocabolario e inizialmente mi piacque. C'erano tante parole di cui non conoscevo il significato e visto che alcune erano proprio strane, avevo pensato di usarle tra i membri del mio club per renderlo ancora più esclusivo. Per esempio, per dire che dovevamo leggere un libro, si diceva che dovevamo cimentarci in una lettura, oppure, se dovevamo dire a una ragazza che era bella, le dicevamo sei strepitosa.

Che poi, quest'ultimo termine, se solo si cambiano le ultime tre lettere si trasforma in strepitare – che è una cosa brutta, a detta di mio papà si dice quando si vede una gallina che sta per morire – quindi dovevamo stare attenti a non sbagliare se non volevamo essere scaricati.

Dopo questa piccola parentesi necessaria, vengo al dunque. La mia vita cambiò quando la maestra Angelica mi prese in giro, chiedendomi di andare alla lettera T e controllare che cosa significasse il mio cognome.

Ma come? Il mio cognome era così famoso da essere persino sul vocabolario?

Mi affrettai a ricercarlo nel piccolo volume blu. Mi leccai le dita per fare più in fretta e quando arrivai alla pagina e trovai il vocabolo, i miei bellissimi occhi sempre ridenti si intristirono. Piegai le labbra in giù e non piansi solo perché al banco a fianco al mio, c'era quella che sarebbe diventata sicuramente la mia fidanzata: Gelsomina Cozza.

Tirai su col naso e lessi nella mente quella definizione. Tribolato: afflitto da gravi dolori, afflizioni e patimenti, fisici e morali.

Giunsi le mani vicino al petto e feci una preghiera silenziosa. Il vocabolario aveva appena rivelato il mio oscuro futuro, fatto di tormenti, o come avremmo detto al club, costernato di tormenti.

Sicuramente aveva a che fare con Gelsomina e il mio amore immenso per lei.

Il giorno dopo mi presentai a scuola con un crocifisso appeso al collo, per cercare di scacciare il diavolo dal corpo della maestra Angelica, in modo che la smettesse di mandare maledizione ai più piccoli.

Avrebbe fatto estinguere il mondo quella strega!

Quando arrivai in classe, trovai la mia bellissima Gelsomina con le gambe penzoloni seduta sul banco. Indossava una gonna rossa con le pieghe e una maglia della principessa Sissy.

Per la prima volta nella mia vita sentii una cosa che si muoveva nella pancia. Oh mio Dio! Dovevano essere sicuramente le farfalle! Il mio papà, mi aveva detto di non mangiare troppe schifezze e ne avevo mangiate davvero tante! Le schifezze si trasformano in vermi e poi dai vermi nascono le farfalle, è ovvio.

Me ne sarei dovuto liberare alla svelta, magari all'intervallo.

«Ciao Gelsomina».

«Ciao Giova».

Oh, il mio cuore batté fortissimo. Sembrava il rumore della batteria che a volte suonavo in salotto! Mi aveva chiamato Giova... una cosa così intima non l'avevo mai sentita. Mi amava. Ormai ne ero sicuro!

Mi avvicinai a lei. Aveva i capelli marroni e gli occhi marroni come le pozzanghere nel cortile. Il suo nasino somigliava a una patatina novella e le sue guance erano come le albicocche con qualche buchetto di verme, visto che aveva le lentiggini.

M'immaginai di chiederle di essere mia moglie mentre mi inginocchiavo davanti a lei. Strepitoso, strepitoso...

Ad un tratto mi venne un'idea geniale! La sera precedente avevo visto in televisione Romeo e Giulietta e mia mamma disse che l'uomo romantico è sempre preferito rispetto a uno simpatico per esempio.

Corsi al mio banco e mi sedetti prendendo un quaderno e una penna e nel frattempo che la maestra arrivava spuntando fuoco dalle larghe narici, io diventai un poeta.

Oh Gelsomina, sei così carina che sembri una carotina...

Mi grattai una guancia rileggendo il mio verso... era bellissimo! Così continuai.

Il tuo apparecchio argentato è sempre amato da colui che ti ha notato... il tuo Giovannino Tribolato.

Se mia moglie vuoi diventare, un bacio mi devi dare e all'intervallo nel cortile mi devi incontrare...

Oh mio Dio, sarei diventato famoso in tutto il mondo, ero un genio!

Finii il mio capolavoro e lo piegai disegnandoci un cuore sopra, ed ebbi la sensibilità di un romantico di colorarlo con lo stesso colore dei suoi occhi, cioè marrone.

Ero certo che da quel giorno in poi, i cuori marroni sarebbero andati di moda e il numero degli iscritti al mio club, sarebbe aumentato. Forse mi sarei fatto anche un tatuaggio quando avrei compiuto diciotto anni, un cuore marrone con dentro il nome del mio amore... Oh mio Dio, la poesia si stava impossessando di me!

Lanciai il bigliettino sul banco della mia futurissima mogliettina e poi mi sedetti di nuovo a fantasticare.

Probabilmente saremmo dovuti andare a vivere insieme nella casetta sull'albero, non potevamo stare per troppo tempo lontani, altrimenti saremmo morti dalla mancanza reciproca. E poi assolutamente avrei dovuto abbandonare la scuola e cercare un lavoro, mi servivano dei soldi per regalarle tutto quello che voleva.

Ridacchiai poggiandomi una mano sulla bocca... per fortuna sapevo che cosa piaceva alla mia Gelsomina: le BigBabol, le figurine delle Winxs e gli anelli di plastica che si trovavano nei distributori fuori dai bar.

Dovevo assolutamente parlare con mio nonno, lui di sicuro trovava un lavoro per me e anche velocemente. Una volta mi aveva offerto cinque euro se gli massaggiavo i piedi, ma io mi ero rifiutato perché i piedi puzzano, che schifo.

Oppure per due euro dovevo andare a buttare l'immondizia, però mi rifiutai anche quella volta, tanto mamma e papà mi davano la paghetta di due euro a settimana, non mi serviva racimolare soldi.

Però adesso stavo per prendere la mia vita in mano e loro non mi avrebbero dato più la paghetta, perché sarei andato via di casa e mi sarei assunto le mie responsabilità.

Le ore di spiegazione passarono magicamente in fretta e quando la campanella dell'intervallo suonò, le farfalle tornarono a darmi fastidio. Che gran maleducate! Se fossi stato a casa le avrei subito uccise bevendo un insetticida.

Corsi in giardino, sedendomi su una panchina sotto il sole. Avevo con me le goleador alla coca cola, quelle che piacevano a Gelsomina.

Quando la vidi arrivare dovetti tirare un pugno alla mia pancia perché le farfalle erano impazzite, facevano baccano. Per un momento pensai che non fossero farfalle ma qualcosa di più grosso, forse pesci. Tutti quei pesci che avevo mangiato a cena, ritrovandosi nel mio stomaco pieno d'acqua erano tornati a respirare ed erano cresciuti. E se erano squali? Sbarrai gli occhi e sperai che non mi mordessero proprio quando facevo la proposta di matrimonio alla mia amata.

«Ciao Giova».

Oh, sentivo già l'amore nell'aria. Lo potevo respirare.

«Ciao Gelsomina, vuoi una goleador?».

«Sì, grazie», me la strappò dalle mani. Com'era gentile la mia carotina. «Allora, che cosa significa quella lettera Giovannino?».

«Significa che ti voglio sposare, che ti amo ineguagliabilmente».

«Che cosa hai detto?», chiese facendo una smorfia.

«Che ti amo, e voglio passare tutta la mia vita con te».

Le avevo aperto il mio cuore e se fossi stato sicuro che nella mia pancia c'erano farfalle e non squali, avrei fatto in modo di liberarle e farle volare intorno a noi, come succedeva nei cartoni animati.

«Giovannino! Ma vuoi che Stefanuccio, ti spezzi le gambe?».

Aprii la bocca. «Perché dici questo? Non gli ho fatto mai nessun dispetto».

«Io sono la sua fidanzata!».

«Co... co... come?».

«Lo vedi questo?», mi chiese alzandosi in piedi e mostrandomi il suo dito medio. «Questo è il suo pegno d'amore per me! Un anello in piena regola!».

«Ma è un elastico con la faccia di un gatto, anche mia sorella ce l'ha», dissi triste sentendomi un cretino. Avrei dovuto pensarci prima a rubarglielo.

«È bellissimo ed è molto più bello di quel cuore color cacca che tu hai disegnato per me».

«Ha il colore dei tuoi occhi».

«Sei davvero un bambino cattivo! Mi stai dicendo che ho gli occhi come la cacca», piagnucolò. «Tu non mi meriti!».

Gelsomina scappò via e prima di entrare, si girò. «Ti odio Giovannino Tribolato!».

Solo allora mi ricordai della maledizione che mi aveva scagliato la maestra Angelica... ecco, si era avverata. Come avevo potuto dimenticarlo?

Il mio cuore si sgretolò e non so dove andò a finire, ma non lo sentii più battere. E senza cuore non ero più un vero uomo, ora avrei potuto fare davvero il ballerino nella mia vita.

Il rifiuto della mia Gelsomina era stato atroce, mi aveva segnato nel profondo del mio animo. Se mio papà non mi avesse comprato subito un giocattolo nuovo, sarei potuto cadere in depressione.

Quel giorno decisi che non mi sarei più innamorato di nessuna femmina. Hanno il carattere troppo cattivo per i miei gusti. Sono in grado di fare piangere!

Quindi voi adulti che adesso avete letto la mia storia, la smetterete di prendere in giro i vostri fratellini o i vostri figli. La smetterete di ridere quando li vedrete tristi al loro rientro da scuola, e vi diranno che la loro amata li ha rifiutati. E lo farete perché sapete quanto male mi ha fatto.

Credetemi, l'amore a nove anni non è uno scherzo.

Sono sicuro che mi ci vorrà una riabilitazione lunga e dolorosa dopo questa delusione, che molto probabilmente avrà delle ripercussioni negative sul mio futuro. A distanza di due ore la mia Gelsomina è ancora fra i miei pensieri.

«Posso sedermi a fianco a te?».

Oh... è una femmina devo stare attento. Sotto quel viso d'angelo si può nascondere un mostro a tre teste.

«Sì».

«Giovannino, mi piace il tuo nome. Ti chiami come il mio criceto».

Oh, che cosa carina. Mi amava, era così palese!

Forse lei mi avrebbe sposato...



Angolino Autrice

Sono pazza lo so... e alle 4 del mattino lo sono ancora di più. A presto ;)


 

  
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