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Autore: Oducchan    11/01/2013    2 recensioni
Qualunque dannata cosa entri nella bocca di Alfred F. Jones, lo fa con molto più rumore del dovuto, causando un susseguirsi di suoni non propriamente civili.
Jones, impara a tacere.
Genere: Comico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: America/Alfred F. Jones, Russia/Ivan Braginski
Note: Nonsense, OOC | Avvertimenti: nessuno
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scream & shout

A Rota. Finalmente. Sì, perché, cavolo, ci provo da mesi, e quand’è che mi viene un’idea? Quando ho appena mandato a fanculo l’esame di Patologia, mi ricordo di avere un telefonino da qualche parte, lo controllo e scopro che, uhn, qualcuno m’avvisa di dover prendere il pc. E poi mi ci precipito con la mia bella tisanina in mano e leggo questa bella cosina tanto, ma tanto bellina e la tisana mi va dritta al cervello. Indi. Reine, non è esattamente colpa mia XD

 

 

 

Scream & Shout

 
 
Qualunque dannata cosa entri nella bocca di Alfred F. Jones, lo fa con molto più rumore del dovuto, causando un susseguirsi di suoni non propriamente civili. Sembra quasi incredibile come, puntualmente, questo si verifichi, ma è ampiamente e doviziosamente documentato in anni e anni di esistenza della nazione americana: partendo dall’orrendo e sgradevole risucchio della cannuccia del frappè alla fragola che s’ingolla quasi ogni mattina, passando al truculento spettacolo della masticazione e deglutizione di un paio di hamburger alla volta per l’ora di pranzo-cena-merenda-spuntino-ognimomentoèbuono, magari corredato da qualche bel commento che non può proprio aspettare di essere fatto ma deve venir espresso in quel preciso momento, pena la cessazione della vita nell’Universo, passando dallo sfacelo totale del bagno quando deve lavarsi i denti –fatto documentato da Canada, varie volte, e da lui acquisito nell’origliare una sua conversazione particolarmente animata con Cuba. Volendo ci si può aggiungere che anche quando è impegnato a baciarlo, America è rumoroso, per non parlare di quando, ecco, la sua bocca è impegnata con qualcosa di più sostanzioso –ma lì Russia ammette, almeno a sé stesso, che sarebbe ingiusto attribuire a lui soltanto tutti quei suoni umidi che permeano i loro incontri. Come summa di tutto ciò, va fatto notare che anche quel che ne esce, dalla suddetta cavità orale, tanto quieto non sia. Resta il fatto che America è insopportabilmente rumoroso. Specie adesso che, mani avvolte a una di quelle tazze strane a cui Inghilterra ha dato un nome altrettanto strano*, si spaparanza letteralmente sul divano, a manco un centimetro da lui. Ivan alza lo sguardo dal laptop aperto sulle ginocchia, scoccandogli un’occhiata neutra che, a seconda delle interpretazioni, può essere un cupo avvertimento oppure una semplice manifestazione di curiosità. America, che nonostante tutto è bravo a capirlo solo nei momenti meno opportuni, prende per buona la seconda opzione, lasciandosi andare in un sospirone soddisfatto mentre inizia a trangugiare la tisana ad piccole- ma rumorose- sorsate, senza curarsi d’altro.
Russia aggrotta le sopracciglia, contrariato. Non che abbia nulla contro riempirsi lo stomaco prima dell’ora di cena, solo gradirebbe che ciò avvenisse senza un susseguirsi di risucchi, gorgoglii, aspirazioni, mugugni e versetti estatici. Almeno, non quando c’è lui nelle vicinanze, che deve concludere un’arzigogolata relazione sull’ultimo incontro con la Duma entro sera e farla pervenire al Boss, che sennò quello s’incavola e lo trascina a cavalcare mezzo nudo per tutta la Siberia per punizione. O peggio, a sponsorizzare una campagna di salvataggio delle tigri davanti a una folla di bambini carini e zuccherosi. Trattiene a stento un brivido, riprendendo a battere sui tasti con vigore, cercando di estraniarsi dal vicino. E ci riesce anche, almeno finchè una scompigliata testa bionda entra a capofitto nel suo campo visivo, impedendogli di visualizzare correttamente quanto appena redatto sullo schermo.
-Che scrivi?- squilla, puntale, la voce di America informandolo che: uno, è annoiato; due, vuole la sua attenzione; tre, è annoiato perché lo sta ignorando; quattro, probabilmente ha anche fame, ma quella non è una novità, America ha sempre fame, e quindi Russia la aggiunge automaticamente alla lista. Tenta di farlo da parte con una pronta gomitata nelle costole che spaccherebbe ossa assai meno tenaci.
-Un rapporto. Per il mio boss. Sai, quella cosa che dovresti fare anche tu, alla fine di una riunione. Ma dimentico che non sai scrivere- cinguetta, continuando a battere rapido sui tasti. Dalla sua destra si ode un sonoro sbuffo di profonda indignazione.
-Sì che so scrivere!- si lagna, come previsto, quella spina nel fianco che non è altro, prima che il suo cervelletto riesca a connettere che, forse, il grosso comunista cattivo, oltre che un carattere di palta, una serie interminabile di squilibri mentali che farebbero la felicità di un qualsiasi analista della Quindicesima Strada e gusti opinabili in fatto di alimenti e bevande, possiede anche un sottile e acre senso dell’umorismo, e sarebbe molto eroico da parte sua vendicare l’oltraggio subito rispondendo sulla stessa linea offensiva.
-So scrivere assai meglio di te. Non sono noioso, io-
Ora, Russia viene tentato dall’idea di prendere la copia di Anna Karenina che tiene sul comodino, e di ficcargliela giù per la gola, giusto per puntualizzare la noiosità dei suoi scrittori. Il che ci fa capire quanto Russia fosse suscettibile a quel commento, visto che la suddetta copia è composta da fogli scritti a mano, rilegati alla bell’e meglio, su cui si notavano ancora cancellature e note a margine dell’autore, dopo di Tolstoj in persona, e che non è esattamente pronto a separarsene. Ma Russia, essendo Russia, sorride.
-Certo. Sei solamente incapace-
L’ondata oceanica di sdegno che ne consegue l’avverte perfettamente, ma usa tutta la sua energia per ignorarla. Riprende a scrivere, facendosi scudo della sua proverbiale insensibilità (contro il freddo, gli elementi e a volte anche i sentimenti nefasti) per proseguire il suo lavoro togliendo la propria attenzione al moccioso di tre anni che è la stupida Nazione seduta al suo fianco. È a metà di un periodo altamente complesso sulla decisione di centellinare l’approvvigionamento di gas agli stati confinanti, che si rammenta che ignorare America è, letteralmente, pericoloso tanto quanto giocare col fuoco.
-Non è vero! Io sono l’eroe! Io sono…-
-Sei una persona morta, se osi rovesciare anche solo una goccia di quella brodaglia sul mio divano, perché provvederò a scuoiarti personalmente per usare la tua pelle come rivestimento su cui sedermi- sibila, scoccandogli un’occhiata in tralice che potrebbe, in linea di massima, avere la capacità di uccidere. Ma è una pessima, pessima idea, perché dopo quarant’anni di guerra psicologica, dopo tutto quel tempo, dovrebbe sapere perfettamente che America non è incapace, non è scemo quanto sembra, che per quanto fastidioso, rumoroso e capace di danneggiare la salute dei suoi nervi, non è per nulla inesperto. E che, ormai, è anche trascorso tanto tempo da quando le sue parole erano capaci di suscitare il terrore nel prossimo.
-Lo vedi, Ivan?- cinguetta, quel maledetto scassaballe, allungando una braccio contro il suo stomaco –Se fossi incapace, ora non avrei tutta la sua attenzione-
E con un piccolo scatto, la sua mano chiude pigia il pulsante dell’accensione, finchè lo schermo non diventa nero… facendogli perdere, nell’arco di cinque secondi, due ore di lavoro.
Ivan inspira. Conosce almeno dodici metodi per ucciderlo senza fargli proferire altro verbo, un paio dei quali quasi completamente indolori e senza necessità di spargimenti di sangue. Ne conosce un’altra ventina che invece prevedono tempo, fatica e soprattutto dolore  ma…             
-Inizia a correre. Ti conviene-
La tisana finisce sul pavimento, a un passo dal tappeto intrecciato, e America comincia a schiamazzare come una papera pronta ad essere sgozzata, scorazzando isterico per tutto il salotto. Russia si riavvia la sciarpa attorno al collo, arrotolandosi le maniche, preparandosi a  fare qualcosa di definitivo nei confronti della tremenda, imperitura e radicata fastidiosità americana.



 
Nota. La suddetta fic è stata iniziata un anno fa. Ultimata… oggi. Non che mi sovvenga dove volessi andare a parare ora, non ho idea di dove sia andata a parare ora.
Come? Senso? Quale senso? State scherzando, vero?
[L’introduzione di allora è rimasta la stessa. Non ho visto motivo di cambiarla. Reine, tu rammenti che accadde il 23 gennaio 2012?]
   
 
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