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Autore: Stella cadente    11/01/2013    10 recensioni
Donnie sarebbe stato ricordato da tutti, e tutti avrebbero sorriso nel parlare della sua risata, della sua voce, di quel barlume color ghiaccio che scintillava nei suoi occhi…. Ma lei no, non sarebbe stata ricordata con gioia, lei era insignificante, lei era solo Samantha. Questo pensiero le faceva male, ma anche se ogni tanto riemergeva dolorosamente nella sua memoria, aveva imparato col tempo a conviverci e ad accettarlo, come si convive con un’ombra.
Genere: Drammatico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: Movieverse | Avvertimenti: nessuno
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Middlesex, Virginia, 1995
 



 
Era l’alba. Il cielo era azzurrino,  e le nuvole sembravano magici sbuffi di vapore che galleggiavano nel cielo della Virginia, leggere e soffici, mentre seguivano la corrente calma del vento.
Il paesaggio brullo e le rocce color ruggine facevano da sfondo a quell’alba rosata, silenziosa e tenue, quell’attimo in cui il mondo intorno  alla grande casa non era più arido e ispido, ma  dolce e rassicurante.
La tranquillità che si respirava era in grado di mettere a proprio agio chiunque. O almeno così pensava lei, la ragazza dai lunghi capelli color miele, la carnagione diafana e gli occhi chiari come un limpido cielo estivo.
Samantha Darko  giunse vicino ad una grande roccia erosa dal tempo, guardando le nuvole e camminando lentamente nella ancora fioca e debole luce del mattino, per non fare rumore, per non farsi sentire da nessuno.
Da lì a poco avrebbe dovuto scappare con la sua amica Corey, abbandonare quella città che da sempre era stata da lei amata e odiata allo stesso tempo. 
Aveva fatto le valigie in fretta prendendo l’indispensabile, lasciandosi alle spalle la casa grande e intrisa di quelli che per lei non erano altro che brutti ricordi; ricordi che dovevano essere cancellati, ferite ancora aperte e doloranti nel suo sensibile cuore.
Scappare era l’ultima cosa che, un tempo, avrebbe detto di voler fare, ma ora era diventata magicamente la prima. Era diventata la sua salvezza, la soluzione al malessere che le schiacciava il cuore ogni giorno di più, come un pesante e grande macigno.
Per un momento, mentre camminava silenziosamente con il leggero vestito bianco che svolazzava fra le sue gambe magre e pallide, le sembrò così assurdo e folle. In contrasto con quella sensazione avvertì un’ondata di speranza, di una strana voglia di andarsene al più presto. Era come se lasciare dietro di sé la propria vita fosse uno spiraglio di luce nel buio più abissale, che avvolgeva la sua esistenza da diversi anni.
Si appoggiò alla grande roccia sentendo immediatamente gli spigoli pungerle la schiena, e aspettò che il sole sorgesse.
Lei e Corey si erano messe d’accordo per lavorare come ballerine a Los Angeles, avevano in mente di scappare per sempre da lì; ormai avevano diciassette anni ed erano fermamente convinte di essere in grado di cavarsela da sole.
A volte Sam aveva l’impressione che Corey fosse l’unica ad essere del tutto decisa a scappare e a costruirsi già una vita per conto suo, ma cercava di nascondere quest’idea anche a sé stessa. Stranamente , anche se la fuga le sembrava più che sensata, aveva ancora qualche dubbio che non si decideva a smettere di vorticarle nella testa.
Corey aveva detto che c’era suo padre ad aspettarle, ma lei non ne era poi così sicura; conosceva la sua amica fin troppo bene e sapeva che, come sempre, avrebbe fatto carte false pur di ottenere quel che voleva.
L’istinto le diceva che qualunque cosa sarebbe stato meglio di entrare di nuovo in quella casa, in quell’ambiente in cui riceveva solo sguardi freddi e parole dure, ma ancora c’era qualcosa che non tornava, in qualche modo pensava che quella non fosse la cosa giusta da fare. Ci fu un vago senso di smarrimento in lei; si sentiva come se stesse prendendo una decisione che le sarebbe costata la sua stessa vita, una decisione che non voleva davvero.
Sto davvero facendo quello che voglio realmente? 
Si girò a guardare in un punto lontano, come per riflettere, ma allo stesso tempo voleva scacciare quel pensiero che stava prendendo forma nella sua mente.
Guardò in lontananza la casa in cui aveva vissuto fino a quel momento, anche se, dal canto suo, “vissuto” non era proprio la parola esatta. Da quando Donnie era morto, Sam non riconosceva più se stessa, e ciò che sentiva era soltanto una schiacciante e opprimente tristezza, come se la sua vita avesse perso il colore e la gioia che aveva prima.
Niente era stato più lo stesso, dopo la morte di suo fratello. A scuola era continuamente assillata da sguardi compassionevoli, che a lei facevano rabbia. Ogni volta camminava spedita, mentre intanto si sentiva ribollire il sangue nelle vene. Non aveva bisogno del compatimento della gente, ma questo evidentemente non lo capiva nessuno.
Non parlava mai a nessuno di Donnie, quasi a nascondere a tutti, e anche a sé stessa, il suo tormentato e doloroso passato; eppure qualcuno sembrava venire sempre a sapere tutto di lei, in un modo o nell’altro.
Quando camminava nei corridoi della scuola con i libri stretti al petto e lo sguardo fisso a terra, si sentiva come se fosse invisibile, ma allo stesso tempo come se stesse camminando nuda sotto gli occhi di tutti, come se gli sguardi delle persone che la circondavano le stessero bruciando come ustioni sul suo esile corpo.
Pensandoci, si rese conto che fino a quel momento la sua vita era stata solo buttata via, sprecata. A volte, specialmente per colpa dei suoi genitori, si sentiva come se non meritasse di vivere, come se non avesse senso, come se le persone fossero state meglio senza di lei.
Aveva iniziato a chiudersi in sé stessa, andando spesso nella camera del fratello. Era come se chiudersi nel silenzio buttando fuori tutto e tutti fosse la soluzione.
Samantha era solita chiudersi nei ricordi per non affrontare la realtà che le si presentava davanti, troppo dura e difficile per accettarla così com’era. Una realtà in cui suo fratello, il suo sostegno, il suo amico, il suo difensore, non c’era. Una realtà in cui era sola, sola con sé stessa. Senza un appoggio.
Ora non ce la faceva più. Era stanca di quella vita, era stanca di tirare avanti e fingere di stare bene quando invece era immersa nel buio più assoluto, era stanca di sentirsi sempre triste e arrabbiata verso il mondo.
Corey c’era sempre stata, e sebbene spesso non si comportasse esattamente come l’amica di cui lei aveva bisogno, gettava la sua maschera da dura e diventava improvvisamente comprensiva quando lei parlava di quello che accadeva in casa sua. Non batteva ciglio quando le raccontava di cosa in quella casa avesse portato la morte di Donnie, si limitava solo ad abbracciarla.
Non che Corey avesse la classica famiglia per bene ovviamente. Ma lei era forte, ribelle, e anche se soffriva del fatto che per i suoi genitori non avesse importanza, non lo mostrava mai, a nessuno. Sceglieva di vedere questo fatto come una specie di autorizzazione a fare tutto quello che voleva, come andare alle feste a cui partecipava tutte le sere ubriacandosi fino a vomitare l’anima e fumando regolarmente.
Sam invece era succube della sua sofferenza, del demone che la divorava e la uccideva dall’interno. Non riusciva ad essere gentile ormai più con nessuno, in quella casa, dato che molte, forse troppe discussioni le erano state imposte egoisticamente. A scuola non aveva amici, ed era vista come la ragazza bella, ma strana e misteriosa in una maniera quasi agghiacciante. 
Spesso si  ritrovava a sedersi di notte sul balcone. Le lacrime a solcarle il viso, le gambe sospese in aria, il cuore schiacciato in preda alla disperazione e alla foga di voler morire. Ma alla fine, Sam non lo faceva mai, non ne aveva il coraggio.
Era perlopiù questo ad aver unito le due ragazze così diverse, eppure così simili: il fatto di avere una convivenza difficile con la famiglia.
Ce la farò a non pensare a tutto questo, ce la farò, ce la devo fare
Scese dalla roccia su cui era seduta a scrutare il cielo fino ad un secondo prima.
Si sforzò di pensare che ora sarebbe cambiato tutto, che ora stava per cominciare una nuova vita, una vita in cui la Sam strana e introversa, che tutti conoscevano a scuola, sarebbe stata una Sam gentile e disponibile verso tutti.
Sarebbe stata una Sam diversa.
E sarebbe stata tutto questo soltanto grazie a lei, alla luce che splendeva nei momenti bui, alla sua unica ragione per cui andava avanti: Corey.
Nei frammenti di vita in cui Sam si rendeva conto di star bene con sé stessa c’era solo lei, la sua migliore amica. E la passione per il ballo naturalmente, che coltivava sin da piccola.
Si ricordò dei suoi genitori, sette anni prima, quando Donnie era ancora vivo, che la guardavano muoversi sul palco sinuosa, mentre sentiva il ritmo pulsarle nel corpo all’unisono con il suo cuore. E loro che sorridevano e applaudivano. Quando ancora la amavano.
Da tempo quelle due persone, che una volta riconosceva come degli esempi, non abitavano più quell’angolo del suo cuore che comprendeva le persone a cui voleva bene.
Non si sentiva legata a loro, semplicemente. Non ne aveva il motivo, perché lei non era speciale per loro, come invece sembrava essere Donnie.
Donnie sarebbe stato ricordato da tutti, e tutti avrebbero sorriso nel parlare della sua risata, della sua voce, di quel barlume color ghiaccio che scintillava nei suoi occhi…. Ma lei no, non sarebbe stata ricordata con gioia, lei era insignificante, lei era solo Samantha. Questo pensiero le faceva male, ma anche se ogni tanto riemergeva dolorosamente nella sua memoria, aveva imparato col tempo a conviverci e ad accettarlo, come si convive con un’ombra.
Si fermò a raccogliere da terra la girandola color magenta che si era portata dietro. Era un oggetto a cui era particolarmente legata, un oggetto che aveva preso con Donnie.
Una volta, quando era piccola, lui l’aveva portata al luna park, e dopo aver vinto un gioco a premi lei aveva scelto quella lucente girandola di plastica con il gambo giallo rigido. 
Osservò i petali fucsia di quel fiore di plastica che riluceva alla ancora fioca luce del cielo estivo striato di rosa, incantata dal modo in cui seguiva il soffiare leggero del vento; poi alzò il viso verso i raggi solari, che ora trapassavano le nuvole come grandi e sottili aghi infuocati.
Si voltò in direzione opposta. Era ora di andare
.
 
 

Ciao a tutti!
Parto con il dire che mi auguro che questa sia stata per voi una piacevole lettura.
E' la mia prima one-shot, siate clementi verso questa povera ragazza che si è azzardata a pubblicare uno schifume simile...
A parte tutto, spero davvero che vi sia piaciuta.
So che l'idea non è il massimo, alla fine ho praticamente descritto solo i primi tre minuti del film, ma descrivere le scene è una cosa che adoro alla follia, quindi..
nulla, spero di esserci riuscita bene :)
Alla prossima, e grazie ai lettori che sono arrivati vivi fino alla fine,
Stella cadente
  
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