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Autore: CowgirlSara    11/01/2013    4 recensioni
John, quella mattina, aveva regolato i conti col padrone di casa, si era assicurato che il gas fosse chiuso e di aver preso tutte le sue cose, poi, finalmente, si era chiuso alle spalle la porta sverniciata di quel triste bilocale, caricato in spalla la sua vecchia sacca militare e preso la valigia, quindi era uscito in strada col sorriso sulle labbra.
Quel giorno John Watson tornava a Baker Street.
Genere: Commedia | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: John Watson , Sherlock Holmes
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Welcome back
Piccola flash fic su un momento che tutte noi fan vorremmo vedere (speriamo presto). Forse parte di una serie – se ne scrivo altre e trovo un titolo. Per ora vi lascio questa, è corta e scema e spero vi piaccia.

I personaggi, ovviamente, appartengono agli aventi diritto, la storia è scritta senza scopo di lucro. La canzone in introduzione è “Next 100 years” dei Bon Jovi e, anche su questa, non ci guadagno niente.

Vi lascio alla lettura, fatemi sapere il vostro parere!

- Welcome Back -

I, when I think that I'm losing my mind
It all comes back to you

And you, you know that it's true
After all we've been through
There's nothing that I wouldn't do

Stand by me
And I would gladly give up everything

John, quella mattina, aveva regolato i conti col padrone di casa, si era assicurato che il gas fosse chiuso e di aver preso tutte le sue cose, poi, finalmente, si era chiuso alle spalle la porta sverniciata di quel triste bilocale, caricato in spalla la sua vecchia sacca militare e preso la valigia, quindi era uscito in strada col sorriso sulle labbra.

Quel giorno John Watson tornava a Baker Street.

Il rassicurante portoncino verde inglese con le lettere dorate lo accolse in un mattino particolarmente chiaro. John aprì con la sua chiave e si apprestò a salire i diciassette gradini, aiutato dalla gamba che, ormai, non gli faceva più male.

Doveva ammettere che il ritorno di Sherlock era stato scioccante.

Ripensò alle settimane passate, a come lui era ricomparso nella sua vita, all’incredulità iniziale a cui si era sostituita la rabbia: per essere stato tenuto all’oscuro, per la fiducia tradita, per tre anni di bugie e dolore. Sherlock aveva dovuto inseguirlo per mezza città, prima di riuscire a convincerlo ad incontrarsi. E prendersi i pugni che meritava.

John, poi, lo aveva lasciato parlare, spiegare, mentre gli tamponava il viso con un panno bagnato, tutto quello che aveva potuto rimediare in un appartamento vuoto da anni. Lo aveva ascoltato, cercando di comprendere le sue ragioni, ma solo quando Sherlock lo aveva guardato negli occhi, con quei suoi occhi, John aveva capito davvero quanto anche lui avesse sofferto.

Da lì a decidere di tornare al 221B il passo era stato estremamente breve, nonostante le perplessità di Mary. Lui non aveva pensato neanche per un momento che la poveretta avrebbe potuto desiderare di essere lei la sua nuova coinquilina/convivente, invece di uno spilungone pallido tornato dal regno dei morti.

Ma a John questo non importava.

I pezzi della sua vita erano appena tornati al loro posto, riformando un quadro dai contorni netti.

E quel quadro aveva il volto di Sherlock.

Arrivò in cima alle scale con l’energia di un ragazzo, stupendosi da solo. La porta del soggiorno era aperta, come sempre, come in giorni più belli. Di nuovo, belli… si disse.

L’unico suono era una voce tranquilla e posata che proveniva chiaramente dal televisore.

John entrò entusiasta nella stanza, posando le sue borse sul tappeto. Sherlock era appollaiato sulla sua poltrona, le gambe incrociate, le ginocchia contro i braccioli, le mani in grembo ed un’espressione concentrata sullo schermo del televisore. Non dava segni di averlo sentito entrare.

Senza scrollarsi il suo sorriso ottimista dalle labbra, il dottore si avvicinò a lui e scrutò il programma che il suo coinquilino seguiva con tanto interesse. Osservò un attimo, poi si risollevò con espressione stupita.

“Sherlock…” Chiamò piano.

“Hn…” Gli rispose l’altro.

“Stai guardando le televendite?” Domandò Watson incredulo.

“Hm, sì.” Annuì il detective. “Non avevo una pistola, qualcosa dovevo pur fare nei momenti di noia, in questi tre anni…” Spiegò vago.

“E hai guardato le televendite…” Affermò John trattenendo una risata.

“Una volta ho comprato una borsa gialla per Molly, sai per ringraziarla di quello che ha fatto… e un aspirabriciole per Mycroft.” Raccontò, continuando a tenere gli occhi fissi sul televisore.

“Un pensiero carino.” Commentò divertito John. “Specie l’aspirabriciole…”

“Le televendite sono… curiose.” Affermò Sherlock. “E mi piacciono quelle vallette mute che accarezzano i materassi e si passano le coperte di lana merinos sulla faccia finché non gli vengono i capelli elettrici…” Continuò. “Credo che comprerò quel coso per fare lo yogurt.” Aggiunse con più entusiasmo, sollevandosi sulla poltrona. “C’è un’ottima offerta: ventinove sterline e novanta per tre scatole con cinque sacchetti per fare cinque chili di yogurt.”

“E che ce ne facciamo di quindici chili di yogurt?” Chiese allarmato John.

Sherlock si strinse nelle spalle. “Non lo so.” Disse poi. “Io ero interessato ai fermenti vivi…”

Surreale, ecco cos’era quella scena.

E John comprese che questa follia, questo modo tutto particolare di vedere la realtà, queste conversazioni impossibili, erano una delle cose che più gli erano mancate di Sherlock.

Ma ora era tornato. Avrebbe di nuovo avuto tutto quello che credeva di aver perso. C’era di nuovo la sua unica, vera casa, accanto all’unica persona che lo faceva stare davvero bene.

Inutile farsi troppe domande, non c’erano dubbi su cosa fosse giusto.

Si avvicinò all’amico e gli posò una mano sulla spalla.

Si guardarono, si sorrisero.

E John, finalmente, pronunciò la frase che mancava dal giorno della ricomparsa.

“Bentornato, Sherlock.”
Sherlock lo guardò, poi abbassò lo sguardo sui suoi bagagli, quindi tornò a fissarlo con gli occhi accesi di quella che poteva senz’altro sembrare felicità.

“Bentornato, John.”


   
 
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