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Autore: pandamito    13/01/2013    2 recensioni
Gli Hunger Games non sono solo omicidi tra fratelli, bensì dietro vi sono scommesse, madri in lacrime, mentori disperati in cerca di soldi per racimolare un pezzo di pane. E fra gli abitanti di Capitol City vi è anche chi apprende molto di più.
« E' spacciato. » commentò una voce alla sua sinistra.
Quando la bionda si voltò vide una donna pomposa, tutta color rosa zucchero filato, in tinta col trucco troppo vistoso, le ciglia finte tempestate di perline, e l'enorme parrucca riccia a cono che s'innalzava sopra la sua testa almeno la metà della sua altezza; affianco vi era colei che sembrava una carota vivente per quanto la sua pelle fosse arancione, con i capelli che formavano delle bizzarre aspirali che diramavano in ogni direzione.
Abigail si mise a braccia conserte, stringendo la pochette nera in una mano e restando in piedi sopra quei tacchi che aveva imparato a calzare, origliando la conversazione di quei due fenomeni da baraccone; le avevano insegnato a non origliare perché, in effetti, era maleducazione, ma lei delle regole se ne infischiava, anche perché sennò non sarebbe mai stata lì.

Ispirata a 'Everything's gonna be alright' di BlueCoral.
Genere: Sentimentale, Suspence, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Nuovo personaggio
Note: Missing Moments, What if? | Avvertimenti: Spoiler!
- Questa storia fa parte della serie 'Everything's gonna be alright.'
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« Scommetto tutto su di lui. »


Jean-Paul Carter era un uomo ricco e potente, oltre che attraente, e grazie a questo godeva di alcuni privilegi a Capitol City, come inviti speciali alle feste da parte del Presidente o i posti in tribuna migliori per assistere agli spettacoli, aveva sempre quelli in prima fila se si trattava di sfilate o interviste, naturalmente se a queste ultime non veniva chiamato lui stesso a discutere assieme a Caesar Flickerman; si vociferava anche che alla prossima edizione degli Hunger Games gli avrebbero chiesto di diventare Stratega e Jean-Paul sperava vivamente che questa diceria fosse vera.
« Abby, aspettami qui. » disse dolcemente col suo buffo accento, mentre stampava un bacio sulle labbra impregnate di rosso della bionda.
Che poi, era veramente bionda? Anzi, quelli erano i suoi capelli naturali o erano un'altra parrucca? Difficile a dirsi, ma di certo gli abitanti di Capitol City non andavano in giro a chiedere quale fosse il vero colore di capelli delle persone, figuriamoci, forse se lo scordavano persino e chissà se Abigail Scarlet Reth aveva fatto lo stesso, forse pure quelli del suo Distretto originario non lo rimembravano più, eppure solo in pochi sanno che il colore originario di Abigail è, sì, il biondo.
Con gli occhi seguì la figura di Jean - vestito tutto di punto e molto formale per il lavoro - che si allontanava tra la folla di capitolini che agitavano banconote ben strette in mano, gridando chi a destra e chi a manca, mentre lei, invece, veniva lasciata su una di quelle poltroncine d'attesa che circolavano le varie colonne del Centro Scommesse. Anche stavolta era vestita di nero, ma non perché volesse spezzare le regole di quei toni così dannatamente colorati che riempivano ogni buco di Capitol City e nemmeno per portare tristezza al suo Distretto 6, bensì perché, stranamente, si sentiva come se stesse in lutto. Forse aveva ragione quella ragazzina che le era stata affidata, Ophelia, a vestirsi sempre così. In fondo che ragione c'era per sorridere?
Non era la prima volta che veniva a Capitol City quando incontrò il suo attuale marito, anzi, il suo lavoro da fattorino le permetteva di viaggiare, di essere un tantino più libera di tutti gli altri, anche se chi era al potere cercava sempre di tagliare le ali a quelli del Sei, perché il loro desiderio di libertà era più forte degli altri, perché loro non avevano paura delle rivolte, l'avevano dimostrato, e per questo cercavano in tutti i modi di tarpare le ali di quelle povere vittime che sognavano un mondo senza oppressioni quando si libravano liberi nel cielo con i loro hovercraft, che sapevano costruire e guidare. Sta di fatto che, però, quando si presentò con la sua tuta da lavoro d'innanzi alla grande e lussuosa Villa Carter, non poteva di certo aspettarsi che una volta dentro avrebbe fatto conoscenza con due magnetici occhi azzurri, dei piccoli riccioli biondi e tendenti al color carota e nemmeno con un sorriso ampio e splendente, frutto di non si sa quante cure benefiche di cui Jean-Paul usufruiva. In quel momento Abigail pensò che il suo cuore era stato appena rapito, ma solo dopo tempo capì che ciò per cui era riuscita ad ogni costo a rimanere lì assieme al suo amato erano nient'altro che i soldi, o in secondo caso l'arduo desiderio di scappare dalla povertà del suo - ormai ex - Distretto.
Si alzò dal suo posto a sedere, circondata da una folla di gente che la opprimeva e le impediva di avanzare, facendo riecheggiare i suoi tacchi a contatto col pavimento di marmo fino a che non riuscì ad arrivare ad uno degli sportelli vicino al tabellone dei punteggi, affiancato da altri schermi raffiguranti i vari tributi nell'arena, fino a quando non vide lui. Un brivido percosse la schiena della bionda alla sola vista di colui che per primo aveva osato fronteggiarla ed umiliarla d'innanzi a tutti quelli che la conoscevano; non che Abigail sperasse che la gente parlasse bene di lei, sapeva quello che girava sul proprio conto, ma mai nessuno le aveva risposto con quel tono strafottente. 
 
– Rafe Donald… che nome è Rafe? – chiese poi in un tono insopportabilmente falso. Un ragazzo, nella fila dei diciassettenni, semplicemente fece spallucce e disse, abbastanza forte da farsi sentire: - Non lo so: m’hanno chiamato così. –
- Come? –Abigail venne presa un po’ alla sprovvista dalla battuta del neo tributo. Lui si fece tranquillamente avanti verso il palco: era alto – abbastanza da mettere in soggezione -, occhi verdi e capelli tendenti al rosso. Viso delicato, con delle bellissime lentiggini sul naso. – Il nome non me lo sono scelto io, dicevo. – specificò una volta sul palco, quasi ridendo. – M’hanno chiamato così, e me lo tengo. –
 
Dal primo momento in cui era venuta a conoscenza della sua esistenza, Abigail aveva odiato quel ragazzo e non solo per il suo nome ridicolo, ma anche perché sembrava prendere la vita troppo alla leggera, perché riusciva a fronteggiarla senza problemi, perché non cessava mai di sorridere, perché si ostinava a chiamarla col nomignolo in cui oramai solo Jean poteva permettersi di pronunciare senza problemi e forse - ancor di più - perchè stava lottando per tornare nel suo Distretto. Lei aveva fatto di tutto per fuggire via di lì e si domandava così spesso per quale motivo quello volesse tornare che oramai era diventata una vera e proprio - silenziosa - ossessione, la sua. Ma in realtà lei il vero motivo lo sapeva; erano spesse le volte in cui nel loro appartamento Rafe si rannicchiava sul divano, portando le lunghe gambe al petto e giocando con la cavigliera elaborata che - Abigail ne era certa, perché il continuo viaggiare di un tempo le aveva insegnato a riconoscere i vari stili di Panem - proveniva dal Ditretto 1, con lo sguardo perso nel nulla. Forse quelle erano le poche volte in cui non lo vedeva sorridere, semplicemente perché la sua mente era da tutt'altra parte, era già proiettata verso casa e magari era concentrata tutta sulla fanciulla di cui aveva parlato con Caesar di fronte tutta Panem. 
Già, lui era innamorato.
Quella frase rimbombava nella testa di Abigail, come il grillo parlante che vuole ripulirti dalla coscienza sporca. Anche se era solo uno schermo e Rafe aveva lo sguardo da tutt'altra parte, la bionda neo-capitolina non riusciva comunque a reggere il peso dei suoi occhi verdi, benché non sembrava minimamente intenzionata a spostare il capo da ciò che ora osservava tanto attentamente. Rafe Donald si stava riposando su un albero, sporco di fango e foglie per mimetizzarsi con l'ambiente, e sul volto era dipinta un'espressione stanca e sofferente di dolore per le varie ferite che ricoprivano il suo corpo. Un'altra cosa di cui si stupiva la - oramai - Signora Carter era che Rafe non si era mai fatto scrupoli nell'uccidere qualcuno, benché sapesse che non l'aveva mai fatto prima d'ora, e ciò colpì ancora nel profondo la biondina. A questo punto si chiedeva che aspetto potesse avere... Emma? Si chiamava così? Beh, qualsiasi nome avesse era curiosa di sapere quale strabiliante potere avesse per farsi amare da un uomo in tale maniera tanto da indurlo a compiere di tutto pur di rivederla. Era invidiosa, Abigail, perché anche lei voleva provare quel potere, anche lei voleva amare, ma ancor di più anche lei voleva essere amata. Quella Emma doveva proprio essere fortunata, lei aveva Rafe. Ed Abigail? Abby, cos'aveva? Non che Jean non fosse bello, anzi, ed anche la sua personalità non era da meno, non era così dannatamente frivolo come le persone che la circondavano, era dolce e l'assecondava in qualsiasi suo capriccio. Ma era questo l'amore? Chissà se Rafe faceva così, chissà come sarebbe stato essere amata da Rafe; la donna con gli occhi azzurri se l'era iniziato a chiedere molto spesso perché avrebbe voluto tanto sapere cosa si provava, le sarebbe bastato anche solo per un po', giusto il tempo di comprenderlo, perché lei proprio non ci riusciva.
« E' spacciato. » commentò una voce alla sua sinistra.
Quando la bionda si voltò vide una donna vestita in modo molto pomposo, tutta color rosa zucchero filato, in tinta col trucco troppo vistoso, le ciglia finte tempestate di perline, e l'enorme parrucca riccia a cono che s'innalzava sopra la sua testa almeno la metà della sua altezza; affianco vi era colei che sembrava una carota vivente per quanto la sua pelle fosse arancione, con i capelli che formavano delle bizzarre aspirali che diramavano in ogni direzione. 
Miss Carota annuì, dando uno sguardo ai vari schermi. « Peccato, era carino. » commentò, sembrando un briciolo dispiaciuta, più per il fatto di non poterlo usare come gigolò nel caso avesse vinto, piuttosto che per il fatto che quasi sicuramente sarebbe morto ucciso da qualcuno di più forte. « Avrebbe potuto anche vincere quest'edizione, tifavo per lui. »
Abigail si mise a braccia conserte, stringendo la pochette nera in una mano e restando in piedi sopra quelle gru di tacchi che aveva imparato a calzare, origliando la conversazione di quei due fenomeni da baraccone; le avevano insegnato a non origliare perché, in effetti, era maleducazione, ma lei delle regole se ne infischiava, anche perché sennò non sarebbe mai stata lì. 
« Mi piaceva, anche se in realtà non aveva preso nemmeno un voto tanto alto alla Sessione. » ammise l'altra, d'accordo., « Però sono convinta che quest'edizione la vincerà il tributo dell'Uno, Cobra! Dico, ma l'hai visto? » trillò tutta eccitata, come una ragazzina in piena tempesta ormonale.
L'altra non era da meno, si trattenne dall'emettere un inutile e snervante gridolino, mentre agitava le mani a pugno vicino al volto, stropicciando gli occhi e stringendosi in sé stessa. « E' il mio favorito! Non vedo l'ora che vinca i giochi » avevano già consegnato la vittoria in mano al Kennet e dato per spacciato il suo povero protetto, « punterei tutto su di lui anche ad occhi bendati! » continuò, leccandosi le labbra talmente arancioni da accecare. 
Abigail alzò il volto, dirigendolo stavolta verso il tabellone dei punteggi. Il nome di Cobra Kennet brillava sovrastando in cima tutti gli altri e lei lo fissava intensamente, come se attendesse che qualcosa accadesse da un momento all'altro, ma non successe nulla. Oramai Jean aveva sicuramente finito e la probabilmente la stava cercando, a meno che il suo sportello non fosse particolarmente accalcato. Ruotò i tacchi, avanzando di qualche passo verso lo sportello più vicino e superando immediatamente tutta la fila, tant'è che il capitolino di turno le ringhiò contro, ma lei non vi badò.
« Signorina, deve fare la fila. » disse l'uomo in avanti con l'età che era allo sportello, ma lei non ascoltò neanche quello, intenta a cacciare il suo portafogli ed estrarre una banconota dietro l'altra.
« Rafe Donald. » disse e quel nome fece smettere immediatamente di ringhiare l'altro, speranzoso che forse avesse sentito male.
« Come, scusi? » domandò l'anziano, avvicinandosi di più al microfono e l'autoparlante. forse sorpreso anche lui del fatto che dalle sue labbra non uscì il nome di Cobra Kennet.
« Rafe Donald. » ripeté abbastanza imponente da far riecheggiare, senza volerlo, la sua voce in tutta la stanza circolare , facendo scemare il brusio ed ammutolendo all'istante chi la circondava, ad iniziare da Mr. Ringhio, al vecchietto dello sportello e persino le due ragazze pettegole di poco prima, voltate incredule su di lei.
« Scommetto tutto su di lui. » affermò con convinzione, indicando con l'indice il suo volto in una scheda raffigurante tutti i tributi al bancone. 
E' vero, lo odiava: il suo sorriso, la sua sfacciataggine, la sua ragazza, il suo modo di amare, il suo nome, il soprannome con cui la chiamava, il modo in cui si comportava. persino la sua altezza o le sue lentiggini, la sua voglia di tornare nel Distretto 6, la sua malinconia improvvisa e passeggera, la sua cavigliera, il modo in cui mangiava, il fatto che non potesse farle provare ciò che riservava per un'altra ragazza, la sua simpatia e tutto ciò che lo caratterizzava, ma lui aveva qualcosa per cui combattere e Abby voleva essere proprio così, anzi, in realtà desiderava essere quel qualcosa. Ma non poteva, come non poteva decidere i paracadute da mandargli, ma in compenso poteva aiutare con le spese, questo sì.
Non aveva la minima idea di chi avrebbe votato Jean, ma lei si diresse lo stesso verso l'uscita, l'avrebbe aspettato lì e sapeva per certo che lui avrebbe saputo dov'era perché tutti l'avevano sentita, tutti avevano gli occhi puntati su di lei, mentre stavolta la folla si allargava per farla passare come se fosse un essere superiore.
Avrebbe scommesso tutto su di lui, l'aveva sempre fatto.




pandabitch.
Ringrazio Ari e Coral per... tutto. (?)
Penso di sì, se non ci fossero loro non ci sarebbero neanche Rafe ed Abigail
Rafe è il tributo maschile del Distretto 6 dei quarantaseiesimi Hunger Games di mia proprietà.
Abigail è la 'capitolina' originaria del Distretto 6, sotto il copyright delle due dolcezze citate sopra.
Detto ciò, se volete saperne di più andate pure  aleggere Everything's gonna be alright.
Bao!
Baci e panda, Mito.

   
 
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