Come avete visto, la vacanza in Scozia mi ha fatto bene e mi ha regalato un po' di ispirazione (Per il lettori di "Due cugine allo sbaraglio"... non disperate! XD Domani, o al massimo venerdì, avrete il vostro nuovo capitolo).
Prima di condannarvi a un paio di anni gratuiti di manicomio con la lettura della ff, vorrei solo dire un paio di cose "a mia difesa":
questa non è una fanfiction dove un gruppo di ragazze diventa tutto a un tratto famoso, i Tokio Hotel vogliono all'improvviso conoscerle e tra loro nasce a prima vista l'amore (sì, sarebbe bello, lo so, ma purtroppo sono un po' melodrammatica ^^'')
No no, purtroppo qui non sarà così: perchè come avrete letto in quella pseudo-introduzione, qui si parla di lotte, si parla di rivalità.
Una collaborazione forzata tra due band per un concerto di beneficienza: ulteriore fonte di guadagno per una, e nuovo trampolino di lancio per l'altra. E così ecco la mia storia, in cui ognuno ne vedrà di cotte e di crude, e...ah no, basta spoiler!!
Vi lascio al racconto, sperate che ne possiate uscire moralmente e psicologicamente indenni ^^ Nel caso sopravviviate, per favore, lasciatemi un commentino per farmi sapere come vado!
Un bacio affettuosissimo dalla vostra
Auty
§ §I Tokio Hotel non mi appartengono, e con questo mio scritto privo di alcuno scopo di lucro non intendo dare una rappresentazione veritiera del carattere o delle vite dei componenti della band, né desidero offenderli in alcun modo § §
Prologo
Before of Everything
Running through the Monsoon
Beyond the world,
to the end of time
where the rain won’t hurt...
All’ombra
della quercia accanto
della quale era stato improvvisato il palco, Ellie canticchiava
nervosamente la
sua canzone preferita.
In preda a un
andirivieni agitato
che continuava da circa dieci minuti, si mordicchiava di tanto in tanto
un’unghia laccata di viola, stringendo convulsamente il
microfono spento
nell’altra mano; un respiro di tanto in tanto, come per
calmarsi, per poi
riprendere a camminare canterellando sottovoce.
Chiunque
l’avesse vista in quel
momento da lontano, l’avrebbe giudicata semplicemente una
ragazzina come tante
altre, vestita con uno scolorito top arancione e un paio di corti jeans
decorati a perline variopinte; una ragazzina sicuramente con qualche
squilibrio
mentale, anche solo per aver pensato di potersi infilare quella piuma
rosa
variopinta a mo’ di crocchia tra i capelli biondi senza
essere notata.
L’avrebbero classificata, per concludere, come una
normalissima sedicenne,
afflitta certo dalla solita crisi di panico che precedeva un esame, un
appuntamento, un compito in classe.
Ma non lei. A qualche
metro di
distanza, con le braccia comodamente incrociate al petto, Alexandra
osservava
divertita il piccolo show privato della sua migliore amica, talmente
agitata da
sembrare in preda al morso di una tarantola.
Era buffo, pensò Alex,
come Ellie riuscisse a
cambiare alla velocità della luce dalla vita pubblica a
prima di uno
spettacolo: con gli amici sapeva essere frizzante e instancabile, la
vivacità e
la follia allo stato puro fatte persona; ma prima di
esibirsi… bè, ormai
conosceva il suo rituale a memoria.
Prima si lasciava prendere dal
panico,
minacciando di non cantare se l’audience era troppo numerosa,
e piagnucolava
qualcosa sul malfunzionamento del microfono; poi si disperava (quella
era la
parte più stressante), e iniziava la fase critica con i
tipici “E se sbaglio? E
se stono? E se dimentico le parole?”.
Ma quando si ritirava da sola in un
angolo a canticchiare
Monsoon, Alex sapeva che era pronta
a
salire sul palco. Nonostante l’apparente nervosismo, quella
canzone sembrava in
un qualche modo calmarla, darle più sicurezza; era questo
che aveva imparato su
di lei da qualche mese a questa parte, più o meno da quando
a una delle due era
venuta la malsana idea di mettere su un gruppo ed esibirsi.
Oddio, esibirsi. Alex sorrise senza
volerlo ai
suoi stessi pensieri: esibirsi era ancora una parola un po’
troppo forte. Erano
in quella che si poteva definire la “fase garage”,
e suonavano solo a qualche
rara festa di paese o giù in spiaggia. Ed esibirsi al
compleanno di Angelika,
quel giorno, non era poi in fondo una gran cosa, ma a loro bastava
questo.
Poco più in
là, con già la chitarra al collo,
Tamica fece all’improvviso capolino da dietro il siparietto
improvvisato del
palco, segnandole con la mano che mancavano pochi minuti
all’inizio.
Alex sorrise in risposta, e mosse
qualche
passo per avvicinarsi ad Ellie, giusto in tempo per sentire la fine del
ritornello di Monsoon.
Quando le posò una mano
sulla spalla la sentì
sobbalzare, ma prima che l’altra si voltasse a guardarla
già si immaginava cosa
avrebbe detto.
-Non sono pronta!-
sussurrò infatti Ellie,
sgranando gli occhi verdi con aria spaurita, prima di accorgersi che a
starle
davanti era la sua migliore amica.
Si mordicchiò il labbro
inferiore, colorato di
lucidalabbra alla ciliegia, il suo preferito, rigirandosi il microfono
tra le
mani. –E’ ora di andare?- chiese con un filo di
voce, lanciando un’occhiata
preoccupata alla gente che cominciava a prendere posto davanti al palco.
Alex sorrise benevola, scuotendo la
chioma
mora –Ancora cinque minuti, Els, non ti preoccupare.
Ricordati, siamo d’accordo
con Tami e Nora: si parte con Shake,
giusto per animare un po’ la festa, poi ci rilassiamo con Forget what I believed e…-
-…riprendiamo con Rock this World- concluse Ellie con un
sospiro, aggiustandosi la
piuma tra i capelli - Lo so, me lo
ricordo. Dammi solo due minuti e sono pronta…o quasi-
Chiuse gli occhi e fece un respiro.
–Dio…se
sono così agitata per una sciocchezza simile, figurati se
dovessimo suonare a
un vero concerto!-
Alex ridacchiò
–Probabilmente andresti in
crisi, ancora tre ore prima che cominciasse lo spettacolo., per giunta-
le
scompigliò amichevolmente i ciuffi davanti -Ma ora torna
sulla Terra, per
favore, e ricordati che hai davanti solo qualche compagno di scuola e i
parenti
della festeggiata. Niente di così tremendo, ok?-
Ellie sorrise in risposta, e un
luccichio
della sua solita vivacità le brillò negli occhi
insicuri –Vi raggiungo subito,
non preoccuparti: nessun colpo di testa, promesso. E poi- aggiunse
divertita
-ho questo a portarmi fortuna,
giusto?-
Le porse un pugno chiuso, sul cui
dorso davano
bella mostra di sé le iniziali “TH”
seguite dal simbolo della loro band
preferita, realizzate forse qualche giorno prima con un pennarello
indelebile,
e sorrise smagliante.
Alex le porse a sua volta il suo,
anch’esso
col medesimo simbolo, così come per quelli di Tamica e Nora.
–Più che giusto, Els-
e lo batté con forza contro il suo, come a voler suggellare
un’ultima volta il
tacito patto che c’era tra loro.
Si scambiarono un ultimo sorriso,
entrambe ora
più rincuorate e sognanti.
Erano fatte così:
giovani, amiche e piene di
immaginazione così come quando, quel giorno di qualche mese
prima, assieme a
Nora e Tamica, aveva dato vita alle Twilight.
Ancora un attimo di fantasia. Poi
una voce
(-Ragazze, due minuti e ci siamo!-), probabilmente di Nora, le
riportò alla
realtà.
La mora fece crocchiare le mani,
inclinando la
testa da un lato -Forza bella: tocca a noi-
-Tu vai. Io…finisco di
prepararmi, va bene?-
Facendo le spallucce con aria
indifferente Alex
si allontanò, lasciandola ancora per un attimo sola
all’ombra della quercia.
Ellie tirò un altro
sospiro, alzando gli occhi
verdi a fissare il cielo e poi, con apprensione, verso la piccola
platea di
parenti e amici poco distante da lì.
“Coraggio” si
disse “E’ solo un piccolissimo
show per i sedici anni di Angelika, non un concerto internazionale.
Pensa
allora come dovrebbe sentirsi lui prima
di salire sul palco…”
Le venne da sorridere al pensiero
del suo
cantante preferito, con quel trucco particolare ma il sorriso luminoso,
che si
preparava ad uno dei suoi concerti. “Sicuramente
starà meglio di me” rise con
se stessa, pensando a tutte le paranoie da cui si lasciava assalire
ogni volta.
Si tranquillizzò un po’.
Strinse con più vigore
il microfono, prima di
aprire bocca un’ultima volta, a bassa voce, solo per se
stessa, mentre un
soffio di vento le scompigliava i ciuffi biondi della frangetta.
Beyond the world
to the end of time
where the rain won’t hurt...
...fighting the storm
Into the blue…
...and when I lose myself I think of you...
Con il viso illuminato appena dalle
luci
soffuse del backstage, semi immerso nell’oscurità
del retroscena, Bill Kaulitz
tirò un profondo respiro e continuò a cantare
sottovoce il famoso ritornello
della sua canzone.
Una mano corse ad aggiustarsi un
ciuffo di
capelli scuri che proprio non voleva saperne di star su, mentre
l’altra
giocherellava nervosamente col microfono, rigirandolo da una parte
all’altra.
A vederlo mentre si esibiva non si
sarebbe mai
detto che anche lui, dietro le quinte, si lasciasse cogliere dalla
preoccupazione di sbagliare qualcosa durante il concerto e, anzi,
sembrava
sempre parecchio sicuro di sé; eppure eccolo lì,
il famoso Bill Kaulitz, a
ripassare inquieto la sua canzone, la prima della serata, pensando a
tutte le
cose che sarebbero potuto andare storte.
E se non avesse funzionato il
microfono? E se
qualche fan un po’ troppo eccentrica avesse cercato di
arrampicarsi sul palco?
Si portò con orrore le mani ai capelli: e
se gli fosse colata la matita?!
Togheter we’ll be running somewhere
new…
Deglutì. Meglio non
pensarci. Ma ecco che,
come un angelo mandato dal cielo, una mano gli batté
più o meno incoraggiante
sulla schiena facendolo sobbalzare, e distraendolo finalmente da tutte
le sue
preoccupazioni.
-Ehi, fratellino! Hai finito di
canticchiare
con la tua vocetta stridula per conto tuo o possiamo andare?- lo
salutò
amichevolmente una voce giovale.
Bill roteò gli occhi con
un sospiro: forse,
più che un angelo mandato dal cielo per aiutarlo, quello era
solo un
rompiscatole di fratello mandato dal loro agente per fargli saltare i
nervi
prima dello show.
Con aria un po’ stizzita
si voltò a
rispecchiarsi in due occhi nocciola identici ai suoi, semplicemente
più allegri
e rilassati. Suo fratello Tom lo fissò sorridente per un
attimo, poi schioccò
la lingua con disappunto e lo squadrò critico –Dio
mio, Bill, sorridi! Una
mummia è più vitale di te in questo momento-
“Ed eccolo qua”
pensò il moro con uno sbuffo
“Tom Kaulitz e la sua innata delicatezza”.
Improvvisamente non era poi così
sicuro che quello fosse veramente suo fratello; in ospedale si potevano
commettere
tanti errori, no?, con i neonati nelle culle. Magari il suo vero
fratello
gemello era dolce e sensibile, possibilmente con un briciolo di
intelligenza, e
senza la fissazione per le ragazze e la birra.
-Bill? Ehi, ci sei o devo venirti a
ripescare
su Marte?-
Sì, decisamente era
bello sognare.
Bill inarcò un
sopracciglio, ricambiando
l’occhiata perplessa di suo fratello.
–Stavo…ripassando- si giustificò,
stringendosi graziosamente nelle spalle, nella speranza che lo
lasciasse solo
per un altro po’.
-Ripassando?- Tom
ridacchiò, scuotendo i rasta
biondi –Andiamo bene. Allora, cosa devo dire a David? Il
nostro frontman è
pronto a esibirsi oppure no?-
Con un ultimo sospiro, Bill
lanciò un’occhiata
allo stadio colmo di fans, striscioni e luci di cellulari e flash, tra
la
confusione e le grida della gente; per un attimo l’incertezza
lo riassalì, come
un macigno opprimente e doloroso nel petto. Ripensò alle
note di Monsoon, al ritmo
rilassante delle
parole, e riuscì a riacquistare un po’ di
sicurezza.
-Andiamo- disse soltanto, spostando
lo sguardo
a incrociare quello del fratello che, finalmente soddisfatto, lo spinse
verso
l’ingresso sul palco.
…through the monsoon
Just me and you…
Grida, voci. I flash delle macchine
fotografiche. Gli strilli delle fans e, sopra tutto, le parole
amplificate dal
microfono del presentatore.
-E ora,
dal vivo qui a Nizza per voi, con il loro portentoso
rock…Bill, Tom, Georg,
Gustav! I TOKIO HOTEL!!!-
-E
adesso, dopo aver gentilmente accettato di esibirsi alla mia festa, ve
le
presento: Ellie, Alex, Tamica e Nora… un applauso di
incoraggiamento per le mie
amiche, le Twilight!!-
Le parole che le vorticavano in
testa, gli
applausi e i fischi del pubblico. Flash.
Senza bisogno di aprir gli occhi
per vederlo,
Ellie avvertì le dita laccate di rosso di Alex posarsi sulla
tastiera, quando
le note di Shake si diffusero
vivaci
nell’aria; allo stesso tempo, quelle di Tamica pizzicarono
esperte le corde del
basso, mentre Nora attaccava l’accompagnamento sempre
più forte con la
batteria.
Era ora.
Un
respiro, un sorriso alla folla e il microfono vicino alla bocca.
Un’ultima
occhiata d’intesa tra quattro paia di occhi, tutti carichi di
determinazione,
prima di iniziare a cantare.
E lo
show ebbe inizio.
*
* *
In mezzo ai fischi della folla, tra
le tante
braccia che si sporgevano verso di lui attraverso
l’inferrata, Tom Kaulitz
afferrò il piccolo block notes rosa che una di esse gli
porgeva con smania, e
vi pose divertito la propria firma con un veloce svolazzo.
-Fatto, tesoro- sorrise sornione
alla ragazza
davanti a lui, che ritirò rapida il blocchetto con un
versetto stridulo,
mostrandogli una fila di denti perfettamente bianchi.
Tom inarcò un
sopracciglio, prima di spostare
la propria attenzione sulla proprietaria dell’altro foglio
che aveva scelto a
caso tra i tanti che gli venivano tesi. La osservò bene:
carina; anzi, forse
anche di più. Sorrise: poteva andar bene; ancora una volta
(la decima, la
centesima, non lo ricordava) in quella sera, lasciò la
propria firma su quel
foglietto spiegazzato, aggiungendo, poco più sotto, un
numero d’albergo.
-Ci si sente- disse soltanto,
osservando la
sua faccia prima stupita poi entusiasta, e passò
all’autografo successivo.
A pochi passi da lui, con
un’aria molto meno
allegra e soddisfatta, un esausto Bill regalò un altro
sorriso alla folla di
ragazze oltre l’inferrata, provocando altri strilli.
Avvertì una mano calda
posarsi sulla sua
spalla e una voce, quella di David, a giudicare dal timbro,
sussurrargli
all’orecchio –Siete andati alla grande stasera.
Resisti altri dieci minuti e
poi possiamo levare le tende, d’accordo?-
Bill annuì
(cos’altro poteva fare?), mentre
David aggiungeva che l’autista li aspettava tra un quarto
d’ora per partire
subito. –Ci aspettano domani pomeriggio a Parigi per un set
fotografico, e vi
voglio in forma smagliante- gli diede un colpetto sulla schiena,
ridacchiando
–Ora vai, accontenta ancora cinque minuti queste
signorine…-
Un sospiro. Bill si
voltò a incrociare lo
sguardo entusiasta del gemello, poco più in là,
che ancora firmava magliette e
quaderni con aria instancabile.
-Che saluto, eh?- lo vide mimargli
con le
labbra sorridenti, accennando chiaramente agli strilli sempre
più forti delle
fans.
Bill si costrinse a sorridere
stancamente in
risposta, prima di tornare un’ultima volta a osservare le
ragazzine urlanti più
vicine all’inferrata, che si sporgevano verso di lui.
Un leggero venticello gli
spettinò i capelli,
già abbastanza ribelli di loro, e il ragazzo si
corrucciò.
Istintivamente si volse di nuovo a
guardare il
fratello e, a giudicare dalla sua espressione, capì che
anche lui aveva provato
la stessa, strana sensazione che lo aveva colpito col vento.
“Non hai una strana
impressione?” dicevano i
suoi occhi, senza bisogno che aprisse bocca.
“Lascia stare, non
pensarci” gli risposero
sereni quelli di Tom, tornando a spostarsi sulla fan successiva a cui
autografare il cd.
Ma Bill non era tranquillo.
L’aveva sentita,
aveva avvertito quella sensazione così come suo fratello, e
aveva capito che
qualcosa, da qualche parte, stava cambiando.
“Forse ha ragione
Tom” si disse tuttavia,
tornando a scrivere una dedica su un quaderno sbucato fuori da
chissà dove “Mi
pongo problemi per un nonnulla; meglio lasciar perdere”
Eppure, chissà come o
perché, quella
sensazione non se ne andava: perché sapeva che da qualche
parte, in un qualche
luogo dove soffiava lo stesso vento, c’era
aria di cambiamenti.
*
* *
-W.o.w- sillabò
Angelika, a dir poco
entusiasta, porgendo per la terza volta a Tamica il piattino con gli
snack
–Siete state bravissime, ragazze, dico sul serio! Sono
passati secoli da quando vi ho
ascoltate alle
prove, e avete fatto passi da gigante-
-Merito di Nora- riconobbe Ellie
con
sincerità, accennando col capo alla ragazza vestita
interamente in nero accanto
a lei –E’ riuscita a trovare nuovi ritmi con i
piatti che non sapevo nemmeno
esistessero-
-E di Alex- le fece subito eco
Tamica –che ha
riadattato tanti accordi alla tastiera-
-E non dimentichiamo…-
-Ho capito, ho capito: è
stato merito un po’
di tutte- concluse sbrigativa Angelika, facendo scoppiare tutte a
ridere
–Piuttosto, grazie ancora per aver suonato. La festa sarebbe
stata abbastanza
deludente senza un po’ di sano rock-
Alex ridacchiò, facendo
ondeggiare i capelli
scuri –Non ringraziare noi, ringrazia i Tokio Hotel- disse
soltanto, mentre le
altre tre annuivano convinte.
-Oggi anche loro avrebbero avuto un
concerto-
spiegò pratica Ellie, notando l’espressione
confusa di Angelika –Credevamo che
sarebbe stato un portafortuna più che
sufficiente…- fece le spallucce.
–Infatti basta guardare
il successo che
abbiamo avuto, per lo meno tra i compagni di scuola- per la sorpresa di
tutti
era stata Nora a parlare; lei!, che era sempre la più
taciturna e pessimista
del gruppo, esibiva adesso un timido sorriso soddisfatto. E le altre
sapevano
che se Nora era contenta significava che, oltre ad essere una data
epica,
dovevano davvero essersela cavata bene.
Alex ghignò
–Per l’appunto-
E sotto lo sguardo curioso di
Angelika, le
quattro amiche unirono i pugni chiusi l’uno contro
l’altro, come poco prima
Ellie e Alex, mettendo in mostra i tatoo improvvisati dei Tokio Hotel.
-TH forever!- Tamica espresse ad
alta voce il
pensiero di tutte –E lunga vita alle Twilight!-
-…e l’ultima
fetta di torta a meeee!- aggiunse
ridendo Ellie, prima di lanciarsi verso il buffet a pochi passi da
lì per
impossessarsi dell’ultimo piattino di dolce rimasto.
Ignorando lo sbuffo di Nora, Alex
osservò
divertita Tamica lanciarsi all’inseguimento della biondina,
che stringeva già
in mano il piatto di torta. –Non cambieranno mai…-
-Chiedo scusa: siete voi le ragazze
che si
fanno chiamare Twilight?- si intromise una voce educata alle loro
spalle.
Sia Alex che Nora strabuzzarono gli
occhi, e
si voltarono lentamente a guardare chi aveva parlato; sentendosi
chiamate in
causa, anche Ellie e Tamica interruppero la loro lotta, e si
avvicinarono di
qualche passo.
A parlare era stato un ragazzo (non
dimostrava
più di venticinque o trent’anni) vestito molto
elegantemente, con dei corti
capelli color bronzo e un sorriso sbarazzino; teneva le mani in tasca
con aria
noncurante, ma sembrava molto interessato mentre le squadrava ciascuna
con fare
divertito. Alex corrugò appena la fronte: lo riconosceva,
l’aveva visto
confabulare poco prima in lontananza con la madre di Angelika, che
rideva,
probabilmente a una sua battuta.
Senza volerlo, arrossì.
Chissà che genere di
impressione avrebbero potuto dargli, loro quattro: una ragazza vestita
interamente
in nero, a teschi, un’altra con una piuma rosa tra i capelli
e un lungo baffo
di panna poco più sopra della bocca; quella accanto
imperlinata da capo a piedi
in stile più che etnico e, come ciliegina sulla torta, lei,
con la combinazione
smalto rosso + french e pantaloncini sbrindellati.
Trattenne l’imbarazzo,
quel tanto che bastava
per rispondere senza balbettare; ma prima che potesse parlare ecco che,
come
suo solito, Ellie la precedette.
–Esatto, proprio noi-
disse infatti la ragazza,
un po’ sulla difensiva, portandosi le mani ai fianchi (Dio,
perché non si
puliva quel dannato baffo di panna?) –E lei chi è?-
-Christopher Cullen- si
affrettò a presentarsi
quello, porgendo velocemente la mano a ciascuna di loro –E tu
sei la voce del
gruppo…Ellie, vero?- la ragazza annuì,
stringendogli guardinga la mano
abbronzata, mentre il giovane sorrideva –Ti ho osservata
improvvisare qualche
passo di danza mentre cantavi…non era premeditato, vero?-
Ellie inarcò un
sopracciglio, sorpresa –No,
infatti. Come…?-
Ma senza risponderle, mantenendo
quel sorriso
enigmatico, il ragazzo aveva già spostato lo sguardo sulle
altre ragazze mano a
mano che stringeva loro la mano.
-Poi c’è Alex
alla tastiera. E alla
batteria…Nora, o sbaglio?- le strizzò
l’occhio in segno d’intesa, e un colorito
roseo andò subito a dipingersi sulle guance pallide di Nora.
–Al basso invece…-
-Tamica- gli venne in aiuto la
ragazza,
educatamente, mentre ritirava la mano dalla sua stretta.
Christopher sembrava soddisfatto.
Dallo
sguardo con cui le scrutava, non poté fare a meno di pensare
Ellie, sembrava
avesse trovato ciò che cercava da una vita.
-Allora- esordì il
giovane -…Twilight. Da
quanto tempo suonate?-
Alex fece le spallucce
–Bah…cinque, sei mesi
circa tutte insieme. Ma da sole, da molto di più-
Un luccichio attraversò
gli occhi di
Christopher –E i testi! I testi delle canzoni, sono tutti
vostri? Li avete
composti voi?-
-La maggior parte sono opera di
Ellie- precisò
Tamica accennando alla bionda –Ma alcuni dei
“maggiori”, come Shake,
li abbiamo composti tutte
assieme, arrangiandoli per gli strumenti- si accigliò
–Ma perché vuole sapere
tutte queste cose?-
Il sorriso di Christopher si
ampliò, mentre
uno strano, caldo brivido percorreva la schiena delle quattro amiche.
–Ragazze- disse soltanto,
sospingendole con un
garbato colpetto alla schiena verso il buffet -Se volete seguirmi, ho
qualche
parola da scambiare con voi. Vorrei parlarvi del successo, e di come ci
si
arriva…-
E in quel momento, mentre Alex ed
Ellie si
scambiavano un’occhiata sorpresa e confusa, un colpo di vento
scompigliò loro i
capelli, un’ultima volta. C’era
aria di cambiamenti.