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Autore: Auty91    01/08/2007    9 recensioni
Una band tedesca all'apice del proprio successo. Quattro ragazze, loro fans, che amano far musica sopra ogni altra cosa.
Caso, fortuna, o una buona stella che sia, si ritrovano catapultate in un mondo luminoso e imprevedibile, un vortice di nuove esperienze fatte di alti e bassi, di flash e di interviste: e in meno di un anno, il mondo dello spettacolo sorride alle Twilight.
Ma ecco che un concerto di beneficienza, una collaborazione inaspettata con la rock band tedesca più famosa del momento che ancora fa parte delle loro vite, arrivano a sconvolgere il loro tour, offrendo una possibilità insperata.
E' una storia che parla di due band, di due manager rivali e di "innocenti" sabotaggi; di uscite clandestine, di singoli incisi insieme e di scherzi e giochi per la vittoria; ma parla anche di ragazzi e di ragazze, e del destino che mette il suo zampino tra loro.
E ci si chiede: vincerà il desiderio di successo, o qualcosa di più forte prenderà il sopravvento?
Genere: Romantico, Malinconico, Comico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Tokio Hotel
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Scusate per la presentazione un po' confusa, ma come saprete non me la cavo granché con le introduzioni ^^
Come avete visto, la vacanza in Scozia mi ha fatto bene e mi ha regalato un po' di ispirazione (Per il lettori di "Due cugine allo sbaraglio"... non disperate! XD Domani, o al massimo venerdì, avrete il vostro nuovo capitolo).

Prima di condannarvi a un paio di anni gratuiti di manicomio con la lettura della ff, vorrei solo dire un paio di cose "a mia difesa":
questa non è una fanfiction dove un gruppo di ragazze diventa tutto a un tratto famoso, i Tokio Hotel vogliono all'improvviso conoscerle e tra loro nasce a prima vista l'amore (sì, sarebbe bello, lo so, ma purtroppo sono un po' melodrammatica ^^'')
No no, purtroppo qui
non sarà così: perchè come avrete letto in quella pseudo-introduzione, qui si parla di lotte, si parla di rivalità.
Una collaborazione forzata tra due band per un concerto di beneficienza: ulteriore fonte di guadagno per una, e nuovo trampolino di lancio per l'altra. E così ecco la mia storia, in cui ognuno ne vedrà di cotte e di crude, e...ah no, basta spoiler!!
Vi lascio al racconto, sperate che ne possiate uscire moralmente e psicologicamente indenni ^^ Nel caso sopravviviate, per favore, lasciatemi un commentino per farmi sapere come vado!

Un bacio affettuosissimo dalla vostra
Auty



§ §
I Tokio Hotel non mi appartengono, e con questo mio scritto privo di alcuno scopo di lucro non intendo dare una rappresentazione veritiera del carattere o delle vite dei componenti della band, né desidero offenderli in alcun modo § § 



Prologo

Before of Everything

 

Running through the Monsoon

Beyond the world,

to the end of time

where the rain won’t hurt...

All’ombra della quercia accanto della quale era stato improvvisato il palco, Ellie canticchiava nervosamente la sua canzone preferita.

In preda a un andirivieni agitato che continuava da circa dieci minuti, si mordicchiava di tanto in tanto un’unghia laccata di viola, stringendo convulsamente il microfono spento nell’altra mano; un respiro di tanto in tanto, come per calmarsi, per poi riprendere a camminare canterellando sottovoce.

Chiunque l’avesse vista in quel momento da lontano, l’avrebbe giudicata semplicemente una ragazzina come tante altre, vestita con uno scolorito top arancione e un paio di corti jeans decorati a perline variopinte; una ragazzina sicuramente con qualche squilibrio mentale, anche solo per aver pensato di potersi infilare quella piuma rosa variopinta a mo’ di crocchia tra i capelli biondi senza essere notata. L’avrebbero classificata, per concludere, come una normalissima sedicenne, afflitta certo dalla solita crisi di panico che precedeva un esame, un appuntamento, un compito in classe.

Ma non lei. A qualche metro di distanza, con le braccia comodamente incrociate al petto, Alexandra osservava divertita il piccolo show privato della sua migliore amica, talmente agitata da sembrare in preda al morso di una tarantola.

Era buffo, pensò Alex, come Ellie riuscisse a cambiare alla velocità della luce dalla vita pubblica a prima di uno spettacolo: con gli amici sapeva essere frizzante e instancabile, la vivacità e la follia allo stato puro fatte persona; ma prima di esibirsi… bè, ormai conosceva il suo rituale a memoria.

Prima si lasciava prendere dal panico, minacciando di non cantare se l’audience era troppo numerosa, e piagnucolava qualcosa sul malfunzionamento del microfono; poi si disperava (quella era la parte più stressante), e iniziava la fase critica con i tipici “E se sbaglio? E se stono? E se dimentico le parole?”.

Ma quando si ritirava da sola in un angolo a canticchiare Monsoon, Alex sapeva che era pronta a salire sul palco. Nonostante l’apparente nervosismo, quella canzone sembrava in un qualche modo calmarla, darle più sicurezza; era questo che aveva imparato su di lei da qualche mese a questa parte, più o meno da quando a una delle due era venuta la malsana idea di mettere su un gruppo ed esibirsi.

Oddio, esibirsi. Alex sorrise senza volerlo ai suoi stessi pensieri: esibirsi era ancora una parola un po’ troppo forte. Erano in quella che si poteva definire la “fase garage”, e suonavano solo a qualche rara festa di paese o giù in spiaggia. Ed esibirsi al compleanno di Angelika, quel giorno, non era poi in fondo una gran cosa, ma a loro bastava questo.

Poco più in là, con già la chitarra al collo, Tamica fece all’improvviso capolino da dietro il siparietto improvvisato del palco, segnandole con la mano che mancavano pochi minuti all’inizio.

Alex sorrise in risposta, e mosse qualche passo per avvicinarsi ad Ellie, giusto in tempo per sentire la fine del ritornello di Monsoon.

Quando le posò una mano sulla spalla la sentì sobbalzare, ma prima che l’altra si voltasse a guardarla già si immaginava cosa avrebbe detto.

-Non sono pronta!- sussurrò infatti Ellie, sgranando gli occhi verdi con aria spaurita, prima di accorgersi che a starle davanti era la sua migliore amica.

Si mordicchiò il labbro inferiore, colorato di lucidalabbra alla ciliegia, il suo preferito, rigirandosi il microfono tra le mani. –E’ ora di andare?- chiese con un filo di voce, lanciando un’occhiata preoccupata alla gente che cominciava a prendere posto davanti al palco.

Alex sorrise benevola, scuotendo la chioma mora –Ancora cinque minuti, Els, non ti preoccupare. Ricordati, siamo d’accordo con Tami e Nora: si parte con Shake, giusto per animare un po’ la festa, poi ci rilassiamo con Forget what I believed e…-

-…riprendiamo con Rock this World- concluse Ellie con un sospiro, aggiustandosi la piuma tra i capelli - Lo so, me lo ricordo. Dammi solo due minuti e sono pronta…o quasi-

Chiuse gli occhi e fece un respiro. –Dio…se sono così agitata per una sciocchezza simile, figurati se dovessimo suonare a un vero concerto!-

Alex ridacchiò –Probabilmente andresti in crisi, ancora tre ore prima che cominciasse lo spettacolo., per giunta- le scompigliò amichevolmente i ciuffi davanti -Ma ora torna sulla Terra, per favore, e ricordati che hai davanti solo qualche compagno di scuola e i parenti della festeggiata. Niente di così tremendo, ok?-

Ellie sorrise in risposta, e un luccichio della sua solita vivacità le brillò negli occhi insicuri –Vi raggiungo subito, non preoccuparti: nessun colpo di testa, promesso. E poi- aggiunse divertita -ho questo a portarmi fortuna, giusto?-

Le porse un pugno chiuso, sul cui dorso davano bella mostra di sé le iniziali “TH” seguite dal simbolo della loro band preferita, realizzate forse qualche giorno prima con un pennarello indelebile, e sorrise smagliante.

Alex le porse a sua volta il suo, anch’esso col medesimo simbolo, così come per quelli di Tamica e Nora. –Più che giusto, Els- e lo batté con forza contro il suo, come a voler suggellare un’ultima volta il tacito patto che c’era tra loro.

Si scambiarono un ultimo sorriso, entrambe ora più rincuorate e sognanti.

Erano fatte così: giovani, amiche e piene di immaginazione così come quando, quel giorno di qualche mese prima, assieme a Nora e Tamica, aveva dato vita alle Twilight.

Ancora un attimo di fantasia. Poi una voce (-Ragazze, due minuti e ci siamo!-), probabilmente di Nora, le riportò alla realtà.

La mora fece crocchiare le mani, inclinando la testa da un lato -Forza bella: tocca a noi-

-Tu vai. Io…finisco di prepararmi, va bene?-

Facendo le spallucce con aria indifferente Alex si allontanò, lasciandola ancora per un attimo sola all’ombra della quercia.

Ellie tirò un altro sospiro, alzando gli occhi verdi a fissare il cielo e poi, con apprensione, verso la piccola platea di parenti e amici poco distante da lì.

“Coraggio” si disse “E’ solo un piccolissimo show per i sedici anni di Angelika, non un concerto internazionale. Pensa allora come dovrebbe sentirsi lui prima di salire sul palco…”

Le venne da sorridere al pensiero del suo cantante preferito, con quel trucco particolare ma il sorriso luminoso, che si preparava ad uno dei suoi concerti. “Sicuramente starà meglio di me” rise con se stessa, pensando a tutte le paranoie da cui si lasciava assalire ogni volta. Si tranquillizzò un po’.

Strinse con più vigore il microfono, prima di aprire bocca un’ultima volta, a bassa voce, solo per se stessa, mentre un soffio di vento le scompigliava i ciuffi biondi della frangetta.

Beyond the world

to the end of time

where the rain won’t hurt...

 

 

...fighting the storm

Into the blue…

...and when I lose myself I think of you...

Con il viso illuminato appena dalle luci soffuse del backstage, semi immerso nell’oscurità del retroscena, Bill Kaulitz tirò un profondo respiro e continuò a cantare sottovoce il famoso ritornello della sua canzone.

Una mano corse ad aggiustarsi un ciuffo di capelli scuri che proprio non voleva saperne di star su, mentre l’altra giocherellava nervosamente col microfono, rigirandolo da una parte all’altra.

A vederlo mentre si esibiva non si sarebbe mai detto che anche lui, dietro le quinte, si lasciasse cogliere dalla preoccupazione di sbagliare qualcosa durante il concerto e, anzi, sembrava sempre parecchio sicuro di sé; eppure eccolo lì, il famoso Bill Kaulitz, a ripassare inquieto la sua canzone, la prima della serata, pensando a tutte le cose che sarebbero potuto andare storte.

E se non avesse funzionato il microfono? E se qualche fan un po’ troppo eccentrica avesse cercato di arrampicarsi sul palco? Si portò con orrore le mani ai capelli: e se gli fosse colata la matita?!

Togheter we’ll be running somewhere new…

Deglutì. Meglio non pensarci. Ma ecco che, come un angelo mandato dal cielo, una mano gli batté più o meno incoraggiante sulla schiena facendolo sobbalzare, e distraendolo finalmente da tutte le sue preoccupazioni.

-Ehi, fratellino! Hai finito di canticchiare con la tua vocetta stridula per conto tuo o possiamo andare?- lo salutò amichevolmente una voce giovale.

Bill roteò gli occhi con un sospiro: forse, più che un angelo mandato dal cielo per aiutarlo, quello era solo un rompiscatole di fratello mandato dal loro agente per fargli saltare i nervi prima dello show.

Con aria un po’ stizzita si voltò a rispecchiarsi in due occhi nocciola identici ai suoi, semplicemente più allegri e rilassati. Suo fratello Tom lo fissò sorridente per un attimo, poi schioccò la lingua con disappunto e lo squadrò critico –Dio mio, Bill, sorridi! Una mummia è più vitale di te in questo momento-

“Ed eccolo qua” pensò il moro con uno sbuffo “Tom Kaulitz e la sua innata delicatezza”. Improvvisamente non era poi così sicuro che quello fosse veramente suo fratello; in ospedale si potevano commettere tanti errori, no?, con i neonati nelle culle. Magari il suo vero fratello gemello era dolce e sensibile, possibilmente con un briciolo di intelligenza, e senza la fissazione per le ragazze e la birra.

-Bill? Ehi, ci sei o devo venirti a ripescare su Marte?-

Sì, decisamente era bello sognare.

Bill inarcò un sopracciglio, ricambiando l’occhiata perplessa di suo fratello. –Stavo…ripassando- si giustificò, stringendosi graziosamente nelle spalle, nella speranza che lo lasciasse solo per un altro po’.

-Ripassando?- Tom ridacchiò, scuotendo i rasta biondi –Andiamo bene. Allora, cosa devo dire a David? Il nostro frontman è pronto a esibirsi oppure no?-

Con un ultimo sospiro, Bill lanciò un’occhiata allo stadio colmo di fans, striscioni e luci di cellulari e flash, tra la confusione e le grida della gente; per un attimo l’incertezza lo riassalì, come un macigno opprimente e doloroso nel petto. Ripensò alle note di Monsoon, al ritmo rilassante delle parole, e riuscì a riacquistare un po’ di sicurezza.

-Andiamo- disse soltanto, spostando lo sguardo a incrociare quello del fratello che, finalmente soddisfatto, lo spinse verso l’ingresso sul palco.

…through the monsoon

Just me and you…

 

 

Grida, voci. I flash delle macchine fotografiche. Gli strilli delle fans e, sopra tutto, le parole amplificate dal microfono del presentatore.

-E ora, dal vivo qui a Nizza per voi, con il loro portentoso rock…Bill, Tom, Georg, Gustav! I TOKIO HOTEL!!!-

 

-E adesso, dopo aver gentilmente accettato di esibirsi alla mia festa, ve le presento: Ellie, Alex, Tamica e Nora… un applauso di incoraggiamento per le mie amiche, le Twilight!!-

Le parole che le vorticavano in testa, gli applausi e i fischi del pubblico. Flash.

Senza bisogno di aprir gli occhi per vederlo, Ellie avvertì le dita laccate di rosso di Alex posarsi sulla tastiera, quando le note di Shake si diffusero vivaci nell’aria; allo stesso tempo, quelle di Tamica pizzicarono esperte le corde del basso, mentre Nora attaccava l’accompagnamento sempre più forte con la batteria.

 

Era ora.

Un respiro, un sorriso alla folla e il microfono vicino alla bocca. Un’ultima occhiata d’intesa tra quattro paia di occhi, tutti carichi di determinazione, prima di iniziare a cantare.

E lo show ebbe inizio.

 

* * *

 

In mezzo ai fischi della folla, tra le tante braccia che si sporgevano verso di lui attraverso l’inferrata, Tom Kaulitz afferrò il piccolo block notes rosa che una di esse gli porgeva con smania, e vi pose divertito la propria firma con un veloce svolazzo.

-Fatto, tesoro- sorrise sornione alla ragazza davanti a lui, che ritirò rapida il blocchetto con un versetto stridulo, mostrandogli una fila di denti perfettamente bianchi.

Tom inarcò un sopracciglio, prima di spostare la propria attenzione sulla proprietaria dell’altro foglio che aveva scelto a caso tra i tanti che gli venivano tesi. La osservò bene: carina; anzi, forse anche di più. Sorrise: poteva andar bene; ancora una volta (la decima, la centesima, non lo ricordava) in quella sera, lasciò la propria firma su quel foglietto spiegazzato, aggiungendo, poco più sotto, un numero d’albergo.

-Ci si sente- disse soltanto, osservando la sua faccia prima stupita poi entusiasta, e passò all’autografo successivo.

A pochi passi da lui, con un’aria molto meno allegra e soddisfatta, un esausto Bill regalò un altro sorriso alla folla di ragazze oltre l’inferrata, provocando altri strilli.

Avvertì una mano calda posarsi sulla sua spalla e una voce, quella di David, a giudicare dal timbro, sussurrargli all’orecchio –Siete andati alla grande stasera. Resisti altri dieci minuti e poi possiamo levare le tende, d’accordo?-

Bill annuì (cos’altro poteva fare?), mentre David aggiungeva che l’autista li aspettava tra un quarto d’ora per partire subito. –Ci aspettano domani pomeriggio a Parigi per un set fotografico, e vi voglio in forma smagliante- gli diede un colpetto sulla schiena, ridacchiando –Ora vai, accontenta ancora cinque minuti queste signorine…-

Un sospiro. Bill si voltò a incrociare lo sguardo entusiasta del gemello, poco più in là, che ancora firmava magliette e quaderni con aria instancabile.

-Che saluto, eh?- lo vide mimargli con le labbra sorridenti, accennando chiaramente agli strilli sempre più forti delle fans.

Bill si costrinse a sorridere stancamente in risposta, prima di tornare un’ultima volta a osservare le ragazzine urlanti più vicine all’inferrata, che si sporgevano verso di lui.

Un leggero venticello gli spettinò i capelli, già abbastanza ribelli di loro, e il ragazzo si corrucciò.

Istintivamente si volse di nuovo a guardare il fratello e, a giudicare dalla sua espressione, capì che anche lui aveva provato la stessa, strana sensazione che lo aveva colpito col vento.

“Non hai una strana impressione?” dicevano i suoi occhi, senza bisogno che aprisse bocca.

“Lascia stare, non pensarci” gli risposero sereni quelli di Tom, tornando a spostarsi sulla fan successiva a cui autografare il cd.

Ma Bill non era tranquillo. L’aveva sentita, aveva avvertito quella sensazione così come suo fratello, e aveva capito che qualcosa, da qualche parte, stava cambiando.

“Forse ha ragione Tom” si disse tuttavia, tornando a scrivere una dedica su un quaderno sbucato fuori da chissà dove “Mi pongo problemi per un nonnulla; meglio lasciar perdere”

Eppure, chissà come o perché, quella sensazione non se ne andava: perché sapeva che da qualche parte, in un qualche luogo dove soffiava lo stesso vento, c’era aria di cambiamenti.

 

 

* * *

 

-W.o.w- sillabò Angelika, a dir poco entusiasta, porgendo per la terza volta a Tamica il piattino con gli snack –Siete state bravissime, ragazze, dico sul serio! Sono passati secoli da quando vi ho ascoltate alle prove, e avete fatto passi da gigante-

-Merito di Nora- riconobbe Ellie con sincerità, accennando col capo alla ragazza vestita interamente in nero accanto a lei –E’ riuscita a trovare nuovi ritmi con i piatti che non sapevo nemmeno esistessero-

-E di Alex- le fece subito eco Tamica –che ha riadattato tanti accordi alla tastiera-

-E non dimentichiamo…-

-Ho capito, ho capito: è stato merito un po’ di tutte- concluse sbrigativa Angelika, facendo scoppiare tutte a ridere –Piuttosto, grazie ancora per aver suonato. La festa sarebbe stata abbastanza deludente senza un po’ di sano rock-

Alex ridacchiò, facendo ondeggiare i capelli scuri –Non ringraziare noi, ringrazia i Tokio Hotel- disse soltanto, mentre le altre tre annuivano convinte.

-Oggi anche loro avrebbero avuto un concerto- spiegò pratica Ellie, notando l’espressione confusa di Angelika –Credevamo che sarebbe stato un portafortuna più che sufficiente…- fece le spallucce.

–Infatti basta guardare il successo che abbiamo avuto, per lo meno tra i compagni di scuola- per la sorpresa di tutti era stata Nora a parlare; lei!, che era sempre la più taciturna e pessimista del gruppo, esibiva adesso un timido sorriso soddisfatto. E le altre sapevano che se Nora era contenta significava che, oltre ad essere una data epica, dovevano davvero essersela cavata bene.

Alex ghignò –Per l’appunto-

E sotto lo sguardo curioso di Angelika, le quattro amiche unirono i pugni chiusi l’uno contro l’altro, come poco prima Ellie e Alex, mettendo in mostra i tatoo improvvisati dei Tokio Hotel.

-TH forever!- Tamica espresse ad alta voce il pensiero di tutte –E lunga vita alle Twilight!-

-…e l’ultima fetta di torta a meeee!- aggiunse ridendo Ellie, prima di lanciarsi verso il buffet a pochi passi da lì per impossessarsi dell’ultimo piattino di dolce rimasto.

Ignorando lo sbuffo di Nora, Alex osservò divertita Tamica lanciarsi all’inseguimento della biondina, che stringeva già in mano il piatto di torta. –Non cambieranno mai…-

-Chiedo scusa: siete voi le ragazze che si fanno chiamare Twilight?- si intromise una voce educata alle loro spalle.

Sia Alex che Nora strabuzzarono gli occhi, e si voltarono lentamente a guardare chi aveva parlato; sentendosi chiamate in causa, anche Ellie e Tamica interruppero la loro lotta, e si avvicinarono di qualche passo.

A parlare era stato un ragazzo (non dimostrava più di venticinque o trent’anni) vestito molto elegantemente, con dei corti capelli color bronzo e un sorriso sbarazzino; teneva le mani in tasca con aria noncurante, ma sembrava molto interessato mentre le squadrava ciascuna con fare divertito. Alex corrugò appena la fronte: lo riconosceva, l’aveva visto confabulare poco prima in lontananza con la madre di Angelika, che rideva, probabilmente a una sua battuta.

Senza volerlo, arrossì. Chissà che genere di impressione avrebbero potuto dargli, loro quattro: una ragazza vestita interamente in nero, a teschi, un’altra con una piuma rosa tra i capelli e un lungo baffo di panna poco più sopra della bocca; quella accanto imperlinata da capo a piedi in stile più che etnico e, come ciliegina sulla torta, lei, con la combinazione smalto rosso + french e pantaloncini sbrindellati.

Trattenne l’imbarazzo, quel tanto che bastava per rispondere senza balbettare; ma prima che potesse parlare ecco che, come suo solito, Ellie la precedette.

–Esatto, proprio noi- disse infatti la ragazza, un po’ sulla difensiva, portandosi le mani ai fianchi (Dio, perché non si puliva quel dannato baffo di panna?) –E lei chi è?-

-Christopher Cullen- si affrettò a presentarsi quello, porgendo velocemente la mano a ciascuna di loro –E tu sei la voce del gruppo…Ellie, vero?- la ragazza annuì, stringendogli guardinga la mano abbronzata, mentre il giovane sorrideva –Ti ho osservata improvvisare qualche passo di danza mentre cantavi…non era premeditato, vero?-

Ellie inarcò un sopracciglio, sorpresa –No, infatti. Come…?-

Ma senza risponderle, mantenendo quel sorriso enigmatico, il ragazzo aveva già spostato lo sguardo sulle altre ragazze mano a mano che stringeva loro la mano.

-Poi c’è Alex alla tastiera. E alla batteria…Nora, o sbaglio?- le strizzò l’occhio in segno d’intesa, e un colorito roseo andò subito a dipingersi sulle guance pallide di Nora. –Al basso invece…-

-Tamica- gli venne in aiuto la ragazza, educatamente, mentre ritirava la mano dalla sua stretta.

Christopher sembrava soddisfatto. Dallo sguardo con cui le scrutava, non poté fare a meno di pensare Ellie, sembrava avesse trovato ciò che cercava da una vita.

-Allora- esordì il giovane -…Twilight. Da quanto tempo suonate?-

Alex fece le spallucce –Bah…cinque, sei mesi circa tutte insieme. Ma da sole, da molto di più-

Un luccichio attraversò gli occhi di Christopher –E i testi! I testi delle canzoni, sono tutti vostri? Li avete composti voi?-

-La maggior parte sono opera di Ellie- precisò Tamica accennando alla bionda –Ma alcuni dei “maggiori”, come Shake, li abbiamo composti tutte assieme, arrangiandoli per gli strumenti- si accigliò –Ma perché vuole sapere tutte queste cose?-

Il sorriso di Christopher si ampliò, mentre uno strano, caldo brivido percorreva la schiena delle quattro amiche.

–Ragazze- disse soltanto, sospingendole con un garbato colpetto alla schiena verso il buffet -Se volete seguirmi, ho qualche parola da scambiare con voi. Vorrei parlarvi del successo, e di come ci si arriva…-

E in quel momento, mentre Alex ed Ellie si scambiavano un’occhiata sorpresa e confusa, un colpo di vento scompigliò loro i capelli, un’ultima volta. C’era aria di cambiamenti.

  
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