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Autore: iusip    02/08/2007    5 recensioni
Salve ragazze!! Sono tornata con una nuova fic, di cui probabilmente capirete il titolo solo nel capitolo finale. So bene che ho tante altre storie in sospeso…e in realtà questa fanfiction era nata come una one-shot…ma poi, come al solito, la mia fantasia ha preso il volo! Quindi cercherò di stare dietro a tutte, seguendo l’ispirazione del momento…e sperando che questo mio nuovo lavoro, forse ancora più realistico e drammatico dei precedenti, vi possa piacere. La storia sarà strutturata attraverso ricordi e pensieri, a volte di Kaori, altre volte di Ryo. Sembra che i nostri eroi, dopo essersi sposati, abbiano finalmente trovato la felicità e la tranquillità…ma una tragedia inaspettata sconvolgerà le loro vite, separandoli per molti anni. Ma, nonostante il dolore, la speranza è sempre l’ultima a morire….Aspetto impaziente di sapere cosa ne pensate…qualsiasi commento è gradito! Grazie in anticipo a tutti coloro che leggeranno e commenteranno. Buona lettura.
Genere: Triste, Drammatico, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Kaori/Greta, Ryo Saeba/Hunter
Note: What if? (E se ...) | Avvertimenti: nessuno
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Se hai parole da dedicarmi sono qui ora
ad ascoltarle prima di allontanarmi
le mie parole avranno il tuo sapore
ogni giorno di più, ed ogni giorno avrò più calore.




“ Kaori,

non so cosa mi abbia spinto a prendere in mano la penna e buttare giù queste righe, forse insensate, forse sconclusionate, forse incoerenti, ma dannatamente vere.

Forse è stato il brivido che mi ha scosso dentro quando mi sono voltato, stamattina, e ti ho osservata dormire, un lusso che posso raramente concedermi, visto che di solito quando mi sveglio tu sei già in piedi da un pezzo, affaccendata intorno ai fornelli, o intenta a spettegolare con Miki al telefono.

Ma adesso ti guardo, incosciente nel dolce abbandono del sonno, e la mano scorre su questo foglio, esplicitando pensieri che forse non avresti mai pensato di poter leggere.

Ancora non capisco perché sia così difficile esprimere ciò che provo per te.

Siamo sposati da un anno, e ancora non sono riuscito a dirti che ti amo. Forse perché lo trovo riduttivo, forse perché due parole non potranno mai rappresentare il groviglio di emozioni che scaturiscono dal profondo, da quel luogo misterioso che alcuni chiamano anima, e mi basta guardarti e non so più chi sono.

Ci sono sentimenti, sensazioni, suoni, colori, che si possono solo evocare, mai descrivere.

Le parole rischiano di renderli sterili e banali, di ridurre le cose importanti a vuote frasi ad effetto stampate sui bigliettini dentro ai cioccolatini.

Forse Shakespeare riesce ad esprimere i miei sentimenti nel sonetto 47, e di certo potrei rimanere qui altri due giorni a pensare, ma non troverei mai un’immagine migliore:

Così, per la tua immagine o per il mio amore, anche se lontana sei sempre in me presente; perché non puoi andare oltre i miei pensieri, e sempre io son con loro ed essi son con te; o se essi dormono, in me la tua visione desta il cuore mio a delizia sua e degli occhi.

Se dieci anni fa mi avessero detto che un giorno avrei scritto una cosa del genere ad una donna, e non ad una qualsiasi ma a mia moglie, di certo mi sarei fatto una grassa risata.

Ma arriva un momento, nella vita di un uomo, in cui bisogna tirare le somme, e prendersi le responsabilità delle proprie azioni.

Per otto anni abbiamo vissuto sotto lo stesso tetto, non sapendo come definire la nostra singolare relazione.

Amici? Non proprio.

Colleghi? Non solo.

Tu cucinavi, lavavi, stiravi, mi preparavi il pranzo e ti occupavi di me come solo una moglie o una madre avrebbero potuto fare.

Io ti proteggevo, a modo mio, sacrificando la tua felicità, la nostra felicità, alla mia etica distorta, ai miei egoistici principi, persuaso di agire nel tuo interesse, ignorando abilmente i tuoi bisogni di donna, tacitando efficacemente la mia coscienza che mi sussurrava, maliziosa, che ero soltanto uno stupido presuntuoso.

La verità è che non sapevo come altro giustificare la mia vigliaccheria, quella che mi portava ad avvicinarti e poi respingerti, ad insultarti, ad oppormi con tutte le mie forze a quel legame inossidabile che ci univa e ci unisce e che continuerà ad unirci fino alla fine dei tempi, ed è una cosa di cui sono certo nonostante la mia tendenza allo scetticismo.

La verità è che ero un uomo immaturo e in fondo irresponsabile, e non sapevo nemmeno io cosa volessi dalla vita.

 L’ho capito un giorno di febbraio, mentre ero seduto con Mick al bancone di uno dei night club che eravamo soliti bazzicare.

Fuori faceva così freddo che il nostro respiro si condensava in piccole nuvolette, e le nostre mani stringevano i bicchieri attraverso spessi guanti di pelle.

Entrambi eravamo voltati verso il palco, dove una bella ragazza bruna seminuda ballava, mostrando impudica le sue grazie.

Io la guardavo, ma senza davvero vederla. Pensavo. Mi dirai che un night club non è propriamente un luogo appropriato per pensare, ma i pensieri sono bastardi, ti braccano e ti prendono alla sprovvista, quando meno te lo aspetti.

Pensavo, Kaori, a me, a te…e te e Nate.

Quasi intuendo i miei pensieri, Mick mi chiese di te.

« Kaori come sta? Esce ancora con quel tipo? »

Continuavamo entrambi a guardare verso il palco, e nessuno, guardandoci, avrebbe immaginato che stavamo parlando di “cose serie”, come le definiresti tu.

Non gli ho risposto, limitandomi a sollevare le spalle, come se la cosa non mi importasse, come se quello fosse un dettaglio assolutamente insignificante, per me.

Ma Mick è un osso duro, e sa essere un vero bastardo quando vuole.

« Ormai sono quasi tre mesi che frequenta il biondino, vero? Nate, se non mi sbaglio. »

Allora mi sono deciso a guardarlo, e se uno sguardo potesse uccidere, l’americano sarebbe un Angel di nome e di fatto.

Lui mi ha sorriso, per niente intimidito, ha poggiato il bicchiere sul bancone e ha pagato il conto.

« Sai cosa diceva sempre un vecchio saggio, Ryo? Dietro ogni grande uomo c’è sempre una grande donna. Ricorda queste parole, City Hunter. »

Poi si è alzato, uscendo dal locale, lasciandomi solo con i miei pensieri.

Per una buona mezzora ho semplicemente fatto roteare i cubetti di ghiaccio nel bicchiere, lentamente, osservandoli mentre si scioglievano.

Poi mi sono alzato, sono tornato a casa e ti ho chiesto di sposarmi.

Ricordi quella notte?

Sono rientrato verso mezzanotte, decisamente presto, per i miei standard.

E ti ho trovata in salotto, rannicchiata sul divano sotto due pesanti coperte di lana, a sfogliare un vecchio album di fotografie, con un sorriso dolce e nostalgico sulle labbra.

Quando mi hai sentito entrare hai sollevato gli occhi su di me con espressione interrogativa, quasi a chiedermi cosa ci facessi già a casa, poi hai scrollato le spalle e forse hai deciso che in fondo non ti importava.

Abbiamo guardato le foto insieme, ridendo, commentando i cambiamenti, e ciò che invece è rimasto uguale, nel corso degli anni…

Poi hai afferrato un album, con una sottile targhetta che recitava “KAORI”, e mi hai mostrato tutte le tue fotografie più belle, da quando eri piccola ad oggi.

Ti ho vista crescere, pagina dopo pagina, maturare nel viso e nel corpo, ma la dolcezza nel tuo sorriso e i tuoi occhi da cerbiatta sono rimasti sempre gli stessi.

L’ultima fotografia del tuo album personale mi ha lasciato senza fiato.

Tu e Nate abbracciati.

Nate, il biondino che hai conosciuto da Miki e che frequentavi da troppo tempo per i miei gusti.

Così, dopo aver fissato quello scatto per qualche secondo, mi sono deciso.

Pensavo di usare parole semplici. Sarebbe bastato un tradizionale “Vuoi sposarmi, Kaori?”, e tutto sarebbe andato liscio.

Invece ho voluto impelagarmi in un discorso intero, ottenendo come risultato la proposta di matrimonio più improbabile e disastrosa della storia dell’umanità.

Ricordo quella scena pietosa come se fosse ieri.

« Kaori, noi ci conosciamo da più di otto anni…abbiamo vissuto insieme sotto lo stesso tetto quasi come marito e moglie, quindi ormai è inutile negare quello che…ehm…insomma, quello che voglio dire è che ti ho vista in quella foto con Nate, e sorridevi, e avrei voluto che quel genere di sorrisi fossero riservati solo a me. Per questo mi chiedevo se ti andava di sposarti. »

Una pausa.

« Di sposarti con me, intendo. »

Tu mi hai fissato in silenzio, quasi sgomenta, per un minuto buono, e devo ammettere di aver pensato che non era proprio la reazione che mi sarei aspettato dopo una proposta di matrimonio.

Forse ero stato troppo precipitoso? Forse volevi essere corteggiata prima di fare un passo così importante.

E se ti fossi davvero innamorata di quell’altro? E se avessi scelto lui, come tuo futuro marito?

La tua risposta mi ha a dir poco spiazzato.

« Nate è omosessuale, Ryo. Siamo soltanto amici. Volevo che lo sapessi, prima di dire cose di cui potresti pentirti. »

Per un attimo ci siamo fissati, in silenzio.

Sarò sincero con te. Passata la paura, venuto meno il presunto rivale, un’ondata di puro panico mi ha assalito, all’idea di quello che ti avevo appena proposto.

Volevo davvero rinunciare alla mia solitudine, alla mia vita notturna, alle mie uscite con Mick, alle mie tresche, al mio egoismo?

« Comunque…ehm…la mia risposta sarebbe sì. Sempre nel caso in cui la tua proposta fosse ancora valida, ovvio », ti sei affrettata ad aggiungere.

E la tua irrinunciabile onestà, il tuo altruismo, la tua generosità, il tuo imbarazzo, i tuoi occhi che fuggivano i miei, hanno avuto la meglio sulle mie difese, sul mio debole cinismo, sugli argini ormai  corrosi del  mio desiderio di te.

Ci siamo sposati un ventoso giorno di primavera, sulla tomba di tuo fratello, quasi a voler renderlo partecipe della nostra gioia.

Niente abito bianco, niente cerimonia, niente prete, soltanto io e te e tutti i nostri amici, in un luogo che sarebbe risultato macabro alla maggior parte della gente, ma che per noi era perfetto.

Perché noi andiamo oltre la tradizione, oltre le icone e il simbolismo. Per noi contano solo le cose vere, l’essenza che trascende l’apparenza.

 Abbiamo giurato di amarci per sempre, in questa vita e in altre “varie ed eventuali”, come ha aggiunto quel deficiente di Mick.

E mentre Miki piangeva commossa, e Mick ti baciava sulla guancia, mentre ti osservavo, radiosa nel tuo semplice vestitino primaverile, ho sentito di aver fatto per una volta la cosa giusta.

La festa al Cat’s Eye che ci hanno organizzato i nostri amici ti ha commossa, e ha commosso anche me.

Vederli così felici per noi, di una felicità disinteressata e sincera, mi ha svelato il significato della parola “famiglia”.

Ricordi Mick e Umi, completamente sbronzi, che cantavano a squarciagola quella ridicola canzoncina?

Perchè è un bravo ragazzo, perchè è un bravo ragazzo, perchè è un bravo ragazzoooooo...E nessuno lo può negar!!!

Se la felicità potesse essere associata ad un ricordo, ad una immagine passata, credo che la mia sarebbe quella: Mick e Umi a cantare sul tavolo, tu, Miki e le altre a parlare sorridenti, lo sguardo che ci siamo scambiati, ormai marito e moglie, mentre tutti attorno a noi ci festeggiavano.

Adesso ti stai stiracchiando, inarcando la tua schiena sinuosa. Nascondi la testa sotto il cuscino, infastidita dal raggio di sole che, filtrando dalle persiane, ti colpisce il viso. Stai per svegliarti.

Ieri mi hai detto, raggiante, che Miki è incinta di un maschietto e…

Mi trema la mano, mentre lo scrivo, ma credo di essere pronto per crescere un bambino nostro. So che è la cosa che tu più desideri al mondo, e so che hai sempre rispettato i miei tempi.

Ma ci ho pensato tutta la notte – in effetti non credo di aver mai pensato tanto ad una cosa – e l’idea di avere un bambino mi provoca un brivido strano, un misto di paura e di eccitazione.

Te lo immagini, un piccolo me in miniatura, che scorazza per tutta la casa?…

Buon anniversario di matrimonio, amore mio.

Tuo per sempre,

Ryo ”




Una lacrima cade silenziosa sul tuo nome, sciogliendo l’inchiostro e creando una macchia frastagliata sul bianco quasi accecante di questo foglio, che stringo spasmodicamente tra le mani.

La carta cede, docile, accartocciandosi e stropicciandosi lievemente.

Perché ho riletto questa lettera? Perché proprio oggi, che è il giorno del nostro anniversario?

Sarebbe; il giorno del nostro anniversario, se fossimo; ancora sposati, mi correggo con una punta di autolesionismo.

Il passato mi tormenta, i ricordi non mi lasciano alcuno scampo.

Seduta sul letto, con la testa fra le mani, guardo l’uomo che dorme accanto a me.

Un uomo che non sei tu, nonostante ogni mattina, nella semi-incoscienza del sonno, mi sembri ancora di vedere le tue ciocche nere sparse sul cuscino.

E dire che, volontariamente, esco solo con uomini biondi dagli occhi chiari, che si discostino il più possibile da te, sia fisicamente che caratterialmente.

Salvo poi chiudere con loro nel giro di qualche settimana, non appena la cosa comincia a farsi più seria. Almeno da parte loro.

Nessuno è come te, Ryo.

Nessuno potrà mai sostituirti, nel mio cuore e nei miei ricordi.

Ci ho creduto, per un breve periodo di tempo, ho creduto di potermi lasciare il passato alle spalle e di poter ritrovare la felicità di un tempo.

E invece mi ritrovo intrappolata in questa opaca parvenza di tranquillità, in questa monotona riproposizione di gesti, e parole, e sguardi, che ormai non hanno più senso.

Ne avevano solo con te.

Non compatirti da sola, Kaori, ormai il passato è passato. Non c’è niente che tu possa fare. È inutile che continui a tormentarti.

Mi alzo dal letto, cercando di non svegliare Brad.

Non ce la farei a fissare i suoi occhi verdi, adesso. Il paragone con un altro paio di occhi, scuri e profondi, sarebbe troppo facile.

Mi spoglio, poi mi infilo sotto la doccia.

Chiudo gli occhi, mentre l’acqua mi scivola sulla pelle, ghiacciata, in un vano tentativo di lavarti via dal mio corpo.

Ma, al contrario, non posso fare a meno di ricordare.



PS: La parte iniziale in corsivo è una strofa di "Parole da dedicarmi" di Nesli. È davvero bellissima, vi consiglio di ascoltarla!!

  
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