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Autore: redeagle86    15/01/2013    1 recensioni
Spoiler cap.80
Quando aveva visto le condizioni di Gilbert, Ada aveva pensato che la felicità, se esisteva davvero, non li avrebbe mai toccati. Che avrebbero potuto raggiungerla solo in un mondo senza Oz, un mondo in cui suo fratello non fosse mai esistito.
Genere: Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Ada Vessalius, Gilbert Nightray
Note: nessuna | Avvertimenti: Spoiler!
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un mondo senza oz Un mondo senza Oz

Le frasi di un celebre racconto si perdevano tra le pareti candide della stanza illuminata dal sole; il temporale della notte era ormai solo un ricordo di cui restavano delle pozzanghere lungo le strade.
Proprio come quel giorno di dieci anni prima.
Lui, ferito nel corpo e nell'anima, con l'unico desiderio di non svegliarsi mai.
Lei, calma e tranquilla, che leggeva quel vecchio romanzo nell'attesa di rivedere i suoi occhi dorati.
Intorno, un mondo nuovamente sconvolto da una verità inaccettabile che cambiava totalmente le loro vite e rendeva incerto il futuro.

Gilbert mosse piano le palpebre, colpito dalla luce improvvisa che gli impediva di vedere chiaramente ciò che lo circondava. Nella sua mente non c'era meno confusione: ricordava di aver sparato ad Oz, di aver sacrificato il proprio braccio e aver stipulato un nuovo contratto con Raven, di essere fuggito con il padroncino e aver incontrato...
Oscar! Ma certo, Oscar voleva uccidere suo nipote!
Si sollevò di scatto, bloccandosi altrettanto rapidamente appena la testa iniziò a girare ed ogni cosa si tinse di nero.
-Come ti senti, Gil?
Quella voce. Il suo dolce ed innocente angelo custode gli era accanto anche in quel momento.
-Signorina Ada...- mormorò, riuscendo a mettere a fuoco l'esile figura seduta sul letto con un libro tra le mani e il suo sorriso incantevole dipinto sul viso. -Dove...
-Al sicuro, non temere. Lo zio Oscar vi ha portati qui dopo che hai perso i sensi nei sotterranei.
-Oscar?! Ma... dov'è Oz?
-Nella camera accanto. E so cosa voleva fare mio zio: c'ero anch'io quando mio padre gli ha dato quell'ordine. Credo non si sia neppure reso conto della mia presenza.
Il sorriso della giovane divenne triste e Gil non riuscì a non pensare che, quando parlava del padre, somigliava terribilmente ad Oz. La stessa espressione velata di malinconia, gli stessi occhi verdi devastati dall'infelicità. E, dentro il moro, lo stesso senso di impotenza che lo attanagliava di fronte al dolore dei due fratelli Vessalius.
-Avresti dovuto ucciderlo, sai?
-Signorina... è vostro padre... e io...
-Un uomo che condanna a morte il proprio figlio non può essere chiamato “padre”. Per me lui è morto.
L'amico non replicò, concedendosi un istante per osservare quella ragazza ormai donna che era stata trasformata dagli eventi e da una vita che non le aveva regalato altro che sofferenze. Prima suo fratello era scomparso nell'Abisso, poi Gilbert se n'era andato; ora che Oz era tornato, aveva scoperto che si trattava di Jack Vessalius, una sorta di mostro uscito dalla dimensione oscura dove dimoravano le Catene.
-E in ogni caso, Oz non corre pericoli: lo zio non ha intenzione di ubbidire.

Oscar aprì lo sportello della carrozza, senza salire: c'era già qualcuno all'interno, qualcuno che aveva visto crescere e cambiare nel corso di quei lunghi dieci anni. Perché l'Abisso cambiava anche chi non finiva al suo interno.
-Ada, che ci fai qui? Ti avevo detto di...
-Non ti permetterò di far del male a mio fratello.
-Non essere sciocca- ribatté, severo. -Quello non è tuo fratello, lo sai benissimo. Non è neppure... -S'interruppe, affondando negli occhi verdi della fanciulla, pieni di ostinata determinazione, la testardaggine tipica dei Vessalius che lui aveva perduto insieme alla moglie.
-Nemmeno cosa, zio? Nemmeno umano? E colui che accetta di scambiare il proprio figlio può forse definirsi umano?- gli chiese. -O la persona che ubbidisce all'ordine di uccidere il ragazzo che ha cresciuto come un figlio... anche se niente di ciò che ha perso gli verrà restituito.
-Tu non capisci- replicò, mentre le convinzioni di pochi istanti prima iniziavano a vacillare. Jack andava cancellato prima che la tragedia di Sablier si compisse una seconda volta, prima che altri innocenti pagassero per la sua follia.
-Non c'è niente da capire! Oz è mio fratello, qualsiasi cosa dica mio padre. E se insisti nel voler portare a termine il tuo compito, dovrai vedertela con Gil.
-Gil è un Baskerville, un servo di Glen. Forse Oz... è già morto per mano sua.
Lui stesso non credeva a quelle parole, ma sperava di abbattere le resistenze di Ada che gli rendevano ancora più difficile sporcarsi le mani con il sangue del nipote.
-No, non lo farebbe mai. Oz è suo amico prima di essere il suo padrone. Glen ha solo la sua fedeltà, una cosa di poco conto rispetto all'amicizia. Ti fermerà, zio, anche a costo di ucciderti.- Prese una pausa, per dar modo all'uomo di riflettere sulle conseguenze di un gesto simile. Suo zio non avrebbe mai inferto un dolore del genere a quel ragazzo, non lo avrebbe mai costretto al tormento eterno di un solo colpo di pistola. -Non obbligarlo ad arrivare a questo.

E Gilbert, dandole ragione, aveva puntato la pistola contro colui che gli aveva dato una casa e una famiglia.
Alla fine suo zio aveva capito che il vero colpevole in quella storia non era il ragazzo che dormiva nella camera accanto, ma Zai Vessalius: prima si era alleato con Jack ed ora voleva ucciderlo per rientrare nelle grazie dei Baskerville e salvarsi la vita.
-Sapevo che non avresti mai ubbidito a Glen- disse Ada. -Tu sei uno di noi e il cognome che porti non...
-Ho sparato a vostro fratello, signorina- la interruppe, forse per la prima volta in vita sua. Non meritava tutta quella fiducia, lui che era una persona orribile.
-Mi sembra che tu ti sia già punito duramente per questo.
Gil notò il suo sguardo smeraldo scivolare dal viso al collo e poi lungo la spalla, fermandosi là dove Raven gli aveva strappato il braccio. Non si nascose, né tentò di coprire quella deturpazione: non era una cosa momentanea o una semplice ferita che gli avrebbe lasciato una cicatrice. Non avrebbe più riavuto quell'arto, la sua mano sinistra non avrebbe più potuto sfiorare la pelle morbida della fanciulla di fronte a lui. Sempre che un giorno avesse mai trovato il coraggio per farlo, ovviamente.
-Non guardatemi così, vi prego- sospirò, abbassando gli occhi. -Era l'unico modo per rompere il mio legame con Glen. Dovevo farlo per proteggere il signorino Oz.
Oz. Sempre e solo lui.
Quando aveva visto le condizioni di Gilbert, Ada aveva pensato che la felicità, se esisteva davvero, non li avrebbe mai toccati. Che avrebbero potuto raggiungerla solo in un mondo senza Oz, un mondo in cui suo fratello non fosse mai esistito.
E subito dopo si era sentita un mostro per aver concepito quell'idea crudele, per essere stata gelosa della devozione del moro verso una persona che non era lei. Che non sarebbe mai stata lei.
Lei era un puntino sullo sfondo, qualcuno da lasciarsi alle spalle senza troppo rimorsi. Lo facevano tutti, in fondo: probabilmente anche Glen l'avrebbe ignorata malgrado fosse una Vessalius.
-Signorina- pronunciò piano il giovane, turbato dal suo improvviso silenzio.
-Dimentica quel titolo e chiamami Ada. Non c'è più bisogno di formalismi: non sono più una signorina.
L'altro sbiancò a quelle parole, perdendo totalmente il colore del viso: mille terribili immagini di abiti bianchi, fiori d'arancio e altari gli passarono davanti, togliendogli il respiro e costringendolo ad annaspare in cerca d'aria.
-Vi... vi siete sposata?- domandò con un filo di voce. Non poteva essere. E con chi? Era mai possibile che Vincent si fosse spinto a tanto?
Ada lo guardò sorpresa prima di scoppiare a ridere, eliminando la tristezza che l'aveva catturata: era sempre il solito, dopotutto.
-Certo che no- rispose. -Ma bisogna guardare in faccia la realtà: i Vessalius ormai sono dei nemici e in breve ci verrà tolto ogni privilegio. Sempre che Glen non decida per un provvedimento più... definitivo.
-Ma voi... voi non siete... voi...- si agitò, preoccupato. La ragazza li stava aiutando: era un affronto ai Baskerville, un tradimento. Una condanna a morte.
- "Siete troppo stupida per costituire un pericolo”?- completò, abituata ad essere trattata come una bambinetta sciocca ed ottusa, persa in un mondo rosa e pieno di balocchi.
-Nemmeno per un attimo ho pensato questo di voi.- Il tono di Gil era serio, privo del solito imbarazzo che lo paralizzava ogni volta che apriva bocca per rivolgersi alla biondina. -Voi siete coraggiosa, molto più di quanto potrò mai esserlo io. È solo grazie alla vostra forza se dieci anni fa ho trovato la speranza e non mi sono arreso.
In quelle settimane di convalescenza non l'aveva vista versare una sola lacrima e non perché fosse troppo piccola per capire cos'era successo. Ada non era mai stata troppo piccola, anche se si è sempre troppo piccoli quando si è costretti a crescere tanto in fretta.
Lei aveva nascosto il dolore in un angolo e si era presa cura del povero Gil, senza arrendersi, continuando ostinatamente anche quando il ragazzino non la degnava di uno sguardo o di un semplice cenno. Aveva insistito finché non era riuscita a farlo emergere dal suo abisso personale... ed era stata ricompensata con un abbandono.
Perché Gilbert, come sempre, non aveva capito nulla.
Perché il motivo di quella tenacia gli era stato chiaro quando ormai era impossibile tornare indietro, quando Raven era già diventato una seconda pelle. La cocciuta battaglia di Ada non era la testardaggine di una bimba o un suo capriccio: era disperazione. Quella bambina si era aggrappata all'amico, l'unico che le fosse rimasto dopo la scomparsa di Oz: si era insediata nella sua camera, gli aveva tenuto compagnia... era stata forte per paura di perdere anche lui.
Ma Gil non aveva capito un bel niente e aveva seguito Break.
-Ora voi dovete allontanarvi il più possibile, lasciarci qui e...
-Dieci anni fa ti ho lasciato andare e sei diventato un Nightray, un “nemico” dei Vessalius. Ti ho lasciato andare anche a Latonwidge e ti ho ritrovato senza un braccio, con il marchio dei contraenti.- Abbassò gli occhi, stringendo l'orlo della corta gonna bianca. -Se ti lasciassi andare anche stavolta, temo che sarebbe un addio.
-Signorina, noi ce la faremo, vedrete. Voi dovete vivere, non potete permettervi di stare con noi e continuare a fuggire. Sono certo che non vi faranno nulla, che...
-Mi faranno sposare qualche stupido alleato dei Baskerville per tenermi sempre sotto controllo. Questa non è vita, Gil: continuare a respirare non è vivere.
-Lo so bene- ammise, chinando il capo e passando le dita lungo la cicatrice che gli solcava il petto. Amava Ada, la amava da quel giorno lontano in cui Oz gli aveva aperto il petto con la spada. La amava e non poteva confessarlo: poteva soltanto ammirarla da lontano mentre volteggiava lieve tra braccia che non erano mai le sue. Come le braccia di Vincent, ad esempio.
Anche quella non era vita, ma a volte bisognava accontentarsi di respirare solamente, anche quando l'aria aveva il suo profumo e ogni parola pareva dotata di vita propria.
-A me... - esordì in un sussurro. -A me basterebbe sapere che state bene, per continuare a vivere.
-Gil... - Ada si volse e lo fissò intensamente, quasi avesse bisogno di convincersi d'aver sentito bene, di non aver frainteso.
-Non potrei mai mettervi in pericolo... e sono sicuro che Oz pensa lo stesso- disse, tentando di recuperare il controllo dopo la frase di pochi secondi prima.
Le illusioni dell'amica si dissolsero come neve al sole ed un' espressione di circostanza le segnò le labbra: dopotutto quello era un mondo in cui Oz esisteva. Nel bene e nel male. Un mondo in cui Gilbert avrebbe messo il suo padrone prima di ogni altra cosa o persona.
Si alzò, lisciando delle invisibili pieghe sui suoi abiti e muovendo alcuni passi verso la porta.
-Io... rifletterò sulle tue parole- pronunciò, abbassando la maniglia. -Tu pensa solo a riposare.
-Certo, signorina.
Il moro sorrise alla figura che usciva dalla camera, ignaro di averle spezzato il cuore per l'ennesima volta con una parola fuori posto. Se le avesse confessato i suoi sentimenti invece di nasconderli dietro mille paure, avrebbero raggiunto entrambi la felicità, quella felicità che pareva un miraggio lontano in mezzo ai mille guai che li avvolgevano.
Ma non era quello il tempo. Forse non ci sarebbe più stato tempo.

-Zio Oscar?
L'uomo si girò, guardando la nipote e aspettando: aveva un'aria incredibilmente triste, ma sapeva che non gli avrebbe mai confidato il motivo. Non aveva ucciso Oz, ma ormai aveva perduto la fiducia di tutti.
-Ada, dimmi pure.
-Potresti ripetermi dove si trova quel luogo di cui mi hai parlato stamattina?

FINE

NdA
Gil, a volte sei proprio un idiota.
Gil: Ma io che c'entro?! Hai fatto tutto tu!
Certo, certo, riparati dietro delle scuse. Hanno letto tutti la verità: sei un insensibile idiota che dovrebbe mandare Oz a pascolare e vivere felice e contento con Ada.
Gil: Aspetto solo che tu scriva una ff del genere -___-
Allora, questa storia nasce per due motivi:
1-La svolta del manga (Gil sparerà davvero a Oscar?!)
2-Dimostrare a me stessa che sono ancora in grado di scrivere qualcosa dall'inizio alla fine.
Che dire? Gil come al solito rovina tutto nominando quel fesso di Oz e Ada decide di allontanarsi da loro per rifugiarsi in un luogo sicuro dove aspettare le decisioni di Glen.
In attesa del 18 gennaio per scoprire cosa farà Gil (Perderà altri pezzi o il braccio sarà l'unica cosa che sacrificherà per colpa di Oz?) godetevi questo ipotetico continuo...
Alla prossima
redeagle86
  
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