Minacce
di Matrimonio.
Quanto ho retto senza scrivere di
loro, duetre giorni? Sono
senza speranza…Comunque sia, ecco quello che succede quando,
invece di
studiare, si passa il pomeriggio a rimuginare. La Os non ha
apparentemente
alcuna connessione con la Bisbetica o Menti(mi) ,anche se in un certo
senso le
ricorda e le richiama, a voi la scelta di interpretazione…
Un grazie a Valentina,
si è prestata come prima cavia e mi ha incoraggiata ad
inviare questa “cosa”
alla mia super-beta.
Un grazie alla mia super-beta, Lady_Thalia, che ,purtroppo per lei, non
ha avuto tregua, ma si
becca comunque i miei deliri. Il suo lavoro è sempre
perfetto e necessario.
Un grazie al mio Thad,
che dopo aver letto la Os, mi ha riempita di insulti. Sì, ti amo anche io.
ANGOLO
PUBBLICITA’SPOLIER ALTRUI: il mio testo prende
spunto e idea da una
situazione che verrà descritta (il capitolo non è
ancora stato pubblicato)nella
storia di un’altra autrice, che io amo e stimo. Lei
è Smythwood e la storia
è Never
Let Me Go.
Capitolo Unico
*
Sebastian Smythe si fermò
davanti al primo dei tre gradini
che portavano alla porta di casa.
Era un’abitazione come
tante se ne vedevano in quella zona:
giardino curato, portico pulito e auto parcheggiata nel vialetto.
Si tolse gli occhiali da sole e li
infilò nella propria
giacca.
Lo faceva
per Thad.
Ripeté mentalmente questa
frase, mentre saliva i gradini e
imponeva a se stesso di restare calmo, qualsiasi
cosa fosse accaduta.
Prese un respiro profondo,
accarezzando con lo sguardo
quelle lettere, incise sulla porta in legno, che insieme formavano quel
cognome
che tanto amava: Harwood.
Avrebbe
attraversato
l’Inferno a piedi per Thad.
Suonò il campanello e
attese che qualcuno arrivasse ad
aprirgli.
Udì dei passi
dall’altra parte della porta, delle voci
confuse e, poi, il padre.
-Smythe.- sibilò,
disgustato, l’uomo, cercando di chiudere la porta.
Sebastian infilò un piede
tra lo stipite e l’uscio,
impedendo all’altro di chiuderlo fuori da casa sua. -Non
così in fretta,
Harwood. Devo parlarti.-
-Non abbiamo nulla da dirci, Smythe.-
insisté il padre di
Thad. -Non mi costringere a chiamare la polizia.-
-Si tratta
di Thad.- ringhiò
Sebastian. -Non è un piacere dividere l’ossigeno
con te. Ascoltami e dopo me ne
andrò. Non ci tengo alla tua compagnia.-
Il signor Harwood lasciò
andare la maniglia, permettendo
all’altro di entrare in casa. -Hai cinque minuti : dopo, ti
voglio fuori da
casa mia.-
-Che
peccato, speravo
in un invito a pranzo.- ironizzò il ragazzo
percorrendo, con l’aria di chi
conoscesse bene quella casa, il corridoio
che portava al salotto.
La signora Harwood uscì
dalla cucina, attirata dai toni poco
pacati dei due uomini. -Sebastian.-
lo salutò, preoccupata.
Il signor Harwood odiava quel
ragazzo. Smythe aveva sempre
avuto una grande influenza sul figlio. Tutto
gravitava intorno a Sebastian Smythe. Ma, in quegli occhi
verdi e freddi, lei
aveva visto tantissimo amore. Se n’era accorta quando, per
caso, si era ritrovata
a osservare Thad e Sebastian nel porticato, mentre scherzavano tra loro.
Smythe si piegò su di lei,
posandole un bacio sulla guancia.
-Ciao, mamma.-
-Non è tua madre.- lo
riprese il signor Harwood, scortandolo
fino al divano.
La madre di Harwood l’aveva
accolto, fin dall’inizio,
l’aveva trattato come un figlio e si era presa cura di lui.
Era una brava
donna, amorevole e premurosa, ma amava uno zotico dalla
mentalità chiusa.
Sebastian fece roteare gli occhi e si
accomodò, accavallando
elegantemente le gambe.
Il padre di Thad rimase in piedi, di
fronte al ragazzo, in
attesa.
-Ho
intenzione di
chiedere a Thad di sposarmi.-
L’uomo osservò
l’altro, sorpreso e senza parole.
-Non vi sto chiedendo una
benedizione.- continuò Sebastian.
-Gli chiederò di sposarmi e lui mi sposerà. Che
voi vogliate o no.- il signor
Harwood fece per interromperlo, ma Smythe glielo impedì.
-Non mi interessa che
voi approviate.- osservò la madre di Thad e poi
riportò lo sguardo sul padre. -Non
mi interessa la tua approvazione. Puoi anche non esserci al mio
matrimonio, è una
gastrite in meno.- ammise. -Ma Thad ci
tiene.-
Lo faceva
per Thad.
-E’
per questo che
sono qui.- continuò Sebastian. -Tuo figlio ci tiene al fatto
che tu sia
presente al matrimonio, lo so. Ha questa strana tendenza a reputare
importante
il tuo parere. Conosce perfettamente il tuo pensiero a riguardo,
è per questo
che non verrebbe mai qui, di persona, a chiederti di parteciparvi.
L’espressione
schifata che hai in questo momento lo ferirebbe.-
-Un matrimonio gay.-
-Un matrimonio gay, già.-
disse Smythe. -Tra uomini, due finocchi o
checche.- utilizzò gli
epiteti che il signor Harwood aveva loro riservato quel giorno che
scoprì la
loro relazione. -Amo Thad. Ho intenzione di sposarlo. Lo amo a tal
punto da
presentarmi a casa tua, nonostante abbia giurato di non rivolgerti la
parola
fino alla fine dei miei giorni, e minacciarti.-
Il signor Harwood strinse i pugni,
cercando di non colpire
quel ragazzino insolente che pretendeva di dettar legge in casa sua.
-Osa non
presentarti
al matrimonio di tuo figlio e ti assicuro che implorerai
pietà.-
*
Si sentiva
un leone in
gabbia.
Ripercorse con cinque passi il
corridoio che dava alle
quinte del teatro scelto per celebrare il loro matrimonio.
Ripassò mentalmente la
propria promessa, rendendosi conto di
non ricordare nemmeno come iniziare.
Socchiuse gli occhi e
piegò il collo.
Doveva
calmarsi.
Sebastian
Smythe non
era mai agitato.
Aspettava che Thad finisse di
prepararsi: avevano deciso di fare la loro
entrata insieme, l’uno era la famiglia
dell’altro, non avevano bisogno di genitori che li
accompagnassero all’altare.
Una delle porte dei camerini si
aprì e udì un -Papà!-
Quella voce
era
inconfondibile.
Si voltò e vide Thad, di
spalle, tra le braccia del padre,
mentre quest’ultimo teneva dolcemente premuta, contro la
propria spalla, la
testa del figlio.
Il signor Harwood alzò lo
sguardo, incontrando quello di
Sebastian.
-Grazie.-
mimò,
con la bocca, in direzione dell’uomo.
Sebastian
Smythe non diceva
mai grazie, ma avrebbe fatto di tutto per rendere felice Thad Harwood.