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Autore: WhiteLight Girl    16/01/2013    4 recensioni
Ti diverti? Ridi. Sei felice? Sorridi. Sei triste? Piangi. Sei offeso? Metti il broncio.
Abbinare l’espressione sbagliata al proprio stato d’animo può spesso causare malintesi ed incomprensioni, nonché rendere praticamente impossibile la comprensione della persona che ci si trova di fronte, eppure molte persone sceglievano di nascondere i loro veri pensieri.
Genere: Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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SORRISO MANCATO


Il sorriso è una di quelle cose che dovrebbero dimostrare quando una persona è felice. E poi ci sono una lunga serie di espressioni che dimostrano i diversi stati d’animo, dal più lieto fino alla disperazione.
Ogni smorfia, ogni fossetta riportano ad una emozione ben definita e dovrebbero sempre andare di pari passo, per permettere alle persone che ci circondano di comprendere come stiamo dentro.
Ti diverti? Ridi. Sei felice? Sorridi. Sei triste? Piangi. Sei offeso? Metti il broncio.
Abbinare l’espressione sbagliata al proprio stato d’animo può spesso causare malintesi ed incomprensioni, nonché rendere praticamente impossibile la comprensione della persona che ci si trova di fronte, eppure molte persone sceglievano di nascondere i loro veri pensieri.
Ruki l’aveva scoperto stando accanto a Juri, che dietro ad un dolce sorriso nascondeva il dolore persistente di una vecchia perdita che faceva ancora male. Un dolore che l’amica aveva tenuto ben nascosto, con un’abilità certamente innata. Era stato incredibile come la ragazzina fosse riuscita a nascondere quello che sentiva per tutto quel tempo senza esplodere, non c’era stato poi da stupirsi se Juri era crollata, dopo la perdita di Leomon, quando aveva rivissuto un’altra volta tutta quella sofferenza.
Il sorriso di Takato aveva altri scopi; andava a nascondere le preoccupazioni per le difficoltà, da quelle più lievi che si presentavano ogni giorno a quelle della vita, più profonde ed all’apparenza insormontabili. Takato sorrideva, mentre pensava all’imminente esame per cui non si sentiva abbastanza preparato, mentre ricordava il breve battibecco avuto con il suo migliore amico. Aveva sorriso al pensiero della battaglia contro il D-Reaper che gli avrebbe permesso liberare Juri, alla fantasia ed alla malinconica speranza che i loro Digimon sarebbero potuti un giorno tornare.
Il sorriso di Jianliang era nato per celare la rassegnazione dei momenti in cui la sorella s’introduceva, non invitata, all’interno della sua cameretta, quando la bambina toccava ogni cosa senza controllo saltellando da una parte al’altra. Veniva fuori ogni volta che Shaochung tornava a ronzargli attorno impertinente, non richiesta, nei momenti meno opportuni. Come tutte le volte che l’aveva osservata giocare con un Terriermon immobile, mentre il piccolo Digimon fingeva di essere un semplice pupazzo resistendo con difficoltà al solletico, alle cadute, alla matematica ed alle pappette disgustose. Un sorriso quasi rassegnato, a volte, ma sempre acceso e rivolto verso il mondo.
Hirokazu, lo spocchioso, era in grado di sorridere anche in quelli che avrebbero dovuto essere momenti di terrore; quando era nei guai, quando se la vedeva brutta. Lui sorrideva prima, durante e dopo le risse, quando Ruki lo minacciava, quando stava per fargli seriamente male. Sorridere era un modo per dimostrare la propria spavalderia, per fingere che nulla lo sfiorasse. A volte era divertente vederlo arrancare alla ricerca della spiegazione per una situazione poco chiara o addirittura imbarazzante, ma era bello vederlo uscirne sempre con quel sorriso sulle labbra.
Per Shaochung, la più giovane del gruppo, sorridere era più che naturale. Sembrava che lei vedesse il mondo in rosa, il più delle volte. I brevi momenti di sconforto o di noia venivano subito sostituiti quasi a forza da un’espressione gioviale, come se fingere che andasse tutto bene aiutasse per davvero ad allietare le giornate. Se sorridere fosse stato la risposta a tutto Shaochung avrebbe conquistato il mondo e l’avrebbe riempito di unicorni, arcobaleni e palloncini colorati. Avrebbe dipinto ogni singolo cielo d’azzurro, perché per lei sorridere nel buio portava la luce inondando la sua strada e quella degli altri. Avrebbe disegnato con un pennarello un sorriso perfino sui musi lunghi.
I sorrisi di Kenta erano timidi, quasi mesti in quei momenti in cui nessuno lo guardava. Non sempre raggiungevano i suoi occhi illuminandoli e quasi mai erano contagiosi. Nascondeva le sue espressioni dietro le due fitte lenti e si limitava ad incurvare le labbra abbastanza perché nessuno potesse preoccuparsi per lui. Funzionava quasi sempre, perché nessuno gli aveva mai chiesto cosa non andasse.
Ma il più abile, il più pratico a schermarsi dietro un sorriso – che era più che altro un ghigno divertito – era Ryou. Lui si che ci sapeva fare, tra le battutine ironiche e quella lunga fila di perfetti denti bianchi che tanto sembravano piacere alle ragazze. Lui non si stancava mai di scherzare, era sempre gentile, educato. Il suo sorriso mascherava anni di fughe, combattimenti inimmaginabili, abbandoni. Tutto relegato nella parte più profonda del suo animo, nascosti bene fino al calare delle tenebre, quando le luci venivano spente e non c’era più nessuna scusa per nascondere uno sguardo colmo di angoscia.
Ruki sembrava essere la sola a non riuscire a nascondere nulla dietro ad un sorriso. Non si era mai sforzata di celare agli altri ciò che pensava se non attraverso un volto impassibile, difficile da leggere e quasi impossibile da voler comprendere.
Si era chiesta più volte come i suoi amici facessero, ma non li invidiava. Sorridere per non dare preoccupazioni agli altri, in parte, era stupido. Eppure comprendeva la voglia ed il desiderio di non esporsi, di non mostrarsi deboli o vulnerabili.
Ognuno usava le proprie maschere come voleva, celando difetti e dolori. E Ruki, al contrario degli altri, preferiva nascondere i suoi rari accenni di sorriso dietro ad una tenace espressione truce, o addirittura impassibile.
Decisamente, i falsi sorrisi, non facevano per lei.



*****
Dopo quello che pensavo essere un grosso blocco ho tirato fuori questa, che non fa ridere, proprio come volevo. Mi piacerebbe passare al dramma almeno per un po’.
   
 
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