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Autore: Rowan936    16/01/2013    3 recensioni
Nella vita reale non esiste sempre il lieto fine e a volte amore vuol dire anteporre il bene dell'altro alla propria felicità.
DAL TESTO:
«Questa era Black in Black degli AC/DC.» spiegai.
«Vuoi dire Back in Black, vero?» mi interruppe Marta, con la voce da so-tutto-io che usavi anche tu quando dovevi spiegarmi un problema di geometria semplice per te ma impossibile per me. Una vita fa.
«Ma no, è Black in Black!» risposi.
«Veramente,» intervenisti tu «è proprio Back in Black, Fabio.»
«Ancora una volta, non. Stavo. Parlando. Con. Te!» scandii, velenoso.
Ma la tua reazione mi stupì: ti alzasti di scatto e ti dirigesti verso la camera, gli occhi fiammeggianti.
«Se ti do così fastidio, tolgo il disturbo.» sibilasti.
Poco dopo te n’eri andata sbattendo la porta di casa.
Genere: Romantico, Sentimentale, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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She’s no You

 
 

Suonai il campanello, passandomi una mano tra i capelli.
Tornare in quella casa dopo tanto tempo, dopo tutto quello che era successo, era una vera sofferenza. Non avevo risposto ai tuoi messaggi, avevo ignorato Maria che mi diceva quanto stessi male perché era giusto che anche tu soffrissi come avevi fatto soffrire me.
Certo, mi avevi spiegato che non eri stata tu a scrivermi quel messaggio in cui mi lasciavi senza pietà o rimorso, mi avevi spiegato che quando tra di noi era tornato tutto alla normalità avevi deciso di non tornare più sulla faccenda per paura di rovinare tutto ancora una volta.
Già, paura.
Non era forse quello che provavo io in quel momento? Paura?
Avevo paura di vederti sorridermi come se nulla fosse successo, avevo paura di vedere la punta di tristezza perenne nei tuoi occhi di cui mi aveva parlato Maria. Paura.
 
Quando Marta mi aprì, le sorrisi ed entrai, la chitarra in mano.
L’appartamento era come lo ricordavo, nulla era cambiato. Improvvisamente sentii un nodo alla gola al pensiero di aver accettato di dare lezioni di chitarra a tua sorella, nell’inconscia speranza di cambiare qualcosa.
Perché noi eravamo migliori amici, ci dicevamo tutto e ci capivamo al primo sguardo. Adesso che io mi ero allontanato da te, avevo paura di trovare un muro a schermare i tuoi sentimenti.
 
«Allora, iniziamo?» trillò Marta e io annuii.
Mi sedetti sul divano di pelle sul quale tu ed io eravamo soliti a guardare film. Insieme. Felici, anche se amici. Perché l’amore aveva dovuto complicare tutto, rovinare la nostra amicizia perfetta?
«Ehm… Sara c’è?» chiesi, mentre accordavo la chitarra della bambina.
Aveva dieci anni eppure era già appassionata di chitarra e mi stava molto simpatica. Ti somigliava moltissimo: gli stessi boccoli castani, gli stessi occhi grandi e ridenti, le stesse guance perennemente rosse dal troppo ridere, la stessa risata. Ma non era per quello che mi stava simpatica, non volevo che fosse per quello.
Marta annuì.
«È in camera.»
 
Perché non venivi a salutarmi? Ok che ignoravo ogni tuo messaggio (di auguri o altro) ma almeno salutare… ma io ti salutavo quando ti incontravo per strada? No. Eri sempre tu a farlo per prima e io rispondevo con un cenno della mano, quasi scocciato da quel gesto cortese.
 
«Eccomi.»
La tua voce. L’avrei riconosciuta tra mille.
Alzai lo sguardo dalle corde e non ti trovai per niente cambiata: indossavi un paio di jeans non troppo attillati, una maglietta rossa a maniche corte che evidenziava il tuo fisico snello, i boccoli ti ricadevano morbidi sulle spalle. Sorridevi, ma il sorriso non arrivava agli occhi, era solo una facciata.
«Fabio.» mi salutasti.
«Sara.»
Questa volta non mi sforzai di chiamarti per cognome, sapevo quanto ti desse fastidio.
Ti avvicinasti e ti sedetti accanto a me, prendendo a fissare il pavimento.
Iniziai la “lezione”, ignorando la tua figura seduta di fianco a me, finché non ne potei più del tuo silenzio e provai a prenderti in giro.
«Ma quanto profumo ti sei messa?! Soffoco!»
Tu alzasti lo sguardo e dicesti lentamente: «Io non mi metto il profumo, dovresti saperlo. Lo sapevi.»
Già, in effetti lo sapevo.
La freddezza nella tua voce mi fece sentire un’autentica merda, ma ero troppo orgoglioso per farmi intimidire così, dovevo romperti ancora, fino a farti scoppiare.
 
«Molto brava! Chi ti ha insegnato questa canzone?» dissi a Marta con finto entusiasmo. Sapevo fingere molto bene.
«Io.» rispondesti tu e io ti fulminai con lo sguardo.
«Non ho parlato con te.»
Riprendesti a fissare il pavimento, senza rispondermi.
Ripresi la lezione, come se nulla fosse accaduto e a tua sorella minore non importava certo se ti trattavo come una pezza da piedi, perché avrebbe dovuto? Tra sorelle con cinque anni di differenza non esistevano questo tipo di preoccupazioni reciproche.
 
«Questa era Black in Black degli AC/DC.» spiegai.
«Vuoi dire Back in Black, vero?» mi interruppe Marta, con la voce da so-tutto-io che usavi anche tu quando dovevi spiegarmi un problema di geometria semplice per te ma impossibile per me. Una vita fa.
«Ma no, è Black in Black!» risposi.
«Veramente,» intervenisti tu «è proprio Back in Black, Fabio.»
«Ancora una volta, non. Stavo. Parlando. Con. Te!» scandii, velenoso.
Ma la tua reazione mi stupì: ti alzasti di scatto e ti dirigesti verso la camera, gli occhi fiammeggianti.
«Se ti do così fastidio, tolgo il disturbo.» sibilasti.
Poco dopo te n’eri andata sbattendo la porta di casa.
 
Feci finta di niente, tornando alla lezione, e anche Marta ignorò completamente l’accaduto.
Dopo mezz’ora di lezione, la bambina si alzò e chiese: «Vuoi un po’ di Coca Cola?»
Sorrisi.
«Ok, basta che non ci sputi dentro!»
Lei mi guardò, confusa.
«Perché dovrei sputarci dentro?»
Già, lei non poteva sapere.
Quella era la tipica battuta che ti facevo ogni volta che mi offrivi la Coca Cola, era nata quando al mio dodicesimo compleanno si era rovesciata una boccetta di profumo per terra e tu – per sbaglio, ovviamente – avevi starnutito nel mio bicchiere.
Tu avresti riso.
Tu mi avresti detto che ci avresti provato.
Tu avresti capito.
 
Ma lei non è te, non lo sarà mai.
Solo una volta formulato questo pensiero capii quanto fossi stato stupido a rifiutare ogni tuo tentativo di riconciliazione preferendo rivivere una pallida ombra della tua amicizia attraverso tua sorella.
Perché Maria mi aveva detto che tu pensavi che a me piacesse Marta, che la preferissi mille volte a te. Ma io provo simpatia per tua sorella solo perché in lei rivedo te.
 
Avrei voluto inseguirti e dirti tutto questo, ma ancora una volta il mio orgoglio e la mia codardia mi fermarono.
Perché io non ero abbastanza coraggioso per chiederti scusa, come tu, invece, avevi saputo fare.
Perché tu meritavi di meglio, non dovevi più soffrire per me.
Perché io non ero mai stato alla tua altezza, ma non sembrava importarti.
Perché io non ero abbastanza forte da proteggerti.
Non lo ero mai stato.





Angolo Autrice:

Vi prego, niente pomodori!
Questa è la prima storia originale che scrivo, siate clementi! ^^"
*evita una verdura marcia* Comunque, questa "storia" (se così può essere chiamata) è nata così, durante un'interessantissima lezione di inglese, è una one-shot senza pretese, ma scritta con il cuore.
Spero che vi sia piaciuta *evita un pomodoro* e che mi lasciate una piccola recensione, fa sempre piacere sapere se quello che si scrive è apprezzato o meno! ^^
Ciao a tutti!
*verdura marcia la colpisce in pieno*
Bel lancio! ^^"

 

  
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