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Autore: andromedashepard    17/01/2013    6 recensioni
"Liara, stavolta, non riuscì a controllarsi. Prima che potesse rifletterci su, la sua mano aveva già colpito Javik, con un sonoro schiaffo. Gli occhi del Prothean si spalancarono, ma lui non disse una parola. Dopo alcuni interminabili istanti di silenzio, Liara decise di non voler restare un attimo di più in quella cabina e fece per andarsene, investita da un improvviso senso di vergogna. Inaspettatamente, però, Javik la tirò a sé per un braccio. "
#Mass Effect 3 #Liara/Javik
Genere: Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Liara non riusciva a prendere sonno da due settimane a questa parte. Il fatto che sulla sua stessa nave, a pochi passi da lei, vivesse un Prothean in carne ed ossa le impediva di concentrarsi su qualunque altra cosa. La prima volta che lo vide in quella capsula di Stasi provò stupore. Stranamente, le sembrò più familiare di quanto si fosse mai aspettata; non si poteva dire che avesse sembianze proprio umanoidi, ma di certo non era molto più strano di un Krogan o un Turian. Poi, subentrò la fase della curiosità spropositata. Avrebbe voluto passare con lui ventiquattr'ore su ventiquattro, sommergendolo di domande sulla sua storia personale e quella dei suoi simili. In fondo, aveva passato metà della sua vita a studiare la sua civiltà e non poteva farsi sfuggire un’occasione simile. Infine, arrivò a provare un sentimento a metà tra la rabbia e la delusione, quando scoprì che Javik e, in generale, i Prothean, erano completamente diversi da come aveva creduto per molto tempo. Quell'alieno, ultimo baluardo della sua antichissima specie, aveva solo un obiettivo: vendicare il proprio popolo contro i Razziatori, da lui chiamati Antiche Macchine. Tutto il resto non gli interessava, anzi, snobbava qualunque offerta di aiuto e qualunque proposta di dialogo. Se ne stava lì, in quella cabina umida e solitaria accanto ai motori, a giocare con due grandi specchi d'acqua. "Questa nave è sporca", si giustificava.
 
L'unica persona verso la quale sembrava provare rispetto era Shepard, e Liara, segretamente, la invidiava. Lei per lui, invece, era solo un esemplare come tanti di una specie che nel suo Ciclo non sapeva neppure scrivere e lui glielo ricordava ogni dannata volta. Lei, un'Asari, da tutti rispettata e ammirata per l'enorme bagaglio culturale che possedeva pur essendo così giovane, si vedeva adesso schernita da un Prothean che non sembrava per nulla grato di essere stato riportato in vita, se non per il fatto che adesso avrebbe potuto impugnare di nuovo un'arma.
 
Se Liara avesse avuto la memoria perfetta di un Drell, avrebbe di certo ricordato le migliaia di volte in cui aveva fantasticato di incontrare un Prothean in carne ed ossa. Se li era sempre immaginati estremamente gentili e spirituali, saggi ed empatici. Dovevano essere necessariamente così, secondo lei. O almeno, queste erano le caratteristiche che una razza antica ed evoluta avrebbe dovuto possedere per essere definita tale. Dall'incontro col vero Prothean, invece, venne fuori che la sua razza era tutto fuorché quello che aveva pensato. I Prothean, per migliaia di anni, avevano tenuto in mano le redini dell'intera Galassia, giocando a sorte col destino di intere specie, decidendo quali fare evolvere e quali sterminare, come fossero pupazzi. Liara non vedeva niente di evoluto in questo. Javik, poi, sembrava ricalcare perfettamente l'esemplare della specie che rappresentava, comportandosi con arroganza e indifferenza verso chiunque. Era come avere continuamente a che fare con un dio capriccioso che si era ritrovato all'improvviso in mezzo ai mortali e non vedeva l'ora di tornarsene a casa.
 
Da quando Javik viveva a bordo della Normandy, Liara aveva sviluppato sentimenti contrastanti nei suoi confronti. Una parte di sé voleva ancora cercare il dialogo con lui, farsi accettare, riuscire a dimostrargli che sbagliava a crederla semplicemente uno dei tanti esemplari di una specie inferiore. L'altra parte di sé, invece, desiderava non averlo mai incontrato. Tutto di lui le dava ai nervi, il modo con cui accarezzava l'acqua immerso nei suoi pensieri, il modo in cui la guardava dall'alto in basso, il sarcasmo che gli veniva naturale quando intavolava una conversazione con chiunque.
 
Semplicemente, chi si credeva di essere?
 
Un paio di volte aveva finito per urlargli imprecazioni in lingua Asari e correre via dalla sua cabina, trattenendo a forza le lacrime. Lui aveva semplicemente sbuffato, non comprendendo il motivo di tanta animosità. Cos'è che volevano tutti quanti da lui? Javik si trovava lì per uno scopo ben preciso e non voleva avere altri pensieri per la testa, sarebbe stato in pace con se stesso solo dopo aver vinto la guerra contro le Antiche Macchine, nient'altro. Shepard era l'unica persona che lo pressava di meno, assicurandosi solo che fosse pronto a combattere. Mentre l'Asari... quell'Asari amava farsi umiliare, evidentemente.
 
Javik, a un certo punto, aveva iniziato a trovarla divertente. Dopotutto, era un modo come un altro di passare il tempo quando Shepard non decideva di chiamarlo per una missione. Lui faceva finta di ascoltare attentamente tutte le domande di Liara e poi rispondeva con una delle sue battute, facendola andare su tutte le furie. Un paio di volte aveva anche assecondato la sua sete di conoscenza, soddisfacendo pazientemente le sue curiosità, ma aveva deciso di non farlo mai più: Liara poteva andare avanti per ore e questo lo annoiava terribilmente. Tuttavia, col tempo, non poté fare a meno di trovarla graziosa, nella sua singolare goffaggine e ingenuità.
 
***
 
- Dottoressa T'soni, è arrivato un messaggio per lei sul terminale Ombra - sentenziò la voce robotica dell'assistente VI.
- Non è il momento, Glifo.
 
Liara era distesa sul suo letto con gli occhi puntati sul soffitto, era molto tardi, ma lei non riusciva a dormire come al solito. La sua mente era occupata interamente da un pensiero: Javik. Col tempo era riuscita a comprenderlo, almeno in minima parte. Si chiese più volte come avrebbe reagito lei se qualcuno l'avesse risvegliata da una Stasi durata migliaia di anni e lei si fosse ritrovata completamente sola. Javik era un soldato, sicuramente un individuo forte, ma non invincibile. Doveva essere estremamente difficile per lui accettare la realtà. Forse era per questo che si comportava sempre con arroganza e insolenza. Era il suo modo di reagire, di sfogarsi, di ricordare a se stesso che doveva resistere, che poteva farcela.
Dopo l'ultima umiliazione ricevuta non era più andata a trovarlo, né ci aveva più parlato. Aveva momentaneamente deciso di prendersi una pausa dallo studio dei Prothean e da Javik, ma quella sera non riusciva a toglierselo dalla mente. Quando provava a chiudere gli occhi lo vedeva davanti a se, come in continui flashback. Liara, stai diventando ossessionata, si disse. Qualche giorno prima aveva provato a confidarsi con Shepard, la quale le aveva detto semplicemente "E' normale Liara, quanto più una cosa è sfuggevole, più la desideri". Lei, a quell'affermazione, era arrossita e si era chiusa nella sua cabina, buttandosi a capofitto sul lavoro.
Ma adesso non le riusciva neanche di fare questo. Aveva smesso di essere l'Ombra, era ritornata la ragazzina che gioca a fare l'archeologa e Javik, al momento, equivaleva al reperto più prezioso che potesse trovare, il jackpot di una vita intera.
 
Quel giorno, Javik aveva deciso di fare i conti col Frammento di Memoria che era stato ritrovato assieme a lui su Eden Prime. Incoraggiato da Shepard, aveva trovato il coraggio di rivivere, anche se solo per un attimo, le atrocità che aveva portato la guerra contro i Razziatori nel suo Ciclo. Dopo l'iniziale senso di smarrimento e di angoscia, si era accorto di stare meglio. Quel Frammento l'aveva tormentato per troppo tempo e adesso lui aveva finalmente deciso di affrontarlo. Fu come una catarsi. Un senso di pace e quiete si impossessò di lui, come la calma dopo la tempesta. Adesso si sentiva più concentrato, più determinato a combattere, libero da un peso che lo attanagliava da parecchio tempo. Persino il pensiero della giovane Asari che lo interrogava non sembrò più tanto irritante, anzi, quasi provò il desiderio di socializzare con lei e con gli altri membri dell'equipaggio, facendo una chiacchierata priva di battute offensive.
 
Passò una mano a tre dita sulla superficie dell'acqua, guardando il sorriso che nasceva sulle sue labbra sottili.
 
Era ancora capace di sorridere, dunque?
 
Un rumore metallico lo distolse improvvisamente da quel pensiero. Tastando l'aria, capì immediatamente chi fosse a bussare alla sua porta, a quell'ora improbabile della notte.
 
- Asari... non dovresti dormire a quest'ora? - chiese, invitandola ad entrare.
- Ciao Javik - rispose lei, soppesando ogni singola parola - Non avevo sonno, e a quanto pare neanche tu.
 
Lui restò in silenzio, guardandola mentre si aggirava per la stanza e osservava le decorazioni che lei stessa aveva apposto per "rendere l'ambiente più confortevole". Aveva un'aria diversa quella sera, sembrava quasi sicura di sé, a differenza di tutte le altre volte.
 
- Shepard mi ha accennato del Frammento di Memoria... - disse poi lei, trovando il coraggio di guardarlo negli occhi.
- Ci sarà qualcuno su questa nave che ama farsi i fatti propri? - commentò lui, ironico.
- E' vero, amiamo chiacchierare, non siamo tutti dei tipi scorbutici e solitari con una bizzarra passione per le pozzanghere.
 
Javik sorrise, sorpreso di tanta spavalderia.
 
- Immagino che tu sia venuta per un resoconto dettagliato di ciò che ho visto nel Frammento di Memoria.
- Perché pensi sempre che io abbia dei secondi fini quando vengo a trovarti?
- Non è forse così? Da quando sono arrivato qui non hai fatto altro che studiarmi.
- Non puoi biasimarmi. Devi ringraziare che non ti abbiano rinchiuso in qualche laboratorio ai margini della Galassia per condurre chissà quali esperimenti. Non ti rendi proprio conto di quanto tu sia importante - disse Liara, stringendo i pugni, mentre la sua mente continuava a ripeterle "importante, importante per me".
- Importante?  - sbuffò - Sarò importante solo se il mio aiuto servirà a vendicare il mio popolo.
 
Liara fece una smorfia e si avvicinò a lui a passo deciso.
 
- Vuoi smetterla di parlare sempre di vendetta? Parli come se dopo la guerra la tua vita non avrà più alcun senso! - esclamò.
- E' così - disse lui, voltandosi verso uno degli specchi d'acqua, in procinto di accarezzarne la superficie con una mano.
 
Liara fece un altro passo verso di lui e lo afferrò per il braccio, determinata come non mai. Javik, sconcertato da quel gesto, non reagì e si limitò a guardarla con stupore.
 
- Non puoi essere così irrispettoso nei tuoi confronti, nei confronti della tua stessa vita! Il fatto che tu sia qui è un miracolo!
- E' pura tecnologia - ribatté lui, divincolandosi dalla presa dell'Asari.
- La stessa tecnologia che non è servita a migliaia di individui come te! Sei rimasto l'unico, sei solo, e non te ne importa niente!
 
Javik non pensava che quelle parole potessero ferirlo, invece sortirono proprio quell'effetto. Lo costrinsero a scontrarsi faccia a faccia con la realtà, lo costrinsero a rendersi conto che aveva paura, anche se non lo avrebbe mai ammesso. Paura di continuare il suo viaggio in solitudine, anche dopo la guerra. Fece una breve pausa, cercando di seppellire il moto di rabbia che era nato nel suo stomaco, poi si forzò a rispondere.
 
- Tu credi di sapere proprio tutto, eh? - un ghigno di sarcasmo si dipinse sul suo volto.
- Tu no, invece? E' da quando sei arrivato che tratti tutti come se fossimo dei trogloditi. Ma la realtà parla chiaro: voi vi siete estinti, noi no. E noi siamo uniti contro una minaccia comune. Non combattiamo per la vendetta, noi combattiamo per la pace! Quel nobile ideale che voi avete sostituito con la schiavitù. - argomentò Liara, stanca del suo atteggiamento.
- Ne ho abbastanza delle tue supposizioni, Asari! E' da quando sono a bordo di questa nave che tenti di manipolarmi con le tue teorie da scolaretta.
 
Liara, stavolta, non riuscì a controllarsi. Prima che potesse rifletterci su, la sua mano aveva già colpito Javik, con un sonoro schiaffo. Gli occhi del Prothean si spalancarono, ma lui non disse una parola. Dopo alcuni interminabili istanti di silenzio, Liara decise di non voler restare un attimo di più in quella cabina e fece per andarsene, investita da un improvviso senso di vergogna. Inaspettatamente, però, Javik la tirò a sé per un braccio. Liara sentì un brivido di paura percorrerle la schiena... avrebbe potuto richiamare i suoi poteri biotici, ma tutto quello che provò in quel momento fu smarrimento e confusione.
 
Javik era rimasto sconvolto dal suo gesto. Mai e poi mai avrebbe immaginato che quella che aveva appena definito una "scolaretta" potesse trovare il coraggio di schiaffeggiarlo. Tutte le altre volte in cui l'aveva mandata su tutte le furie, lei aveva semplicemente girato i tacchi, tornandosene nella sua cabina. Stavolta, invece, aveva reagito in modo assolutamente inaspettato. Un sentimento simile al senso di colpa si fece strada sotto la sua pelle, sconcertandolo.
 
Chi era, e cosa stava diventando al cospetto di quella giovane Asari?
 
- Liara - disse, trattenendola per un braccio - perché ce l'hai tanto con me?
 
Quelle parole colpirono Liara come un pugno nello stomaco. Quand'è che lui aveva iniziato a credere che lei ce l'avesse con lui? Da quando aveva iniziato a chiamarla per nome?
Si voltò a guardarlo, tentando di mettere in ordine i pensieri che vorticavano nella sua testa.
 
- Io non ce l'ho con te, Javik. - rispose lei, serrando le mandibole - Io mi preoccupo per te, l'ho sempre fatto. Quando ho messo queste... queste tende - continuò, indicando i drappeggi che abbellivano i muri metallici della cabina - l'ho fatto per te. Quando ho chiesto a Shepard di procurarti questi assurdi specchi d'acqua l'ho fatto per te... E quando, quel giorno, ti ho portato qualcosa da mangiare non era per farmi ridere in faccia, sentendomi dire che quello era un... come l'hai chiamato? Cibo per Pyjak! Tu sei... tu sei ottuso! Un Prothean ottuso e orgoglioso che non vede a un palmo dal suo naso. Dimmi, a cosa serve il tuo sesto senso se non capisci quando una persona vuole prendersi cura di te?
 
Javik restò senza parole. Lasciò la presa dal braccio dell'Asari, e la vide in tutta la sua spontaneità. Aveva gli occhi lucidi, le labbra imbronciate, le guance colorate di un blu più scuro del solito. Un pensiero attraversò la sua mente, vecchia di milioni di anni, un pensiero che lui avrebbe definito sicuramente "molto primitivo", ma che, stranamente, lo faceva stare bene. L’idea che quella giovane Asari provasse qualcosa per lui gli giungeva assolutamente nuova e ne era sbalordito. Per tutto questo tempo non si era sentito che un semplice reperto da studiare e catalogare, non credeva che lei avesse mai guardato oltre le apparenze. Lui, d’altra parte, aveva eretto un muro fatto di pregiudizi che adesso si stavano sgretolando a poco a poco, di fronte a quelle parole così sincere.
 
Liara, dal canto suo, iniziò a maledirsi tra sé e sé per quella stupida confessione e sentì l'impulso di fuggire via alla velocità della luce. No, non avrebbe sopportato un’altra presa in giro, non adesso che aveva messo a nudo i suoi sentimenti in un modo così infantile.
 
- Per la Dea! – esclamò, imbarazzatissima – Dimentica tutto. Non ti importunerò mai più.
 
Quelle furono le ultime parole prima che Javik la tirasse nuovamente a sé e la stringesse tra le sue braccia. Liara spalancò gli occhi per l'incredulità, paralizzata in quell'abbraccio. Non ebbe il coraggio di muoversi e restò così, stretta a lui, per un'inquantificabile quantità di tempo.
 
Entrambi, nell'istante di un abbraccio, si resero conto di essersi totalmente sbagliati, l'uno nei confronti dell'altra. Ed entrambi, capirono di non essere più soli.
 

   
 
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