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Autore: Eider    17/01/2013    0 recensioni
Come nella maggior parte dei film, dopo che il protagonista, partito per chissà quanto tempo, ritorna a casa si ritrova solitamente in una realtà completamente diversa da quella che ricorda ed è giusto che sia così no? Questo era quello che Emma continuava a ripetersi da quando era salita su quel maledetto aereo che dopo cinque anni, precisamente cinque anni in cui aveva studiato e si era laureata, la stava riportando nella sua "amata" Londra.
Emma si ritroverà a combattere con il suo passato, che non le renderà la vita facile, per riuscire finalmente ad andare avanti con la sua vita oppure ricominciare da dove era stata interrotta.
Genere: Comico, Generale, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
Capitoli:
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Diciannove.

Stesso aereo, volo diverso.
Solo un anno prima, Emma, aveva preso un aereo che l'aveva riportata a casa, costringendola ad affrontare il suo passato, dandole l'occasione di ricominciare da capo, e ora si trovava nuovamente seduta su un aereo diretta verso quella che per cinque anni aveva considerato casa condividendola con Elisa, ma non era sola, perché accanto a se aveva Martin, che terrorizzato le stringeva la mano, finendo quasi per stritolarla.
Martin aveva sempre temuto di volare, per questo motivo durante la gita dell'ultimo anno, Emma aveva saputo del suo fingersi malato, tutto pur di non affrontare quella paura.
Solo pochi giorni prima della partenza Martin aveva iniziato a cambiare idea, tirando fuori scuse su scuse fino ad ad arrivare ad implorarla, ma niente aveva fatto cambiare idea alla ragazza che lo aveva rassicurato dicendogli che sarebbe andato tutto per il meglio.
Emma guardò il profilo del ragazzo, notando quanto fosse teso e di come il suo sguardo vagasse ovunque senza mai soffermarsi in un punto preciso, gli strinse la mano attirando finalmente la sua attenzione, Martin la guardò come se avesse appena visto un fantasma, era davvero impaurito e questo intenerì la ragazza che staccò le loro mani intrecciate, per poi prendergli il volto tra le mani e fissare gli occhi scuri di lui intensamente.
"Amore va tutto bene. Ci sono io qui okay?" la ragazza abbozzò un sorriso, inclinando leggermente la testa, cercando di rendersi più credibile, Martin invece rimase immobile per qualche secondo finché sospirò arrendendosi allo sguardo della ragazza.
"Lo so, lo so, ma ho paura. Mi dai un bacino almeno?" sussurrò mostrandole il faccino più dolce che riuscì a fare in quel momento di paura.
Emma sorrise teneramente, sporgendosi sulle labbra del ragazzo, lasciandogli un semplice bacio, nulla a che vedere con quelli che erano solito scambiarsi, per questo motivo quando si staccò vide il viso di Martin imbronciarsi, assomigliando sempre di più ad un bambino.
"Cosa dovrebbe essere questo?"
"Un bacio." rispose la ragazza staccando le mani dal suo viso, per riprendergli la mano.
"Stai scherzando vero?" continuò imperterrito, deciso a non arrendersi, nello stesso momento venne trasmesso l'annuncio, per i passeggeri, di allacciarsi le cinture, annuncio che solo Emma udì, fortunatamente Martin appena salito si era ostinato a voler allacciarsi la cintura dicendo che prevenire è meglio che curare.
Prima che il ragazzo potesse rendersi conto del movimento, Emma, si tuffò su di lui baciandolo con quanto più trasporto riuscisse a metterci, Martin inizialmente ne fu sorpreso, ma non ci mise molto a riprendersi, ricambiando il bacio con il sorriso sul volto.
Staccandosi, a Martin cadde lo sguardo sul finestrino aperto alle spalle di Emma, guardò le nuvole circondare l'ala dell'aereo, rimanendo a bocca aperta, perdendo la paura che lo aveva terrorizzato poco prima, tutto grazie alla sua Emma, che accorgendosi della direzione presa dal suo sguardo, si girò seguendola.
"Bello vero?" domandò la ragazza ammirando la vista, che la prima volta sei anni prima l'aveva liberata da un enorme peso.
Martin si limitò ad annuire completamente immerso con lo sguardo fuori dal finestrino, sapeva di non essere visto, ma non riusciva a trovare le parole, finalmente era riuscito a superare la sua paura e questo lo sconvolgeva.
"Felice?" Martin scosse la testa riprendendosi, certo che era felice, e il sorriso che nacque sul suo volto lo dimostrò.
"Bene, adesso sarà meglio che dormiamo un po'." disse sorridendogli e accarezzandogli la guancia ora finalmente liscia, con la mano libera.
Il ragazzo sorrise facendole segno di appoggiarsi alla sua spalla, suggerimento che Emma non aspettò molto per prenderlo alla lettera.
 
Scendendo dall'aereo, Emma, alzò le braccia stiracchiandosi, imitata da molti dei passeggeri di quel volo, ruotò il collo alla ricerca di Martin, che spaesato guardava il pavimento quasi fosse un lingotto d'oro, sembrava che da un momento all'altro si sarebbe inginocchiato per venerarlo, Emma non riuscì a trattenersi, scoppiando a ridere per la scena tragi-comica.
Gli tese la mano ancora ridendo, mano che venne afferrata prontamente dal ragazzo, nonostante lo sguardo imbronciato.
Seguirono la massa di persone, di tutti i tipi, che li precedeva conducendoli verso il nastro del ritiro bagagli, Martin non aveva idea di cosa fare, infatti guardò preoccupato Emma, che da esperta quale era, lo condusse in prossimità del nastro, dopo aver adocchiato le loro valigie si fece dare una mano dal ragazzo per recuperarle, pesanti qual'erano.
Camminando verso l'uscita, Emma si bloccò davanti il bar dell'aeroporto, ricordandosi di non aver fatto colazione quella mattina, accertandosene sentendo un brontolio proveniente dallo stomaco, istintivamente si coprì la pancia lanciando un'occhiata verso Martin, che avendo sentito il rumore le sorrise divertito.
"Hai fame?" ridacchiò posandole il braccio intorno le spalle, Emma roteò gli occhi tornando con lo sguardo al bar, rivolto in particolare alle brioches in bella vista.
"Secondo te?!" rispose sbuffando, incamminandosi dentro il bar.
Si sedettero in uno dei tavolini in fondo al bar, aspettando l'arrivo del cameriere passarono il tempo a stuzzicarsi, fingendo di arrabbiarsi per poi sbuffare e ridacchiare, continuando a torturarsi con battutine allusive e il nemico per eccellenza della rossa, il solletico.
Al cameriere ordinarono tre brioches, due alla marmellata ed una alla crema, oltre a due cappuccini. Quando Emma aveva sentito Martin ordinare due brioches non si era sorpresa più di tanto, infatti il ragazzo era solito mangiare come un maiale e non ingrassare neppure di un grammo, cosa che se avrebbe fatto lei, in quel momento sarebbe stata un barile; aveva fatto una fatica immane per perdere i chili che aveva guadagnato con i dolcetti di Caroline, era stata costretta ad andare in palestra con Martin, dovendo subire i continui sguardi maliziosi e la bava colante delle donne di mezza età e ragazzine che si mangiavano vivo il suo uomo, senza poter far nulla per fermarle.
Si era promessa di evitare i dolci per molto tempo, ma sapeva che la sua promessa sarebbe stata infranta sul nascere, come poteva non mangiare dolci quando avrebbe passato due mesi in Italia?
Il cameriere ritornò con le loro ordinazioni, lanciando uno sguardo perplesso verso Martin, che nel frattempo aveva iniziato a divorare la sua brioches numero uno; Emma invece con calma aveva iniziato a mangiare la sua, tenendo sempre aggiornata la situazione zucchero a velo intorno le labbra, cosa che invece lui non fece, sporcandosi tutto il contorno delle labbra, continuando però a non badare a quel "piccolo" dettaglio.
"Aspetta che ti pulisco." Emma tirò su i capelli in una coda, prima di prendere un tovagliolo e pulirlo, Martin invece si grattò i capelli leggermente imbarazzato.
Nello stesso momento due ragazze, probabilmente sui diciassette anni entrarono nel bar, e non appena videro il ragazzo si bloccarono con la bocca aperta, scambiandosi un occhiata decisero di sedersi poco lontano dalla coppia, li osservarono, o meglio fecero una radiografia a Martin partendo dai capelli corti riccioluti, passando per i muscoli che si intravedevano dalla maglietta maniche corte, arrivando alle gambe abbronzate.
Emma si accorse delle due ragazze, del loro sguardo insistente e della bava che rischiava di colare da un momento all'altro, trattenne a stento una risata, per loro fortuna Martin era troppo concentrato sul cibo per accorgersi di loro.
"Ma non potresti mangiare con calma? Non te la ruba nessuno la brioches." brontolò Emma, finendo la sua brioches e controllando di non essersi sporcato come il bambino li vicino, Martin le rispose con qualche mormorio, non prestandole più di tanto attenzione.
"Mio dio hai visto quanto è figo quello?"
"Zitta che ci sentono!"
"Ma sono inglesi, non li hai sentiti?"
"Ah si? Non me n'ero accorta."
"Idiota. Secondo te quanti anni ha?"
"Una ventina?"
 
"Cosa ho detto io, scusa?"
"Aspetta perché la rossa ci sta fissando?"
"Dici che capisce?"
"Naa, è impossibile, non possiamo essere così sfigate."
"Evidentemente è il loro giorno sfortunato." disse Emma rivolta alle ragazze, ma guardando Martin, che ovviamente la guardò con un sopracciglio alzato, non avendo capito niente.
Subito dopo aver sentito la frase detta da Emma le due ragazze si guardarono con gli occhi spalancati sussurrando qualche parola "molto fine" e scappando fuori dal locale imbarazzate, lasciando il cameriere con in mano il vassoio con le loro ordinazioni, a bocca aperta, brontolò poi tornò al bancone prendendosi la brioches delle ragazze.
"Em, che combini?" Martin, sempre con il sopracciglio alzato, la osservava leggermente divertito, nonostante il suo concentrarsi sul cibo si era accorto dello sguardo assassino della rossa verso quelle povere ragazzine, e quando dopo aver pronunciato quella frase in italiano le due erano scappate, aveva capito che era stata colpa sua.
"Niente." disse la ragazza con il sorriso più falso che potesse mostrare, Martin non rispose, limitandosi a fissarla, Emma allora sbuffò roteando lo sguardo.
"Potrei aver sentito dei discorsi in particolare centrati su di te, e averle fatto capire che potevo capirle benissimo." sottolineò l'ultima parola con un sorriso sadico.
Martin scoppiò a ridere, appoggiandosi con la schiena al muro, mentre Emma spostava lo sguardo da una parte all'altra del locale fingendo indifferenza.
"Sempre la solita."
 
Dopo aver preso un taxi avevano raggiunto l'hotel, facendo il check in e portando i bagagli nella stanza, si erano fatti una doccia, separatamente, per colpa del troppo caldo e finendo con il cambiarsi con abiti adatti alla temperatura, a cui lui non era per niente abituato; Emma finì col indossare un vestitino a fiori che le arrivava sopra il ginocchio sistemandosi la borsa a tracolla e sciogliendo i capelli che le arrivano poco sotto le spalle, recuperò i suoi nuovi occhiali da sole e seguì Martin fuori dalla stanza, pronti per visitare Milano, la sua città.
Emma si fermò in mezzo al marciapiede, proprio sotto un palazzo di color rosso scuro, lo guardò sorridendo, facendo riemergere tutti i ricordi di quei cinque anni, come fosse ieri, Martin l'affiancò osservando anche lui il palazzo, non vedendoci però niente più di una vecchia casa.
"Questa era casa mia."
Rimasero entrambi in silenzio per qualche secondo, una persa nei ricordi e l'altro impegnato a riflettere, fu lui infine a spezzare il silenzio.
"Ti manca?" domandò leggermente preoccupato, Emma ruotò di poco la testa incontrando il suo sguardo, gli sorrise lievemente per poi tornare a guardare davanti a se.
"Solo i ricordi che contiene."
Rimasero ancora qualche secondo fermi, fino a quando Emma decise che era ora di muoversi, gli tese la mano, sorridendogli apertamente.
"Vieni, ti faccio vedere il Duomo."
 
Erano rimasti a Milano due giorni, tra caldo afoso e shopping sfrenato da parte della ragazza e non solo, la prossima tappa sarebbe stata la capitale, città che Emma non era ancora riuscita a visitare nei cinque anni in cui aveva abitato in Italia, dovuto allo studio.
A Milano aveva passato il tempo fotografando ogni cosa le capitasse sotto il naso, ma ricontrollando le foto si era ben presto accorta che il soggetto principale della maggior parte delle foto era Martin, un riflesso involontario; quando il ragazzo se n'era accorto era scoppiato a ridere e successivamente aveva iniziato a scattarle foto da ogni angolazione giustificandosi con la carenza di foto della rossa; infine i due avevano stipulato un compromesso scattandosi foto assieme, assicurandosi di non avere mai una faccia seria.
 
Passeggiando per Roma da veri turisti, Emma, si sentì tremendamente osservata, continuava ad osservare le espressione delle persone che le stavano accanto, quando Martin se ne accorse le strinse la mano, cercando di attirare la sua attenzione.
"Continuano a fissarmi." disse riportando lo sguardo lontano dal suo, se non si pensava al terrore provato dalla ragazza, la situazione poteva sembrare quasi comica, ed era così che stava vivendo il momento Martin. Preoccupato per la sua donna iniziò a cercare il motivo dello sguardo dei passanti, perché facendoci caso, Emma aveva ragione, la guardavano e una volta sorpassata ridacchiavano, ispezionò la ragazza da cima a fondo, accorgendosi di un dettaglio, abbastanza visibile, di cui prima non aveva fatto caso.
"Amore?"
Emma mormorò qualcosa ruotando il collo nella sua direzione.
"Prima in bar, ti sei rovesciata il the per caso?" la ragazza inclinò la testa, in un momento di riflessione, poi sbarrò gli occhi e abbassò lo sguardo verso i suoi pantaloncini corti, rialzò lo sguardo, mettendosi la mano davanti la bocca completamente in imbarazzo.
"Sì, sembra che te la sia fatta addosso." scoppiò a ridere il ragazzo, venendo subito fulminato dallo sguardo adirato di lei.
"Aiutami, cazzo!" urlò lei furibonda andandosi a nascondere dietro Martin, abbracciandogli la vita.
"Pensi di camminare così?"
"Qualcosa in contrario?" domandò sospettosa, sbucando con la testa da dietro la sua schiena.
"Ma figurati, io sto benissimo." rispose Martin sorridendole e prendendole le mani che intrecciò alle sue.
Non fu affatto facile camminare in quel modo verso l'albergo, continuavano a dondolare e cercare di non cadere, attirando nuovamente lo sguardo dei passanti, che questa volta invece di deriderli, sospiravano invidiandoli.
Non sembrò possibile, ma il tempo trascorso nella capitale non sembrò finire mai, e non per le bellezze della città, ma per i continui disastri che causavano, ad altri e a se stessi, come quella volta che Emma involontariamente aveva pestato la coda di un cucciolo di Labrador sdraiato a terra, il cane si era alzato di colpo abbaiando e scappando, non sarebbe stato un problema se non fosse attaccato alla sedia della padrona, successe tutto in pochi secondi, il cane corse trascinando la sedia con se e facendo quindi cadere la donna, che si aggrappò al tavolo cercando di non cadere; sfortunatamente a cadere furono lei e il tavolo e il marito che non sapeva se ridere o piangere, Emma da parte sua se l'era data a gambe pochi istanti dopo seguita da Martin, che aveva rischiato di inciampare nello scalino del locale.
Un disastro insomma.
 
L'ultima tappa fu la Sardegna, affittarono un appartamento poco distante dalla spiaggia, dove avrebbero trascorso le vacanze fino agli inizi di settembre, quando il lavoro sarebbe ricominciato e in particolare per festeggiare con gli amici il compleanno del ragazzo, ne avrebbe compiuti 28, un età che gli metteva tristezza e lo spingeva o meglio la sua famiglia e amici, a mettere su famiglia, eppure lui aveva già Emma, era lei la sua famiglia, ma sapeva cosa gli altri volevano da lui.
Il punto era cosa voleva lui.
Il primo giorno in cui erano andati in spiaggia, Martin era rimasto con i piedi fissi a terra e con uno sguardo da pesce lesso, non aveva mai visto dal vivo una spiaggia del genere e averla a pochi metri dal suo naso gli sembrava un traguardo, Emma invece vedendolo in quello stato catatonico era scoppiata a ridergli in faccia, trascinandolo poi verso la cabina del bagnino, dove come scritto sul cartello, si poteva noleggiare ombrellone e sdraio.
Emma sorrise gentilmente al ragazzo, molto più piccolo di lei, essendo l'unica a poter comunicare con lui.
Dopo aver pagato Marco il bagnino, come aveva detto di chiamarsi leggermente in imbarazzo e forse in soggezione per lo sguardo scettico di Martin, li aveva condotti in prima fila verso gli ombrelloni azzurri, prese due sdraio passandoli a Martin e andandosene poi, salutando con un cenno della mano.
Martin sistemò gli asciugamani sugli sdraio, posizionati vicini, per poi togliersi finalmente la canottiera, mostrando il fisico scolpito da anni di palestra, Emma era rimasta a fissarlo per tutto il tempo, nonostante l'avesse visto più volte nudo che con i vestiti addosso, non riusciva a fare a meno di guardarlo attratta.
Martin ovviamente se ne accorse lanciandole un sorriso malizioso che diceva tutto e niente.
Adorava quelle attenzioni da parte di Emma.
Continuò ad osservarla aspettando il momento in cui anche lei finalmente si sarebbe tolta quel vestitino colorato, quando poi la vide alzare le braccia si avvicinò subito dandole una mano a velocizzare il tutto, appoggiò il vestito vicino alla sua maglia e si allontanò di poco, abbastanza però da osservare il corpo della ragazza, un corpo che Emma aveva sudato per avere, eppure nonostante tutti i dolci era riuscita a far sparire tutto, si sentiva piuttosto soddisfatta, e lo sguardo del ragazzo lo confermava.
Martin le afferrò un fianco, schiacciandola contro il suo petto, Emma scoppiò a ridere divertita, venendo però interrotta dalle labbra di lui, sorrise automaticamente contro la sua bocca iniziando a giocare.
 
"Em sai di essere bianca vero?"
La ragazza sdraiata comodamente a pancia in giù sopra lo sdraio, girò la testa socchiudendo gli occhi, Martin sdraiato con le braccia dietro la testa la guardava preoccupato.
"Non è una novità, quindi direi di si." borbottò sospirando.
"Era un modo carino per chiederti se volevi che ti mettessi la crema."
Emma aprì la bocca, rendendosene conto solo in quel momento, scoppiò a ridere della sua ingenuità; annuì poi sorridendogli mortificata per non aver capito subito, non appena sentì le mani di lui si rilassò, chiudendo nuovamente gli occhi, finendo quasi per addormentarsi.
"Em?"
"Mmh.." sussurrò Emma riprendendo a malapena i sensi.
"Stavi dormendo?" chiese guardandola alzarsi a sedere scettico, Emma scosse la testa prendendo il tubetto di crema, spremendolo sulla mano, incrociò le gambe così da potersi sistemare più vicino, iniziò poi a spalmare la crema, divertendosi a fargli il solletico nei suoi punti più sensibili.
"Adesso possiamo andare in acqua?" domandò lui una volta che Emma ebbe finito, voltando la testa e mostrandole lo sguardo più dolce che riuscisse a fare, ottenendo il risultato di farla sorridere teneramente e annuire alzandosi per prima.
Martin non aspettava altro da quando erano arrivati in spiaggia, quasi mezz'ora prima, eppure non aveva voluto disturbarla vedendola così a sua agio e rilassata, ma una volta entrambi in piedi camminarono mano nella mano verso l'acqua, poco lontano, acqua limpida e calda come si resero conto dopo averci messo piede dentro.
Martin iniziò a correre verso la parte più profonda, quella con meno persone, Emma invece si mosse lentamente guardandosi in giro, circondata da coppie, famiglie, bambini e ragazzini, eppure anche lei aveva un bambino di cui occuparsi, un po' cresciuto, ma sempre con l'animo da bambino, infatti appena gli si avvicinò, Martin iniziò a schizzarle l'acqua addosso, non lasciandole nemmeno il tempo per chiudere gli occhi e contraccambiare.
"Martin!" urlò Emma passandosi la dita sugli occhi, cercando di vederci qualcosa, sentì la sua risata e poi si sentì sollevare, quando finalmente riuscì ad aprire gli occhi si trovò in braccio al ragazzo, con la testa sul suo petto, guardò l'espressione del ragazzo, non vedendoci niente di buono, infatti sul suo volto svettava un espressione sadica.
"Non. Ci. Provare." sibilò a denti stretti, troppo tardi perché qualche secondo dopo venne scaraventata in acqua, riuscendo solo a tapparsi il naso in tempo.
Riemersa, Emma, iniziò la sua vendetta, schizzandogli quanta più acqua possibile e saltandogli addosso nel tentativo di sommergerlo, tentativo che dopo vari sforzi riuscì a completare, riuscendo anche ad afferrargli le braccia impedendogli di tapparsi il naso; aspettò qualche secondo prima di liberarlo, Martin riemerse tossendo per l'acqua inghiottita e con gli occhi arrossati, si portò i capelli all'indietro e guardò divertito Emma, che con le braccia incrociate l'osservava imbronciata.
"Non farlo più." sussurrò la ragazza vedendolo avvicinarsi ed abbracciarla, continuando a sorridere sornione.
"Su, non prendertela, Em."
Emma roteò lo sguardo per poi sorridergli divertita, sporgendosi a dargli un bacio.
 
Una settimana dopo, Emma e Martin, seduti in un ristorante che dava sulla spiaggia, continuava a parlare dello strano signore che avevano incontrato quella mattina al supermercato, quel uomo di mezza età li aveva seguiti per tutte le corsie, e una volta raggiunti aveva insistito, dicendo di ridargli la borsa, che secondo lui gli avevano rubato, dopo una lunga discussione e una lotta per tenersi la borsa della spesa, una donna era venuta a portarlo via, scusandosi per il marito, al che i due erano scoppiati a ridere senza sapere cosa dire.
"Penso di non aver mai riso così tanto." Emma annuì alle parole del ragazzo, cercando di non scoppiare nuovamente a ridere.
Guardò puoi la sua mano appoggiata sul tavolo, notando quanto si fosse abbronzata in una sola settimana e con lei Martin, che in quel momento seguì la direzione dello sguardo della ragazza.
"Quasi non ti riconosco così abbronzata."
"Spiritoso." rispose Emma sbuffando.
"Dai amore, non prendertela."
"Si, si lo so. Non posso prendermela per niente." disse mettendo il broncio.
"Non ci provare, non oggi." le disse serio, vedendola distendere l'espressione, sciogliendosi in un sorriso.
"Hai ragione."
 
Dopo cena Martin decisa di portarla sulla spiaggia, scesero gli scalini di marmo e prima di mettere piede sulla sabbia si tolsero le scarpe, tenendole nella mano libera, mentre l'altra era occupata a stringere quella dell'amato.
Arrivati sul bagnasciuga lui si tolse la giacca jeans e la mise a terra, così da non sporcare il vestito di Emma.
Si sedettero nello stesso momento, quasi sbilanciandosi, Emma si portò le ginocchia al petto, circondandole con le braccia, appoggiò la testa sulle braccia e guardò la luna risplendere sull'acqua.
Martin appoggiò la testa sulla spalla della ragazza, circondandole la vita, guardò anche lui come lei il riflesso della luna.
Si persero nei loro pensieri non riuscendo a decidere se parlare o rimanere in quel silenzio carico di significati.
"Cosa sarebbe successo se non ti avessi dato un'altra possibilità?" domandò poi Emma, interrompendo il silenzio, rimanendo sempre con lo sguardo puntato sull'acqua.
"Non lo so.. Forse avrei continuato a stressarti, forse no."
"Ci penso sempre sai, a cosa sarebbe successo, dove sarei adesso, dove saresti tu."
"E a quale conclusione sei arrivata?"
"Non vorrei essere da nessuna parte, se non con te. Non so come ho fatto a stare così tanti anni senza sarti vicina."
Martin a quelle parole intensificò la stretta sulla ragazza, guardando finalmente verso di lei, vide il suo profilo illuminato, e vide un sorriso spuntarle sul volto, un sorriso sincero.
"Non mi sembra vero che sia già passato un anno."
"Magari sto solo sognando." mormorò Emma abbassando il tono di voce, cercando di non farsi sentire, speranza vana.
"Non ti ho sopportata per tutto questo tempo, per poi sentirmi dire che è tutto un sogno."
Emma girò la testa verso Martin, scoppiandogli a ridere in faccia.
"Martin, lo sai che riesci a rovinare anche i momenti più romantici con le tue stronzate?"
Il ragazzo annuì quasi fosse fiero di se, Emma continuò a ridacchiare lasciandogli poi un bacio sulla fronte.
"Che ne dici di fare un bagno?" Martin sbarrò gli occhi alla sua richiesta.
"Cosa ho fatto? Stai diventando come me."
"Idiota." gli rispose dandogli uno schiaffetto sulla gamba.
Emma si alzò in piedi, tendendogli la mano, Martin scosse la testa prendendole la mano e alzandosi di conseguenza, la vide sfilarsi l'abito e rimanere in biancheria intima, gli sorrise maliziosa immergendosi nel mare cristallino, non aspettò poi molto prima di togliersi maglietta e jeans e seguirla.
Fronte contro fronte, in mezzo al mare, rimasero con gli sguardi incatenati prima di sorridere e lasciarsi andare dove nessuno li avrebbe visti, dove niente li avrebbe fermati, in una notte dove l'unica cosa che volevano era quello di darsi amore.


E così siamo arrivati alla fine, questo è l'ultimo capitolo.
Sono ancora sconvolta da me stessa, non pensavo di riuscirla a finire. lol
Ma non disperate! (e chi si dispera) Per voi ho in serbo ancora l'epilogo e dopo potrò ritenerla definitivamente completa. :')
Spero vi siate affezzionate almeno un pochino ai personaggi, perché io l'ho fatto e ormai penso solo a cosa potrebbero fare, e non è normale!
Anyway l'epilogo sarà pubblicato fra un po', devo solo iniziare a scriverlo. ;)
Dopo mi dedicherò a pieno a We Got Married e forse ci sarà una nuova storia, ma forse, è solo un progetto.
Uao, non ho mai scritto così tanto, deve essere un miracolo infatti.
A presto con l'epilogo gente!
With love Ellie.

   
 
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