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Autore: lemoncandy    18/01/2013    1 recensioni
Non so come avevo cominciato a fare quel lavoro. Probabilmente, avevo solo bisogno di recuperare un po’ di autostima.
Genere: Introspettivo, Romantico, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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Non so come avevo cominciato a fare quel lavoro. Probabilmente, avevo solo bisogno di recuperare un po’ di autostima. Dopo aver espresso apertamente i miei sentimenti ad un ragazzo, la sua risposta era stata: “Anche se sei simpatica, non sei affatto il mio tipo.” Fu un duro colpo. Non poteva usare parole più carine per rifiutarmi? Era sera, entrando dall’ingresso secondario, raggiunsi il camerino, scelsi tra una serie di numerosi abiti eleganti quale indossare, e cominciai a truccarmi. Dopo aver abbinato un paio di vistosi orecchini all’outfit deciso, sollevai i capelli con un fermaglio con i brillantini, e mi avviai nella piccola sala, dove un cliente era già in attesa del mio arrivo.

Mi sedetti accanto a lui, gli sorrisi e gli preparai un cocktail. Ascoltavo ciò che diceva e fingevo grande interesse. Ridevo alle sue battute, propinavo consigli e mani sulle spalle. In questo consisteva il mio lavoro. Niente all’infuori di ciò. Ero una hostess in un piccolo locale a Shinjuku. Era trascorsa una settimana dalla prima volta che avevo messo piede in quel luogo, ero ancora in prova, ma la paga era decisamente alta, in rapporto a ciò che dovevo fare. Trovandomi a passare, malauguratamente, o forse dovrei dire fortunatamente, nei pressi di Kabukicho, fui fermata da un ragazzo che, dopo avermi fatto i complimenti per il mio aspetto, mi propose di entrare nel locale presso il quale lavorava, per accompagnarmi a lui. Corsi via, spaventata da quella persona, che altro non era anch’egli un host, e mi ripromisi di non mettere più piede in quelle vie di Shinjuku. Poi la delusione amorosa e, guardandomi allo specchio, altro non vedevo che la ragazza più insignificante al mondo. Ancora ora non so cosa mi spinse ad intraprendere quella strada, ma qualcosa dentro di me mi diceva che avevo bisogno di recuperare un po’ di sicurezza.

Dopo che, un paio di mesi prima, la mia migliore amica si era trasferita ad Osaka e mia madre ad Hiroshima con il nuovo compagno, dopo essere stata lasciata da mio padre che a sua volta era scappato con un’altra donna, mi sentii del tutto abbandonata. Non dovendo dare spiegazioni a nessuno dei miei comportamenti, e dovendo contare solo su me stessa, mi presentai al Blossom, a pochi passi da Kabukicho, ma in una strada un po’ più tranquilla rispetto al quartiere a luci rosse. Il posto mi fu assegnato, immediatamente. Alcune nuove colleghe mi spiegarono come procedere ed aspettai. Già quella sera un cliente, dopo aver consultato un album con le foto di tutte le hostess disponibili all’ingresso del locale, scelse me. All’inizio ero decisamente impacciata, ma non avevo mai avuto problemi a relazionarmi con nuove persone e così, tra un drink e l’altro, cominciai ad entrare nel meccanismo di quel lavoro tanto semplice quanto finto.

Tutto filò liscio, per la prima settimana. Fino a quando, una sera, prima di andare a lavoro, entrai in un grande magazzino a pochi passi da Kabukicho, Donki, per acquistare di corsa una crema che usavo tutte le notti, prima di andare a dormire. Il fato volle che, mentre ero in fila per una delle casse, fui involontariamente spinta da qualcuno, sbattendo così contro una pila di scatole con prodotti appena giunti in negozio, non ancora riposti nei loro scaffali. Si sentì un gran frastuono, tutti si voltarono a guardarmi, ed io, preoccupata che si fosse rotto qualcosa, cominciai a raccogliere da terra quanto più potevo e a riporlo negli scatoli. Un commesso venne ad aiutarmi, chiedendomi se mi fossi fatta del male ed invitandomi a lasciare a lui il riordino degli oggetti. Scusandomi per quanto era accaduto, rimasi per qualche istante ferma, a fissare ciò che avevo appena raccolto da terra.

Senza che me ne fossi resa conto, fino a quel momento, avevo riposto negli scatoli un incredibile numero di dvd porno. Fissai una copertina con gli occhi sgranati ed il commesso, come comprendo la mia reazione, mi fece segno di alzarmi e di continuare la fila per pagare il mio acquisto. Per l’imbarazzo lasciai la crema a terra, e corsi via. Dopo il lavoro, quando stava cominciando a calare la notte, stanca ed annoiata, aspettando il treno della Oedo sen che mi riportasse a casa, cominciai, d’un tratto, a sentire lo sguardo di qualcuno su di me. Girai di lato il viso, di poco, tanto quanto bastava per capire di chi si trattasse, ed ebbi conferma, infatti, che un ragazzo, probabilmente della mia stessa età o poco più grande, mi osservava con aria pensierosa. Non conoscendolo affatto, ritenendo che fosse fin troppo giovane per essere un cliente del locale, e considerando che era quasi mezza notte, mi spaventai del suo sguardo fisso e mi allontanai da lì, nascondendomi tra la folla in attesa.

La sera successiva, lo stesso ragazzo, allo stesso orario e stessa linea della metropolitana, era lì che mi osservava. Ad un tratto si avvicinò a me ed affermò: “Scusami...mi dispiace se sarò sembrato un maleducato, fissandoti, ma credo di averti già vista da qualche parte, anche se non ricordo dove.” Con una smorfia sul viso e scuotendo la mano come per indicare che non sapevo di cosa parlasse, feci per allontanarmi quando lui, a voce alta, affermò: “Ah! Ricordo dove ti ho visto! Tu sei la ragazza dei dvd porno da Donki!” Spalancai gli occhi, il tono di voce che aveva usato era piuttosto alto ed intorno a noi le persone presenti si voltarono, sorprese, o forse incuriosite. Mi avvicinai a lui, imbarazzata, e gli feci segno di abbassare la voce. Si scusò con me affermando di essere stato preso dallo stupore per avermi riconosciuta. Mi chiese come mai fosse già la seconda sera che alla stessa ora aspettavo il treno, ed io, titubante: “Lavoro qui vicino. E tu da Donki…passo di lì molto spesso.” Il ragazzo mi sorrise, incuriosito: “Davvero? Dove lavori, di preciso?” Mentii: “Sono una cameriera in un bar lì vicino, fino a quando non troverò un lavoro migliore.” Perplesso, ma senza domandare altro a riguardo, rimase in silenzio. Di lì a poco arrivò il treno ed io scesi alla mia fermata, precedente alla sua.
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Sono stata più volte in Giappone, in particolare a Tokyo, dove ho deciso di ambientare la storia, e conosco quindi molto bene la città, gli usi e i costumi del popolo giapponese, così come la realtà degli ultimi anni. Eccetto il "Blossom" (nome di pura fantasia) le strade citate e il negozio, Donki (nel quale ho fatto numerosi acquisti) esistono realmente.
   
 
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