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Autore: Vejitina    07/08/2007    9 recensioni
Cosa c’è oltre un amore infinito? Gli ultimi istanti di due eroi… (GojyoXHakkai)
Genere: Romantico, Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Cho Hakkai, Sha Gojio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Questa one- shot la dedico a Larab, che mi ha inspirato involontariamente a scriverla

 

Questa one- shot la dedico a Larab, che mi ha inspirato involontariamente a scriverla. Quindi larab ti addosso metà della colpa J

 

Lo so che dovevo finire l’ultimo capitolo di Ferite del cuore, ma questa mi ha completamente preso.

Spero di averla pubblicata con coscienza e impegno…

Stesi al sole

guardavamo il cielo terso

non potendo immaginare

immensità più grande.

Solo i nostri sogni

avrebbero celato

quegli ultimi attimi assieme.

 

 

Oltre le nubi del tempo….

 

L’aria piacevolmente fredda del mattino gli scompigliò le corte ciocche nere. Se le sistemò automaticamente dietro le orecchie nonostante le lunghe unghie gli dessero fastidio. Raccolse tre orecchini gettati per terra e se li mise. Per un attimo il mondo attorno a lui barcollò, poi tutto si assestò mostrando un paesaggio opprimente e saturo di sangue.  

Si sforzò di guardarlo. Perché si ritrovava da solo? Non ricordava. Inspirò aria fresca per poi ricacciarla subito fuori con una morsa al petto. Faceva male, ma non seppe se fosse dolore o paura. Il suo sguardo cadde su una bandana marrone per terra. Fissando quella fascia sporca di fango, ricordi confusi di quella che doveva essere l’ultima ora o gli ultimi giorni, si affollarono nella sua mente soffocandola.

Un refolo di vento freddo e mortale annunciava a tutti che la guerra era finita. Ciò nonostante davanti a suoi occhi caddero tutte le sue precedenti illusioni di pace.

Nonostante il turbamento del suo animo, si sistemò gli occhiali con assoluta calma, come se quel gesto ordinato gli desse sicurezza in quel mondo caotico. Inspirò forte e poi si diresse verso il luogo dove lo aveva visto cadere.

Camminò, ricordando sempre che doveva mettere un piede davanti all’altro, come se gli risultasse troppo faticoso riuscirci. Aveva paura che, se avesse smesso di muoversi, non avrebbe più potuto continuare). Chissà se lui stava bene. No, non poteva pensare a questo adesso. Lo avrebbe trovato e si sarebbe preso cura di lui per tutta la vita. Così si erano promessi. Se solo… se solo non facesse già così male. La vista gli si offuscava e faceva fatica a tenersi in piedi. Non poteva pensare neanche a questo. Non era importante, solo lui contava. Poco prima gli aveva salvato la vita, a scapito della sua, e così facendo si era portato inevitabilmente via una parte della sua anima.

Si mosse in quella terra smossa e distrutta dalla battaglia, in quello che doveva esser stato prato fiorito un tempo. Il terreno brullo e freddo faceva uno sgradevole contrasto con il cielo limpido sopra di lui. Oltre a questo, si estendeva una foresta centenaria rimasta apparentemente intatta. Il sole spuntava appena sopra l’orizzonte e gli uccelli cantavano talmente forte da ferirgli l’udito finissimo. A dispetto di quello che aveva sempre pensato, non desiderava la luce del giorno in questo momento. Forse perché non voleva vedere la moltitudine di corpi attorno a sé o forse solo perché aveva paura di scorgere quello di lui buttato fra i tanti.

All’improvviso gli sembrò di aver consumato tutti i desideri che si potessero esprimere in una vita. Lui non c’era e non lo avrebbe mai trovato in tempo. Se lui stava davvero per… voleva davvero vedere un ultima volta il suo sorriso.

Superò un masso particolarmente grosso e, rimettendo i piedi sulla strada, avvertì un dolore tanto forte all’addome da farlo gemere e ansimare. Si guardò le mani bagnate da un rosso liquido vischioso. Non aveva più tempo ormai.

Alzando lo sguardo, vide finalmente l’oggetto della sua ricerca; una figura distesa fra i sassi guardava le nuvole passare sopra lui, come se non si trovasse su quel terreno brullo, ma sul giaciglio più comodo del mondo. Era perfettamente e dolorosamente immobile.

“Ciao, Hakkai.” Mormorò questa.

“Ciao, Gojyo.

Sei vivo.” Sorrise piano Gojyo.

Avrebbe voluto dirlo lui, ma non gli portava rancore per averlo anticipato.

Lo guardò. I lunghi capelli erano miracolosamente rimasti legati in una coda che gli aveva fatto solo poche ore prima. Il vento muoveva distrattamente una ciocca rossa, creando un netto contrasto con il viso pallido e fisso davanti a sé. La sua connota era risalita di un po’ mostrando la pelle nuda dal torace. I suoi occhi da gatto puntavano ancora sfacciatamente il cielo, impedendogli di scorgerne la bellezza.

Che vergogna. Sono stato il primo a lasciare la battaglia a quanto pare.”

Hakkai sorrise a sua volta, pur non volendolo realmente. “Sanzo ti ha seguito subito dopo, se ti può far star meglio. Ha fatto un bel volo.

“Sì. Mi fa sentire meglio, in effetti. Gyumao?” Lo disse con fatica. Fissando attentamente il suo viso, si accorse che gli era difficile tenere gli occhi aperti a lungo.

“Morto. Goku gli ha dato il colpo finale, subito dopo aver visto Sanzo volare via. Era piuttosto arrabbiato. Sai come è fatto, non bisogna mai toccagli Sanzo.”

Quindi non mi sono perso molto. La scimmia dov’è adesso?”

“È andato a cercare Sanzo. Temo sia ridotto molto male.

Si mise seduto accanto al suo corpo. Il profumo di terra si mischiò al forte odore di sangue non suo. Sfiorò con le dita il braccio sanguinolento accanto a lui. Seguiva una strana piega e da esso spuntava un osso bianco deturpando la bellezza della sua pelle.

Sei ferito.” Constatò.

“Non lo so Hakkai.” Assunse una strana espressione. Divertita? Arrabbiata? Triste? Non fu capace di decifrarla e non era convinto di volerlo. “Non riesco a sentire molto bene il mio corpo. Credo di non potermi più a muovermi.” Abbozzò un sorriso infelice. “Il che è un vero dramma, contando che volevo fumarmi una sigaretta.

Paralizzato, dunque. Fissò il suo bel viso immobile sperando che giocasse, ma mai si era rifiutato prima d’ora di rivolgergli lo sguardo. E quando non lo faceva, faceva tremendamente male al cuore. Dov’erano quei suoi bei occhi rossi, quando li cercava? Dov’erano adesso?

Posò delicatamente una mano sul collo, valutandone con trepidante calma le lesioni.

“Forse è rotto.” Ansimò, mentre avvertiva il nodo al cuore espandersi troppo dolorosamente.

“Già. Come immaginavo. Che fine misera.”

“Non ci sarà nessuna fine, Gojyo. Smettila di dire così. Lascia fare a me. Proverò a guarirti. Disse, mettendosi in posizione.

A quelle parole, Gojyo cercò per la prima volta di guardarlo negli occhi, non riuscendoci. Prima che ci riprovasse, l’amico si sporse verso di lui, permettendo ai loro sguardi di toccarsi. Il mezzodemone sbattè più volte le palpebre nel intento di metter a fuoco il viso che aveva davanti a sé.

“Non usare il tuo potere su di me. Non ti resteranno forze sufficienti per sopravvivere.

“Io sto bene.”

“Non stai bene, Hakkai. Sento l’odore del sangue arrivare fin qui. Sei ferito. E piuttosto gravemente.”

Il demone si toccò automaticamente la pancia con la mano, per ritrarla gocciolante di sangue. La sua mente ritornò al momento in cui la spada lo aveva trapassato da parte a parte. Si era lanciato sul quel gigante demone, mosso solo dal desiderio di vendicarlo, ma aveva miseramente fallito. In effetti poteva aver più cura della vita che Gojyo si era dato tanta pena di salvare. Scosse la testa. Faceva male, vero, ma non contava in questo momento.

“Sarei un maledetto egoista, se non facessi nulla per aiutarti.

“Ormai non c’è più niente che puoi fare, Hakkai. Risparmia le forze. Stai già perdendo molto sangue. Non sprecare le tue energie per me. Lasciami qua. Biascicò, chiudendo di nuovo gli occhi per un attimo. Lo stava perdendo? Stava realmente morendo sotto i suoi occhi?

Gojyo! stupido! Non posso vederti morire senza far niente.

“Io non voglio che mi aiuti. Lasciami morire per primo.

Il demone scoppiò a ridere sul suo petto, inspirando l’aria satura di sangue.

“Non è una gara a chi muore prima, Gojyo.

“Ah, no?” Rise a sua volta. Non era buffo, non era buffo per niente. “Se vuoi solo morire qui, dillo, ma non usarmi come scusa per suicidarti.

Hakkai sorrise a quelle parole. Morire su quella terra brulla insieme a lui, non era molto allettante, ma se non poteva farne proprio a meno…

 

Hakkai gli sorrise, per la prima volta da quando lo rivide. I suoi occhi verdi lo fissavano, riflettendo un corpo inerme e deturpato. In quei attimi di agonia, in cui si era ritrovato solo, aveva così tanto desiderato poterlo avere vicino incurante delle sue ferite, ma adesso che lo stava finalmente guardando, se ne vergognava.

Lui gli appariva sempre bello, invece. Soprattutto ora che era così ansioso e preoccupato per lui. Questo calore che sentiva, solo lui era stato capace di risvegliarlo, con le sue attenzioni, con le sue cure e il suo amore, che non credeva affatto di meritare.

Immaginò come sarebbe stato poter allungare una mano per accarezzare quel dolce viso, ma il suo corpo non rispondeva e la consapevolezza di non poterci neanche provare, gli spezzava il cuore nel petto. I suoi occhi verdi lo fissarono, incatenandolo ancora una volta in un dolore, che solo per lui aveva provato.  

“Lasciami provare a salvarti la vita, Gojyo.

“Non voglio che tu..

Gli perse una mano fra le sue. Probabilmente stava stringendo forte, non poteva saperlo. “Ti prego. Come tu hai fatto per me.”

Posò le sue iridi rosse sul volto chino del compagno, alla ricerca delle sue verdi. Lo stava prendendo in contropiede. Poteva negargli qualcosa con ostinazione? Finora non ne era mai stato capace. “Stupido. Non devi chiedermi il permesso. Anche volendo non potrei fermarti.

Alzò la testa e Gojyo vide una lacrima cadere sul suo sorriso. “Questo è vero.

Rilasciò il suo potere, creando una luce soffusa e illuminando il volto sporco di Gojyo, che a poco a poco si fece dolorante. Comprendeva che fosse un buon segno, ma era decisamente impossibile da sopportare. “Hakkai, insomma. Mi fai più male che altro. Se devo morire, voglio soffrire il meno possibile.

Il compagno non rispose. Gojyo sforzò appena la testa, accorgendosi di poterla finalmente muovere. Stanco pose lo sguardo sul volto del suo compagno. Era estremamente affaticato, anche se cercava di nasconderlo. Inspirava a fondo, cercando di riempire i suoi polmoni, ma ormai lo faceva con fatica. Quando un rivolo di sudore scese dalla sua fronte per cadere sul terreno ai suoi piedi, non ci fece neanche caso e continuò ad emanare energia dalle mani. Le braccia gli tremavano per lo sforzo di tenerle ferme e man mano che l’energia fluiva da Hakkai, Gojyo sentiva il suo corpo riacquistare forza e quello dell’amico indebolirsi.

“Basta, Hakkai. Mi sento già meglio.”

Non ascoltò, continuando a dispensare a lui la sue ultime forze con il respiro faticoso, ormai allo stremo.

“Adesso fermati! Stai perdendo troppe energie.

Il moro continuava, indolente dei suoi tentativi di dissuaderlo. Gojyo alzò automaticamente il braccio, scoprendo di poterlo muovere. Chiuse il polso di Hakkai nella sua mano, che solo allora si riscosse, fissandolo madido di sudore.

“Pazzo, volevi ucciderti.

Lui sorrise appena, prima di buttarsi esausto sul suo petto. “Sono solo un po’ stanco. Riposo un attimo e riprendo fiato.”

Parlare gli era faticoso. Fissando il corpo esausto sopra di lui, si chiese se sarebbe realmente sopravissuto, dopo aver perso tante preziose energie.

Dannazione Hakkai! Dannazione! Tanto valeva non salvarti, se dovevi morire fra le mie braccia. “Sei proprio uno… scemo.

“Riesci a muoverti adesso?” Ansimò buttandosi sul terreno accanto a lui per respirare meglio.

Gojyo constatò che riusciva a tenere gli occhi aperti adesso e muoveva entrambe le braccia, nonostante l’osso rotto sulla’arto destro. “Sì, non preoccuparti.

“Dappertutto?”

Gojyo cercò di alzare una gamba poi l’altra, ma senza riuscirci. Gli arti inferiori e la schiena non rispondevano.

“Sì.” Mentì.“Sono a posto. Riposa adesso. Hai fatto un buon lavoro.” Sussurrò tendendogli una mano, che il moro raccolse subito portandosela alla bocca.

Il moro rimase zitto con occhi chiusi, inspirando disperatamente aria sulla sua pelle. “Non sai mentire, Gojyo. Non a me.”

“Adesso sei tu quello che non può muoversi, quindi taci. Il problema qui è che io non sono capace di far niente per farti star meglio.

“Tu mi hai salvato la vita poco fa, Gojyo. Non puoi dire questo.” Disse, il respiro era quasi regolare. I suoi capelli scomposti gli solleticavano le nocche, mentre lui stringeva a sé la sua mano. “Se non fosse stata per la mia disattenzione, non ti saresti buttato per coprirmi.

“Ma quello sono capaci di farlo tutti.”

Alzò appena la testa per fissarlo negli occhi. “Non tutti Gojyo, non tutti. Inoltre tu lo hai fatto per me.”

Lo ricacciò subito giù con la mano, non potendo sostenere il suo sguardo per un secondo di più.

Restarono così per un po’, osservando in silenzio come la natura si riappropriava di quello spazio ormai devastato. Grosse nuvole passavano indisturbate sopra di loro, occupando le loro menti con qualcosa che non fosse morte per qualche istante. Il tempo scorreva, smosso solo dal respiro di entrambi e dal vento che portava la primavera. Non avvertirono niente intorno a loro se non la quiete e la pace del dopo battaglia. L’agitazione dei loro pensieri fu abbandonata, permettendo di inspirare quella libertà tanto agognata, ma che giungeva lo stesso alla sua fine.

Quanti progetti avevano fatto per la fine della guerra? Tanti.

Quanti ricordi aveva di loro insieme e quante volte si erano stretti senza alcune preoccupazioni? Sempre troppo poco..

Se questa fosse la loro fine, sarebbe stata miseramente triste... Troppo poco tempo gli avevano concesso gli dei.

“Mi ricordo una giornata simile a questa, Gojyo.

La sua fresca voce lo riscosse, facendolo voltare verso di lui. Fissava il cielo con un dolce sorriso sulle labbra.

“Sì, anch’io.

“Abbiamo dovuto inventarci una scusa pazzesca per fuggire dal gruppo.

“Ma alla fine ce l’abbiamo fatta e siamo andati in riva allago.”

“Dove tu hai perso i panini.”

“Mamma mia, per quanto tempo me lo vuoi…. Gojyo non finì la frase perché tossi forte, dissipando piccole goccioline rosse sul proprio petto. Si voltò di scatto, ritenendo non consono sporcarlo di sangue. Quando ritornò davanti ai suoi occhi un rivolo di sangue fuoriuscì dalle sue labbra, ornandogliele grottescamente.

“Mi sa che ho anche delle lesioni interne.

Miseramente triste…

 

Hakkai alzò il busto, sostenendosi solo con i gomiti. Sentendo quella frase tornò ad ansimare forte, forse per l’emozione, forse perché stava male e per la prima volta ebbe paura di morire dopo di lui, imponendo ai suoi occhi di vederlo spegnersi pian piano, senza potervi porre rimedio.

Un urlo poco lontano zittì tutti i loro pensieri. 

“NOOOOOO SANZOOOOO NO TI PREGO. Ti prego Sanzo ti prego……” Urla inascoltabili si rovesciarono per la valle, facendo sussultare tutti quelli che le udirono. “SANZOOOOOOO, SVEGLIATI! Ti prego…. Ti prego….

Ad un ascoltatore occasionale poterono sembrare urla non umane e un dolore impossibile da sopportare per una persona sola.

Eppure era così: Sanzo era morto e Goku stava scontando il suo dolore solitario...

Nessuno disse niente e stettero a sentire quelle urla di dolore per un tempo infinito.

Il rosso sospirò infine, riportandolo alla sua attenzione. “Almeno non sono morto prima di quel monaco corrotto. Un punto per me.”

Hakkai non rispose. Si chiese se era di cattivo gusto da parte sua, non sentirsi triste per la sua morte. Forse che la loro morte imminente non fosse più grave ai loro occhi? Non voleva pensarci adesso. Diavolo, anche volendo non riusciva a farlo lo stesso. I suoi pensieri tornavano inevitabilmente sulla persona che aveva affianco. Credeva che in una situazione come questa avrebbe avuto tante cose da dire alla persona che amava, ma in quel momento la sua testa rimase insistentemente vuota.

Gojyo?” Pronunciò il suo nome, sperando che il suono della sua voce apparisse ferma e impassibile come sempre, ma era rotta da qualcosa di troppo grande e potente per dargli un nome.

“No, Hakkai. Non voglio vederti piangere. Non voglio che sia l’ultima cosa che vedono i miei occhi.” Disse, non guardandolo in faccia.

“Ti amo.”

Gojyo girò la testa di scatto, catturando dolosamente il suo sguardo. I suoi occhi rossi, apparivano sempre fieri, orgogliosi forse di aver combattuto fino alla fine, ma irrimediabilmente toccati dalla tristezza.

“Lo so. Ti amo anch’io.” La sua voce vacillò leggermente, pronunciando quelle semplici parole.

“Lo sai?” Che domanda stupida, non era da lui.

“Certo che lo so.”

Una mano tremante si avvicinò al suo viso, asciugandogli delle lacrime che vollero cadere in quel momento. Il suo gesto non aiutava a fermarle, non aiutava per niente, ma non desiderava interrompere quel contatto, trovandone conforto. Chiuse gli occhi in quel attimo. Possibile che un momento come questo si vergognasse di piangere? Voleva dirgli qualcosa come “Ci salveremo” o “Andrà tutto bene”, ma sembrava una bugia troppo grande da raccontare.

Raccolse la sua mano fra le sue, baciandola sul dorso e assaporando il suo profumo. Quel filo di sangue sembrava così scomodo sul suo bel viso. Lo raccolse con il pollice, ma fu inutile perché altro liquido cremisi ne prese il posto, facendo salire la sua frustrazione. Si sentiva così inutile ed impotente. Non poteva fare nulla per salvarlo. Era troppo debole per farcela da solo, come durante tutta la sua vita.

Avevano commesso davvero troppi peccati per meritarsi questo? Sicuramente sì, ma non riusciva a smetter di sperare in un'altra fine, in un'altra sorte.

“Non piangere, Hakkai. Per favore…”

“Scusami, non c’è la faccio. Cercò disperatamente di trattenere il suo dolore dentro di sé, ma sanguinava da troppo tempo per riuscirci. La vista gli si offuscava di continuo, sia per la stanchezza, sia per il dolore.

Probabilmente trovava la forza di vivere solo per lui.

“Quando mi sono svegliato qui, volevo disperatamente vedere i tuoi bei occhi verdi ancora una volta, ma non volevo che mi trovassi così debole e malridotto.”

“Perché ti preoccupi sempre di queste sciocchezze?” Gojyo parve lievemente stupito come se volesse dirgli che non erano sciocchezze. Hakkai lo trovò adorabile, riempendosi all’istante di tutto l’affetto che provava per lui. “Sai, ho sempre detestato questo tuo difetto. Ma adesso credo che di amarti solo per questo. Sei irrimediabilmente stupido.”

Invece di arrabbiarsi, come credeva, il rosso sorrise, rafforzando la stretta alla sua mano. “E io credo di amarti solo perché ti da fastidio. Sei irrimediabilmente fastidioso.”

Hakkai cercò di sorridere, ma durò troppo poco e tornò a singhiozzare, stringendo la sua mano, che teneva premuta sulla fronte.

Cercare di fermare ogni momento che disperatamente passava, poteva rivelarsi inutile, ma pregava con tutte le sue forze che qualcuno lo ascoltasse.

“È così ingiusto..” Mormorò a se stesso.

Hakkai?” La sua bella voce lo richiamò. “Promettimi che mi cercherai di nuovo. Non voglio perdere tempo a cercarti io la prossima volta. Gojyo gli sorrise, cercando di sembrare rassicurante. Sicuramente era più facile lasciare questo mondo, sapendo di potersi rincontrare un giorno.

Il moro avvicinò alla bocca dell’amante. “Ti cercherò per sempre, amore mio. Scese a baciare le sue labbra. Le proprie lacrime si mischiarono al suo sangue, suggellando l’ultimo bacio che si scambiarono. Sotto qualsiasi forma e aspetto, lo avrebbe trovato. Gojyo rappresentava l’anima, che sarebbe stata per tutta l’eternità la sua metà. “Passare anche solo la prossima vita senza di te, sarebbe insopportabile.

Si staccò per primo da lui, cercando il suo petto per riposare, troppo stanco per sostenersi sui gomiti. Un fitta al ventre lo lasciò senza fiato. Inalò disperatamente aria calda, stringendo forte la sua maglietta in una mano. Il dolore si diramava dallo stomaco e gli mozzava il fiato in gola. Perché doveva esser così estenuante morire? Dovette ricorrere a tutte le sue forze per restare cosciente, pur desiderando intensamente addormentarsi. Il dolore era troppo forte. Chiudere gli occhi e sentire la vita che gli fluiva via, per non soffrire più, sembrava molto allettante.

“Poi…” Sussurrò il demone, sperando di esser sentito da Gojyo. “...io ti ho trovato in questa vita. Toccherebbe a te nella prossima.

“Io ti ho trovato sotto la pioggia.”

“Ma tu non hai fatto altro che uscire di casa. Io ho camminato per chilometri, svenendo vicino a casa tua.

Ahh, wakatta. Ti cercherò io, va bene?”

“Niente va bene in questo momento, Gojyo. Anaspò.

 

La voce dolorante quasi troppo flebile per raggiungerlo, lo sguardo assente e penoso, non annunciavano niente di buono. Il rosso capì, ma non disse niente, visto che non c’era niente da dire. Il liquido caldo di Hakkai gli inzuppava quasi tutta la parte sinistra della maglietta. Il sangue fluiva dal suo corpo, portandosi via la sua vita pian piano.

Il mezzodemone premette un bacio sulla sua nuca, prima di tornare a fissare il cielo terso. Non riusciva a staccare gli occhi dall’ immensità sopra di lui, come se qualcuno lo stesse guardando. Sperò che non fosse quella vecchia di Kannon e mandò una preghiera agli dei affinché, nella loro prossima vita, si potessero incontrare di nuovo.

Sembrava estremamente semplice. Morire e trovarsi ancora. Ma nulla era così facile. Lui lo sapeva e pensare di dover vivere un'altra vita come questa, lo scoraggiò non poco.   

Il tempo passò veloce, come le nuvole sopra di loro, lasciando che il silenzio lo riempisse di nuovo. Il dolore stava sparendo a poco a poco, ma Gojyo non credette che fosse un buon segno.

Dopo un tempo interminabile avvertì il corpo del suo compagno accasciarsi fra le sue braccia.

Hakkai?”

Il moro socchiuse gli occhi per aprirgli sui suoi un’ ultima volta. Mostrò il suo bellissimo sorriso e tornò ad espirare più veloce, ma solo per pochi istanti. Non aveva più forze.

“Ho molto sonno, Gojyo. Forse ho perso troppo sangue. Chiuse gli occhi verdi, smorzando lo splendore che emanavano.

Si stava addormentando di nuovo. Avvertiva il suo corpo premuto addosso ancora così caldo. Il sangue scorreva ancora in lui e riusciva ancora a parlare con lui, ma la morte stava giungendo. L’avvento del sole e del vento preannunciavano il suo arrivo per portarlo via.

Gojyo si sentì soffocato. Non voleva vederlo morire, un dolore così forte gli avrebbe straziato l’anima. Qualcuno lo voleva morto? Non poteva succedere a lui. Non era abbastanza forte per sopportarlo come Hakkai.

“Beh, dormi.” La voce gli traballò. Lo strinse a sé, scoprendo di tremare. Aveva sperato di sembrare più forte alla fine, ma forse sentire il corpo del proprio amante farsi debole e freddo fra le braccia era una vista insopportabile per chiunque.

“Scusami, Gojyo, ma credo che ti precederò. Non ce la faccio più. Mi dispiace lasciarti solo proprio adesso.

Non riuscì a dire nulla, scosse la testa e lo avvicinò a sé come per scaldarlo, mentre altre lacrime sgorgarono dai suoi occhi. Ti prego, piccolo Hakkai. Non parlare, mi fai troppo male al cuore. Ti prego.. Hakkai, non mi costringere a vedere i tuoi occhi spegnersi.

Gojyo?”

“Dimmi.” In quel momento gli vennero in mente tante cose, affollando gli ultimi istanti insieme. Perché non era andato a cercare aiuto? Perchè aveva consumato le ultime energie per lui? Perché aveva voluto trascorrere le sue ultime ore a parlargli? Gli sembrava tutto così assurdo, tutto così stupido. Non doveva consumarsi per lui. Era la persona più indegna a contenere la sua pura energia, ma non dubitava che lui avrebbe dato la sua vita per salvarlo altre mille volte. Anche lui era irrimediabilmente stupido.

“Manco della promessa che ci scambiammo ieri. Non riesco a prendermi cura di te, neanche in questi ultimi attimi di vita.

“Lo farò io per te, Hakkai.”

“Sei sempre stato capace di grande cose, amore mio.”

Strascicava le parole ormai. Lo aveva visto migliaia di volte in vita sua e adesso lo osservava impotente nella persona che amava più della sua stessa vita. La sua eterna forza si stava spegnendo e lui ne sarebbe stato solo uno scomodo spettatore.

Hakkai?” Singhiozzò. “Hakkai.”

Non rispose più.

Avvinto come era al suo corpo, il demone lasciò cadere dolcemente la presa su questo, accasciandosi semplicemente al suo fianco.  

Gojyo si avvicinò al suo viso, non sentendo pulsare il suo cuore e il rumore del suo respiro. Non c’era più.

Avvicinò una mano tremante al suo viso, osservando i suoi occhi vuoti orribilmente fissi sui suoi. “Non puoi farmi questo. Non puoi farmi assistere a ciò, Hakkai. Perché sei così cattivo alla fine della tua vita? Perché? Hakkai.. Hakkai…”

Pianse sui suoi capelli e invocò il suo nome finché la gola gli resse. Quella forza che lui aveva perso per darla a lui, ora gli permetteva solo di vegliare sul suo cadavere, aspettando che la morte lo prendesse allo stesso modo. Era ingiusto. Aveva ragione lui.

Gli chiuse gli occhi con una mano, non volendo più osservare il vuoto che ci scorgeva attraverso, e come se avesse paura di svegliarlo, gli sussurrò dolcemente “Oltre le nubi del tempo, oltre l’orizzonte dei cieli, io ti troverò, amore mio, per stare di nuovo insieme. Ti troverò e allora potremmo fare tutto quello che non abbiamo fatto in questa vita.

Glielo aveva promesso, non lo avrebbe deluso.

Cullò il suo corpo per tantissimo tempo, cantando una canzoncina che aveva sentito da piccolo da sua madre. Non mollò mai la presa dal suo cadavere, continuando a parlargli come se fosse ancora lì.

Quando tutto il dolore si esaurì, quando tutte le lacrime finirono di cadere, solo allora avvicinò la mano alla taschina della canotta ed estrasse un pacchetto di sigarette. Se ne sistemò una sulle labbra e la accese. Gojyo aspirò il fumo, ricacciandolo subito fuori senza dover staccare le labbra dalla sigaretta. L’ultima sigaretta. Molto ironico.

Si asciugò le ultime lacrime restanti con il dorso della mano. Moriva così da solo, alla fine. Infondo come aveva sempre vissuto. Se non fosse stato per lui… senza di lui non avrebbe mai conosciuto l’amore…

Aveva sempre sperato di morire durante un combattimento, ma questo finale era dannatamente triste. Chissà cosa desiderava Hakkai per la sua morte? Di morire fra le sue braccia, come aveva fatto? Possibile e infondo lo invidiava un pochino.

Per questa vita aveva dato tutto quello che poteva, ora voleva solo riposare… riposare forse per la prima volta dopo tanto tempo.

Una sensazione nostalgica lo avvolse. Tutto intorno a lui si fece sordo. I suoi occhi smisero di vedere e avvertì il mondo intorno a lui farsi indolore e informe. Inalò aria, non sapendo se lo stesse facendo davvero e scoprì che odorava di ciliegi in fiore. Un buon profumo.

Strinse il corpo fra le sue braccia e, con un po’ di paura di cosa sarebbe successo, semplicemente morì.

 

Così li trovò Goku.

Pianse quando scavò la loro tomba e pianse quando seppellì i loro corpi. Tre semplici lapidi sistemate vicino ad un fiume anonimo.

Goku si recò tutto da solo nella sua prigione sul monte, senza parlare con nessuno e senza mangiare nulla per tre giorni. Arrivato al monte, lo scalò e in cima, dopo aver trovato le sbarre divine che lo trattenevano, vi entrò e vi si chiuse dentro, sigillandosi nuovamente.

Poi aspettò a lungo, altri 500 anni che Sanzo lo trovasse di nuovo.

 

 

Fine..

 

 

 

Se sono riuscita a strapparvi qualche lacrima ho raggiunto il mio scopo. Io ho pianto tanto pensandola. Con questo non voglio dire che vi volevo tristi, ma solo coinvolti!!!!

Commentate… e abbiate pietà della mia prima fiction drammatica. Sono veramente difficili…

 

Vorrei farne una anche su Goku e Sanzo.. Credo dipenderà da questa..

 

Un bacione.

 

Vege!

 

  
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