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Autore: Lorelail    18/01/2013    0 recensioni
Questa è la storia, romantica ma frizzante di simpatia, di Brandon e Loise, ambientata nell'affascinante e sempre moderna Londra.
Dal capitolo n.1:
"Tralasciando il fatto che indossasse, in pieno dicembre, solo una T-shirt bianca e dei pantaloncini sportivi neri, abbigliamento che risaltava il suo fisico asciutto e statuario, il suo viso, dai lineamenti armoniosi, rappresentava l’essenza della pura bellezza. La pelle liscia e leggermente ambrata si intonava alla perfezione con gli occhi verde chiaro, che presentavano striature di varie sfumature del medesimo colore e che erano incorniciati dalle sopracciglia, tratti dritti e decisi. Aveva gli zigomi pronunciati, la bocca delineata e carnosa, il naso dritto e proporzionato. I capelli erano lisci, un po’ arruffati, di un castano dorato, con riflessi più scuri e altri tendenti al biondo. Il taglio era più corto ai lati, mentre al centro gli creava un ciuffo sbarazzino che tendeva verso l’alto. D’un tratto Perfezione parlò: “ Scusa, scusa! Ti sei fatta male?! Scusami davvero, non ti avevo vista!”. "
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Scolastico
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La gelida aria londinese trasformava in candide nuvolette di vapore acqueo ogni suo respiro affannato, mentre camminava a passo svelto verso la stazione della metropolitana. La sciarpa di lana beige e il montgomery grigio scuro riscaldavano la sua esile ma slanciata figura. Le guance, al contatto con il freddo, si dipingevano di un rosso vivace, in netto contrasto con la sua carnagione chiara e perlacea. I lunghi capelli corvini le ricadevano sulle spalle un po’ spettinati, ma pur sempre lisci. Gli occhi, nei quali si riflettevano le luci delle allegre e festose decorazioni natalizie che addobbavano la città, erano di color cioccolato e presentavano sfumature che ricordavano il caramello. Era bella, bellissima. Tuttavia, non ne era cosciente, o forse, semplicemente, non le importava. Amava leggere, per perdersi nei mondi immaginari creati dagli scrittori, e ascoltare la musica. No, la musica non l’amava: la musica era per lei come l’ossigeno, indispensabile. L’unica medicina in grado di guidarla nei momenti più bui della dura vita di una liceale, ma allo stesso tempo l’amica con la quale condividere gioie, segreti, riflessioni. Le canzoni sapevano esprimere in pochi versi quelle emozioni che in lei erano confuse. Era una ragazza come le altre e una ragazza come nessuna. Si chiamava Loise, ma tutti la chiamavano semplicemente Lou.
 
Entrata nel vagone, fu felice di trovare un posto. Era stanca, era stata una giornata impegnativa. Aveva passato tutto il giorno a studiare e in biblioteca , luogo in cui trovava quel silenzio che a casa era assente, poi si era recata a comprare alcuni ingredienti per la cena. Aveva solo 17 anni, ma era molto indipendente.  A volte, come quella sera, i suoi genitori lavoravano fino a tardi e lei si trovava a dover badare ai suoi due fratelli gemelli di 9 anni, Benjamin e Christopher. Si sedette e guardò l’ora: “ 18.50”. Doveva fare in fretta, poiché solo quaranta minuti dopo sarebbero ritornati dall’allenamento di calcio le due pesti, più affamati che mai, accompagnati dalla mamma di un loro compagno di squadra. Al pensiero di quei due, ormai nemici dichiarati dell’ordine casalingo, un mezzo sorriso le comparì sulle labbra. Dopo tutto, gli voleva veramente bene e sapeva che loro l’adoravano incondizionatamente.
Si accorse di essere già arrivata a destinazione. “Edgward Road”, annunciò la voce femminile. Prontamente si alzò e scese dal mezzo, avviandosi all’uscita della stazione, attraverso il fiume di persone che giungevano da ogni parte. Iniziò a fantasticare sul momento in cui, arrivata a destinazione, avrebbe posato lo zaino colmo di libri per terra, la borsa di carta con la spesa  sul tavolo della cucina e si sarebbe, finalmente, abbandonata sul divano in soggiorno almeno per pochi minuti, prima di cuocere il sugo per la pasta e  preparare il dolce alla Nutella promesso da tempo ai gemelli. Decise di prendere una scorciatoia, un vicoletto, che portava direttamente alla via in cui abitava. La strada  era completamente deserta. In ogni caso, anche se fosse passato qualcuno, la flebile illuminazione non avrebbe permesso di scorgerlo. Tale constatazione la spinse ad accelerare l’andatura: la situazione non la tranquillizzava per niente. L’ambientazione sarebbe stata perfetta per un film horror, pensò. Strada buia, ora tarda, la tipica docile e ingenua giovane donna, immersa totalmente nei suoi pensieri e ignara del serial killer che, dopo averla pedinata a lungo senza che lei se ne fosse accorta, esce allo scoperto e, quando lei ormai sta per svoltare l’angolo, le viene improvvisamente incontro con…” AAAAAAHHH!”. Un uomo le venne addosso violentemente, facendola cadere insieme alla busta della spesa. In lacrime urlò: “ LASCIAMI STARE! NON MI TOCCARE!”. Era terrorizzata, ma non gli avrebbe di certo permesso di metterle le mani addosso così facilmente! Era pronta a combattere e conosceva pure qualche mossa di difesa personale imparata da Dereck, suo amico cintura marrone di judo. Di scatto si alzò in piedi, in preda all’adrenalina, per vedere in faccia quell’essere spregevole che osava attaccarla. Era già pronta a incontrare due occhi offuscati dall’eccesso di alcool, un mezzo sorriso compiaciuto ingiallito dal fumo e un volto sgraziato, quando, con sua immensa sorpresa, si ritrovò davanti agli occhi tutt’altro”.
 
Rimase letteralmente a bocca aperta. No, no. Non poteva essere possibile! Sì, doveva essere uno strano effetto della paura, o della stanchezza o del tè alla menta che aveva bevuto quel pomeriggio; se così non fosse, allora c’era unica spiegazione: era impazzita. Dopotutto l’aveva sempre saputo che il troppo studio avrebbe comportato gravi conseguenze celebrali! Si stropicciò gli occhi e guardò meglio: lui, era sempre uguale. Quello che aveva davanti, di sicuro, era il ragazzo più incantevole, stupendo, splendido, magnifico, affascinante e attraente che avesse mai, mai incontrato. E non stava esagerando. Tralasciando il fatto che indossasse, in pieno dicembre, solo una T-shirt bianca e dei pantaloncini sportivi neri, abbigliamento che risaltava il  suo fisico asciutto e statuario, il suo viso, dai lineamenti armoniosi, rappresentava l’essenza della pura bellezza. La pelle liscia e leggermente ambrata si intonava alla perfezione con gli occhi verde chiaro, che presentavano striature di varie sfumature del medesimo colore e che erano incorniciati dalle sopracciglia, tratti dritti e decisi. Aveva gli zigomi pronunciati, la bocca delineata e carnosa, il naso dritto e proporzionato. I capelli erano lisci, un po’ arruffati, di un castano dorato, con riflessi più scuri e altri tendenti al biondo. Il taglio era più corto ai lati, mentre al centro gli creava un ciuffo sbarazzino che tendeva verso l’alto. D’un tratto Perfezione parlò: “ Scusa, scusa! Ti sei fatta male?! Scusami davvero, non ti avevo vista!”. 
 
In quel momento Loise si rese conto di tre cose:
1-  Lo stava fissando con un’aria spaesata, meravigliata e pure un pochino inquietante.
2- Doveva immediatamente smettere.
3- Per quanto anche la sua voce fosse inspiegabilmente bella, chiunque fosse non l’avrebbe di certo passata liscia per ciò che aveva commesso! Le aveva infatti fatto cascare la spesa,  causando la rottura del barattolo della salsa di pomodoro e della Nutella, ovvero la cena di due ragazzini estremamente affamati e lamentosi. In altre parole, l’aveva appena condannata a una lunghissima e terribile serata.
 
 
  
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